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Securitization: le prospettive e le finalità dell’operazione.

Securitization: le prospettive e le finalità dell’operazione.

INDICE

3. Le prospettive e le finalità dell’operazione.

3.1. La ricerca e la gestione delle liquidità

3.2. La gestione del rischio

3. Le prospettive e le finalità dell’operazione.

3.1. La ricerca e la gestione delle liquidità

Possiamo adesso analizzare più compiutamente, rispetto a quanto accennato poc’anzi nel corso del primo paragrafo, come securitization sia operazione, almeno potenzialmente, foriera di innumerevoli vantaggi.

Una grande maggioranza di tali benefici, però, è strettamente legata al realizzarsi di una specifica ed indispensabile condizione: ci riferiamo al c.d. trattamento “fuori bilancio” (off-balance sheet). Esso si traduce nella intera rimozione della posta di attivo costituita dai crediti ceduti quale voce di bilancio, consentendo di ridurre l’attivo dello stato patrimoniale ([29]), nell’ottimizzazione degli indici finanziari, con la conseguente valorizzazione della redditività del capitale, nel miglioramento dei ratios ai fini del controllo sul patrimonio minimo delle banche ([30]) e degli altri intermediari sottoposti al controllo dell’autorità di vigilanza.

Non è trascurabile, inoltre, il fatto che la securitization costituisca una forma di raccolta della provvista non implicante un finanziamento esterno, risultando, invece, una nuova modalità di autofinanziamento ([31]).

Ma quali sono le ragioni che spingono i principali autori di questa operazione, originator e SPV, ad inoltrarsi in un meccanismo così complesso? E ancora, in relazione a quali tipi di attività lo SPV subentra in sostituzione dell’originator?

Senza dubbio, se per il primo soggetto abbiamo già avuto modo di intendere come l’impulso principale sia dato dalla necessità di liberare posizioni attive per ottenere liquidità ([32]), per il secondo la riflessione si rende necessariamente più articolata. Quest’ultimo, infatti, si propone di realizzare un’operazione di acquisto di crediti che provvederà, in un secondo momento, a smobilizzare in vista del reperimento della liquidità di cui è privo. Tutto ciò in considerazione del fatto che i crediti sono così ottenuti ad un prezzo inferiore rispetto al loro valore nominale, in quanto il cessionario subentra al cedente rispetto a situazioni creditizie già formate e complete che non abbisognano di attività dispendiose, come, ad esempio, di valutazione delle posizioni e del rischio di insolvenze, che la accessione ex novo a nuove posizioni creditizie richiederebbe.

In risposta al secondo quesito, invece, possiamo identificare le attività a disposizione del detentore originario in due categorie principali: quelle fruttifere di interessi, quali sono, ad esempio, i prestiti bancari, e quelle infruttifere di interessi, come, tra i tanti, i crediti commerciali.

Successivamente all’individuazione dei crediti da cartolarizzare, e una volta effettuato il loro trasferimento, in termini di rischio la relazione tra originator e lo SPV assume una duplice caratteristica: da un lato, l’originator trasferisce alla società cessionaria una parte dei rischi connessi alle attività cedute; dall’altro, i flussi di cassa legati ai diritti ceduti, in quanto sottratti alla sfera giuridica del cedente, non sono più sottoposti al generico rischio d’impresa dello stesso ([33]).

Di conseguenza, in ragione del fatto che la gestione del veicolo è legata esclusivamente al buon fine di una unica categoria di attività([34]), e che non vi sono altre operazioni che possano alterare la valutazione del rischio stimata preliminarmente, è possibile considerare lo SPV una società a basso rischio di insolvenza, e gli investitori sono così posti al riparo da eventuali crisi finanziarie della società generatrice del credito.

In ultimo, passiamo ad analizzare le aspettative che devono essere suscitate nell’animo degli investitori, al fine di un buon andamento delle operazioni.

Sotto il profilo del rendimento, la remunerazione è quanto mai interessante, in quanto strettamente correlata alla capacità dell’attivo oggetto di smobilizzo di generare ingenti flussi di cassa, considerazione questa strettamente collegata al giudizio di merito espresso dalle agenzie di rating, giudizio necessario anche ai fini della valutazione del profilo di rischio complessivo insito nell’operazione.

Una forma di garanzia aggiuntiva è la c.d. overcollateralisation. Il sottoscrittore dei titoli collocati sul mercato è protetto da eventuali perdite su crediti dal portafoglio crediti sottostante in ragione del fatto che le proporzioni di questo sono di regola maggiori dell’ampiezza dell’emissione di titoli effettuata ([35]). Ulteriori garanzie possono poi essere prodotte da originator e società emittente nei casi in cui assumano la posizione di garante.

3.2. La gestione del rischio

E’ ora sull’attività di gestione del rischio che è necessario soffermarci. Il più grande pericolo per chiunque sia intestatario di un qualsiasi titolo di credito è quello connesso al mancato recupero della somma in esso incorporata. Il rischio di credito per un’impresa che si appresti ad una operazione di securitization è al contrario connesso al mancato recupero dei crediti iscritti in bilancio.

L’impresa originator può liberarsi in toto di questo rischio solo se cede il portafoglio, per mezzo di modalità e forme conosciute nel mondo anglosassone con l’espressione true sale, consistenti nella cessione pro soluto non sottoposta a condizioni o patti di garanzia di alcuna specie. In tal caso il rischio si sposta e si riparte tra altri soggetti che prendono parte all’operazione: in riferimento ai titoli MBS ([36]) sarà in primis lo SPV a porsi carico dell’ipotesi di mancato adempimento, che solo successivamente potrà interessare anche gli eventuali credit enhancer interni o esterni, in ragione della garanzia contrattuale da loro promessa ([37]).

Trovandosi, dunque, strettamente legata al grado di esigibilità dei crediti, l’impresa originator potrà trovarsi nelle condizioni di dover ingenerare artificialmente fiducia negli investitori, fino a veder ridotto il fascino iniziale che l’operazione suscitava con riferimento agli effetti sulla composizione del bilancio ([38]). Di conseguenza potrà succedere che un’impresa riesca a cedere i propri crediti, ma ricevendo in contropartita una somma ampiamente inferiore al valore nominale degli stessi, soprattutto quando si tratta di crediti in sofferenza.

Assolutamente vantaggiosa, al contrario, è la posizione dell’impresa nell’ambito del rischio di cambio, connesso alla variazione dei tassi di interesse sul mercato in correlazione al possibile, ma nella realtà sempre presente, divario tra le poste dell’attivo e del passivo di bilancio. In ragione della particolare natura della struttura di un’operazione di securitization, detta differenza può essere ridimensionata modificando la scadenza media o la durata delle attività o passività sottoposte al rischio, in particolare sostituendo crediti a medio lungo termine con liquidità o, ancora, con crediti a scadenza media inferiore.

([29]) Ciò in ragione del fatto che il trasferimento delle attività è solitamente realizzato in mancanza di rivalsa;

([30]) L’Associazione di categoria delle banche, l’ABI, ben prima della messa a punto e della successiva approvazione della legge sulla cartolarizzazione dei crediti, si era impegnata elaborando un draft bill, per eliminare le maggiori barriere che precludevano lo sviluppo della securitization in Italia. Il progetto dell’ABI, in Giur. Comm., 1997, I, con il commento di C. RUCCELLAI, evidenziava già allora come le banche potessero trarre grande convenienza nell’effettuare operazioni di cartolarizzazione, in ragione della maggiore capacita di differenziare il proprio portafoglio crediti. Infatti, per tale ragione, la banche erano quasi fisiologicamente portate a questo tipo di operazione: da un lato esse avevano maggiori possibilità di ammortizzare i costi richiesti, dall’altro lato, avevano la opportunità di scegliere il profilo di rischio più facilmente appetibile per gli investitori, a seconda della maggiore o minore presenza di liquidità sul mercato dei capitali;

([31]) E’ opportuno ricordare come la securitization consista in un ottimo strumento per contrastare il c.d. “rischio di liquidità”. Per una più attenta analisi dell’argomento rimandiamo al Capitolo III, § 2.1. “Analisi e rischio delle emissioni di titoli”.

([32]) Consideriamo il caso di una impresa produttrice di beni di investimento, quali possono essere gli impianti industriali, che si trovi sbilanciata finanziariamente in ragione della volontà di ampliare la propria attività di vendita attraverso la concessione di finanziamenti a lungo termine ai propri clienti. Ricorrendo all’istituto della cartolarizzazione l’impresa può smobilizzare in blocco il proprio portafoglio crediti a lungo termine, senza timore di dover affrontare poi situazioni di squilibrio nel bilancio conseguenti alla conseguente alterazione progressiva del rapporto tra attività correnti e passività correnti.

([33]) Vedi in, AA.VV., Le operazioni di securitization, ed. Il sole 24 ore, 1999, pag. 11 e ss.;

([34]) Nell’ipotesi in cui la società cessionaria sia protagonista di più di una operazione di securitization nel medesimo periodo, infatti, i vari portafoglio crediti acquisiti saranno sempre tenuti ben distinti, e per nessun motivo potranno essere tra di loro confusi;

([35]) Spesso vengono emesse più categorie di titoli, che vantano maggiori o minori privilegi. Ove si faccia ricorso a questa soluzione, i titoli a minor rischio sono riservati al collocamento presso il pubblico degli investitori;

([36]) Mortgage Backed Securities;

([37]) Per una più precisa analisi dell’argomento trattato rimandiamo al Capitolo III, § 3.1 “Il credit enhancer”. È qui sufficiente anticipare che per credit enhancer si intende quel soggetto che, nel complesso di una operazione di securitization, si impegna ad offrire una serie di strumenti per la valorizzazione del credito, quali, ad esempio, lettere di credito, garanzie finanziarie, polizze assicurative;

([38]) Così si esprime R. PARDOLESI, op. cit.;

Securitization: le prospettive e le finalità dell’operazione.

INDICE

3. Le prospettive e le finalità dell’operazione.

3.1. La ricerca e la gestione delle liquidità

3.2. La gestione del rischio

3. Le prospettive e le finalità dell’operazione.

3.1. La ricerca e la gestione delle liquidità

Possiamo adesso analizzare più compiutamente, rispetto a quanto accennato poc’anzi nel corso del primo paragrafo, come securitization sia operazione, almeno potenzialmente, foriera di innumerevoli vantaggi.

Una grande maggioranza di tali benefici, però, è strettamente legata al realizzarsi di una specifica ed indispensabile condizione: ci riferiamo al c.d. trattamento “fuori bilancio” (off-balance sheet). Esso si traduce nella intera rimozione della posta di attivo costituita dai crediti ceduti quale voce di bilancio, consentendo di ridurre l’attivo dello stato patrimoniale ([29]), nell’ottimizzazione degli indici finanziari, con la conseguente valorizzazione della redditività del capitale, nel miglioramento dei ratios ai fini del controllo sul patrimonio minimo delle banche ([30]) e degli altri intermediari sottoposti al controllo dell’autorità di vigilanza.

Non è trascurabile, inoltre, il fatto che la securitization costituisca una forma di raccolta della provvista non implicante un finanziamento esterno, risultando, invece, una nuova modalità di autofinanziamento ([31]).

Ma quali sono le ragioni che spingono i principali autori di questa operazione, originator e SPV, ad inoltrarsi in un meccanismo così complesso? E ancora, in relazione a quali tipi di attività lo SPV subentra in sostituzione dell’originator?

Senza dubbio, se per il primo soggetto abbiamo già avuto modo di intendere come l’impulso principale sia dato dalla necessità di liberare posizioni attive per ottenere liquidità ([32]), per il secondo la riflessione si rende necessariamente più articolata. Quest’ultimo, infatti, si propone di realizzare un’operazione di acquisto di crediti che provvederà, in un secondo momento, a smobilizzare in vista del reperimento della liquidità di cui è privo. Tutto ciò in considerazione del fatto che i crediti sono così ottenuti ad un prezzo inferiore rispetto al loro valore nominale, in quanto il cessionario subentra al cedente rispetto a situazioni creditizie già formate e complete che non abbisognano di attività dispendiose, come, ad esempio, di valutazione delle posizioni e del rischio di insolvenze, che la accessione ex novo a nuove posizioni creditizie richiederebbe.

In risposta al secondo quesito, invece, possiamo identificare le attività a disposizione del detentore originario in due categorie principali: quelle fruttifere di interessi, quali sono, ad esempio, i prestiti bancari, e quelle infruttifere di interessi, come, tra i tanti, i crediti commerciali.

Successivamente all’individuazione dei crediti da cartolarizzare, e una volta effettuato il loro trasferimento, in termini di rischio la relazione tra originator e lo SPV assume una duplice caratteristica: da un lato, l’originator trasferisce alla società cessionaria una parte dei rischi connessi alle attività cedute; dall’altro, i flussi di cassa legati ai diritti ceduti, in quanto sottratti alla sfera giuridica del cedente, non sono più sottoposti al generico rischio d’impresa dello stesso ([33]).

Di conseguenza, in ragione del fatto che la gestione del veicolo è legata esclusivamente al buon fine di una unica categoria di attività([34]), e che non vi sono altre operazioni che possano alterare la valutazione del rischio stimata preliminarmente, è possibile considerare lo SPV una società a basso rischio di insolvenza, e gli investitori sono così posti al riparo da eventuali crisi finanziarie della società generatrice del credito.

In ultimo, passiamo ad analizzare le aspettative che devono essere suscitate nell’animo degli investitori, al fine di un buon andamento delle operazioni.

Sotto il profilo del rendimento, la remunerazione è quanto mai interessante, in quanto strettamente correlata alla capacità dell’attivo oggetto di smobilizzo di generare ingenti flussi di cassa, considerazione questa strettamente collegata al giudizio di merito espresso dalle agenzie di rating, giudizio necessario anche ai fini della valutazione del profilo di rischio complessivo insito nell’operazione.

Una forma di garanzia aggiuntiva è la c.d. overcollateralisation. Il sottoscrittore dei titoli collocati sul mercato è protetto da eventuali perdite su crediti dal portafoglio crediti sottostante in ragione del fatto che le proporzioni di questo sono di regola maggiori dell’ampiezza dell’emissione di titoli effettuata ([35]). Ulteriori garanzie possono poi essere prodotte da originator e società emittente nei casi in cui assumano la posizione di garante.

3.2. La gestione del rischio

E’ ora sull’attività di gestione del rischio che è necessario soffermarci. Il più grande pericolo per chiunque sia intestatario di un qualsiasi titolo di credito è quello connesso al mancato recupero della somma in esso incorporata. Il rischio di credito per un’impresa che si appresti ad una operazione di securitization è al contrario connesso al mancato recupero dei crediti iscritti in bilancio.

L’impresa originator può liberarsi in toto di questo rischio solo se cede il portafoglio, per mezzo di modalità e forme conosciute nel mondo anglosassone con l’espressione true sale, consistenti nella cessione pro soluto non sottoposta a condizioni o patti di garanzia di alcuna specie. In tal caso il rischio si sposta e si riparte tra altri soggetti che prendono parte all’operazione: in riferimento ai titoli MBS ([36]) sarà in primis lo SPV a porsi carico dell’ipotesi di mancato adempimento, che solo successivamente potrà interessare anche gli eventuali credit enhancer interni o esterni, in ragione della garanzia contrattuale da loro promessa ([37]).

Trovandosi, dunque, strettamente legata al grado di esigibilità dei crediti, l’impresa originator potrà trovarsi nelle condizioni di dover ingenerare artificialmente fiducia negli investitori, fino a veder ridotto il fascino iniziale che l’operazione suscitava con riferimento agli effetti sulla composizione del bilancio ([38]). Di conseguenza potrà succedere che un’impresa riesca a cedere i propri crediti, ma ricevendo in contropartita una somma ampiamente inferiore al valore nominale degli stessi, soprattutto quando si tratta di crediti in sofferenza.

Assolutamente vantaggiosa, al contrario, è la posizione dell’impresa nell’ambito del rischio di cambio, connesso alla variazione dei tassi di interesse sul mercato in correlazione al possibile, ma nella realtà sempre presente, divario tra le poste dell’attivo e del passivo di bilancio. In ragione della particolare natura della struttura di un’operazione di securitization, detta differenza può essere ridimensionata modificando la scadenza media o la durata delle attività o passività sottoposte al rischio, in particolare sostituendo crediti a medio lungo termine con liquidità o, ancora, con crediti a scadenza media inferiore.

([29]) Ciò in ragione del fatto che il trasferimento delle attività è solitamente realizzato in mancanza di rivalsa;

([30]) L’Associazione di categoria delle banche, l’ABI, ben prima della messa a punto e della successiva approvazione della legge sulla cartolarizzazione dei crediti, si era impegnata elaborando un draft bill, per eliminare le maggiori barriere che precludevano lo sviluppo della securitization in Italia. Il progetto dell’ABI, in Giur. Comm., 1997, I, con il commento di C. RUCCELLAI, evidenziava già allora come le banche potessero trarre grande convenienza nell’effettuare operazioni di cartolarizzazione, in ragione della maggiore capacita di differenziare il proprio portafoglio crediti. Infatti, per tale ragione, la banche erano quasi fisiologicamente portate a questo tipo di operazione: da un lato esse avevano maggiori possibilità di ammortizzare i costi richiesti, dall’altro lato, avevano la opportunità di scegliere il profilo di rischio più facilmente appetibile per gli investitori, a seconda della maggiore o minore presenza di liquidità sul mercato dei capitali;

([31]) E’ opportuno ricordare come la securitization consista in un ottimo strumento per contrastare il c.d. “rischio di liquidità”. Per una più attenta analisi dell’argomento rimandiamo al Capitolo III, § 2.1. “Analisi e rischio delle emissioni di titoli”.

([32]) Consideriamo il caso di una impresa produttrice di beni di investimento, quali possono essere gli impianti industriali, che si trovi sbilanciata finanziariamente in ragione della volontà di ampliare la propria attività di vendita attraverso la concessione di finanziamenti a lungo termine ai propri clienti. Ricorrendo all’istituto della cartolarizzazione l’impresa può smobilizzare in blocco il proprio portafoglio crediti a lungo termine, senza timore di dover affrontare poi situazioni di squilibrio nel bilancio conseguenti alla conseguente alterazione progressiva del rapporto tra attività correnti e passività correnti.

([33]) Vedi in, AA.VV., Le operazioni di securitization, ed. Il sole 24 ore, 1999, pag. 11 e ss.;

([34]) Nell’ipotesi in cui la società cessionaria sia protagonista di più di una operazione di securitization nel medesimo periodo, infatti, i vari portafoglio crediti acquisiti saranno sempre tenuti ben distinti, e per nessun motivo potranno essere tra di loro confusi;

([35]) Spesso vengono emesse più categorie di titoli, che vantano maggiori o minori privilegi. Ove si faccia ricorso a questa soluzione, i titoli a minor rischio sono riservati al collocamento presso il pubblico degli investitori;

([36]) Mortgage Backed Securities;

([37]) Per una più precisa analisi dell’argomento trattato rimandiamo al Capitolo III, § 3.1 “Il credit enhancer”. È qui sufficiente anticipare che per credit enhancer si intende quel soggetto che, nel complesso di una operazione di securitization, si impegna ad offrire una serie di strumenti per la valorizzazione del credito, quali, ad esempio, lettere di credito, garanzie finanziarie, polizze assicurative;

([38]) Così si esprime R. PARDOLESI, op. cit.;