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Lavoratori italiani assegnati all’estero ed imponibile contributivo. Le retribuzioni convenzionali

Abstract

Con decreto del 28 gennaio 2009 del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sono state fissate le retribuzioni convenzionali mensili utili al calcolo dei contributi dovuti in Italia dai lavoratori operanti in Paesi extracomunitari. L’obiettivo delle presenti note è di illustrare la disciplina contributiva prevista per i dipendenti italiani distaccati all’estero.

In order to calculate social security contributions due in Italy by Italian employees seconded to extra-EU countries, conventional remunerations have been established by the ministerial order of 28th January 2009 of Minister of Labour, Health and Social Policies together with the Minister of the Economy and Finance. The aim of the present paper is to illustrate the social security discipline provided for by the Italian law in case of secondment of Italian employees abroad.

SOMMARIO

1. Premessa

2. La tutela sociale del lavoratore italiano assegnato all’estero

2.1. La libera circolazione in Europa

2.2. Invio in Paesi convenzionati

2.3. Invio in Paesi non convenzionati

3. L’imponibile contributivo

4. Le retribuzioni convenzionali

5. Conclusioni

1. Premessa

Nuove esigenze produttive e gestionali, derivanti dai processi di globalizzazione dell’economia, spingono un numero sempre maggiore di aziende, anche di piccole e medie dimensioni, a richiedere ai propri dipendenti di svolgere l’attività lavorativa all’estero, anche se per periodi limitati. In tali contesti la tutela previdenziale dei lavoratori italiani inviati all’estero è garantita sia dagli accordi bilaterali e multilaterali di sicurezza sociale stipulati dall’Italia, sia dalla normativa interna.

L’obiettivo delle presenti note è di individuare la base imponibile per il calcolo dei contributi dovuti in Italia dai dipendenti italiani distaccati all’estero ed i criteri di impiego delle retribuzioni convenzionali [in questa sede non verrà analizzata la normativa inerente gli infortuni professionali].

2. La tutela sociale del lavoratore italiano assegnato all’estero

L’Italia ha stipulato e ratificato appositi negozi giuridici di diritto internazionale, le convenzioni, al fine di coordinare la legislazione di sicurezza sociale italiana con quella dei Paesi di maggiore emigrazione ed immigrazione, con l’obiettivo di garantire, tra l’altro, la copertura assicurativa dei lavoratori italiani migranti. Laddove l’Italia non abbia ratificato alcuna convenzione, la copertura assicurativa dei lavoratori italiani all’estero è assicurata dalla legge n. 398 del 3 ottobre 1987.

2.1. La libera circolazione in Europa

Il Trattato istitutivo della Comunità economica europea sancisce, agli articoli dal 48 al 51, il principio della libertà di circolazione all’interno degli Stati aderenti. In particolare, con specifico riferimento alla tutela dei diritti previdenziali dei lavoratori dipendenti, la disciplina è stabilita dal regolamento (CEE) n. 1408 del 14 giugno 1971, e dal relativo regolamento di attuazione n. 574 del 21 marzo 1972, applicabile ai seguenti Stati: Austria, Belgio, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Olanda, Portogallo, Regno Unito, Spagna, Svezia, Repubblica Ceca, Cipro, Estonia, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia, Slovacchia, Slovenia, Ungheria, Bulgaria, Romania, Islanda, Liechtenstein, Norvegia e Svizzera.

Il regolamento (CEE) n. 1408 del 14 giugno 1971, nell’individuare una serie di principi a tutela del lavoratore comunitario migrante, prevede che lo stesso debba versare i contributi unicamente nello Stato estero in cui svolge la propria attività lavorativa, alle medesime condizioni e con le stesse modalità previste per i cittadini stranieri residenti. Nei particolari casi dei lavoratori distaccati all’estero, il regolamento (CEE) n. 1408 del 14 giugno 1971, come modificato dal regolamento (CE) n. 77 del 2005, consente al dipendente di mantenere il regime previdenziale nel Paese di provenienza, evitando, in tal modo, la frammentazione delle erogazioni pensionistiche in differenti istituti previdenziali ed il conseguente rischio di non maturare un livello di contribuzione sufficiente a garantirgli l’erogazione delle prestazioni previdenziali. Nello specifico, il regolamento in commento prevede che tale deroga sia limitata ad un periodo massimo di 12 mesi, previo rilascio del modello E101, prorogabile per ulteriori 12 mesi, a condizione che l’Autorità previdenziale competente dello Stato estero conceda idonea autorizzazione, mediante il rilascio del modello E102. Lo stesso regolamento consente di prolungare l’assegnazione estera in regime di esonero sino ad un massimo di cinque anni, mediante l’attivazione di un’apposita procedura e, in via del tutto eccezionale, di poter superare il periodo quinquennale, motivando adeguatamente le richieste di proroga con l’interesse specifico del lavoratore alla continuità contributiva. Terminato il periodo massimo di esenzione dalla contribuzione estera, l’obbligo assicurativo deve essere soddisfatto nello Stato di assegnazione, a parità di condizioni dei cittadini stranieri residenti.

2.2. Invio in Paesi convenzionati

Principi analoghi a quelli stabiliti in ambito comunitario sono stati previsti per gli invii dei lavoratori negli Stati convenzionati, sebbene la normativa non sia altrettanto completa. Nello specifico l’Italia ha stipulato e ratificato apposite convenzioni di sicurezza sociale con i seguenti Stati: Argentina, Australia (Stato del Victoria), Brasile, Canada (Provincia dell’Ontario, Provincia del Quebec), Capoverde, Croazia, Isole del Canale (Jersey, Guersney, Aldernay, Herm, Jetou), ex Jugoslavia (Repubbliche di Bosnia Erzegovina, Macedonia e Repubblica Federale di Jugoslavia costituita da Serbia, Montenegro e Kosovo), Principato di Monaco, San Marino, Santa Sede, Tunisia, Turchia, Uruguay, Venezuela. Sono in corso di ratifica nuove convenzioni con Cile, Filippine, Marocco, mentre è in fase di negoziato la convenzione con la Nuova Zelanda. I distacchi in Corea del Sud sono regolamentati da un’apposita intesa amministrativa (per approfondimenti si veda la circolare INPS n. 48 del 5 marzo 2007).

In quanto norme eccezionali, le disposizioni contenute in tali negozi di diritto internazionale si riverberano sull’intero ordinamento interno a seguito della ratifica, e le relative prescrizioni sono efficaci unicamente nei confronti degli Stati contraenti. L’effettiva regolamentazione dei distacchi in Paesi convenzionati, quale, ad esempio, quella relativa alla durata dell’esenzione contributiva, ovvero agli specifici formulari da adottare, deve essere attentamente valutata sulla base delle specifiche disposizioni contenute negli accordi.

In linea generale, in questa sede è sufficiente operare una distinzione tra le convenzioni “piene” e quelle “parziali”. Le convenzioni “piene”, al pari di quanto disposto dal regolamento (CEE) n. 1408 del 14 giugno 1971, coprono tutti i rischi assicurativi previsti nel nostro sistema di sicurezza sociale (è il caso della Convenzione con la Repubblica di San Marino e della Convenzione europea in vigore con la Turchia); viceversa le convenzioni “parziali” prevedono la copertura solo di alcuni rischi espressamente richiamati.

2.3. Invio in Paesi non convenzionati

Nelle ipotesi in cui non sia possibile fare riferimento alla normativa convenzionale, il principio che prevede l’assoggettamento alla legislazione previdenziale dello Stato estero deve essere in ogni caso coordinato con le disposizioni dettate dalla normativa interna italiana.

L’entrata in vigore della legge 3 ottobre 1987, n. 398 ha segnato un momento importante per i lavoratori italiani operanti in Paesi extracomunitari in quanto, in precedenza, non erano soggetti a contribuzione in Italia, ma esclusivamente nel Paese estero. In tali circostanze, nei casi di invio in Paesi che non contemplavano uno specifico obbligo di contribuzione, il lavoratore poteva restare scoperto dal punto di vista previdenziale, in evidente contraddizione con il dettato dell’articolo 35 della Costituzione italiana, che assicura la tutela del lavoro italiano all’estero. A seguito della sentenza del 30 dicembre 1985, n. 369 della Corte costituzionale, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale delle norme che non prevedevano la copertura assicurativa a favore del lavoratore italiano inviato all’estero (dunque dell’art. 1 del Regio decreto legge 4 ottobre 1935, n. 1827 e degli articoli 1 e 4 del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124), è stata emanata la legge 3 ottobre 1987, n. 398 che ha previsto l’obbligo del versamento in Italia di una serie di contributi (invalidità, vecchiaia, superstiti, tubercolosi, disoccupazione involontaria, infortuni sul lavoro e malattie professionali, malattia e maternità).

La circostanza che si debba versare i contributi di tali lavoratori, sia in Italia, che nel Paese estero di assegnazione, configura, di fatto, una doppia imposizione contributiva sui medesimi redditi.

3. L’imponibile contributivo

In occasione di distacchi all’estero di lavoratori italiani, la retribuzione sulla quale calcolare i contributi dovuti in Italia varia al variare del Paese di assegnazione e della durata del distacco. Il principio generale di tutela del lavoratore inviato all’estero prevede che, in ogni caso, non si possa offrire al distaccato una tutela inferiore a quella prevista della legge 3 ottobre 1987, n. 398.

Invio in Paesi europei e in Paesi con convenzione “piena”

Nell’ipotesi di distacchi nei Paesi dell’Unione europea e nei Paesi con cui sono in vigore delle convenzioni “piene” in materia di sicurezza sociale, i contributi dovuti in Italia durante il periodo di esenzione dalla legislazione estera devono essere calcolati sulla retribuzione effettiva, così come individuata dall’articolo 12 della legge 30 aprile 1969, n. 153, secondo le disposizioni nazionali ordinarie vigenti per i lavoratori operanti sul territorio nazionale. Si ricorda che l’imponibile contributivo coincide, dal 1° gennaio 1998, con quello fiscale, salvo le esclusioni tassativamente individuate dal medesimo articolo 12.

Superato il periodo massimo di esonero previsto dalla normativa convenzionale, il lavoratore è tenuto a versare i contributi esclusivamente all’estero a parità di condizioni con i lavoratori locali.

Invio in Paesi non convenzionati

Qualora il dipendente venga inviato in Paesi extra comunitari non convenzionati, trovano integrale applicazione le disposizioni della legge 3 ottobre 1987, n. 398, ed i contributi dovuti in Italia devono essere calcolati, sino al rientro del dipendente in Italia, sulla base delle retribuzioni convenzionali determinate ogni anno con decreto ministeriale.

Invio in Paesi con convenzione parziale

Nelle assegnazioni in Paesi parzialmente convenzionati, i contributi devono essere calcolati con un procedimento di tipo “misto”: per le forme assicurative contemplate nella convenzione, l’imponibile contributivo è dato dalla retribuzione effettivamente corrisposta, analogamente a quanto accade per gli invii in Paesi con convenzione “piena”; viceversa, per le forme di contribuzione non regolamentate, trova integrale applicazione la legge 3 ottobre 1987, n. 398, ed i contributi devono essere calcolati sulla base delle retribuzioni convenzionali, al pari dei lavoratori inviati in Paesi non convenzionati.

Una volta conclusosi il periodo massimo di esonero dalla contribuzione estera previsto dalla specifica convenzione, il lavoratore sarà tenuto a versare nello Stato estero i contributi in precedenza coperti dall’accordo e, in Italia, i contributi per i rischi non contemplati dalla convenzione, ai sensi della legge 3 ottobre 1987, n. 398.

Il dibattito in corso

In questa sede è opportuno dedicare un breve cenno al dibattito in corso nei casi in cui, ai fini fiscali, trovi applicazione il comma 8 bis dell’articolo 51 del decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 22 dicembre 1986. In particolare, il lavoratore qualificato come residente fiscale in Italia che soggiorni all’estero per un periodo superiore a 183 giorni nell’arco di dodici mesi prestando la propria attività in via continuativa e come oggetto esclusivo del rapporto, deve assumere come base imponibile fiscale le retribuzioni convenzionali. In virtù del principio di armonizzazione delle basi imponibili fiscale e previdenziale, introdotto nel nostro sistema ad opera del decreto legislativo n. 314 del 2 settembre 1997, la base imponibile previdenziale da assoggettare a contribuzione coincide con quanto rappresenta reddito ai fini fiscali, a meno di espresse previsioni di esclusione ad opera della legislazione previdenziale. Da ciò la dottrina prevalente ha dedotto che, in assenza di particolari disposizioni normative, nelle fattispecie di cui al comma 8 bis dell’articolo 51 del decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 22 dicembre 1986 i contributi dovessero essere calcolati sulla base delle retribuzioni convenzionali. Il Ministero del lavoro, con nota del 19 gennaio 2001, con un intervento in via interpretativa, ha sostenuto che la disposizione del comma 8 bis in commento ha valenza esclusivamente fiscale e non trova applicazione anche nel campo previdenziale. Tale interpretazione, integralmente accolta dall’INPS con circolare n. 86 del 10 aprile 2001, e nei decreti di approvazione delle retribuzioni convenzionali, compreso il recente decreto ministeriale 28 gennaio 2009, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 25 del 31 gennaio 2009, continua a non convincere la dottrina maggioritaria.

4. Le retribuzioni convenzionali

L’utilizzo delle retribuzioni convenzionali è limitato agli invii in Paesi non convenzionati, ovvero in Paesi convenzionati la cui convenzione non prevede la completa copertura di tutti i rischi assicurati in Italia. In tali fattispecie, qualora la normativa estera non preveda un particolare regime di esonero dalla contribuzione, si verifica un doppio prelievo contributivo, sia da parte italiana, che estera. Il conseguente incremento dei costi connessi all’assegnazione estera del lavoratore italiano, derivante dalla doppia contribuzione, viene tuttavia parzialmente mitigato dall’utilizzo delle retribuzioni convenzionali per il calcolo dei contributi in Italia, e dalle specifiche riduzioni delle aliquote contributive previste dalla legge 3 ottobre 1987, n. 398. In particolare, per quanto riguarda la prima agevolazione, occorre rilevare come, prescindendo da quanto effettivamente corrisposto al lavoratore in costanza di assegnazione estera, venga assoggettato a contribuzione unicamente l’importo forfetario delle retribuzioni convenzionali. In altre parole è esente da contributi in Italia quella parte della retribuzione e degli eventuali benefit (indennità forfetaria estera, indennità “caro vita”, indennità alloggio, adesione a specifici piani di stock option, copertura delle spese di trasferimento, viaggi di rientro in patria, scuola per i figli, corsi di lingua locale, autovettura, polizze integrative, assistenza amministrativa per i vari adempimenti richiesti nel Paese ospitante e nel Paese di invio, accordi di rientro) che eccedono il limite retributivo previsto ogni anno per decreto ministeriale. In tali fattispecie è possibile ridurre ulteriormente i costi del distacco, ricorrendo all’abbattimento di 10 punti percentuali dell’aliquota complessiva dovuta per assicurazione per l’invalidità, la vecchiaia, i superstiti, previsto dalla stessa legge 3 ottobre 1987, n. 398.

Operativamente, l’individuazione della retribuzione convenzionale annua da utilizzare per il calcolo dei contributi deve essere effettuata mediante un raffronto con la fascia di retribuzione nazionale corrispondente individuata, per l’anno di riferimento, nel relativo decreto ministeriale (per l’anno 2008 occorre riferirsi al Decreto 16 gennaio 2008 del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, mentre, per l’anno 2009, al decreto ministeriale 28 gennaio 2009 del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze). Come chiarito dalla circolare del Ministero del lavoro e delle politiche sociali n. 72 del 21 marzo 1990, la retribuzione nazionale consiste nel trattamento economico mensile, inteso come la retribuzione prevista dal contratto collettivo nazionale della categoria divisa per dodici, comprensiva degli emolumenti riconosciuti per accordo dalle parti, con esclusione dell’“indennità estero”. La circolare INPS n. 44 del 4 aprile 2008 chiarisce, inoltre, che “i valori convenzionali così individuati possono essere ragguagliati a giornata solo in caso di assunzione, risoluzione del rapporto, trasferimento nel corso del mese; in tal caso l’imponibile mensile deve essere diviso per 26 giornate e, successivamente, si moltiplica il valore ottenuto per il numero dei giorni, domeniche escluse, comprese nella frazione del mese interessata”.

5. Conclusioni

Con decreto 28 gennaio 2009 del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 25 del 31 gennaio 2009, sono state individuate le retribuzioni convenzionali per il 2009.

Le retribuzioni convenzionali devono essere utilizzate come base imponibile per la determinazione dei contributi dovuti in Italia nei casi di invii di lavoratori dipendenti italiani in Paesi non convenzionati, ai sensi della legge 3 ottobre 1987, n. 398, ovvero in Paesi convenzionati la cui convenzione non prevede la copertura di tutti i rischi assicurativi previsti in Italia, anche se in dottrina tale impostazione restrittiva è oggetto di acceso dibattito.

La circostanza che il lavoratore sia tenuto a versare i contributi sia in Italia, che all’estero (quando dovuti), implica, in ogni caso, il verificarsi di un fenomeno di doppia contribuzione sul medesimo imponibile, parzialmente mitigato dalla previsione dell’utilizzo delle retribuzioni convenzionali, di regola di importo inferiore delle retribuzioni effettive, e dalle specifiche riduzioni delle aliquote contributive previste dalla stessa legge 3 ottobre 1987, n. 398.

Abstract

Con decreto del 28 gennaio 2009 del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sono state fissate le retribuzioni convenzionali mensili utili al calcolo dei contributi dovuti in Italia dai lavoratori operanti in Paesi extracomunitari. L’obiettivo delle presenti note è di illustrare la disciplina contributiva prevista per i dipendenti italiani distaccati all’estero.

In order to calculate social security contributions due in Italy by Italian employees seconded to extra-EU countries, conventional remunerations have been established by the ministerial order of 28th January 2009 of Minister of Labour, Health and Social Policies together with the Minister of the Economy and Finance. The aim of the present paper is to illustrate the social security discipline provided for by the Italian law in case of secondment of Italian employees abroad.

SOMMARIO

1. Premessa

2. La tutela sociale del lavoratore italiano assegnato all’estero

2.1. La libera circolazione in Europa

2.2. Invio in Paesi convenzionati

2.3. Invio in Paesi non convenzionati

3. L’imponibile contributivo

4. Le retribuzioni convenzionali

5. Conclusioni

1. Premessa

Nuove esigenze produttive e gestionali, derivanti dai processi di globalizzazione dell’economia, spingono un numero sempre maggiore di aziende, anche di piccole e medie dimensioni, a richiedere ai propri dipendenti di svolgere l’attività lavorativa all’estero, anche se per periodi limitati. In tali contesti la tutela previdenziale dei lavoratori italiani inviati all’estero è garantita sia dagli accordi bilaterali e multilaterali di sicurezza sociale stipulati dall’Italia, sia dalla normativa interna.

L’obiettivo delle presenti note è di individuare la base imponibile per il calcolo dei contributi dovuti in Italia dai dipendenti italiani distaccati all’estero ed i criteri di impiego delle retribuzioni convenzionali [in questa sede non verrà analizzata la normativa inerente gli infortuni professionali].

2. La tutela sociale del lavoratore italiano assegnato all’estero

L’Italia ha stipulato e ratificato appositi negozi giuridici di diritto internazionale, le convenzioni, al fine di coordinare la legislazione di sicurezza sociale italiana con quella dei Paesi di maggiore emigrazione ed immigrazione, con l’obiettivo di garantire, tra l’altro, la copertura assicurativa dei lavoratori italiani migranti. Laddove l’Italia non abbia ratificato alcuna convenzione, la copertura assicurativa dei lavoratori italiani all’estero è assicurata dalla legge n. 398 del 3 ottobre 1987.

2.1. La libera circolazione in Europa

Il Trattato istitutivo della Comunità economica europea sancisce, agli articoli dal 48 al 51, il principio della libertà di circolazione all’interno degli Stati aderenti. In particolare, con specifico riferimento alla tutela dei diritti previdenziali dei lavoratori dipendenti, la disciplina è stabilita dal regolamento (CEE) n. 1408 del 14 giugno 1971, e dal relativo regolamento di attuazione n. 574 del 21 marzo 1972, applicabile ai seguenti Stati: Austria, Belgio, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Olanda, Portogallo, Regno Unito, Spagna, Svezia, Repubblica Ceca, Cipro, Estonia, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia, Slovacchia, Slovenia, Ungheria, Bulgaria, Romania, Islanda, Liechtenstein, Norvegia e Svizzera.

Il regolamento (CEE) n. 1408 del 14 giugno 1971, nell’individuare una serie di principi a tutela del lavoratore comunitario migrante, prevede che lo stesso debba versare i contributi unicamente nello Stato estero in cui svolge la propria attività lavorativa, alle medesime condizioni e con le stesse modalità previste per i cittadini stranieri residenti. Nei particolari casi dei lavoratori distaccati all’estero, il regolamento (CEE) n. 1408 del 14 giugno 1971, come modificato dal regolamento (CE) n. 77 del 2005, consente al dipendente di mantenere il regime previdenziale nel Paese di provenienza, evitando, in tal modo, la frammentazione delle erogazioni pensionistiche in differenti istituti previdenziali ed il conseguente rischio di non maturare un livello di contribuzione sufficiente a garantirgli l’erogazione delle prestazioni previdenziali. Nello specifico, il regolamento in commento prevede che tale deroga sia limitata ad un periodo massimo di 12 mesi, previo rilascio del modello E101, prorogabile per ulteriori 12 mesi, a condizione che l’Autorità previdenziale competente dello Stato estero conceda idonea autorizzazione, mediante il rilascio del modello E102. Lo stesso regolamento consente di prolungare l’assegnazione estera in regime di esonero sino ad un massimo di cinque anni, mediante l’attivazione di un’apposita procedura e, in via del tutto eccezionale, di poter superare il periodo quinquennale, motivando adeguatamente le richieste di proroga con l’interesse specifico del lavoratore alla continuità contributiva. Terminato il periodo massimo di esenzione dalla contribuzione estera, l’obbligo assicurativo deve essere soddisfatto nello Stato di assegnazione, a parità di condizioni dei cittadini stranieri residenti.

2.2. Invio in Paesi convenzionati

Principi analoghi a quelli stabiliti in ambito comunitario sono stati previsti per gli invii dei lavoratori negli Stati convenzionati, sebbene la normativa non sia altrettanto completa. Nello specifico l’Italia ha stipulato e ratificato apposite convenzioni di sicurezza sociale con i seguenti Stati: Argentina, Australia (Stato del Victoria), Brasile, Canada (Provincia dell’Ontario, Provincia del Quebec), Capoverde, Croazia, Isole del Canale (Jersey, Guersney, Aldernay, Herm, Jetou), ex Jugoslavia (Repubbliche di Bosnia Erzegovina, Macedonia e Repubblica Federale di Jugoslavia costituita da Serbia, Montenegro e Kosovo), Principato di Monaco, San Marino, Santa Sede, Tunisia, Turchia, Uruguay, Venezuela. Sono in corso di ratifica nuove convenzioni con Cile, Filippine, Marocco, mentre è in fase di negoziato la convenzione con la Nuova Zelanda. I distacchi in Corea del Sud sono regolamentati da un’apposita intesa amministrativa (per approfondimenti si veda la circolare INPS n. 48 del 5 marzo 2007).

In quanto norme eccezionali, le disposizioni contenute in tali negozi di diritto internazionale si riverberano sull’intero ordinamento interno a seguito della ratifica, e le relative prescrizioni sono efficaci unicamente nei confronti degli Stati contraenti. L’effettiva regolamentazione dei distacchi in Paesi convenzionati, quale, ad esempio, quella relativa alla durata dell’esenzione contributiva, ovvero agli specifici formulari da adottare, deve essere attentamente valutata sulla base delle specifiche disposizioni contenute negli accordi.

In linea generale, in questa sede è sufficiente operare una distinzione tra le convenzioni “piene” e quelle “parziali”. Le convenzioni “piene”, al pari di quanto disposto dal regolamento (CEE) n. 1408 del 14 giugno 1971, coprono tutti i rischi assicurativi previsti nel nostro sistema di sicurezza sociale (è il caso della Convenzione con la Repubblica di San Marino e della Convenzione europea in vigore con la Turchia); viceversa le convenzioni “parziali” prevedono la copertura solo di alcuni rischi espressamente richiamati.

2.3. Invio in Paesi non convenzionati

Nelle ipotesi in cui non sia possibile fare riferimento alla normativa convenzionale, il principio che prevede l’assoggettamento alla legislazione previdenziale dello Stato estero deve essere in ogni caso coordinato con le disposizioni dettate dalla normativa interna italiana.

L’entrata in vigore della legge 3 ottobre 1987, n. 398 ha segnato un momento importante per i lavoratori italiani operanti in Paesi extracomunitari in quanto, in precedenza, non erano soggetti a contribuzione in Italia, ma esclusivamente nel Paese estero. In tali circostanze, nei casi di invio in Paesi che non contemplavano uno specifico obbligo di contribuzione, il lavoratore poteva restare scoperto dal punto di vista previdenziale, in evidente contraddizione con il dettato dell’articolo 35 della Costituzione italiana, che assicura la tutela del lavoro italiano all’estero. A seguito della sentenza del 30 dicembre 1985, n. 369 della Corte costituzionale, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale delle norme che non prevedevano la copertura assicurativa a favore del lavoratore italiano inviato all’estero (dunque dell’art. 1 del Regio decreto legge 4 ottobre 1935, n. 1827 e degli articoli 1 e 4 del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124), è stata emanata la legge 3 ottobre 1987, n. 398 che ha previsto l’obbligo del versamento in Italia di una serie di contributi (invalidità, vecchiaia, superstiti, tubercolosi, disoccupazione involontaria, infortuni sul lavoro e malattie professionali, malattia e maternità).

La circostanza che si debba versare i contributi di tali lavoratori, sia in Italia, che nel Paese estero di assegnazione, configura, di fatto, una doppia imposizione contributiva sui medesimi redditi.

3. L’imponibile contributivo

In occasione di distacchi all’estero di lavoratori italiani, la retribuzione sulla quale calcolare i contributi dovuti in Italia varia al variare del Paese di assegnazione e della durata del distacco. Il principio generale di tutela del lavoratore inviato all’estero prevede che, in ogni caso, non si possa offrire al distaccato una tutela inferiore a quella prevista della legge 3 ottobre 1987, n. 398.

Invio in Paesi europei e in Paesi con convenzione “piena”

Nell’ipotesi di distacchi nei Paesi dell’Unione europea e nei Paesi con cui sono in vigore delle convenzioni “piene” in materia di sicurezza sociale, i contributi dovuti in Italia durante il periodo di esenzione dalla legislazione estera devono essere calcolati sulla retribuzione effettiva, così come individuata dall’articolo 12 della legge 30 aprile 1969, n. 153, secondo le disposizioni nazionali ordinarie vigenti per i lavoratori operanti sul territorio nazionale. Si ricorda che l’imponibile contributivo coincide, dal 1° gennaio 1998, con quello fiscale, salvo le esclusioni tassativamente individuate dal medesimo articolo 12.

Superato il periodo massimo di esonero previsto dalla normativa convenzionale, il lavoratore è tenuto a versare i contributi esclusivamente all’estero a parità di condizioni con i lavoratori locali.

Invio in Paesi non convenzionati

Qualora il dipendente venga inviato in Paesi extra comunitari non convenzionati, trovano integrale applicazione le disposizioni della legge 3 ottobre 1987, n. 398, ed i contributi dovuti in Italia devono essere calcolati, sino al rientro del dipendente in Italia, sulla base delle retribuzioni convenzionali determinate ogni anno con decreto ministeriale.

Invio in Paesi con convenzione parziale

Nelle assegnazioni in Paesi parzialmente convenzionati, i contributi devono essere calcolati con un procedimento di tipo “misto”: per le forme assicurative contemplate nella convenzione, l’imponibile contributivo è dato dalla retribuzione effettivamente corrisposta, analogamente a quanto accade per gli invii in Paesi con convenzione “piena”; viceversa, per le forme di contribuzione non regolamentate, trova integrale applicazione la legge 3 ottobre 1987, n. 398, ed i contributi devono essere calcolati sulla base delle retribuzioni convenzionali, al pari dei lavoratori inviati in Paesi non convenzionati.

Una volta conclusosi il periodo massimo di esonero dalla contribuzione estera previsto dalla specifica convenzione, il lavoratore sarà tenuto a versare nello Stato estero i contributi in precedenza coperti dall’accordo e, in Italia, i contributi per i rischi non contemplati dalla convenzione, ai sensi della legge 3 ottobre 1987, n. 398.

Il dibattito in corso

In questa sede è opportuno dedicare un breve cenno al dibattito in corso nei casi in cui, ai fini fiscali, trovi applicazione il comma 8 bis dell’articolo 51 del decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 22 dicembre 1986. In particolare, il lavoratore qualificato come residente fiscale in Italia che soggiorni all’estero per un periodo superiore a 183 giorni nell’arco di dodici mesi prestando la propria attività in via continuativa e come oggetto esclusivo del rapporto, deve assumere come base imponibile fiscale le retribuzioni convenzionali. In virtù del principio di armonizzazione delle basi imponibili fiscale e previdenziale, introdotto nel nostro sistema ad opera del decreto legislativo n. 314 del 2 settembre 1997, la base imponibile previdenziale da assoggettare a contribuzione coincide con quanto rappresenta reddito ai fini fiscali, a meno di espresse previsioni di esclusione ad opera della legislazione previdenziale. Da ciò la dottrina prevalente ha dedotto che, in assenza di particolari disposizioni normative, nelle fattispecie di cui al comma 8 bis dell’articolo 51 del decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 22 dicembre 1986 i contributi dovessero essere calcolati sulla base delle retribuzioni convenzionali. Il Ministero del lavoro, con nota del 19 gennaio 2001, con un intervento in via interpretativa, ha sostenuto che la disposizione del comma 8 bis in commento ha valenza esclusivamente fiscale e non trova applicazione anche nel campo previdenziale. Tale interpretazione, integralmente accolta dall’INPS con circolare n. 86 del 10 aprile 2001, e nei decreti di approvazione delle retribuzioni convenzionali, compreso il recente decreto ministeriale 28 gennaio 2009, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 25 del 31 gennaio 2009, continua a non convincere la dottrina maggioritaria.

4. Le retribuzioni convenzionali

L’utilizzo delle retribuzioni convenzionali è limitato agli invii in Paesi non convenzionati, ovvero in Paesi convenzionati la cui convenzione non prevede la completa copertura di tutti i rischi assicurati in Italia. In tali fattispecie, qualora la normativa estera non preveda un particolare regime di esonero dalla contribuzione, si verifica un doppio prelievo contributivo, sia da parte italiana, che estera. Il conseguente incremento dei costi connessi all’assegnazione estera del lavoratore italiano, derivante dalla doppia contribuzione, viene tuttavia parzialmente mitigato dall’utilizzo delle retribuzioni convenzionali per il calcolo dei contributi in Italia, e dalle specifiche riduzioni delle aliquote contributive previste dalla legge 3 ottobre 1987, n. 398. In particolare, per quanto riguarda la prima agevolazione, occorre rilevare come, prescindendo da quanto effettivamente corrisposto al lavoratore in costanza di assegnazione estera, venga assoggettato a contribuzione unicamente l’importo forfetario delle retribuzioni convenzionali. In altre parole è esente da contributi in Italia quella parte della retribuzione e degli eventuali benefit (indennità forfetaria estera, indennità “caro vita”, indennità alloggio, adesione a specifici piani di stock option, copertura delle spese di trasferimento, viaggi di rientro in patria, scuola per i figli, corsi di lingua locale, autovettura, polizze integrative, assistenza amministrativa per i vari adempimenti richiesti nel Paese ospitante e nel Paese di invio, accordi di rientro) che eccedono il limite retributivo previsto ogni anno per decreto ministeriale. In tali fattispecie è possibile ridurre ulteriormente i costi del distacco, ricorrendo all’abbattimento di 10 punti percentuali dell’aliquota complessiva dovuta per assicurazione per l’invalidità, la vecchiaia, i superstiti, previsto dalla stessa legge 3 ottobre 1987, n. 398.

Operativamente, l’individuazione della retribuzione convenzionale annua da utilizzare per il calcolo dei contributi deve essere effettuata mediante un raffronto con la fascia di retribuzione nazionale corrispondente individuata, per l’anno di riferimento, nel relativo decreto ministeriale (per l’anno 2008 occorre riferirsi al Decreto 16 gennaio 2008 del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, mentre, per l’anno 2009, al decreto ministeriale 28 gennaio 2009 del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze). Come chiarito dalla circolare del Ministero del lavoro e delle politiche sociali n. 72 del 21 marzo 1990, la retribuzione nazionale consiste nel trattamento economico mensile, inteso come la retribuzione prevista dal contratto collettivo nazionale della categoria divisa per dodici, comprensiva degli emolumenti riconosciuti per accordo dalle parti, con esclusione dell’“indennità estero”. La circolare INPS n. 44 del 4 aprile 2008 chiarisce, inoltre, che “i valori convenzionali così individuati possono essere ragguagliati a giornata solo in caso di assunzione, risoluzione del rapporto, trasferimento nel corso del mese; in tal caso l’imponibile mensile deve essere diviso per 26 giornate e, successivamente, si moltiplica il valore ottenuto per il numero dei giorni, domeniche escluse, comprese nella frazione del mese interessata”.

5. Conclusioni

Con decreto 28 gennaio 2009 del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 25 del 31 gennaio 2009, sono state individuate le retribuzioni convenzionali per il 2009.

Le retribuzioni convenzionali devono essere utilizzate come base imponibile per la determinazione dei contributi dovuti in Italia nei casi di invii di lavoratori dipendenti italiani in Paesi non convenzionati, ai sensi della legge 3 ottobre 1987, n. 398, ovvero in Paesi convenzionati la cui convenzione non prevede la copertura di tutti i rischi assicurativi previsti in Italia, anche se in dottrina tale impostazione restrittiva è oggetto di acceso dibattito.

La circostanza che il lavoratore sia tenuto a versare i contributi sia in Italia, che all’estero (quando dovuti), implica, in ogni caso, il verificarsi di un fenomeno di doppia contribuzione sul medesimo imponibile, parzialmente mitigato dalla previsione dell’utilizzo delle retribuzioni convenzionali, di regola di importo inferiore delle retribuzioni effettive, e dalle specifiche riduzioni delle aliquote contributive previste dalla stessa legge 3 ottobre 1987, n. 398.