x

x

Consiglio di Stato: diritti di difesa nel procedimento sanzionatorio Consob

Consiglio di Stato - Sezione Sesta Giurisdizionale

Presidente Varrone – Estensore Caracciolo

Fatto

Con la sentenza in epigrafe il Tar del Lazio ha respinto il ricorso proposto dal dott. Tizio avverso il parziale diniego di accesso per l’acquisizione dei documenti relativi al procedimento sanzionatorio avviato dalla Consob, ai sensi degli articoli 190 e 195 del D.Lgs 58/1998, nei confronti dello stesso ricorrente, in qualità di amministratore delegato della Alfa Sgr Spa.

Con nota 1 marzo 2006 la Consob aveva infatti consentito l’accesso ai documenti richiesti, specificando però che, dagli stessi, erano sottratti alla visione “i relativi allegati e le informazioni per le quali vengono in considerazione esigenze di riservatezza di terzi e/o di tutela della privacy in base al D.Lgs 196/03 (omissis 1); quelle non poste a fondamento delle contestazioni notificate (omissis 2), nonché quelle non ostensibili per osservanza del segreto d’ufficio (omissis 3)”.

Riteneva il Tribunale che il punto centrale della controversia fosse l’individuazione di quali fossero i documenti, ovvero le parti di documenti la cui conoscenza fosse funzionale all’esercizio del diritto di difesa nell’ambito del procedimento sanzionatorio avviato nei confronti del ricorrente.

Lo stesso Tar sottolineava quanto riferito dalla Consob, circa l’attinenza dei documenti o parti di documenti sottratti all’accesso a dati e informazioni estranei alle violazioni contestate al ricorrente. Le specifiche deduzioni dell’Amministrazione rendevano quindi inutili incombenti istruttori volti all’acquisizione delle parti omesse, al fine di valutare direttamente se il potere interdittivo dell’accesso fosse stato correttamente esercitato. Aggiungeva il Tar che la valutazione compiuta dall’Amministrazione in ordine all’irrilevanza dei documenti ai fini dell’esercizio del diritto di difesa in occasione dell’esame dell’istanza di accesso, determinava una sorta di autovincolo nell’azione amministrativa, nel senso che, se le indicazioni ritraibili dai documenti non ostesi, in quanto irrilevanti, fossero invece prese in considerazione nel corso del procedimento e influissero nella formazione della volontà provvedimentale, sarebbe venuta in rilievo una violazione procedimentale idonea a tradursi in un vizio di legittimità del provvedimento finale.

Appella l’interessato deducendo i seguenti motivi di gravame:

1. Violazione degli articoli 22 e ss. legge 241/90 e in particolare dell’articolo 24, comma 7, così come modificato dalla legge 15/2005 -Violazione per falsa applicazione degli articoli 4, comma 10 e 195, in particolare, comma 2, del D.Lgs 58/1998 - Violazione dell’articolo 24, comma 1, legge 262/05 – Eccesso di potere per irragionevolezza, ingiustizia manifesta - Difetto di motivazione - Violazione degli articoli 3, 24 e 97 Costituzione - Violazione del diritto di difesa, dei principi di imparzialità e trasparenza dell’attività amministrativa - Violazione del principio del contraddittorio (articolo 10 legge 241/90).

I. In base agli articoli 195, co. 2, D.Lgs 58/1998 e 24, co. 1, legge 262/05, i procedimenti sanzionatori della Consob devono conformarsi ai principi del contraddittorio e della piena conoscenza degli atti istruttori, “piena”, cioè integrale e senza omissis.

Il parziale rifiuto di ostensione risulta perciò illegittimo, in base all’articolo 24, comma 7, legge 241/90, così come modificato dalla legge 15/2005, per cui deve essere comunque garantito ai richiedenti l’accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o difendere i propri interessi giuridici, principio pienamente applicabile ai procedimenti sanzionatori della Consob. In tal senso deporrebbero anche le sentenze della Corte costituzionale 460/00 e 32/2005, che hanno correttamente interpretato l’articolo 4, comma 10, D.Lgs 58/1998, al fine di escludere l’illegittimità costituzionale. Ciò rileva in relazione agli omissis apposti per la presunta sussistenza di segreto d’ufficio.

II. Quanto alle esigenze di tutela della riservatezza di terzi, pure opposte dalla Consob, anche nel vigore dell’articolo 24 legge 241/90, prima delle modifiche apportate dalla l. 15/2005, la giurisprudenza aveva sancito che l’accesso, qualora venga in rilievo per la cura o la difesa di propri interessi giuridici, debba prevalere rispetto all’esigenza di riservatezza del terzo (A.P. 5/1997). Tale principio è rafforzato dalle modifiche apportate dalla l. 15/2005 che, novellando il comma 2 dell’articolo 22 legge 241/90, ha sgombrato il campo da ogni dubbio in ordine alla prevalenza dell’interesse all’accesso del soggetto sottoposto a procedimento sanzionatorio, rispetto ad asserite esigenze di riservatezza di terzi o, il che è lo stesso, di tutela di presunti segreti d’ufficio.

In ogni caso il diniego di accesso deve essere adeguatamente motivato e non fondarsi su clausole di stile (ancorché, comunque, il diritto di accesso non sia sottoposto a limitazioni di sorta e nessuna motivazione avrebbe potuto conculcarlo).

III. Quanto agli omissis sub n 2), riferiti a informazioni e allegati che non sarebbero posti a fondamento delle contestazioni notificate, non può ritenersi sufficiente che l’Amministrazione affermi che i documenti coperti da omissis non sono funzionali al concreto esercizio del diritto di difesa del soggetto sottoposto a procedimento sanzionatorio. In tal senso viene richiamata la decisione CdS, Sezione sesta, 2068/06, per cui spettava al Tar sindacare la pertinenza di quanto oscurato al processo decisionale dell’Amministrazione, non essendo insindacabile la valutazione condotta dalla Consob su tale pertinenza. Il Tar è perciò venuto meno al dovere giurisdizionale di verificare la pertinenza dei documenti coperti da omissis rispetto agli addebiti in questione. La stessa modalità di accesso filtrata dal controllo giurisdizionale peraltro è di per sé indebitamente restrittiva in quanto la valutazione di rilevanza delle parti oscurate è rimessa pur sempre non al diritto interessato bensì a un soggetto terzo.

Non può “a fortiori” pretendersi che il soggetto terzo, cui demandare la valutazione di rilevanza, sia il medesimo soggetto – la Consob – che ha avviato l’istruttoria e che potrebbe adottare il provvedimento sanzionatorio. Né può opporsi che sulla presunta estraneità della documentazione occultata agli addebiti contestati non c’è contestazione, perché ciò costituirebbe un indebito tentativo di invertire l’onere della prova, “giacché proprio la sconoscenza del contenuto dei passaggi di un discorso complessivo o degli atti in quei passaggi richiamati impediva al richiedente di rendersi conto della incidenza degli stessi sul provvedimento finale e ne giustificava quindi la richiesta di esibizione integrale (Sezione sesta, 2068/06).

Inoltre non può certo affermarsi che ciò dal punto di vista dell’Amministrazione non ha rilievo ai fini della difesa dell’interessato, non possa averne per quest’ultimo.

L’accesso, dunque, non può non riguardare anche le parti coperte da omissis: ove poi dovesse verificarsi in concreto la non rilevanza degli omissis rispetto alle contestazioni, ciò non potrebbe avvenire escludendo l’appellante dal contraddittorio in proposito, giacché si tratterebbe comunque di una grave lesione del suo diritto di difesa, cui l’accesso è preordinato e che comprende certamente il diritto dell’interessato di verificare l’eventuale non pertinenza e di dedurre in merito, come si ritrae dalla giurisprudenza costituzionale citata e dall’articolo 24, comma 1, legge 262/05. Ove si accedesse ad una diversa interpretazione si eccepisce, da parte dell’appellato, l’illegittimità costituzionale del combinato disposto degli articoli 22 ss. legge 241/90, dell’articolo 24 comma 7 e s.m., articoli 4, comma 10, e 195, comma 2, D.Lgs 58/1998, nonché 24, comma 1, legge 262/05, per violazione dell’articolo 24, comma 2, Costituzione.

Si è costituita la Consob controdeducendo, con ampia memoria, a tutto quanto sostenuto in appello.

Diritto

1. Nel caso in esame si controverte della legittimità, in sede di accesso documentale ai sensi degli articoli 22 ss. della legge 241/90, dell’apposizione di “omissis”, sui documenti resi accessibili all’istante, motivata da: a) esigenze di riservatezza di terzi e/o di tutela della privacy in base al D.Lgs 196/03 (omissis 1); b) il fatto che i dati e le informazioni non fossero posti a fondamento delle contestazioni notificate (omissis 2); c) ovvero non fossero ostensibili per osservanza del segreto d’ufficio (omissis 3).

Va precisato peraltro che, al di là delle argomentazioni in diritto delle parti contenute nei rispettivi atti difensivi, in linea di fatto, nei documenti oggetto di accesso nel caso in controversia, non compaiono “omissis” della categoria 1, come, d’altra parte, ammette la stessa Consob con affermazione riscontrabile dall’esame dei documenti medesimi.

Non si pone, dunque, questione di verificare, nel caso concreto, i limiti all’accesso in funzione delle predette “esigenze di riservatezza di terzi e/o di tutela della privacy”, a ciò in base alla stessa linea di condotta effettivamente prescelta dall’Autorità gravata.

2. Così delimitata la materia del contendere, va premesso che, assunte le affermazioni dell’Amministrazione, contenute nella nota di risposta all’istanza di accesso, per il valore formale loro proprio, relativamente agli “omissis” del tipo 3 (osservanza del segreto d’ufficio), l’appello va accolto.

In effetti, la questione della pertinenza dei dati e informazioni contenuti in tale tipo di “omissis 3” ai fatti posti a base delle contestazioni in sede di procedimento sanzionatorio in concreto mosse all’attuale appellante, non può essere presa in considerazione alla luce della stessa definizione causale dell’ “omissis” responsabilmente fornita dall’Amministrazione.

Se la questione, appunto, della “rilevanza” è stata posta dall’Amministrazione elaborando e operando materialmente dei “tagli” di contenuto documentale riconducibili alla categoria dell’apposito “omissis 2”, è da ritenere che l’opposizione del segreto d’ufficio, (“omissis 3”) sia stata compiuta al di fuori del presupposto dell’irrilevanza (che avrebbe altrimenti giustificato l’apposizione del relativo tipo di “omissis 2”).

Risultando tale conclusione dall’obiettivo atteggiamento assunto dalla Consob, ne discende, come premesso, che, quanto agli “omissis 3”, l’appello va accolto, in quanto escluso per necessità logica che i fatti a cui è stata data copertura siano estranei a quelli contestati, lo stesso “omissis 3” si risolve, per come nel caso ha asseritamente e sinteticamente giustificato il diniego l’Autorità, in un immotivato e illegittimo diniego di accesso.

La giurisprudenza di questa Sezione, in armonia con le note decisioni della Corte costituzionale ampiamente citate dalle parti nelle rispettive difese, ha più volte affermato che l’attuale quadro normativo in tema di poteri istruttori della Consob, non consente di opporre il segreto d’ufficio, rispetto agli atti di un procedimento sanzionatorio, (ancorché come nel caso, nella fase iniziale della contestazione), nei riguardi del soggetto destinatario della contestazione medesima, il cui interesse alla difesa non è comprimibile neppure in sede procedimentale, e, comunque, è d’uopo precisare, neppure nella fase qui considerata della contestazione degli addebiti.

3. Rimane quindi da esaminare la questione dei precitati “omissis 2”, caratterizzati, come s’è detto, dall’estraneità di documenti e parti di documenti sottratti all’accesso alle violazioni contestate al ricorrente.

Va precisato che, nella controversia in rilievo in questa sede, null’altro la Consob ha aggiunto, negli atti di risposta alla richiesta di accesso, per argomentare la menzionata “irrilevanza” e “non pertinenza”.

In un caso analogo (decisione 2068/06 di questa Sezione) si è affermato che non ha pregio la tesi della Consob per cui spetterebbe all’interessato assoggettato a procedimento sanzionatorio, la dimostrazione della pertinenza, degli atti o parti di atti sottratti all’accesso, alla necessità di difesa di quest’ultimo, perché ciò si risolverebbe in un’ammissibile inversione dell’onere della prova.

Nel medesimo precedente, peraltro, si è adottata la soluzione di consentire al giudice amministrativo l’esame (“preventivo” rispetto alla conoscenza degli atti da parte dell’istante) della pertinenza “dei luoghi oscurati al processo decisionale dell’Amministrazione”, aprendosi la via ad un sindacato giurisdizionale che rimedi all’unilateralità dell’affermazione della parte pubblica e, al contempo, scongiuri l’eventuale pregiudizio derivante a quest’ultima dal disvelamento in sede processuale delle parti di atti “oscurate” (misura che sarebbe equivalsa all’accoglimento giudiziale dell’istanza di accesso).

Ritiene il Collegio che, nel caso in esame, non sia necessario ricorrere ad un equivalente sindacato da parte del giudice amministrativo, avuto riguardo alle stesse affermazioni dell’Autorità resistente.

La già accennata decisione della Corte costituzionale 460/00, infatti ha indicato un criterio di “rilevanza” legalmente tipizzato, laddove, nell’escludere l’incondizionata rilevanza del segreto d’ufficio ai sensi dell’articolo 4, comma 10, D.Lgs 58/1998, nei confronti dell’interessato destinatario di un provvedimento sanzionatorio (o il che è lo stesso, ai fini qui in rilievo, destinatario delle relative contestazioni), ha richiamato, ai sensi del rinvio di cui all’articolo 196, comma 3, del D.Lgs medesimo, le disposizioni della legge 689/81, tra cui la prescrizione dell’articolo 23, comma 2, s.l. in base alla quale, nel giudizio di opposizione, l’Autorità deve produrre “copia del rapporto con gli atti relativi all’accertamento”.

Se l’accertamento, dunque, discende da un’attività ispettiva nei confronti di un soggetto determinato, come si dà nel caso in esame, e assume il connotato di un’attività continuativa e complessivamente riferibile al soggetto medesimo, e quindi, trattandosi di una persona giuridica, all’eventuale responsabilità da illecito del soggetto preposto agli organi di tale organismo, è da ritenere che la relazione che, in un unico contesto documentale, dia conto delle indagini e delle attività di presa di conoscenza che abbiano poi dato luogo a delle contestazioni ai fini di un procedimento sanzionatorio, non possa non definirsi “atto relativo all’accertamento”, ancorché solo parte dell’attività ispettiva sia posta a base delle contestazioni poi effettuate.

La relazione ispettiva unitariamente redatta, e gli atti (es. nota tecnica) che ne conseguono, infatti, non sono, in linea di principio, scindibili alla stregua di un atto avente contenuto plurimo, perché tale attività istruttoria è comunque, ai fini delle esigenze difensive dell’interessato, caratterizzata da un’unitarietà dei soggetti incaricati, delle metodologie di indagine in concreto utilizzate, e, risulta quale manifestazione unitaria della potestà ispettiva, capace di indicare un “modus operandi” dell’Autorità procedente che, complessivamente, costituisce la premessa di un’attività selettiva dei dati acquisiti, globalmente rilevante nei confronti dell’interessato.

Questi ha un evidente interesse, ai fini difensivi, a conoscere e comprendere il quadro complessivo delle conoscenze acquisite in sede ispettiva, prodromico alle contestazioni, onde comprendere il criterio selettivo dei fatti nonché la coerenza e conseguenzialità delle valutazioni operate ai fini dell’enucleazione delle specifiche ipotesi di illecito a lui contestate.

Ciò salvo che l’Amministrazione possa indicare, specificamente, l’autonomia fattuale e valutativa di una parte della contestuale attività ispettiva, ai fini dell’instaurazione di un distinto procedimento a carico di terzi (evidentemente non dello stesso interessato), al fine di opporre motivatamente il segreto d’ufficio nei confronti di un interessato che, rispetto ad una parte autonoma dell’attività istruttoria, rivolta o in procinto di essere rivolta ad essere premessa di un procedimento contro terzi, perda, appunto, le qualità di interessato.

Va anche fatta salva l’ipotesi che l’autonomia fattuale e valutativa di parte dell’unitaria attività ispettiva riguardi un possibile ulteriore procedimento a carico dello stesso interessato, che però necessiti di un completamento, ai fini della formalizzazione di eventuali addebiti, sia quanto all’ulteriore acquisizione di elementi di fatto (ulteriori attività istruttorie), sia relativamente ad uno “spatium deliberandi” circa la valutazione della ricorrenza di ipotesi di illecito (ulteriore attività definitoria di fattispecie di illecito per cui procedere).

In tale seconda ipotesi l’ “omissis” avrebbe una ragion d’essere ma, trattandosi di un soggetto interessato (destinatario degli effetti dell’eventuale procedimento sanzionatorio), dovrebbe accompagnarsi all’esercizio del “potere di differimento” ex articolo 25 legge 241/90, spettante all’Amministrazione interpellata in sede di accesso, comunque riveniente in un impedimento solo temporaneo e casualmente delimitato all’ostensibilità degli atti.

Le due ipotesi ora illustrate di possibile diniego o differimento, mediante “omissis”, di parti di un documento unitario, altrimenti normalmente riconducibile alla categoria legale degli “atti relativi all’accertamento”, devono però essere enunciate e adeguatamente giustificate dall’Amministrazione.

Nel caso in esame, invece, nulla di riferibile alle possibili cause di negatoria/differimento dell’accesso è stato posto in luce dall’Amministrazione, neppure nei propri scritti difensivi, per cui si devono assumere la relazione ispettiva e gli atti connessi e conseguenziali ad essa come un’unitaria premessa delle contestazioni, comunque indicativa di presupposti, finalità e metodologie di indagini globalmente intese, nonché sintomatica, sempre nel suo complesso, dei criteri selettivi dei fatti da contestare adottati dall’Amministrazione.

Nei termini di quanto finora precisato, dunque, l’appello va accolto.

L’incertezza e la novità della materia giustificano l’integrale compensazione delle spese per entrambi i gradi di giudizio.

PQM

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione sesta, definitivamente pronunziando, accoglie l’appello, in riforma della sentenza impugnata, e ordina alla Consob di esibire la documentazione relativa al procedimento sanzionatorio a carico dell’appellante nella sua versione integrale, senza l’apposizione di “omissis” e compresi i connessi allegati.

Spese compensate.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Consiglio di Stato - Sezione Sesta Giurisdizionale

Presidente Varrone – Estensore Caracciolo

Fatto

Con la sentenza in epigrafe il Tar del Lazio ha respinto il ricorso proposto dal dott. Tizio avverso il parziale diniego di accesso per l’acquisizione dei documenti relativi al procedimento sanzionatorio avviato dalla Consob, ai sensi degli articoli 190 e 195 del D.Lgs 58/1998, nei confronti dello stesso ricorrente, in qualità di amministratore delegato della Alfa Sgr Spa.

Con nota 1 marzo 2006 la Consob aveva infatti consentito l’accesso ai documenti richiesti, specificando però che, dagli stessi, erano sottratti alla visione “i relativi allegati e le informazioni per le quali vengono in considerazione esigenze di riservatezza di terzi e/o di tutela della privacy in base al D.Lgs 196/03 (omissis 1); quelle non poste a fondamento delle contestazioni notificate (omissis 2), nonché quelle non ostensibili per osservanza del segreto d’ufficio (omissis 3)”.

Riteneva il Tribunale che il punto centrale della controversia fosse l’individuazione di quali fossero i documenti, ovvero le parti di documenti la cui conoscenza fosse funzionale all’esercizio del diritto di difesa nell’ambito del procedimento sanzionatorio avviato nei confronti del ricorrente.

Lo stesso Tar sottolineava quanto riferito dalla Consob, circa l’attinenza dei documenti o parti di documenti sottratti all’accesso a dati e informazioni estranei alle violazioni contestate al ricorrente. Le specifiche deduzioni dell’Amministrazione rendevano quindi inutili incombenti istruttori volti all’acquisizione delle parti omesse, al fine di valutare direttamente se il potere interdittivo dell’accesso fosse stato correttamente esercitato. Aggiungeva il Tar che la valutazione compiuta dall’Amministrazione in ordine all’irrilevanza dei documenti ai fini dell’esercizio del diritto di difesa in occasione dell’esame dell’istanza di accesso, determinava una sorta di autovincolo nell’azione amministrativa, nel senso che, se le indicazioni ritraibili dai documenti non ostesi, in quanto irrilevanti, fossero invece prese in considerazione nel corso del procedimento e influissero nella formazione della volontà provvedimentale, sarebbe venuta in rilievo una violazione procedimentale idonea a tradursi in un vizio di legittimità del provvedimento finale.

Appella l’interessato deducendo i seguenti motivi di gravame:

1. Violazione degli articoli 22 e ss. legge 241/90 e in particolare dell’articolo 24, comma 7, così come modificato dalla legge 15/2005 -Violazione per falsa applicazione degli articoli 4, comma 10 e 195, in particolare, comma 2, del D.Lgs 58/1998 - Violazione dell’articolo 24, comma 1, legge 262/05 – Eccesso di potere per irragionevolezza, ingiustizia manifesta - Difetto di motivazione - Violazione degli articoli 3, 24 e 97 Costituzione - Violazione del diritto di difesa, dei principi di imparzialità e trasparenza dell’attività amministrativa - Violazione del principio del contraddittorio (articolo 10 legge 241/90).

I. In base agli articoli 195, co. 2, D.Lgs 58/1998 e 24, co. 1, legge 262/05, i procedimenti sanzionatori della Consob devono conformarsi ai principi del contraddittorio e della piena conoscenza degli atti istruttori, “piena”, cioè integrale e senza omissis.

Il parziale rifiuto di ostensione risulta perciò illegittimo, in base all’articolo 24, comma 7, legge 241/90, così come modificato dalla legge 15/2005, per cui deve essere comunque garantito ai richiedenti l’accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o difendere i propri interessi giuridici, principio pienamente applicabile ai procedimenti sanzionatori della Consob. In tal senso deporrebbero anche le sentenze della Corte costituzionale 460/00 e 32/2005, che hanno correttamente interpretato l’articolo 4, comma 10, D.Lgs 58/1998, al fine di escludere l’illegittimità costituzionale. Ciò rileva in relazione agli omissis apposti per la presunta sussistenza di segreto d’ufficio.

II. Quanto alle esigenze di tutela della riservatezza di terzi, pure opposte dalla Consob, anche nel vigore dell’articolo 24 legge 241/90, prima delle modifiche apportate dalla l. 15/2005, la giurisprudenza aveva sancito che l’accesso, qualora venga in rilievo per la cura o la difesa di propri interessi giuridici, debba prevalere rispetto all’esigenza di riservatezza del terzo (A.P. 5/1997). Tale principio è rafforzato dalle modifiche apportate dalla l. 15/2005 che, novellando il comma 2 dell’articolo 22 legge 241/90, ha sgombrato il campo da ogni dubbio in ordine alla prevalenza dell’interesse all’accesso del soggetto sottoposto a procedimento sanzionatorio, rispetto ad asserite esigenze di riservatezza di terzi o, il che è lo stesso, di tutela di presunti segreti d’ufficio.

In ogni caso il diniego di accesso deve essere adeguatamente motivato e non fondarsi su clausole di stile (ancorché, comunque, il diritto di accesso non sia sottoposto a limitazioni di sorta e nessuna motivazione avrebbe potuto conculcarlo).

III. Quanto agli omissis sub n 2), riferiti a informazioni e allegati che non sarebbero posti a fondamento delle contestazioni notificate, non può ritenersi sufficiente che l’Amministrazione affermi che i documenti coperti da omissis non sono funzionali al concreto esercizio del diritto di difesa del soggetto sottoposto a procedimento sanzionatorio. In tal senso viene richiamata la decisione CdS, Sezione sesta, 2068/06, per cui spettava al Tar sindacare la pertinenza di quanto oscurato al processo decisionale dell’Amministrazione, non essendo insindacabile la valutazione condotta dalla Consob su tale pertinenza. Il Tar è perciò venuto meno al dovere giurisdizionale di verificare la pertinenza dei documenti coperti da omissis rispetto agli addebiti in questione. La stessa modalità di accesso filtrata dal controllo giurisdizionale peraltro è di per sé indebitamente restrittiva in quanto la valutazione di rilevanza delle parti oscurate è rimessa pur sempre non al diritto interessato bensì a un soggetto terzo.

Non può “a fortiori” pretendersi che il soggetto terzo, cui demandare la valutazione di rilevanza, sia il medesimo soggetto – la Consob – che ha avviato l’istruttoria e che potrebbe adottare il provvedimento sanzionatorio. Né può opporsi che sulla presunta estraneità della documentazione occultata agli addebiti contestati non c’è contestazione, perché ciò costituirebbe un indebito tentativo di invertire l’onere della prova, “giacché proprio la sconoscenza del contenuto dei passaggi di un discorso complessivo o degli atti in quei passaggi richiamati impediva al richiedente di rendersi conto della incidenza degli stessi sul provvedimento finale e ne giustificava quindi la richiesta di esibizione integrale (Sezione sesta, 2068/06).

Inoltre non può certo affermarsi che ciò dal punto di vista dell’Amministrazione non ha rilievo ai fini della difesa dell’interessato, non possa averne per quest’ultimo.

L’accesso, dunque, non può non riguardare anche le parti coperte da omissis: ove poi dovesse verificarsi in concreto la non rilevanza degli omissis rispetto alle contestazioni, ciò non potrebbe avvenire escludendo l’appellante dal contraddittorio in proposito, giacché si tratterebbe comunque di una grave lesione del suo diritto di difesa, cui l’accesso è preordinato e che comprende certamente il diritto dell’interessato di verificare l’eventuale non pertinenza e di dedurre in merito, come si ritrae dalla giurisprudenza costituzionale citata e dall’articolo 24, comma 1, legge 262/05. Ove si accedesse ad una diversa interpretazione si eccepisce, da parte dell’appellato, l’illegittimità costituzionale del combinato disposto degli articoli 22 ss. legge 241/90, dell’articolo 24 comma 7 e s.m., articoli 4, comma 10, e 195, comma 2, D.Lgs 58/1998, nonché 24, comma 1, legge 262/05, per violazione dell’articolo 24, comma 2, Costituzione.

Si è costituita la Consob controdeducendo, con ampia memoria, a tutto quanto sostenuto in appello.

Diritto

1. Nel caso in esame si controverte della legittimità, in sede di accesso documentale ai sensi degli articoli 22 ss. della legge 241/90, dell’apposizione di “omissis”, sui documenti resi accessibili all’istante, motivata da: a) esigenze di riservatezza di terzi e/o di tutela della privacy in base al D.Lgs 196/03 (omissis 1); b) il fatto che i dati e le informazioni non fossero posti a fondamento delle contestazioni notificate (omissis 2); c) ovvero non fossero ostensibili per osservanza del segreto d’ufficio (omissis 3).

Va precisato peraltro che, al di là delle argomentazioni in diritto delle parti contenute nei rispettivi atti difensivi, in linea di fatto, nei documenti oggetto di accesso nel caso in controversia, non compaiono “omissis” della categoria 1, come, d’altra parte, ammette la stessa Consob con affermazione riscontrabile dall’esame dei documenti medesimi.

Non si pone, dunque, questione di verificare, nel caso concreto, i limiti all’accesso in funzione delle predette “esigenze di riservatezza di terzi e/o di tutela della privacy”, a ciò in base alla stessa linea di condotta effettivamente prescelta dall’Autorità gravata.

2. Così delimitata la materia del contendere, va premesso che, assunte le affermazioni dell’Amministrazione, contenute nella nota di risposta all’istanza di accesso, per il valore formale loro proprio, relativamente agli “omissis” del tipo 3 (osservanza del segreto d’ufficio), l’appello va accolto.

In effetti, la questione della pertinenza dei dati e informazioni contenuti in tale tipo di “omissis 3” ai fatti posti a base delle contestazioni in sede di procedimento sanzionatorio in concreto mosse all’attuale appellante, non può essere presa in considerazione alla luce della stessa definizione causale dell’ “omissis” responsabilmente fornita dall’Amministrazione.

Se la questione, appunto, della “rilevanza” è stata posta dall’Amministrazione elaborando e operando materialmente dei “tagli” di contenuto documentale riconducibili alla categoria dell’apposito “omissis 2”, è da ritenere che l’opposizione del segreto d’ufficio, (“omissis 3”) sia stata compiuta al di fuori del presupposto dell’irrilevanza (che avrebbe altrimenti giustificato l’apposizione del relativo tipo di “omissis 2”).

Risultando tale conclusione dall’obiettivo atteggiamento assunto dalla Consob, ne discende, come premesso, che, quanto agli “omissis 3”, l’appello va accolto, in quanto escluso per necessità logica che i fatti a cui è stata data copertura siano estranei a quelli contestati, lo stesso “omissis 3” si risolve, per come nel caso ha asseritamente e sinteticamente giustificato il diniego l’Autorità, in un immotivato e illegittimo diniego di accesso.

La giurisprudenza di questa Sezione, in armonia con le note decisioni della Corte costituzionale ampiamente citate dalle parti nelle rispettive difese, ha più volte affermato che l’attuale quadro normativo in tema di poteri istruttori della Consob, non consente di opporre il segreto d’ufficio, rispetto agli atti di un procedimento sanzionatorio, (ancorché come nel caso, nella fase iniziale della contestazione), nei riguardi del soggetto destinatario della contestazione medesima, il cui interesse alla difesa non è comprimibile neppure in sede procedimentale, e, comunque, è d’uopo precisare, neppure nella fase qui considerata della contestazione degli addebiti.

3. Rimane quindi da esaminare la questione dei precitati “omissis 2”, caratterizzati, come s’è detto, dall’estraneità di documenti e parti di documenti sottratti all’accesso alle violazioni contestate al ricorrente.

Va precisato che, nella controversia in rilievo in questa sede, null’altro la Consob ha aggiunto, negli atti di risposta alla richiesta di accesso, per argomentare la menzionata “irrilevanza” e “non pertinenza”.

In un caso analogo (decisione 2068/06 di questa Sezione) si è affermato che non ha pregio la tesi della Consob per cui spetterebbe all’interessato assoggettato a procedimento sanzionatorio, la dimostrazione della pertinenza, degli atti o parti di atti sottratti all’accesso, alla necessità di difesa di quest’ultimo, perché ciò si risolverebbe in un’ammissibile inversione dell’onere della prova.

Nel medesimo precedente, peraltro, si è adottata la soluzione di consentire al giudice amministrativo l’esame (“preventivo” rispetto alla conoscenza degli atti da parte dell’istante) della pertinenza “dei luoghi oscurati al processo decisionale dell’Amministrazione”, aprendosi la via ad un sindacato giurisdizionale che rimedi all’unilateralità dell’affermazione della parte pubblica e, al contempo, scongiuri l’eventuale pregiudizio derivante a quest’ultima dal disvelamento in sede processuale delle parti di atti “oscurate” (misura che sarebbe equivalsa all’accoglimento giudiziale dell’istanza di accesso).

Ritiene il Collegio che, nel caso in esame, non sia necessario ricorrere ad un equivalente sindacato da parte del giudice amministrativo, avuto riguardo alle stesse affermazioni dell’Autorità resistente.

La già accennata decisione della Corte costituzionale 460/00, infatti ha indicato un criterio di “rilevanza” legalmente tipizzato, laddove, nell’escludere l’incondizionata rilevanza del segreto d’ufficio ai sensi dell’articolo 4, comma 10, D.Lgs 58/1998, nei confronti dell’interessato destinatario di un provvedimento sanzionatorio (o il che è lo stesso, ai fini qui in rilievo, destinatario delle relative contestazioni), ha richiamato, ai sensi del rinvio di cui all’articolo 196, comma 3, del D.Lgs medesimo, le disposizioni della legge 689/81, tra cui la prescrizione dell’articolo 23, comma 2, s.l. in base alla quale, nel giudizio di opposizione, l’Autorità deve produrre “copia del rapporto con gli atti relativi all’accertamento”.

Se l’accertamento, dunque, discende da un’attività ispettiva nei confronti di un soggetto determinato, come si dà nel caso in esame, e assume il connotato di un’attività continuativa e complessivamente riferibile al soggetto medesimo, e quindi, trattandosi di una persona giuridica, all’eventuale responsabilità da illecito del soggetto preposto agli organi di tale organismo, è da ritenere che la relazione che, in un unico contesto documentale, dia conto delle indagini e delle attività di presa di conoscenza che abbiano poi dato luogo a delle contestazioni ai fini di un procedimento sanzionatorio, non possa non definirsi “atto relativo all’accertamento”, ancorché solo parte dell’attività ispettiva sia posta a base delle contestazioni poi effettuate.

La relazione ispettiva unitariamente redatta, e gli atti (es. nota tecnica) che ne conseguono, infatti, non sono, in linea di principio, scindibili alla stregua di un atto avente contenuto plurimo, perché tale attività istruttoria è comunque, ai fini delle esigenze difensive dell’interessato, caratterizzata da un’unitarietà dei soggetti incaricati, delle metodologie di indagine in concreto utilizzate, e, risulta quale manifestazione unitaria della potestà ispettiva, capace di indicare un “modus operandi” dell’Autorità procedente che, complessivamente, costituisce la premessa di un’attività selettiva dei dati acquisiti, globalmente rilevante nei confronti dell’interessato.

Questi ha un evidente interesse, ai fini difensivi, a conoscere e comprendere il quadro complessivo delle conoscenze acquisite in sede ispettiva, prodromico alle contestazioni, onde comprendere il criterio selettivo dei fatti nonché la coerenza e conseguenzialità delle valutazioni operate ai fini dell’enucleazione delle specifiche ipotesi di illecito a lui contestate.

Ciò salvo che l’Amministrazione possa indicare, specificamente, l’autonomia fattuale e valutativa di una parte della contestuale attività ispettiva, ai fini dell’instaurazione di un distinto procedimento a carico di terzi (evidentemente non dello stesso interessato), al fine di opporre motivatamente il segreto d’ufficio nei confronti di un interessato che, rispetto ad una parte autonoma dell’attività istruttoria, rivolta o in procinto di essere rivolta ad essere premessa di un procedimento contro terzi, perda, appunto, le qualità di interessato.

Va anche fatta salva l’ipotesi che l’autonomia fattuale e valutativa di parte dell’unitaria attività ispettiva riguardi un possibile ulteriore procedimento a carico dello stesso interessato, che però necessiti di un completamento, ai fini della formalizzazione di eventuali addebiti, sia quanto all’ulteriore acquisizione di elementi di fatto (ulteriori attività istruttorie), sia relativamente ad uno “spatium deliberandi” circa la valutazione della ricorrenza di ipotesi di illecito (ulteriore attività definitoria di fattispecie di illecito per cui procedere).

In tale seconda ipotesi l’ “omissis” avrebbe una ragion d’essere ma, trattandosi di un soggetto interessato (destinatario degli effetti dell’eventuale procedimento sanzionatorio), dovrebbe accompagnarsi all’esercizio del “potere di differimento” ex articolo 25 legge 241/90, spettante all’Amministrazione interpellata in sede di accesso, comunque riveniente in un impedimento solo temporaneo e casualmente delimitato all’ostensibilità degli atti.

Le due ipotesi ora illustrate di possibile diniego o differimento, mediante “omissis”, di parti di un documento unitario, altrimenti normalmente riconducibile alla categoria legale degli “atti relativi all’accertamento”, devono però essere enunciate e adeguatamente giustificate dall’Amministrazione.

Nel caso in esame, invece, nulla di riferibile alle possibili cause di negatoria/differimento dell’accesso è stato posto in luce dall’Amministrazione, neppure nei propri scritti difensivi, per cui si devono assumere la relazione ispettiva e gli atti connessi e conseguenziali ad essa come un’unitaria premessa delle contestazioni, comunque indicativa di presupposti, finalità e metodologie di indagini globalmente intese, nonché sintomatica, sempre nel suo complesso, dei criteri selettivi dei fatti da contestare adottati dall’Amministrazione.

Nei termini di quanto finora precisato, dunque, l’appello va accolto.

L’incertezza e la novità della materia giustificano l’integrale compensazione delle spese per entrambi i gradi di giudizio.

PQM

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione sesta, definitivamente pronunziando, accoglie l’appello, in riforma della sentenza impugnata, e ordina alla Consob di esibire la documentazione relativa al procedimento sanzionatorio a carico dell’appellante nella sua versione integrale, senza l’apposizione di “omissis” e compresi i connessi allegati.

Spese compensate.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.