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Reperibilità: dopo la chiamata i riposi decorrono ex novo

Il recupero delle energie psicofisiche va garantito in ogni caso

La reperibilità è un istituto complementare alla normale prestazione lavorativa, di natura contrattuale, mediante il quale il lavoratore si mette a disposizione del datore di lavoro oltre il normale orario di lavoro allo scopo di garantire la continuità funzionale dei servizi. Il ricorso alla reperibilità deve essere oggetto comunque di contrattazione con il lavoratore e, conseguentemente, non può essere imposta unilateralmente dal datore di lavoro. A fronte di questa disponibilità il lavoratore ha diritto a ricevere il corrispettivo del sacrificio inerente a tale obbligo che trova la sua quantificazione nella contrattazione collettiva.

Tuttavia il datore di lavoro nel richiamare il lavoratore in servizio e conseguentemente nel gestire il suo orario di lavoro deve tener conto dei limiti disposti rispettivamente dall’art. 7 del decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66 che stabilisce che “Il lavoratore ha diritto a 11 ore di riposo consecutivo ogni 24 ore. Il riposo giornaliero deve essere fruito in modo consecutivo fatte salve le attività caratterizzate da periodi di lavoro frazionati, durante la giornata”, e dall’art. 9 del citato decreto che stabilisce che “il lavoratore ha diritto ogni sette giorni a un periodo di riposo di almeno 24 ore consecutive, di regola in coincidenza con la domenica, da cumulare con le ore di riposo giornaliero di cui all’art. 7” (1). Le suddette norme, adottate in attuazione delle direttive 93/104/CE e 2000/34/CE in materia di orario di lavoro, sono conformi ai principi di cui all’articolo 36 della Costituzione in materia di diritti dei lavoratori (2).

Al riguardo il Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro ha avanzato richiesta di interpello alla Direzione generale del Ministero del lavoro al fine di sapere se “in caso di chiamata per interventi di manutenzione a di fuori del normale orario di lavoro, nel caso in cui sia interrotto il riposo giornaliero o quello settimanale, gli stessi decorrono di nuovo dal termine della prestazione resa in regime di reperibilità, oppure si cumulano con le ore godute precedentemente alla chiamata”.

Il Ministero nella nota Prot. 25/I/0014084 del 5 novembre 2007, aderendo all’interpretazione fornita dai Consulenti del Lavoro nella stessa istanza d’interpello, afferma che nel caso in cui i lavoratori addetti alla manutenzione di impianti e macchinari con obbligo di reperibilità (Ccnl Cartai Industria) vengano richiamati in servizio, i riposi giornalieri e settimanali decorrono nuovamente dalla cessazione della prestazione lavorativa, rimanendo escluso il computo di ore eventualmente già fruite.

Il Ministero fonda il suo parere sul fatto che la ratio sottesa alla normativa in esame tende a dare effettività alla tutela psicofisica del lavoratore realizzando concretamente i principi di cui all’articolo 36 della Costituzione e che da una lettura costituzionalmente orientata delle norme in materia di riposo si giunge alla conclusione per la quale in caso di chiamate per interventi di manutenzione al di fuori dell’orario normale di lavoro, che comportino l’interruzione del riposo giornaliero o settimanale, esso decorre nuovamente dal termine della prestazione resa in regime di reperibilità, rimanendo esclusa ogni ipotesi di cumulo con le ore godute precedentemente alla chiamata.

La tesi del Ministero è suffragata dalla giurisprudenza Costituzionale che ha stabilito che "la consecutività delle ventiquattro ore è un elemento essenziale del riposo settimanale, in quanto consente di distinguerlo e di non sovrapporlo al riposo giornaliero e a quello annuale" (sentt. n. 150 del 1967 e n. 102 del 1976) e che “affinché l’interruzione del lavoro una volta alla settimana sia effettiva, per consentire al dipendente il recupero delle energie psicofisiche e per assicurargli un congruo periodo di tempo da destinare ad attività ricreative per sé e per la famiglia – che è lo scopo umano e sociale del precetto costituzionale – è necessario che il riposo settimanale non coincida nemmeno in parte con il riposo giornaliero, ma da questo rimanga ben distinto. Frazionare il riposo settimanale (che deve essere di 24 ore consecutive) in modo da sovrapporre ogni frazione di esso al riposo giornaliero significa, infatti, frustrare la finalità del precetto voluto dal costituente” (sent. n. 23 del 1982).

Peraltro questa interpretazione non si discosta dagli orientamenti europei visto che in materia di alternanza lavoro/riposo la Corte di Giustizia Europea ha confermato che la protezione della sicurezza e salute dei lavoratori si realizza attraverso il beneficio di periodi di riposo adeguati ed effettivi, i quali da un lato consentono il recupero delle energie psicofisiche e dall’altro prevengono i rischi di alterazione della sicurezza e salute dei lavoratori, che l’accumulo di periodi di lavoro senza il necessario riposo può rappresentare (Corte di Giustizia Sentenza del 9 settembre 2003 C-151/02).

Si tratta di capire come sia possibile contemperare il bisogno del recupero psicofisico del lavoratore con le esigenze produttive ed organizzative aziendali.

Ad esempio il Ccnl Cartai Industria all’articolo 90 titolato “Reperibilità”, al fine di permettere il recupero delle energie psicofisiche da parte del lavoratore, pone dei limiti all’utilizzo dell’istituto. Infatti, per quanto riguarda il regime delle prestazioni rese a fronte dell’intervento richiesto, l’azienda dovrà  tener conto delle normative esistenti in materia di riposo domenicale e di riposo giornaliero e  l’impegno di reperibilità per ogni singolo lavoratore non potrà essere superiore a 15 giorni/mese, salvo diverso accordo risultante da atto scritto, e, comunque, non potrà protrarsi oltre a 6 giorni consecutivi. Lo stesso articolo dispone che servizio di reperibilità potrà essere articolato secondo le seguenti modalità:

a) Intervento "da remoto": reperibilità finalizzata ad un intervento del lavoratore a distanza con mezzi telematici, o in ogni caso con sistemi che non richiedano un intervento fisico in loco, per risolvere la situazione di emergenza verificatasi.

b) Intervento "in loco": reperibilità finalizzata ad un intervento che, oltre alle caratteristiche di quello previsto al punto precedente, possa richiedere un intervento diretto sul luogo dove si è verificata l’emergenza entro un termine massimo di 60 minuti dalla richiesta.

A tutti i lavoratori reperibili è riconosciuta un’indennità specifica e differenziata da un’altra indennità dovuta solo in caso di intervento effettuato oltre il normale orario di lavoro.

Entrambe le indennità sono di misura variabile a seconda delle fasce orarie e dei giorni in cui il lavoratore è reperibile ed interviene.

Poniamo il caso che l’orario normale di lavoro sia di 40 ore settimanali distribuito su cinque giorni lavorativi dal lunedì al venerdì e che il lavoratore si renda reperibile tutti i lunedì, i mercoledì e i venerdì della settimana (tranne che nel periodo di ferie) nella fascia oraria che va dalle ore 19,00 alle ore 22,00. Il lavoratore rispondendo a una chiamata nella giornata di un lunedì del mese di novembre per un intervento “in loco” presta la sua attività lavorativa dalle ore 20,00 alle ore 22,00 : di conseguenza il riposo giornaliero, che deve essere fruito consecutivamente per 11 ore, viene interrotto. Pertanto, in applicazione delle norme in esame e conformemente al parere del Ministero, il riposo giornaliero decorre nuovamente dalla cessazione della prestazione lavorativa ovvero dalle ore 22,00 per terminare alle ore 9,00 del mattino seguente, ora in cui il lavoratore potrebbe ricominciare la sua attività lavorativa.

Infine vale la pena di analizzare le possibili conseguenze delle violazioni delle norme in materia di orario di lavoro oggetto della presente trattazione. L’art. 18 bis del decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66, dispone che la violazione delle disposizioni previste dagli articoli 7, comma 1 (riposo giornaliero) e 9, comma 1 (riposo settimanale) è punita con la sanzione amministrativa da 105 euro a 630 euro.

Una sanzione relativamente blanda in se stessa sennonché con l’entrata in vigore della Legge 3 agosto 2007, n. 123, si operata una “stretta” sulle imprese che non rispettano le normative vigenti in materia di tempi di lavoro: i trasgressori rischiano la sospensione della propria attività imprenditoriale.

Infatti, il personale ispettivo del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, anche su segnalazione delle amministrazioni pubbliche secondo le rispettive competenze, può adottare provvedimenti di sospensione di un’attività imprenditoriale in caso di reiterate violazioni della disciplina in materia di superamento dei tempi di lavoro, di riposo giornaliero e settimanale, di cui agli articoli 4, 7 e 9 del decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66, e successive modificazioni.



(1) Nel periodo di riposo non si computano i riposi intermedi, nonché le pause di lavoro di durata non inferiore a dieci minuti e complessivamente non superiore a due ore, comprese tra l’inizio e la fine di ogni periodo della giornata di lavoro, durante le quali non sia richiesto alcun tipo di prestazione lavorativa in quanto non si tratta di un periodo di riposo continuativo (circolare Ministero del Lavoro n. 8/2005).

(2) “La durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge (…) Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi”.

La reperibilità è un istituto complementare alla normale prestazione lavorativa, di natura contrattuale, mediante il quale il lavoratore si mette a disposizione del datore di lavoro oltre il normale orario di lavoro allo scopo di garantire la continuità funzionale dei servizi. Il ricorso alla reperibilità deve essere oggetto comunque di contrattazione con il lavoratore e, conseguentemente, non può essere imposta unilateralmente dal datore di lavoro. A fronte di questa disponibilità il lavoratore ha diritto a ricevere il corrispettivo del sacrificio inerente a tale obbligo che trova la sua quantificazione nella contrattazione collettiva.

Tuttavia il datore di lavoro nel richiamare il lavoratore in servizio e conseguentemente nel gestire il suo orario di lavoro deve tener conto dei limiti disposti rispettivamente dall’art. 7 del decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66 che stabilisce che “Il lavoratore ha diritto a 11 ore di riposo consecutivo ogni 24 ore. Il riposo giornaliero deve essere fruito in modo consecutivo fatte salve le attività caratterizzate da periodi di lavoro frazionati, durante la giornata”, e dall’art. 9 del citato decreto che stabilisce che “il lavoratore ha diritto ogni sette giorni a un periodo di riposo di almeno 24 ore consecutive, di regola in coincidenza con la domenica, da cumulare con le ore di riposo giornaliero di cui all’art. 7” (1). Le suddette norme, adottate in attuazione delle direttive 93/104/CE e 2000/34/CE in materia di orario di lavoro, sono conformi ai principi di cui all’articolo 36 della Costituzione in materia di diritti dei lavoratori (2).

Al riguardo il Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro ha avanzato richiesta di interpello alla Direzione generale del Ministero del lavoro al fine di sapere se “in caso di chiamata per interventi di manutenzione a di fuori del normale orario di lavoro, nel caso in cui sia interrotto il riposo giornaliero o quello settimanale, gli stessi decorrono di nuovo dal termine della prestazione resa in regime di reperibilità, oppure si cumulano con le ore godute precedentemente alla chiamata”.

Il Ministero nella nota Prot. 25/I/0014084 del 5 novembre 2007, aderendo all’interpretazione fornita dai Consulenti del Lavoro nella stessa istanza d’interpello, afferma che nel caso in cui i lavoratori addetti alla manutenzione di impianti e macchinari con obbligo di reperibilità (Ccnl Cartai Industria) vengano richiamati in servizio, i riposi giornalieri e settimanali decorrono nuovamente dalla cessazione della prestazione lavorativa, rimanendo escluso il computo di ore eventualmente già fruite.

Il Ministero fonda il suo parere sul fatto che la ratio sottesa alla normativa in esame tende a dare effettività alla tutela psicofisica del lavoratore realizzando concretamente i principi di cui all’articolo 36 della Costituzione e che da una lettura costituzionalmente orientata delle norme in materia di riposo si giunge alla conclusione per la quale in caso di chiamate per interventi di manutenzione al di fuori dell’orario normale di lavoro, che comportino l’interruzione del riposo giornaliero o settimanale, esso decorre nuovamente dal termine della prestazione resa in regime di reperibilità, rimanendo esclusa ogni ipotesi di cumulo con le ore godute precedentemente alla chiamata.

La tesi del Ministero è suffragata dalla giurisprudenza Costituzionale che ha stabilito che "la consecutività delle ventiquattro ore è un elemento essenziale del riposo settimanale, in quanto consente di distinguerlo e di non sovrapporlo al riposo giornaliero e a quello annuale" (sentt. n. 150 del 1967 e n. 102 del 1976) e che “affinché l’interruzione del lavoro una volta alla settimana sia effettiva, per consentire al dipendente il recupero delle energie psicofisiche e per assicurargli un congruo periodo di tempo da destinare ad attività ricreative per sé e per la famiglia – che è lo scopo umano e sociale del precetto costituzionale – è necessario che il riposo settimanale non coincida nemmeno in parte con il riposo giornaliero, ma da questo rimanga ben distinto. Frazionare il riposo settimanale (che deve essere di 24 ore consecutive) in modo da sovrapporre ogni frazione di esso al riposo giornaliero significa, infatti, frustrare la finalità del precetto voluto dal costituente” (sent. n. 23 del 1982).

Peraltro questa interpretazione non si discosta dagli orientamenti europei visto che in materia di alternanza lavoro/riposo la Corte di Giustizia Europea ha confermato che la protezione della sicurezza e salute dei lavoratori si realizza attraverso il beneficio di periodi di riposo adeguati ed effettivi, i quali da un lato consentono il recupero delle energie psicofisiche e dall’altro prevengono i rischi di alterazione della sicurezza e salute dei lavoratori, che l’accumulo di periodi di lavoro senza il necessario riposo può rappresentare (Corte di Giustizia Sentenza del 9 settembre 2003 C-151/02).

Si tratta di capire come sia possibile contemperare il bisogno del recupero psicofisico del lavoratore con le esigenze produttive ed organizzative aziendali.

Ad esempio il Ccnl Cartai Industria all’articolo 90 titolato “Reperibilità”, al fine di permettere il recupero delle energie psicofisiche da parte del lavoratore, pone dei limiti all’utilizzo dell’istituto. Infatti, per quanto riguarda il regime delle prestazioni rese a fronte dell’intervento richiesto, l’azienda dovrà  tener conto delle normative esistenti in materia di riposo domenicale e di riposo giornaliero e  l’impegno di reperibilità per ogni singolo lavoratore non potrà essere superiore a 15 giorni/mese, salvo diverso accordo risultante da atto scritto, e, comunque, non potrà protrarsi oltre a 6 giorni consecutivi. Lo stesso articolo dispone che servizio di reperibilità potrà essere articolato secondo le seguenti modalità:

a) Intervento "da remoto": reperibilità finalizzata ad un intervento del lavoratore a distanza con mezzi telematici, o in ogni caso con sistemi che non richiedano un intervento fisico in loco, per risolvere la situazione di emergenza verificatasi.

b) Intervento "in loco": reperibilità finalizzata ad un intervento che, oltre alle caratteristiche di quello previsto al punto precedente, possa richiedere un intervento diretto sul luogo dove si è verificata l’emergenza entro un termine massimo di 60 minuti dalla richiesta.

A tutti i lavoratori reperibili è riconosciuta un’indennità specifica e differenziata da un’altra indennità dovuta solo in caso di intervento effettuato oltre il normale orario di lavoro.

Entrambe le indennità sono di misura variabile a seconda delle fasce orarie e dei giorni in cui il lavoratore è reperibile ed interviene.

Poniamo il caso che l’orario normale di lavoro sia di 40 ore settimanali distribuito su cinque giorni lavorativi dal lunedì al venerdì e che il lavoratore si renda reperibile tutti i lunedì, i mercoledì e i venerdì della settimana (tranne che nel periodo di ferie) nella fascia oraria che va dalle ore 19,00 alle ore 22,00. Il lavoratore rispondendo a una chiamata nella giornata di un lunedì del mese di novembre per un intervento “in loco” presta la sua attività lavorativa dalle ore 20,00 alle ore 22,00 : di conseguenza il riposo giornaliero, che deve essere fruito consecutivamente per 11 ore, viene interrotto. Pertanto, in applicazione delle norme in esame e conformemente al parere del Ministero, il riposo giornaliero decorre nuovamente dalla cessazione della prestazione lavorativa ovvero dalle ore 22,00 per terminare alle ore 9,00 del mattino seguente, ora in cui il lavoratore potrebbe ricominciare la sua attività lavorativa.

Infine vale la pena di analizzare le possibili conseguenze delle violazioni delle norme in materia di orario di lavoro oggetto della presente trattazione. L’art. 18 bis del decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66, dispone che la violazione delle disposizioni previste dagli articoli 7, comma 1 (riposo giornaliero) e 9, comma 1 (riposo settimanale) è punita con la sanzione amministrativa da 105 euro a 630 euro.

Una sanzione relativamente blanda in se stessa sennonché con l’entrata in vigore della Legge 3 agosto 2007, n. 123, si operata una “stretta” sulle imprese che non rispettano le normative vigenti in materia di tempi di lavoro: i trasgressori rischiano la sospensione della propria attività imprenditoriale.

Infatti, il personale ispettivo del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, anche su segnalazione delle amministrazioni pubbliche secondo le rispettive competenze, può adottare provvedimenti di sospensione di un’attività imprenditoriale in caso di reiterate violazioni della disciplina in materia di superamento dei tempi di lavoro, di riposo giornaliero e settimanale, di cui agli articoli 4, 7 e 9 del decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66, e successive modificazioni.



(1) Nel periodo di riposo non si computano i riposi intermedi, nonché le pause di lavoro di durata non inferiore a dieci minuti e complessivamente non superiore a due ore, comprese tra l’inizio e la fine di ogni periodo della giornata di lavoro, durante le quali non sia richiesto alcun tipo di prestazione lavorativa in quanto non si tratta di un periodo di riposo continuativo (circolare Ministero del Lavoro n. 8/2005).

(2) “La durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge (…) Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi”.