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Amministrazione di sostegno, consenso del beneficiario, indagini bancarie

L’applicazione pratica della legge n. 6 del 9 gennaio 2004 introduttiva dell’amministrazione di sostegno rileva per sua natura aspetti di “confine” non sempre agevoli da gestire, né da parte del Giudice Tutelare nè da parte dell’amministratore di sostegno, segnatamente nel caso in cui quest’ultimo sia nominato in via provvisoria e gli siano conferiti poteri immediati di “intromissione” nella sfera giuridico-personale di soggetto beneficiario.

Sempre più di frequente, infatti, si assiste alla pratica di deposito di ricorso finalizzato alla nomina di amministratore a tutela del patrimonio e/o della persona laddove si abbia il dubbio che essa possa essere vittima di più forti volontà esterne (pur senza giungere a fattispecie penalmente rilevanti) e che per tale via possa essere indotto a sperperare il proprio patrimonio o a non disporne in modo consapevolmente adeguato.

In senso tecnico, si parla di “micro-prodigalità” allorchè il soggetto protetto mostri comportamenti fragili e dipendenti da terzi ed una sostanziale incapacità di sottrarsi agli stimoli depapeurativi esterni specie laddove tali stimoli pervengano da persone cui il soggetto bisognoso di tutela sia legato da vincoli affettivi (sul punto, Tribunale di Modena, 20/08/2008 in Giuseppe Cassano, “L’amministratore di sostegno nella giurisprudenza”, Maggioli Editore, 2008, pag. 804 e seg.).

L’esempio più frequente è la contrazione di prestiti e mutui finalizzati a far fronte a bisogni di familiari e compagni di vita ai quali corrisponda l’impossibilità materiale di farvi fronte in un contesto più ampio di incapacità di soddisfare gli stessi bisogni primari.

Capita che tali soggetti convocati dall’amministratore di sostegno appena nominato ammettano la loro fragilità psichica e accettino di buon grado la tutela prevista dalla legge (v. sopra, Tribunale Modena cit.); altre volte, invece, si assiste a dinieghi fermi sulla necessità di sostegno e ciò per le più svariate ragioni (sulla valenza del dissenso del beneficiario, M.R. San Giorgio, L’amministrazione di sostegno, Giuffrè, Suppl. alla Rivista di Diritto Civile, 12/2006, pag. 59 e ss.).

Ancor qui, nel sottile distinguo legato a situazioni tutte soggettivamente differenti, vi sono senza dubbio condizioni psico-fisiche che consentono senz’altro all’amministratore di riferire con immediatezza responso positivo circa la prosecuzione della procedura; in altri casi, contesti di vita non chiari, o non facilmente accertabili, suscitano dubbio circa la capacità del beneficiando a resistere a stimoli esterni: si pensi all’anziano che conviva con altra persona nei cui confronti maturi attaccamento e dipendenza materiale ed affettiva tale da indurlo a compiere operazioni economiche depauperative delle proprie sostanze che altrimenti non compirebbe.

Significativa in proposito la linea seguita dal Tribunale di Genova (decreto 30/04/2008) in cui a fronte di talune movimentazioni bancarie “sospette” (prelievi di modeste cifre di denaro) il Giudice Tutelare ha ritenuto opportuna la nomina d’urgenza di un amministratore di sostegno provvisorio a beneficio di persona avanti nell’età, assistita per buona parte della giornata da persona esterna alla famiglia con regolare contratto di lavoro subordinato.

Il Giudice Tutelare, nell’ambito della procedura, ha ritenuto ampliare i consueti poteri di “gestione assistita” del patrimonio del beneficiato, vietandogli espressamente e con efficacia immediata di sottoscrivere qualunque contratto di mutuo e/o finanziamento e di utilizzare bancomat, carte di credito e libretti di assegni fornendo nel contempo all’amministratore di sostegno poteri di verifica dell’operato del beneficiato.

Sempre nell’ambito della procedura, il Giudice Tutelare ha demandato altresì all’amministratore di sostegno di acquisire documentazione bancaria idonea allo scopo sopra citato, autorizzandolo a richiedere copia dei conti correnti intestati al beneficiario, atti a coprire un segmento temporale sufficientemente ampio, invitando l’amministratore a produrre siffatta documentazione in uno con apposita relazione scritta.

La misura “restrittiva” si colloca nel pieno rispetto non solo delle finalità di protezione di cui alla legge istitutiva dell’amministratore di sostegno ma anche delle norme proprie del codice civile, tra le quali il disposto dell’articolo 411 ultimo comma novellato, che consente al Giudice Tutelare di disporre “per determinati effetti” limitazioni o decadenze, già previsti per l’inabilitazione o l’interdizione avuto riguardo all’interesse del beneficiando (sul punto, G. Cassano, cit., pag. 106 e ss.).

Del resto ciò si compendia con la ratio della legge che è quella di porre in essere strumenti concreti e fattivi a tutela della persona e del patrimonio del beneficiato, assumendo la sua “protezione” quale bene primario ed assoluto, occorrendo anche superiore rispetto alla apparente “volontà” contraria del beneficiando stesso, il quale proprio perché spesso coinvolto in contesti di equilibrio assai fragile, può non essere in grado di consapevolizzare la potenziale influenza dei soggetti che gravitino intorno a sé o può essere portato ad ampliarne le esigenze econimoche, invero insussistenti.

Vi è peraltro da rilevare che ricorso e decreto sono sempre notificati al beneficiario stesso, il quale viene posto a conoscenza dell’inizio della procedura nei suoi confronti e quindi in grado di prestare idonea difesa, occorrendo munendosi di difensore; di contro il disporre tali misure limitative eventualmente anche in via d’urgenza sta in un uno con la necessaria rapidità richiesta dall’indagine, che se rinviata nel tempo potrebbe compromettere la genuinità delle acquisizioni (si pensi alla movimentazione bancaria) e quello stesso soddisfacimento dell’interesse del soggetto protetto, cui è teso come detto il percorso in argomento.

Segni in senso conforme, sono del resto emersi dall’analisi del questionario sottoposto a campione a taluni Giudici Tutelari dislocati sul nostro territorio (in rete, http://sinope.redjupiter.com/gems/associazionecivili/amministrazionesostegno.pdf) da cui emerge la propensione maggioritaria all’applicazione dell’ultimo comma dell’articolo 411 Codice Civile anche a fattispecie diverse, quali, a mero titolo esemplificativo, il divieto di accettare eredità senza beneficio di inventario, il divieto di disporre per testamento, il divieto di effettuare donazioni, la revoca della patente di guida, di assumere obbligazioni al di là di un certo importo.

In quest’ottica, il limite potrebbe dunque essere costituito solo dall’eventuale necessità di dover estendere indagini acquisitive anche nei confronti di terzi, le quali richiederebbero invece provvedimenti ad hoc nei rispettivi ambiti in cui si muovono.

L’applicazione pratica della legge n. 6 del 9 gennaio 2004 introduttiva dell’amministrazione di sostegno rileva per sua natura aspetti di “confine” non sempre agevoli da gestire, né da parte del Giudice Tutelare nè da parte dell’amministratore di sostegno, segnatamente nel caso in cui quest’ultimo sia nominato in via provvisoria e gli siano conferiti poteri immediati di “intromissione” nella sfera giuridico-personale di soggetto beneficiario.

Sempre più di frequente, infatti, si assiste alla pratica di deposito di ricorso finalizzato alla nomina di amministratore a tutela del patrimonio e/o della persona laddove si abbia il dubbio che essa possa essere vittima di più forti volontà esterne (pur senza giungere a fattispecie penalmente rilevanti) e che per tale via possa essere indotto a sperperare il proprio patrimonio o a non disporne in modo consapevolmente adeguato.

In senso tecnico, si parla di “micro-prodigalità” allorchè il soggetto protetto mostri comportamenti fragili e dipendenti da terzi ed una sostanziale incapacità di sottrarsi agli stimoli depapeurativi esterni specie laddove tali stimoli pervengano da persone cui il soggetto bisognoso di tutela sia legato da vincoli affettivi (sul punto, Tribunale di Modena, 20/08/2008 in Giuseppe Cassano, “L’amministratore di sostegno nella giurisprudenza”, Maggioli Editore, 2008, pag. 804 e seg.).

L’esempio più frequente è la contrazione di prestiti e mutui finalizzati a far fronte a bisogni di familiari e compagni di vita ai quali corrisponda l’impossibilità materiale di farvi fronte in un contesto più ampio di incapacità di soddisfare gli stessi bisogni primari.

Capita che tali soggetti convocati dall’amministratore di sostegno appena nominato ammettano la loro fragilità psichica e accettino di buon grado la tutela prevista dalla legge (v. sopra, Tribunale Modena cit.); altre volte, invece, si assiste a dinieghi fermi sulla necessità di sostegno e ciò per le più svariate ragioni (sulla valenza del dissenso del beneficiario, M.R. San Giorgio, L’amministrazione di sostegno, Giuffrè, Suppl. alla Rivista di Diritto Civile, 12/2006, pag. 59 e ss.).

Ancor qui, nel sottile distinguo legato a situazioni tutte soggettivamente differenti, vi sono senza dubbio condizioni psico-fisiche che consentono senz’altro all’amministratore di riferire con immediatezza responso positivo circa la prosecuzione della procedura; in altri casi, contesti di vita non chiari, o non facilmente accertabili, suscitano dubbio circa la capacità del beneficiando a resistere a stimoli esterni: si pensi all’anziano che conviva con altra persona nei cui confronti maturi attaccamento e dipendenza materiale ed affettiva tale da indurlo a compiere operazioni economiche depauperative delle proprie sostanze che altrimenti non compirebbe.

Significativa in proposito la linea seguita dal Tribunale di Genova (decreto 30/04/2008) in cui a fronte di talune movimentazioni bancarie “sospette” (prelievi di modeste cifre di denaro) il Giudice Tutelare ha ritenuto opportuna la nomina d’urgenza di un amministratore di sostegno provvisorio a beneficio di persona avanti nell’età, assistita per buona parte della giornata da persona esterna alla famiglia con regolare contratto di lavoro subordinato.

Il Giudice Tutelare, nell’ambito della procedura, ha ritenuto ampliare i consueti poteri di “gestione assistita” del patrimonio del beneficiato, vietandogli espressamente e con efficacia immediata di sottoscrivere qualunque contratto di mutuo e/o finanziamento e di utilizzare bancomat, carte di credito e libretti di assegni fornendo nel contempo all’amministratore di sostegno poteri di verifica dell’operato del beneficiato.

Sempre nell’ambito della procedura, il Giudice Tutelare ha demandato altresì all’amministratore di sostegno di acquisire documentazione bancaria idonea allo scopo sopra citato, autorizzandolo a richiedere copia dei conti correnti intestati al beneficiario, atti a coprire un segmento temporale sufficientemente ampio, invitando l’amministratore a produrre siffatta documentazione in uno con apposita relazione scritta.

La misura “restrittiva” si colloca nel pieno rispetto non solo delle finalità di protezione di cui alla legge istitutiva dell’amministratore di sostegno ma anche delle norme proprie del codice civile, tra le quali il disposto dell’articolo 411 ultimo comma novellato, che consente al Giudice Tutelare di disporre “per determinati effetti” limitazioni o decadenze, già previsti per l’inabilitazione o l’interdizione avuto riguardo all’interesse del beneficiando (sul punto, G. Cassano, cit., pag. 106 e ss.).

Del resto ciò si compendia con la ratio della legge che è quella di porre in essere strumenti concreti e fattivi a tutela della persona e del patrimonio del beneficiato, assumendo la sua “protezione” quale bene primario ed assoluto, occorrendo anche superiore rispetto alla apparente “volontà” contraria del beneficiando stesso, il quale proprio perché spesso coinvolto in contesti di equilibrio assai fragile, può non essere in grado di consapevolizzare la potenziale influenza dei soggetti che gravitino intorno a sé o può essere portato ad ampliarne le esigenze econimoche, invero insussistenti.

Vi è peraltro da rilevare che ricorso e decreto sono sempre notificati al beneficiario stesso, il quale viene posto a conoscenza dell’inizio della procedura nei suoi confronti e quindi in grado di prestare idonea difesa, occorrendo munendosi di difensore; di contro il disporre tali misure limitative eventualmente anche in via d’urgenza sta in un uno con la necessaria rapidità richiesta dall’indagine, che se rinviata nel tempo potrebbe compromettere la genuinità delle acquisizioni (si pensi alla movimentazione bancaria) e quello stesso soddisfacimento dell’interesse del soggetto protetto, cui è teso come detto il percorso in argomento.

Segni in senso conforme, sono del resto emersi dall’analisi del questionario sottoposto a campione a taluni Giudici Tutelari dislocati sul nostro territorio (in rete, http://sinope.redjupiter.com/gems/associazionecivili/amministrazionesostegno.pdf) da cui emerge la propensione maggioritaria all’applicazione dell’ultimo comma dell’articolo 411 Codice Civile anche a fattispecie diverse, quali, a mero titolo esemplificativo, il divieto di accettare eredità senza beneficio di inventario, il divieto di disporre per testamento, il divieto di effettuare donazioni, la revoca della patente di guida, di assumere obbligazioni al di là di un certo importo.

In quest’ottica, il limite potrebbe dunque essere costituito solo dall’eventuale necessità di dover estendere indagini acquisitive anche nei confronti di terzi, le quali richiederebbero invece provvedimenti ad hoc nei rispettivi ambiti in cui si muovono.