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Il peso dell’IO incosciente nella scrittura

Il mondo va, corre inafferrabile; ogni giorno è senza tempo e questo divenire è superato solo dalla necessità di porre dei punti di riferimento. Occorre fissare il mondo nella sua storia, collocare e rendere la conoscenza determinabile, individuata e strettamente correlata non solo al successo, alla immagine di chi la detiene e la propone non come individuo singolo, ma come espressione sociale di un animo nobile e altruista, capace di amare l’altro da se mettendo a disposizione di tutti la propria unicità.

Abbisogna dunque, non solo osare per fare la storia, ma segnare e “firmare” i limiti dell’uomo per raggiungere il firmamento dell’universalità, così da ritrovare un giusto posto e un immane, concreto significato di sé attraverso la comunicazione della ormai, dimenticata per molti, “manoscrittura”.

Ma nel mentre siamo distratti da tutto ciò che ci circonda nell’accesa speranza di essere notati, capiti, amati e desiderati ci allontaniamo sempre più da noi stessi e ciò che realmente siamo, pur lasciando delle inaspettate tracce, che se fossero esaminate in un contesto criminale ci aiuterebbero a comprenderne il significato e il movente magari di un efferato crimine.

Noi tutti siamo unici, così come le nostre impronte papillari e non ci accorgiamo che potremmo essere di fatto scoperti anche solo con l’apposizione di una semplice “firma”.

Appare questo confronto banale allorquando andiamo a valutare l’uomo quale “animale sociale”eppure è così senza presunzione.

Siamo stati, siamo e saremo fino al nostro trapasso una firma, un segno indelebile della storia e della nostra unicità; questa ce la portiamo nel tempo, le esperienze, gli studi, le medesime malattie convivono con noi, dando voce, anche inconsapevolmente al nostro IO.

Faccio riferimento a quei segni, non del tutto abbandonati dall’uso smodato della scrittura “virtuale”, che caratterizzano il nostro percorso di vita da quando abbiamo preso confidenza con la penna e il calamaio. Ai primordi erano aste, poi ci siamo accostati a riportare sul foglio le lettere singolarmente, fino alla composizione armonica delle stesse con frasi di senso compiuto.

E da quell’istante anche la sola pressione su di un foglio, quei segni grafici fatti di curve angolose, gesti piccoli e non fluidi, lettere raggomitolate su se stesse etc., hanno dato vita inconsapevolmente a quel percorso cognitivo che permette appunto di trasporre la scrittura al cuore della personalità umana.

E’ evidente che non è assolutamente mia intenzione di percorrere un irto e avventuroso cammino nel campo della grafologia, senza avere una adeguata preparazione psicologica, ma di certo anche nella polizia scientifica, nell’ambito delle scienze giuridiche, posso dire che quella materia detiene nel mondo della psicologia, del lavoro e in altrettanti settori sociali un meritato posto.

In effetti la scrittura, nella sua originalità rappresenta la personalità di ogni individuo.

Ogni segno nella sua struttura e articolazione è frutto di una profonda manifestazione dell’IO incosciente. La scrittura è comunicazione, è genialità e non di meno sofferenza interiore.

Conoscere i segni è come immergersi nella parte più profonda e nascosta di noi, non sempre accessibile a chi non abbia quella capacità maieutica di ascoltare, osservare e comprendere.

Orbene, anche la grafologia ha dei sostenitori, degli studiosi che ne alimentano le caratteristiche e attraverso metodi e procedimenti tecnici pratici, è anche di supporto al nostro diritto.

In effetti, attraverso l’esame dei segni grafici, è possibile, ad esempio nell’ambito giudiziario/forense a mezzo di perizie e consulenze, supportare l’attività dei pubblici ministeri e dei giudici, nonché su impulso delle parti interessate, in caso di testamenti falsificati, rilevare firme disconosciute, dissimulate o alterate anche con strumenti meccanici.

Ma come ogni principio o asserzione che si voglia, questi non hanno nulla di definitivo; in vero anche la magistratura, con qualche velata contraddizione, ritiene valente la perizia grafica, “non come mezzo istruttorio in senso proprio ma come supporto nella soluzione di questioni che necessitano di specifiche conoscenze”.[1]

Parimenti, ritiene non necessario tale accertamento ad esempio ai fini della prova di un falso in scrittura privata, potendo “il reato accertarsi in base ad altre prove”.[2]

Ciononostante, resta la grafologia una scienza valida quale idoneo mezzo per approfondire la conoscenza di se stessi.

E’ opportuno ricordare che la storia della scrittura è assai lunga e difficile da ricondurre a poche righe, basti pensare che circa diciassettemila anni prima della nostra era, i nostri avi effettuavano i loro primi disegni; solo dopo millenni è stato possibile collocare la nascita della scrittura.

In effetti, i primi disegni erano semplici scritti che erano usati per comunicare e lasciare il segno di usanze che andavano perse in quanto trasmesse solo oralmente.

Facendo un passo avanti uno dei precursori della grafologia in Italia, fu Prospero Aldorisio, medico napoletano che nel 1609 scrive 72 principi per l’interpretazione della scrittura; successivamente l’eredità spetta ad un professore dell’Università di Bologna, tale Camillo Baldi[3] il quale si cimenta in questa materia evidenziando l’importanza della scrittura pubblicando il libro su “ Come conoscere la natura e la qualità dello scrittore partendo da una semplice missiva”.

E sempre ritornando al napoletano Aldorisio che ha colpito nel segno, mi piace ricordare una sua divertente affermazione “Anche se si scrivesse con i piedi e con la mano sinistra, ciascuno esprimerebbe un proprio specifico carattere".

Con questo voleva asserire che al di là di come la scrittura viene letta, questa nella sua spontaneità non potrà mai nascondere ciò che veramente siamo.

Sicuramente è stata la scrittura una importante e straordinaria scoperta, tanto da interessare, tra gli altri, anche Galileo Galilei il quale racchiuse tutto il suo stupore, con questa sua esternazione a riguardo.- “ Ma sopra tutte le invenzioni stupende, qual eminenza attinente fu quella di colui che si immaginò di trovare modo di comunicare i suoi più reconditi pensieri a qualsivoglia altra persona, benché distante per lunghissimo intervallo di luogo e di tempo? Parlare con quelli che sono nelle Indi, parlare con quelli che non sono ancora nati né saranno da qui a mille e diecimila anni? Con i vari accozzamenti di venti caratteri sopra una carta”.

Quindi, attenzione a come si scrive! Il contenuto spesso è solo un’appendice.

A questo pensa la videoscrittura, così possiamo ancora dormire sogni tranquilli, prima di fare i conti con il nostro IO scrittore.

La scrittura resta indiscutibilmente una rappresentazione della nostra psicologia, sana o malata che sia, troverà sempre un riscontro in chi ne conosce le caratteristiche grafiche.[4]



[1] Cass. Civile Sez 3 senteza nr.3191 del 2006

[2] Cassazione Penale Sez. 5 sentenze nn.4572 del 28/11/1975 e 15405 del 25.10.1977

[3] Bologna 1547-1634, professore di logica e filosofia

[4] Il segno grafologico come sintesi psicologica di Lidia Fogarolo, Ed. Libreria del Santo.It

Il mondo va, corre inafferrabile; ogni giorno è senza tempo e questo divenire è superato solo dalla necessità di porre dei punti di riferimento. Occorre fissare il mondo nella sua storia, collocare e rendere la conoscenza determinabile, individuata e strettamente correlata non solo al successo, alla immagine di chi la detiene e la propone non come individuo singolo, ma come espressione sociale di un animo nobile e altruista, capace di amare l’altro da se mettendo a disposizione di tutti la propria unicità.

Abbisogna dunque, non solo osare per fare la storia, ma segnare e “firmare” i limiti dell’uomo per raggiungere il firmamento dell’universalità, così da ritrovare un giusto posto e un immane, concreto significato di sé attraverso la comunicazione della ormai, dimenticata per molti, “manoscrittura”.

Ma nel mentre siamo distratti da tutto ciò che ci circonda nell’accesa speranza di essere notati, capiti, amati e desiderati ci allontaniamo sempre più da noi stessi e ciò che realmente siamo, pur lasciando delle inaspettate tracce, che se fossero esaminate in un contesto criminale ci aiuterebbero a comprenderne il significato e il movente magari di un efferato crimine.

Noi tutti siamo unici, così come le nostre impronte papillari e non ci accorgiamo che potremmo essere di fatto scoperti anche solo con l’apposizione di una semplice “firma”.

Appare questo confronto banale allorquando andiamo a valutare l’uomo quale “animale sociale”eppure è così senza presunzione.

Siamo stati, siamo e saremo fino al nostro trapasso una firma, un segno indelebile della storia e della nostra unicità; questa ce la portiamo nel tempo, le esperienze, gli studi, le medesime malattie convivono con noi, dando voce, anche inconsapevolmente al nostro IO.

Faccio riferimento a quei segni, non del tutto abbandonati dall’uso smodato della scrittura “virtuale”, che caratterizzano il nostro percorso di vita da quando abbiamo preso confidenza con la penna e il calamaio. Ai primordi erano aste, poi ci siamo accostati a riportare sul foglio le lettere singolarmente, fino alla composizione armonica delle stesse con frasi di senso compiuto.

E da quell’istante anche la sola pressione su di un foglio, quei segni grafici fatti di curve angolose, gesti piccoli e non fluidi, lettere raggomitolate su se stesse etc., hanno dato vita inconsapevolmente a quel percorso cognitivo che permette appunto di trasporre la scrittura al cuore della personalità umana.

E’ evidente che non è assolutamente mia intenzione di percorrere un irto e avventuroso cammino nel campo della grafologia, senza avere una adeguata preparazione psicologica, ma di certo anche nella polizia scientifica, nell’ambito delle scienze giuridiche, posso dire che quella materia detiene nel mondo della psicologia, del lavoro e in altrettanti settori sociali un meritato posto.

In effetti la scrittura, nella sua originalità rappresenta la personalità di ogni individuo.

Ogni segno nella sua struttura e articolazione è frutto di una profonda manifestazione dell’IO incosciente. La scrittura è comunicazione, è genialità e non di meno sofferenza interiore.

Conoscere i segni è come immergersi nella parte più profonda e nascosta di noi, non sempre accessibile a chi non abbia quella capacità maieutica di ascoltare, osservare e comprendere.

Orbene, anche la grafologia ha dei sostenitori, degli studiosi che ne alimentano le caratteristiche e attraverso metodi e procedimenti tecnici pratici, è anche di supporto al nostro diritto.

In effetti, attraverso l’esame dei segni grafici, è possibile, ad esempio nell’ambito giudiziario/forense a mezzo di perizie e consulenze, supportare l’attività dei pubblici ministeri e dei giudici, nonché su impulso delle parti interessate, in caso di testamenti falsificati, rilevare firme disconosciute, dissimulate o alterate anche con strumenti meccanici.

Ma come ogni principio o asserzione che si voglia, questi non hanno nulla di definitivo; in vero anche la magistratura, con qualche velata contraddizione, ritiene valente la perizia grafica, “non come mezzo istruttorio in senso proprio ma come supporto nella soluzione di questioni che necessitano di specifiche conoscenze”.[1]

Parimenti, ritiene non necessario tale accertamento ad esempio ai fini della prova di un falso in scrittura privata, potendo “il reato accertarsi in base ad altre prove”.[2]

Ciononostante, resta la grafologia una scienza valida quale idoneo mezzo per approfondire la conoscenza di se stessi.

E’ opportuno ricordare che la storia della scrittura è assai lunga e difficile da ricondurre a poche righe, basti pensare che circa diciassettemila anni prima della nostra era, i nostri avi effettuavano i loro primi disegni; solo dopo millenni è stato possibile collocare la nascita della scrittura.

In effetti, i primi disegni erano semplici scritti che erano usati per comunicare e lasciare il segno di usanze che andavano perse in quanto trasmesse solo oralmente.

Facendo un passo avanti uno dei precursori della grafologia in Italia, fu Prospero Aldorisio, medico napoletano che nel 1609 scrive 72 principi per l’interpretazione della scrittura; successivamente l’eredità spetta ad un professore dell’Università di Bologna, tale Camillo Baldi[3] il quale si cimenta in questa materia evidenziando l’importanza della scrittura pubblicando il libro su “ Come conoscere la natura e la qualità dello scrittore partendo da una semplice missiva”.

E sempre ritornando al napoletano Aldorisio che ha colpito nel segno, mi piace ricordare una sua divertente affermazione “Anche se si scrivesse con i piedi e con la mano sinistra, ciascuno esprimerebbe un proprio specifico carattere".

Con questo voleva asserire che al di là di come la scrittura viene letta, questa nella sua spontaneità non potrà mai nascondere ciò che veramente siamo.

Sicuramente è stata la scrittura una importante e straordinaria scoperta, tanto da interessare, tra gli altri, anche Galileo Galilei il quale racchiuse tutto il suo stupore, con questa sua esternazione a riguardo.- “ Ma sopra tutte le invenzioni stupende, qual eminenza attinente fu quella di colui che si immaginò di trovare modo di comunicare i suoi più reconditi pensieri a qualsivoglia altra persona, benché distante per lunghissimo intervallo di luogo e di tempo? Parlare con quelli che sono nelle Indi, parlare con quelli che non sono ancora nati né saranno da qui a mille e diecimila anni? Con i vari accozzamenti di venti caratteri sopra una carta”.

Quindi, attenzione a come si scrive! Il contenuto spesso è solo un’appendice.

A questo pensa la videoscrittura, così possiamo ancora dormire sogni tranquilli, prima di fare i conti con il nostro IO scrittore.

La scrittura resta indiscutibilmente una rappresentazione della nostra psicologia, sana o malata che sia, troverà sempre un riscontro in chi ne conosce le caratteristiche grafiche.[4]



[1] Cass. Civile Sez 3 senteza nr.3191 del 2006

[2] Cassazione Penale Sez. 5 sentenze nn.4572 del 28/11/1975 e 15405 del 25.10.1977

[3] Bologna 1547-1634, professore di logica e filosofia

[4] Il segno grafologico come sintesi psicologica di Lidia Fogarolo, Ed. Libreria del Santo.It