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Tribunale di Lecce sul contratto di apertura di credito con scoperto in conto corrente

TRIBUNALE di LECCE - I SEZIONE CIVILE

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale di Lecce, nella persona del G. I. Dott. Giovanni TOMMASI, in funzione di Giudice Unico, ha emesso la seguente

SENTENZA n. 422/06

resa ex art. 281 sexies cpc nella causa civile iscritta al n. 24/01 del ruolo civile contenzioso, promossa

da

Tizio, rappresentato e difeso dall’avv. Antonio Tanza in virtù di mandato a margine all’originale dell’atto di citazione,

attore

CONTRO

MPS Gestione Crediti Banca Spa, già Banca 121 Spa, in persona del suo legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Luisa BALDASSARRE, in virtù di mandato a margine della comparsa di costituzione e risposta,

convenuta

OGGETTO: apertura di credito bancario ,

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato il 29 dicembre 2000, Tizio deduceva di intrattenere sin dal 1986 un’apertura di credito con affidamento mediante scopertura su conto corrente n. 32700-52 con la Banca 121. Avendo rilevato numerosi addebiti di competenze effettuati dalla banca in relazione al predetto rapporto, non concordati e non dovuti, (interessi ultralegali, commissioni di massimo scoperto trimestrali, antergazione e postergazione delle valute, capitalizzazione composta trimestrale), e risultati vani i tentativi di comporre bonariamente la vicenda, adiva questo Tribunale perché in accoglimento della domanda 1) accertasse e dichiarasse l’invalidità a titolo di nullità parziale del contratto di apertura di credito n. 01/32700 in relazione alle clausole di determinazione e di applicazione degli interessi ultralegali, della applicazione dell’interesse anatocistico con capitalizzazione trimestrale, alla applicazione della provvigione di massimo scoperto, alla applicazione degli interessi per c.d. giorni-valuta, dei costi, delle competenze a qualsiasi titolo pretese; 2) accertasse e dichiarasse l’esatto dare-avere tra le parti; 3) determinasse il costo effettivo annuo dell’indicato rapporto; 4) condannasse ’la banca convenuta alla restituzione delle somme illegittimamente addebitate, oltre ad interessi legali; 5) condannasse la convenuta al risarcimento dei danni subiti da. liquidarsi in via equitativa, 6) con la rifusione delle spese di lite in favore del procuratore antistatario che rendeva la dichiarazione di rito. Deduceva la nullità della clausola di determinazione dell’interesse ultralegale mediante rinvio ad "uso piazza", l’illegittimità della pattuizione ed applicazione della capitalizzazione trimestrale, non esistendo alcun uso normativo che giustificasse tale prassi, nonchè l’illegittimità della provvigione di massimo scoperto e della determinazione della valuta secondo il criterio dei "giorni", perché non espressamente pattuite. Instaurato il contraddittorio, si costituiva in giudizio l’attore depositando fascicolo di parte.

Si costituiva, altresì, la Banca 121, in persona del suo legale rappresentante pro-tempore, la quale eccepiva la totale infondatezza della domanda attorea della quale chiedeva il rigetto. Deduceva, preliminarmente, la nullità dell’atto di citazione non contenente né la determinazione della cosa oggetto della domanda, né una sufficiente esposizione dei fatti e degli elementi di diritto costituenti le ragioni della domanda. Sosteneva, poi, che il rapporto era sorto nel 1981; legittima, pertanto, doveva ritenersi la capitalizzazione trimestrale, trattandosi di uso normativo, nonché la provvigione di massimo scoperto e la determinazione delle valute. Eccepiva, comunque, la prescrizione del preteso diritto alla restituzione degli interessi pagati prima di cinque anni o, al più, entro l’ordinario termine decennale.

All’udienza del 10/07/03, sulla scorta della incorporazione della Banca 121 nel MPS, veniva dichiarata l’interruzione del giudizio, poi, riassunto con ricorso depositato in cancelleria il 18/09/2003, con la conseguente costituzione della MPS Gestione Crediti Banca s.p.a. Espletata l’istruzione probatoria, nel corso della quale veniva espletata consulenza tecnica d’ufficio, alla pubblica del 06/03/06, sulle conclusioni rassegnate dai procuratori delle parti, a seguito di discussione orale, la causa veniva decisa con lettura del dispositivo e deposito della motivazione contestuale.

MOTIVI DELLA DECISIONE

La domanda avanzata da Tizio, stante la sua fondatezza, può trovare accoglimento nei termini che seguono.

Preliminarmente, va rigettata l’eccezione di nullità dell’atto introduttivo sollevata dalla convenuta. Invero, nell’atto di citazione, in conformità al disposto di cui all’art. 163 c. 2 n. 3) e 4), è chiaramente contenuta la determinazione della cosa oggetto della domanda ed una esaustiva l’esposizione dei fatti e degli elementi di diritto costituenti le ragioni della domanda, tenuto conto del fatto che la domanda attorea è finalizzata alla declaratoria di nullità parziale del contratto di apertura di credito n. 01/32700 in relazione alle clausole di determinazione e di applicazione degli interessi ultralegali, della applicazione dell’interesse anatocistico con capitalizzazione trimestrale, alla applicazione della provvigione di massimo scoperto, alla applicazione degli interessi per c.d. giorni-valuta, dei costi, delle competenze a qualsiasi titolo pretese, con la conseguente richiesta di accertamento dell’esatto dare-avere tra le parti e condanna della banca convenuta alla restituzione delle somme illegittimamente addebitate.

Nel merito, poi, va rilevata la fondatezza della dedotta nullità della clausola riportata all’art. 7 c. 3 del contratto di conto corrente n. 3270/0-52 acceso dall’attore presso la banca convenuta. Tale clausola prevede che "gli interessi dovuti dal correntista all’azienda di credito, salvo patto diverso, si intendono determinati alle condizioni pratiche usualmente dalle aziende di credito sulla piazza e producono a loro volta interessi nella stessa misura ". Trattasi, invero, di clausola di determinazione dell’interesse mediante rinvio al cosiddetto "uso piazza", in assenza di alcuna pattuizione scritta del tasso di interesse. Va condiviso, a riguardo, il principio secondo cui "Il requisito della forma scritta per la convenzione di interessi superiori alla misura legale é soddisfatto quando le parti, pur non indicando espressamente in cifre tale misura, si richiamino per iscritto a criteri prestabiliti e ad elementi estrinseci, univoci ed obiettivamente individuabili, che consentano la concreta determinazione del tasso convenzionale. È pertanto nulla (nel regime anteriore alla legge sulla trasparenza ed al testo unico bancario) la clausola che si limiti a fare riferimento alle condizioni usualmente praticate dalle aziende di credito sulla piazza; né l’originario vizio di nullità può esser sanato dalle successive comunicazioni delle variazioni del tasso con gli estratti di conto corrente inviati dalla banca al cliente" (Cassazione civile, sez. I, 1 febbraio 2002, n. 1287).

Da tanto la nullità della clausola in oggetto, attesa, peraltro, la irrilevanza, ai fini che interessano, dell’invio degli estratti conto da parte della banca.

Parimenti fondata appare la dedotta nullità della capitalizzazione trimestrale applicata dalla banca sulla scorta della citata clausola, riportata all’art. 7 c. 3 del contratto di conto corrente, nella parte in cui prevede che gli interessi "producono a loro volta interessi nella stessa misura". Costituisce oramai principio pacifico in giurisprudenza quello secondo cui "La clausola di un contratto bancario, che preveda la capitalizzazione trimestrale degli interessi dovuti dal cliente, deve reputarsi nulla, in quanto si basa su un uso negoziale (ex art. 1340 c.c) e non su un uso normativo (ex art. 1 ed 8 delle preleggi al c.c.), come esige l’art. 1283 c.c., laddove prevede che l’anatocismo (salve le ipotesi della domanda giudiziale e della convenzione successiva alla scadenza degli interessi) non possa ammettersi, "in mancanza di usi contrari" L’inserimento della clausola nel contratto, in conformità alle cosiddette norme bancarie uniformi, predisposte dall’A.B.I, non esclude la suddetta nullità, poiché a tali norme deve riconoscersi soltanto il carattere di usi negoziali non quello di usi normativi" (Cfr. Cass. civ., sez. I, 11 novembre 1999, n. 12507; Cass. civ., sez. III, 30 marzo 1999, n. 3096; Cass. civ., sez. I, 16 marzo 1999, n. 2374, Cass. Civ. sez. I 18 settembre 2003 n. 13739). Sulla scorta di tale orientamento, consolidatosi negli anni, le Sezioni Unite della Suprema Corte, con una recente pronuncia, hanno ribadito la nullità delle clausole che prevedono la capitalizzazione trimestrale degli interessi (Cfr. Cass. Civ. Sezioni Unite, 7 ottobre-4 novembre 2004, n. 21095). Va dichiarata, pertanto, l’illegittimità della capitalizzazione trimestrale applicata dalla banca sulla scorta della clausola in questione della quale va rilevata la nullità.

Deve, altresì, ritenersi illegittima la pretesa della banca relativa alla commissione di massimo scoperto ed ai giorni valuta. È stato osservato, infatti, che "La commissione di massimo scoperto, enunciata quale corrispettivo per il mantenimento dell’apertura di credito e indipendentemente dall’utilizzazione dell’apertura di credito stessa, é nulla per mancanza di causa, atteso che si sostanzia in un ulteriore e non pattuito addebito di interessi corrispettivi rispetto a quelli convenzionalmente pattuiti per l’utilizzazione dell’apertura di credito" (Cfr. Tribunale Milano, 4 luglio 2002). Inoltre, "L’assenza di previsione della commissione di massimo scoperto nel contratto di conto corrente, anche se stipulato "ante" 1. n. 154 del 1992, ne comporta la non debenza; non é idoneo a legittimare la pretesa di tale commissione il richiamo alle norme bancarie uniformi ed alle istruzioni della Banca d’Italia" (cfr. Corte appello Lecce, 22 ottobre 2001).

Con riguardo alla questione dei giorni-valuta, va rilevato, anche in conformità all’orientamento di questo Tribunale che "nulla é anche la clausola dei c.d. giorni valuta per gli addebiti e gli accrediti, in quanto gli stessi, nel caso di specie, non risultano computati in relazione al giorno in cui é stata effettuata l’operazione bancaria" (Cfr. Trib.. Lecce 11/03/2005, Giudice dott.. De Pascalis).

Passando, poi, all’esame delle eccezioni sollevate dalla banca convenuta, va rilevata l’infondatezza della eccezione di prescrizione. Invero, ritiene questo giudicante, anche in conformità all’orientamento di questo Tribunale, che "l’azione diretta a far dichiarare la nullità di clausole contrattuali (nella specie, l’anatocismo trimestrale) é imprescrittibile ex art. 1422 c.c.. Quella volta ad ottenere la ripetizione di quanto indebitamente versato é soggetta alla ordinaria prescrizione di cui all’art. 2946 c.c.. Per la decorrenza del termine prescrizionale, il dies a quo va individuato in quello di chiusura definitiva del rapporto atteso che il contratto per la disciplina in conto corrente di operazioni bancarie é un contratto unitario che dà luogo ad un unico rapporto giuridico articolato in una pluralità di atti esecutivi, laddove i singoli addebitamenti o accreditamenti non danno luogo a distinti rapporti ma determinano solo variazioni quantitative dell’unico originario rapporto sicché solamente con il saldo finale si stabiliscono definitivamente i crediti ed i debiti fra le parti"’ (Cfr. Trib. Lecce, Giudice dott. Positano, sentenza 17/10/05 n. 1718).

Va rigettata, poi, l’eccezione di soluti retentio, sollevata dalla convenuta tenuto conto del fatto che, nel caso di specie, gli interessi corrisposti dall’Tizio non sono stati oggetto di un pagamento spontaneo, e quindi, adempimento di una obbligazione naturale ex art. 2034 c.c., bensì il frutto di un conteggio eseguito dalla banca di sua esclusiva iniziativa e senza alcuna autorizzazione del correntista, difettando, così, la volontà di pagamento, la spontaneità ed il dovere morale o sociale richiesti dalla citata norma. È stato osservato, infatti, che "L’addebito in conto, da parte della banca, di interessi non dovuti dal correntista, senza alcuna autorizzazione, nemmeno verbale, da parte di quest’ultimo, non costituisce spontaneo pagamento ai fini della "soluti retentio" ex art. 2034 c.c." (cfr. Tribunale Napoli, 24 novembre 2000, Corte d’appello di Lecce, 17/12/2004; Tribunale di Lecce, giudice De Bartolomeis 29/11/2005 n. 2065). Inoltre, "Il pagamento spontaneo di interessi in misura ultralegale, pattuita invalidamente, costituisce adempimento di obbligazione naturale e determina l’irripetibilità della somma così pagata, ma l’indicato presupposto non ricorre nel caso di una banca che abbia proceduto all’addebito degli interessi ultralegali sul conto corrente del cliente per sua esclusiva iniziativa e senza autorizzazione alcuna da parte del cliente medesimo" (cfr. Cassazione civile, sez. I, 9 Tizio 1984, n. 2262).

Nessuna rilevanza, poi, assume ai fini della dedotta ed accertata nullità parziale del contratto di conto corrente l’invio degli estratti conto atteso che "In tema di rapporti bancari, l’impugnativa del cliente che, non limitandosi alla sola contestazione di accrediti ed addebiti sotto il profilo contabile, contesti, invece, la validità ed efficacia dei rapporti obbligatori da cui scaturiscono le partite inserite nel conto, non é in alcun modo collegato all’impugnazione dell’estratto conto trasmesso dalla banca" (Cfr. Cassazione civile, sez. I, 14 maggio 1998, n. 4846). Va rilevato, peraltro, che "Nel contratto di conto corrente, la mancata contestazione dell’estratto conto e la connessa, implicita approvazione delle operazioni in esso annotate non esclude l’ammissibilità di censure concernenti la validità e l’efficacia dei rapporti obbligatori dai quali esse derivino, alle quali non é però riconducibile la contestazione avente ad oggetto la mancata annotazione di un’operazione che, ai sensi dell’art.. 1832, comma 2, c.c. deve essere proposta nel termine di sei mesi dall’approvazione del conto. (In applicazione del succitato principio di diritto, la S. C. ha cassato la sentenza di merito che aveva confermato il decreto ingiuntivo emesso in favore di una banca, per il pagamento di una fattura emessa a carico del titolare del conto corrente, benché l’operazione non risultasse annotata nell’estratto conto finale, non impugnato e non contestato nel termine di decadenza di sei mesi)" (Cfr.Cassazione civile, sez. I, 5 dicembre 2003, n. 18626).

Con riguardo alla domanda di accertamento della posizione di dare-avere esistente tra le parti, va rilevato che il c.t.u., nominato nel corso del giudizio, sulla scorta dei quesiti formulatigli con ordinanza del 5/04/2004, resa fuori dall’udienza, richiamata dall’ordinanza resa all’udienza del 29/06/04, (accerti l’ammontare del credito vantato dalla banca, tenuto conto della nullità della clausola c.d "uso piazza e di quella relativa alla capitalizzazione trimestrale degli interessi dovuti dal cliente, calcolando gli interessi con capitalizzazione annuale, al tasso legale sino alla data di entrata in vigore della legge 154 del 1992 e, successivamente, sulla base dei criteri stabiliti dall’art. 5 legge cit. e 117 lett. A) del D. Lgs 385/1993. il c.t.u. verificherà la legittimità della applicazione dei giorni-valuta - conteggiando eventuali differenze - e calcolerà la commissione di massimo scoperto solo se - e nei limiti in cui - risulti espressamente pattuita per iscritto), ha redatto due ipotesi di calcolo, partendo, nella prima, dal saldo iniziale risultante dagli estratti conto prodotti dalla banca e, nella seconda, da un saldo iniziale pari a zero. Ritiene questo giudice che, nel caso di specie, debba ritenersi legittima e condivisibile la seconda ipotesi di calcolo. Invero, come si evince dal verbale di operazioni peritali del 10/11/2004, la banca convenuta, sebbene espressamente all’uopo invitata, come si legge nel precedente verbale del 4/10/2004, non ha provveduto a depositare la documentazione relativa al rapporto intercorso con Tizio sin dal suo inizio. Sulla scorta di tale mancata produzione, ed in conformità all’orientamento della Corte d’Appello di Lecce, (Cfr. ordinanza del 26/03/2004 resa nella causa civile n. 46/1999, allegata alla c.t.u.), il calcolo del rapporto dare-avere deve essere necessariamente effettuato partendo da un saldo pari a zero. Ciò posto, va rilevato che dai calcoli effettuati dal c.t.u., i quali appaiono del tutto condivisibili in quanto immuni da apparenti vizi logici o tecnici, alla data di chiusura del conto - 02/09/2002 - lo stesso presentava una posizione creditoria in favore dell’Tizio pari ad Euro 1.292,34. In accoglimento della relativa domanda, va, pertanto, dichiarato che, alla data del 2/9/2002, Tizio era creditore nei confronti della MPS della somma di Euro 1.292,34. Non può trovare accoglimento al richiesta avanzata dall’attore di ricalcalo dell’intero rapporto sulla scorta della eliminazione della capitalizzazione annuale. Invero, il calcolo eseguito dal c.t.u. - seconda ipotesi - é conforme al quesito postogli dal giudice, con ordinanza del 5/4/04, resa fuori dall’udienza, poi confermata all’udienza del 29/06/2004 secondo cui, tra l’altro, in luogo della capitalizzazione trimestrale illegittimità calcolata dalla banca, doveva essere applicata quella annuale. In tale udienza, come pure in quella di precisazione delle conclusioni, il procuratore dell’attore, nulla ha dedotto in ordine a tale quesito, già prospettato dal giudicante, limitandosi a sollevare la questione della illegittimità della capitalizzazione annuale solo con la comparsa conclusionale. Da tanto può agevolmente evincersi che la domanda formulata con l’atto introduttivo, pur attenendo alla nullità della clausola relativa alla capitalizzazione trimestrale, non conteneva anche la previsione della assenza di ogni qualsivoglia capitalizzazione, anche annuale, sicché la relativa questione, proposta solo con le note conclusive deve ritenersi tardiva, essendone, pertanto, precluso l’esame. Non può trovare, infine, accoglimento la richiesta di risarcimento dei danni subiti dall’attore atteso che non é stata fornita alcuna prova in ordine alla loro esistenza.

In conclusione, in accoglimento della domanda attorea, va dichiarata la nullità parziale del contratto di apertura di credito n. 01/32700 in relazione alle clausole di determinazione e di applicazione degli interessi ultralegali, dell’applicazione dell’interesse anatocistico con capitalizzazione trimestrale, alla applicazione della provvigione di massimo scoperto, all’applicazione degli interessi per c.d. giorni valuta; va inoltre accertato che Tizio è creditore nei confronti della banca convenuta della somma di euro 1.292,34, computata alla data del 2 settembre 2002. Per l’effetto, la convenuta deve essere condannata alla restituzione di tale somma in favore dell’attore, oltre interessi legali a decorrere dal 2 novembre 2002 e fino all’effettivo soddisfo.

Le spese di lite seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo in mancanza del deposito di nota specifica.

La presente sentenza è ope legis provvisoriamente esecutiva.

P. Q. M.

definitivamente pronunciando nel presente giudizio, ogni altra istanza, deduzione e d eccezione disattesa, così dispone:

1) in accoglimento alla domanda attorea, dichiara la nullità parziale del contratto di apertura di credito n. 01/32700 accceso da Tizio presso l’allora banca 121, oggi MPS Gestione Crediti Banca Spa, in relazione alle clausole di determinazione e di applicazione degli interessi ultralegali, dell’applicazione dell’interesse anatocistico con capitalizzazione trimestrale, all’applicazione della provvigione di massimo scoperto, all’applicazione degli interessi per c.d. giorni valuta;

2) dichiara che Tizio è credito nei confronti della banca convenuta della somma di euro 1192,34 computata alla data del 2 settembre 2002;

3) per l’effetto condanna la banca convenuta in persona del legale rappresentante pro tempore alla restituxzione di tale somma in favore dell’attore oltre interessi legali a decorrere dal 2 settembre 2002 e sino all’effettivo soddisfo.

4) rigettta la richiesta di risarcimento di danni avanzata dall’attore;

5) condanna la banca convenuta, in persona del legale rappresentante pro tempore, alla rifusione delle spese di lite in favore dell’attore, con distrazione in favore del suo procuratore antistatario che ha reso la dichiarazione di rito, che liquida in complessivi euro 4.000,00 per diritti ed onorari oltre ad euro 370,00 per spese, oltre spese generali, iva e cap come per legge, oltre al rimborso per le spese per ctu eventualmente anticipate dall’attore.

Lecce, 06/03/2006

Il Giudice

Dott. Giovanni Tommasi

Il Cancelliere

Antonio CASARANO

TRIBUNALE di LECCE - I SEZIONE CIVILE

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale di Lecce, nella persona del G. I. Dott. Giovanni TOMMASI, in funzione di Giudice Unico, ha emesso la seguente

SENTENZA n. 422/06

resa ex art. 281 sexies cpc nella causa civile iscritta al n. 24/01 del ruolo civile contenzioso, promossa

da

Tizio, rappresentato e difeso dall’avv. Antonio Tanza in virtù di mandato a margine all’originale dell’atto di citazione,

attore

CONTRO

MPS Gestione Crediti Banca Spa, già Banca 121 Spa, in persona del suo legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Luisa BALDASSARRE, in virtù di mandato a margine della comparsa di costituzione e risposta,

convenuta

OGGETTO: apertura di credito bancario ,

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato il 29 dicembre 2000, Tizio deduceva di intrattenere sin dal 1986 un’apertura di credito con affidamento mediante scopertura su conto corrente n. 32700-52 con la Banca 121. Avendo rilevato numerosi addebiti di competenze effettuati dalla banca in relazione al predetto rapporto, non concordati e non dovuti, (interessi ultralegali, commissioni di massimo scoperto trimestrali, antergazione e postergazione delle valute, capitalizzazione composta trimestrale), e risultati vani i tentativi di comporre bonariamente la vicenda, adiva questo Tribunale perché in accoglimento della domanda 1) accertasse e dichiarasse l’invalidità a titolo di nullità parziale del contratto di apertura di credito n. 01/32700 in relazione alle clausole di determinazione e di applicazione degli interessi ultralegali, della applicazione dell’interesse anatocistico con capitalizzazione trimestrale, alla applicazione della provvigione di massimo scoperto, alla applicazione degli interessi per c.d. giorni-valuta, dei costi, delle competenze a qualsiasi titolo pretese; 2) accertasse e dichiarasse l’esatto dare-avere tra le parti; 3) determinasse il costo effettivo annuo dell’indicato rapporto; 4) condannasse ’la banca convenuta alla restituzione delle somme illegittimamente addebitate, oltre ad interessi legali; 5) condannasse la convenuta al risarcimento dei danni subiti da. liquidarsi in via equitativa, 6) con la rifusione delle spese di lite in favore del procuratore antistatario che rendeva la dichiarazione di rito. Deduceva la nullità della clausola di determinazione dell’interesse ultralegale mediante rinvio ad "uso piazza", l’illegittimità della pattuizione ed applicazione della capitalizzazione trimestrale, non esistendo alcun uso normativo che giustificasse tale prassi, nonchè l’illegittimità della provvigione di massimo scoperto e della determinazione della valuta secondo il criterio dei "giorni", perché non espressamente pattuite. Instaurato il contraddittorio, si costituiva in giudizio l’attore depositando fascicolo di parte.

Si costituiva, altresì, la Banca 121, in persona del suo legale rappresentante pro-tempore, la quale eccepiva la totale infondatezza della domanda attorea della quale chiedeva il rigetto. Deduceva, preliminarmente, la nullità dell’atto di citazione non contenente né la determinazione della cosa oggetto della domanda, né una sufficiente esposizione dei fatti e degli elementi di diritto costituenti le ragioni della domanda. Sosteneva, poi, che il rapporto era sorto nel 1981; legittima, pertanto, doveva ritenersi la capitalizzazione trimestrale, trattandosi di uso normativo, nonché la provvigione di massimo scoperto e la determinazione delle valute. Eccepiva, comunque, la prescrizione del preteso diritto alla restituzione degli interessi pagati prima di cinque anni o, al più, entro l’ordinario termine decennale.

All’udienza del 10/07/03, sulla scorta della incorporazione della Banca 121 nel MPS, veniva dichiarata l’interruzione del giudizio, poi, riassunto con ricorso depositato in cancelleria il 18/09/2003, con la conseguente costituzione della MPS Gestione Crediti Banca s.p.a. Espletata l’istruzione probatoria, nel corso della quale veniva espletata consulenza tecnica d’ufficio, alla pubblica del 06/03/06, sulle conclusioni rassegnate dai procuratori delle parti, a seguito di discussione orale, la causa veniva decisa con lettura del dispositivo e deposito della motivazione contestuale.

MOTIVI DELLA DECISIONE

La domanda avanzata da Tizio, stante la sua fondatezza, può trovare accoglimento nei termini che seguono.

Preliminarmente, va rigettata l’eccezione di nullità dell’atto introduttivo sollevata dalla convenuta. Invero, nell’atto di citazione, in conformità al disposto di cui all’art. 163 c. 2 n. 3) e 4), è chiaramente contenuta la determinazione della cosa oggetto della domanda ed una esaustiva l’esposizione dei fatti e degli elementi di diritto costituenti le ragioni della domanda, tenuto conto del fatto che la domanda attorea è finalizzata alla declaratoria di nullità parziale del contratto di apertura di credito n. 01/32700 in relazione alle clausole di determinazione e di applicazione degli interessi ultralegali, della applicazione dell’interesse anatocistico con capitalizzazione trimestrale, alla applicazione della provvigione di massimo scoperto, alla applicazione degli interessi per c.d. giorni-valuta, dei costi, delle competenze a qualsiasi titolo pretese, con la conseguente richiesta di accertamento dell’esatto dare-avere tra le parti e condanna della banca convenuta alla restituzione delle somme illegittimamente addebitate.

Nel merito, poi, va rilevata la fondatezza della dedotta nullità della clausola riportata all’art. 7 c. 3 del contratto di conto corrente n. 3270/0-52 acceso dall’attore presso la banca convenuta. Tale clausola prevede che "gli interessi dovuti dal correntista all’azienda di credito, salvo patto diverso, si intendono determinati alle condizioni pratiche usualmente dalle aziende di credito sulla piazza e producono a loro volta interessi nella stessa misura ". Trattasi, invero, di clausola di determinazione dell’interesse mediante rinvio al cosiddetto "uso piazza", in assenza di alcuna pattuizione scritta del tasso di interesse. Va condiviso, a riguardo, il principio secondo cui "Il requisito della forma scritta per la convenzione di interessi superiori alla misura legale é soddisfatto quando le parti, pur non indicando espressamente in cifre tale misura, si richiamino per iscritto a criteri prestabiliti e ad elementi estrinseci, univoci ed obiettivamente individuabili, che consentano la concreta determinazione del tasso convenzionale. È pertanto nulla (nel regime anteriore alla legge sulla trasparenza ed al testo unico bancario) la clausola che si limiti a fare riferimento alle condizioni usualmente praticate dalle aziende di credito sulla piazza; né l’originario vizio di nullità può esser sanato dalle successive comunicazioni delle variazioni del tasso con gli estratti di conto corrente inviati dalla banca al cliente" (Cassazione civile, sez. I, 1 febbraio 2002, n. 1287).

Da tanto la nullità della clausola in oggetto, attesa, peraltro, la irrilevanza, ai fini che interessano, dell’invio degli estratti conto da parte della banca.

Parimenti fondata appare la dedotta nullità della capitalizzazione trimestrale applicata dalla banca sulla scorta della citata clausola, riportata all’art. 7 c. 3 del contratto di conto corrente, nella parte in cui prevede che gli interessi "producono a loro volta interessi nella stessa misura". Costituisce oramai principio pacifico in giurisprudenza quello secondo cui "La clausola di un contratto bancario, che preveda la capitalizzazione trimestrale degli interessi dovuti dal cliente, deve reputarsi nulla, in quanto si basa su un uso negoziale (ex art. 1340 c.c) e non su un uso normativo (ex art. 1 ed 8 delle preleggi al c.c.), come esige l’art. 1283 c.c., laddove prevede che l’anatocismo (salve le ipotesi della domanda giudiziale e della convenzione successiva alla scadenza degli interessi) non possa ammettersi, "in mancanza di usi contrari" L’inserimento della clausola nel contratto, in conformità alle cosiddette norme bancarie uniformi, predisposte dall’A.B.I, non esclude la suddetta nullità, poiché a tali norme deve riconoscersi soltanto il carattere di usi negoziali non quello di usi normativi" (Cfr. Cass. civ., sez. I, 11 novembre 1999, n. 12507; Cass. civ., sez. III, 30 marzo 1999, n. 3096; Cass. civ., sez. I, 16 marzo 1999, n. 2374, Cass. Civ. sez. I 18 settembre 2003 n. 13739). Sulla scorta di tale orientamento, consolidatosi negli anni, le Sezioni Unite della Suprema Corte, con una recente pronuncia, hanno ribadito la nullità delle clausole che prevedono la capitalizzazione trimestrale degli interessi (Cfr. Cass. Civ. Sezioni Unite, 7 ottobre-4 novembre 2004, n. 21095). Va dichiarata, pertanto, l’illegittimità della capitalizzazione trimestrale applicata dalla banca sulla scorta della clausola in questione della quale va rilevata la nullità.

Deve, altresì, ritenersi illegittima la pretesa della banca relativa alla commissione di massimo scoperto ed ai giorni valuta. È stato osservato, infatti, che "La commissione di massimo scoperto, enunciata quale corrispettivo per il mantenimento dell’apertura di credito e indipendentemente dall’utilizzazione dell’apertura di credito stessa, é nulla per mancanza di causa, atteso che si sostanzia in un ulteriore e non pattuito addebito di interessi corrispettivi rispetto a quelli convenzionalmente pattuiti per l’utilizzazione dell’apertura di credito" (Cfr. Tribunale Milano, 4 luglio 2002). Inoltre, "L’assenza di previsione della commissione di massimo scoperto nel contratto di conto corrente, anche se stipulato "ante" 1. n. 154 del 1992, ne comporta la non debenza; non é idoneo a legittimare la pretesa di tale commissione il richiamo alle norme bancarie uniformi ed alle istruzioni della Banca d’Italia" (cfr. Corte appello Lecce, 22 ottobre 2001).

Con riguardo alla questione dei giorni-valuta, va rilevato, anche in conformità all’orientamento di questo Tribunale che "nulla é anche la clausola dei c.d. giorni valuta per gli addebiti e gli accrediti, in quanto gli stessi, nel caso di specie, non risultano computati in relazione al giorno in cui é stata effettuata l’operazione bancaria" (Cfr. Trib.. Lecce 11/03/2005, Giudice dott.. De Pascalis).

Passando, poi, all’esame delle eccezioni sollevate dalla banca convenuta, va rilevata l’infondatezza della eccezione di prescrizione. Invero, ritiene questo giudicante, anche in conformità all’orientamento di questo Tribunale, che "l’azione diretta a far dichiarare la nullità di clausole contrattuali (nella specie, l’anatocismo trimestrale) é imprescrittibile ex art. 1422 c.c.. Quella volta ad ottenere la ripetizione di quanto indebitamente versato é soggetta alla ordinaria prescrizione di cui all’art. 2946 c.c.. Per la decorrenza del termine prescrizionale, il dies a quo va individuato in quello di chiusura definitiva del rapporto atteso che il contratto per la disciplina in conto corrente di operazioni bancarie é un contratto unitario che dà luogo ad un unico rapporto giuridico articolato in una pluralità di atti esecutivi, laddove i singoli addebitamenti o accreditamenti non danno luogo a distinti rapporti ma determinano solo variazioni quantitative dell’unico originario rapporto sicché solamente con il saldo finale si stabiliscono definitivamente i crediti ed i debiti fra le parti"’ (Cfr. Trib. Lecce, Giudice dott. Positano, sentenza 17/10/05 n. 1718).

Va rigettata, poi, l’eccezione di soluti retentio, sollevata dalla convenuta tenuto conto del fatto che, nel caso di specie, gli interessi corrisposti dall’Tizio non sono stati oggetto di un pagamento spontaneo, e quindi, adempimento di una obbligazione naturale ex art. 2034 c.c., bensì il frutto di un conteggio eseguito dalla banca di sua esclusiva iniziativa e senza alcuna autorizzazione del correntista, difettando, così, la volontà di pagamento, la spontaneità ed il dovere morale o sociale richiesti dalla citata norma. È stato osservato, infatti, che "L’addebito in conto, da parte della banca, di interessi non dovuti dal correntista, senza alcuna autorizzazione, nemmeno verbale, da parte di quest’ultimo, non costituisce spontaneo pagamento ai fini della "soluti retentio" ex art. 2034 c.c." (cfr. Tribunale Napoli, 24 novembre 2000, Corte d’appello di Lecce, 17/12/2004; Tribunale di Lecce, giudice De Bartolomeis 29/11/2005 n. 2065). Inoltre, "Il pagamento spontaneo di interessi in misura ultralegale, pattuita invalidamente, costituisce adempimento di obbligazione naturale e determina l’irripetibilità della somma così pagata, ma l’indicato presupposto non ricorre nel caso di una banca che abbia proceduto all’addebito degli interessi ultralegali sul conto corrente del cliente per sua esclusiva iniziativa e senza autorizzazione alcuna da parte del cliente medesimo" (cfr. Cassazione civile, sez. I, 9 Tizio 1984, n. 2262).

Nessuna rilevanza, poi, assume ai fini della dedotta ed accertata nullità parziale del contratto di conto corrente l’invio degli estratti conto atteso che "In tema di rapporti bancari, l’impugnativa del cliente che, non limitandosi alla sola contestazione di accrediti ed addebiti sotto il profilo contabile, contesti, invece, la validità ed efficacia dei rapporti obbligatori da cui scaturiscono le partite inserite nel conto, non é in alcun modo collegato all’impugnazione dell’estratto conto trasmesso dalla banca" (Cfr. Cassazione civile, sez. I, 14 maggio 1998, n. 4846). Va rilevato, peraltro, che "Nel contratto di conto corrente, la mancata contestazione dell’estratto conto e la connessa, implicita approvazione delle operazioni in esso annotate non esclude l’ammissibilità di censure concernenti la validità e l’efficacia dei rapporti obbligatori dai quali esse derivino, alle quali non é però riconducibile la contestazione avente ad oggetto la mancata annotazione di un’operazione che, ai sensi dell’art.. 1832, comma 2, c.c. deve essere proposta nel termine di sei mesi dall’approvazione del conto. (In applicazione del succitato principio di diritto, la S. C. ha cassato la sentenza di merito che aveva confermato il decreto ingiuntivo emesso in favore di una banca, per il pagamento di una fattura emessa a carico del titolare del conto corrente, benché l’operazione non risultasse annotata nell’estratto conto finale, non impugnato e non contestato nel termine di decadenza di sei mesi)" (Cfr.Cassazione civile, sez. I, 5 dicembre 2003, n. 18626).

Con riguardo alla domanda di accertamento della posizione di dare-avere esistente tra le parti, va rilevato che il c.t.u., nominato nel corso del giudizio, sulla scorta dei quesiti formulatigli con ordinanza del 5/04/2004, resa fuori dall’udienza, richiamata dall’ordinanza resa all’udienza del 29/06/04, (accerti l’ammontare del credito vantato dalla banca, tenuto conto della nullità della clausola c.d "uso piazza e di quella relativa alla capitalizzazione trimestrale degli interessi dovuti dal cliente, calcolando gli interessi con capitalizzazione annuale, al tasso legale sino alla data di entrata in vigore della legge 154 del 1992 e, successivamente, sulla base dei criteri stabiliti dall’art. 5 legge cit. e 117 lett. A) del D. Lgs 385/1993. il c.t.u. verificherà la legittimità della applicazione dei giorni-valuta - conteggiando eventuali differenze - e calcolerà la commissione di massimo scoperto solo se - e nei limiti in cui - risulti espressamente pattuita per iscritto), ha redatto due ipotesi di calcolo, partendo, nella prima, dal saldo iniziale risultante dagli estratti conto prodotti dalla banca e, nella seconda, da un saldo iniziale pari a zero. Ritiene questo giudice che, nel caso di specie, debba ritenersi legittima e condivisibile la seconda ipotesi di calcolo. Invero, come si evince dal verbale di operazioni peritali del 10/11/2004, la banca convenuta, sebbene espressamente all’uopo invitata, come si legge nel precedente verbale del 4/10/2004, non ha provveduto a depositare la documentazione relativa al rapporto intercorso con Tizio sin dal suo inizio. Sulla scorta di tale mancata produzione, ed in conformità all’orientamento della Corte d’Appello di Lecce, (Cfr. ordinanza del 26/03/2004 resa nella causa civile n. 46/1999, allegata alla c.t.u.), il calcolo del rapporto dare-avere deve essere necessariamente effettuato partendo da un saldo pari a zero. Ciò posto, va rilevato che dai calcoli effettuati dal c.t.u., i quali appaiono del tutto condivisibili in quanto immuni da apparenti vizi logici o tecnici, alla data di chiusura del conto - 02/09/2002 - lo stesso presentava una posizione creditoria in favore dell’Tizio pari ad Euro 1.292,34. In accoglimento della relativa domanda, va, pertanto, dichiarato che, alla data del 2/9/2002, Tizio era creditore nei confronti della MPS della somma di Euro 1.292,34. Non può trovare accoglimento al richiesta avanzata dall’attore di ricalcalo dell’intero rapporto sulla scorta della eliminazione della capitalizzazione annuale. Invero, il calcolo eseguito dal c.t.u. - seconda ipotesi - é conforme al quesito postogli dal giudice, con ordinanza del 5/4/04, resa fuori dall’udienza, poi confermata all’udienza del 29/06/2004 secondo cui, tra l’altro, in luogo della capitalizzazione trimestrale illegittimità calcolata dalla banca, doveva essere applicata quella annuale. In tale udienza, come pure in quella di precisazione delle conclusioni, il procuratore dell’attore, nulla ha dedotto in ordine a tale quesito, già prospettato dal giudicante, limitandosi a sollevare la questione della illegittimità della capitalizzazione annuale solo con la comparsa conclusionale. Da tanto può agevolmente evincersi che la domanda formulata con l’atto introduttivo, pur attenendo alla nullità della clausola relativa alla capitalizzazione trimestrale, non conteneva anche la previsione della assenza di ogni qualsivoglia capitalizzazione, anche annuale, sicché la relativa questione, proposta solo con le note conclusive deve ritenersi tardiva, essendone, pertanto, precluso l’esame. Non può trovare, infine, accoglimento la richiesta di risarcimento dei danni subiti dall’attore atteso che non é stata fornita alcuna prova in ordine alla loro esistenza.

In conclusione, in accoglimento della domanda attorea, va dichiarata la nullità parziale del contratto di apertura di credito n. 01/32700 in relazione alle clausole di determinazione e di applicazione degli interessi ultralegali, dell’applicazione dell’interesse anatocistico con capitalizzazione trimestrale, alla applicazione della provvigione di massimo scoperto, all’applicazione degli interessi per c.d. giorni valuta; va inoltre accertato che Tizio è creditore nei confronti della banca convenuta della somma di euro 1.292,34, computata alla data del 2 settembre 2002. Per l’effetto, la convenuta deve essere condannata alla restituzione di tale somma in favore dell’attore, oltre interessi legali a decorrere dal 2 novembre 2002 e fino all’effettivo soddisfo.

Le spese di lite seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo in mancanza del deposito di nota specifica.

La presente sentenza è ope legis provvisoriamente esecutiva.

P. Q. M.

definitivamente pronunciando nel presente giudizio, ogni altra istanza, deduzione e d eccezione disattesa, così dispone:

1) in accoglimento alla domanda attorea, dichiara la nullità parziale del contratto di apertura di credito n. 01/32700 accceso da Tizio presso l’allora banca 121, oggi MPS Gestione Crediti Banca Spa, in relazione alle clausole di determinazione e di applicazione degli interessi ultralegali, dell’applicazione dell’interesse anatocistico con capitalizzazione trimestrale, all’applicazione della provvigione di massimo scoperto, all’applicazione degli interessi per c.d. giorni valuta;

2) dichiara che Tizio è credito nei confronti della banca convenuta della somma di euro 1192,34 computata alla data del 2 settembre 2002;

3) per l’effetto condanna la banca convenuta in persona del legale rappresentante pro tempore alla restituxzione di tale somma in favore dell’attore oltre interessi legali a decorrere dal 2 settembre 2002 e sino all’effettivo soddisfo.

4) rigettta la richiesta di risarcimento di danni avanzata dall’attore;

5) condanna la banca convenuta, in persona del legale rappresentante pro tempore, alla rifusione delle spese di lite in favore dell’attore, con distrazione in favore del suo procuratore antistatario che ha reso la dichiarazione di rito, che liquida in complessivi euro 4.000,00 per diritti ed onorari oltre ad euro 370,00 per spese, oltre spese generali, iva e cap come per legge, oltre al rimborso per le spese per ctu eventualmente anticipate dall’attore.

Lecce, 06/03/2006

Il Giudice

Dott. Giovanni Tommasi

Il Cancelliere

Antonio CASARANO