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Il lavoro occasionale di tipo accessorio

Il Decreto Legislativo 276/2003, agli art. 70-72, ha introdotto una particolare modalità lavorativa definita lavoro occasionale di tipo accessorio.

Rientrano nel lavoro accessorio tutte quelle attività lavorative meramente occasionali ”non riconducibili a tipologie contrattuali tipiche di lavoro subordinato o di lavoro autonomo (…) definite con la sola finalità di assicurare le tutele minime previdenziali e assicurative in funzione di contrasto a forme di lavoro nero e irregolare” (circ. Inps 17 del 03/02/2010). Infatti, l’obbiettivo del legislatore è stato quello di regolamentare una serie di prestazioni lavorative svolte da soggetti deboli, considerati a difficile occupabilità, stabilendo una precisa disciplina retributiva e contributiva, in modo tale da tutelare anche quei lavoratori che, diversamente, non avrebbero una protezione previdenziale ed assicurativa.

Rispetto all’originaria disciplina, quella attualmente vigente ha subito diversi cambiamenti ad opera della L. n. 133 /2008, della L. n. 33/2009 ed infine della L. n. 191/2009 (Legge Finanziaria 2010), che hanno progressivamente ampliato le tipologie di attività e di prestatori a cui poter applicare il lavoro occasionale accessorio.

Gli ambiti ammessi per le prestazioni lavorative accessorie, ai sensi dell’art. 70 del Decreto Legislativo 276/2003 e successive modifiche, sono:

a) lavori domestici;

b) lavori di giardinaggio, pulizia e manutenzione di edifici, strade, parchi e monumenti, anche nel caso in cui il committente sia un ente locale;

c) insegnamento privato supplementare;

d) manifestazioni sportive, culturali, fieristiche o caritatevoli e di lavori di emergenza o di solidarietà anche in caso di committente pubblico;

e) qualsiasi settore produttivo, compresi gli enti locali, le scuole e le università, il sabato e la domenica e durante i periodi di vacanza (si veda in proposito (Circ. n. 4 del 3 febbraio 2005 del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali) da parte di giovani con meno di venticinque anni di età se regolarmente iscritti a un ciclo di studi presso un istituto scolastico di qualsiasi ordine e grado, compatibilmente con gli impegni scolastici, ovvero in qualunque periodo dell’anno se regolarmente iscritti a un ciclo di studi presso l’università;

f) attività agricole di carattere stagionale effettuate da pensionati, da casalinghe e da giovani di cui alla lettera e) ovvero delle attività agricole svolte a favore dei soggetti di cui all’articolo 34, comma 6, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633;

g) impresa familiare di cui all’articolo 230-bis del codice civile;

h) consegna porta a porta e della vendita ambulante di stampa quotidiana e periodica;

h-bis) qualsiasi settore produttivo, compresi gli enti locali, da parte di pensionati;

h-ter) attività di lavoro svolte nei maneggi e nelle scuderie.

Continua, inoltre, anche per l’anno 2011, la sperimentazione introdotta negli anni 2009-2010 relativa all’applicazione delle prestazioni di lavoro accessorio rese nell’ambito di qualsiasi settore produttivo sia da parte di prestatori di lavoro assunti con contratti di lavoro a tempo parziale, ma non in favore del datore di lavoro titolare del contratto stesso “al fine di tutelare l’occupazione regolare con contratto part-time e evitare possibili forme elusive della relativa disciplina” (circ. Inps 17 del 03/02/2010), sia da parte di percettori di prestazioni integrative a sostegno del reddito (quali integrazione salariali, disoccupazione ordinaria, mobilità o trattamenti speciali di disoccupazione edili).

I prestatori possono svolgere attività di lavoro occasionale in generale fino ad un limite economico di 5.000 euro netti per singolo committente nell’anno solare, nel caso di percettori di prestazioni integrative o di sostegno al reddito, fino ad un limite economico di 3.000 euro netti complessivi per anno solare e non per singolo committente. Per le imprese familiari, la normativa stabilisce che le stesse possono ricorrere a prestazioni di lavoro accessorio per un importo non superiore a 10.000 euro nel corso di ciascun anno fiscale (art. 70, c. 2-bis del Decreto Legislativo 276/2003).

Il compenso del lavoratore occasionale viene corrisposto attraverso il meccanismo dei voucher (o buoni lavoro), che il datore di lavoro può procurarsi tramite una procedura cartacea o telematica da attivare presso l’Inps.

Ciascun buono ha un valore nominale pari a 10 euro (ma è disponibile anche un buono multiplo del valore nominale di 50 euro).

Il valore nominale comprende la contribuzione previdenziale alla gestione separata dell’INPS (13%), il contributo Inail ai fini dell’assicurazione contro gli infortuni (7%) e di un compenso a titolo di rimborso spese al concessionario (Inps), per la gestione del servizio (5%).

Il valore netto del voucher da 10 euro nominali in favore del prestatore, è quindi pari a 7,50 euro (corrispondenti a 37,50 euro per il buono multiplo da 50 euro).

I vantaggi nati dall’utilizzo del lavoro occasionale di tipo accessorio sono osservabili sotto un duplice punto di vista: da un lato, il datore di lavoro può avvalersi di una prestazione lavorativa completamente legale senza alcun onere di tipo formale relativo all’assunzione o alla predisposizione del contratto e senza rischiare contenzioso sulla natura della prestazione; dall’altro, il prestatore può accedere ad una fonte integrativa del proprio reddito, con esenzione dall’imposizione fiscale e non incidenza sullo stato di disoccupazione. Infine, i compensi percepiti tramite buoni lavoro sono totalmente cumulabili con i trattamenti pensionistici e compatibili con i versamenti volontari.

Il Decreto Legislativo 276/2003, agli art. 70-72, ha introdotto una particolare modalità lavorativa definita lavoro occasionale di tipo accessorio.

Rientrano nel lavoro accessorio tutte quelle attività lavorative meramente occasionali ”non riconducibili a tipologie contrattuali tipiche di lavoro subordinato o di lavoro autonomo (…) definite con la sola finalità di assicurare le tutele minime previdenziali e assicurative in funzione di contrasto a forme di lavoro nero e irregolare” (circ. Inps 17 del 03/02/2010). Infatti, l’obbiettivo del legislatore è stato quello di regolamentare una serie di prestazioni lavorative svolte da soggetti deboli, considerati a difficile occupabilità, stabilendo una precisa disciplina retributiva e contributiva, in modo tale da tutelare anche quei lavoratori che, diversamente, non avrebbero una protezione previdenziale ed assicurativa.

Rispetto all’originaria disciplina, quella attualmente vigente ha subito diversi cambiamenti ad opera della L. n. 133 /2008, della L. n. 33/2009 ed infine della L. n. 191/2009 (Legge Finanziaria 2010), che hanno progressivamente ampliato le tipologie di attività e di prestatori a cui poter applicare il lavoro occasionale accessorio.

Gli ambiti ammessi per le prestazioni lavorative accessorie, ai sensi dell’art. 70 del Decreto Legislativo 276/2003 e successive modifiche, sono:

a) lavori domestici;

b) lavori di giardinaggio, pulizia e manutenzione di edifici, strade, parchi e monumenti, anche nel caso in cui il committente sia un ente locale;

c) insegnamento privato supplementare;

d) manifestazioni sportive, culturali, fieristiche o caritatevoli e di lavori di emergenza o di solidarietà anche in caso di committente pubblico;

e) qualsiasi settore produttivo, compresi gli enti locali, le scuole e le università, il sabato e la domenica e durante i periodi di vacanza (si veda in proposito (Circ. n. 4 del 3 febbraio 2005 del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali) da parte di giovani con meno di venticinque anni di età se regolarmente iscritti a un ciclo di studi presso un istituto scolastico di qualsiasi ordine e grado, compatibilmente con gli impegni scolastici, ovvero in qualunque periodo dell’anno se regolarmente iscritti a un ciclo di studi presso l’università;

f) attività agricole di carattere stagionale effettuate da pensionati, da casalinghe e da giovani di cui alla lettera e) ovvero delle attività agricole svolte a favore dei soggetti di cui all’articolo 34, comma 6, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633;

g) impresa familiare di cui all’articolo 230-bis del codice civile;

h) consegna porta a porta e della vendita ambulante di stampa quotidiana e periodica;

h-bis) qualsiasi settore produttivo, compresi gli enti locali, da parte di pensionati;

h-ter) attività di lavoro svolte nei maneggi e nelle scuderie.

Continua, inoltre, anche per l’anno 2011, la sperimentazione introdotta negli anni 2009-2010 relativa all’applicazione delle prestazioni di lavoro accessorio rese nell’ambito di qualsiasi settore produttivo sia da parte di prestatori di lavoro assunti con contratti di lavoro a tempo parziale, ma non in favore del datore di lavoro titolare del contratto stesso “al fine di tutelare l’occupazione regolare con contratto part-time e evitare possibili forme elusive della relativa disciplina” (circ. Inps 17 del 03/02/2010), sia da parte di percettori di prestazioni integrative a sostegno del reddito (quali integrazione salariali, disoccupazione ordinaria, mobilità o trattamenti speciali di disoccupazione edili).

I prestatori possono svolgere attività di lavoro occasionale in generale fino ad un limite economico di 5.000 euro netti per singolo committente nell’anno solare, nel caso di percettori di prestazioni integrative o di sostegno al reddito, fino ad un limite economico di 3.000 euro netti complessivi per anno solare e non per singolo committente. Per le imprese familiari, la normativa stabilisce che le stesse possono ricorrere a prestazioni di lavoro accessorio per un importo non superiore a 10.000 euro nel corso di ciascun anno fiscale (art. 70, c. 2-bis del Decreto Legislativo 276/2003).

Il compenso del lavoratore occasionale viene corrisposto attraverso il meccanismo dei voucher (o buoni lavoro), che il datore di lavoro può procurarsi tramite una procedura cartacea o telematica da attivare presso l’Inps.

Ciascun buono ha un valore nominale pari a 10 euro (ma è disponibile anche un buono multiplo del valore nominale di 50 euro).

Il valore nominale comprende la contribuzione previdenziale alla gestione separata dell’INPS (13%), il contributo Inail ai fini dell’assicurazione contro gli infortuni (7%) e di un compenso a titolo di rimborso spese al concessionario (Inps), per la gestione del servizio (5%).

Il valore netto del voucher da 10 euro nominali in favore del prestatore, è quindi pari a 7,50 euro (corrispondenti a 37,50 euro per il buono multiplo da 50 euro).

I vantaggi nati dall’utilizzo del lavoro occasionale di tipo accessorio sono osservabili sotto un duplice punto di vista: da un lato, il datore di lavoro può avvalersi di una prestazione lavorativa completamente legale senza alcun onere di tipo formale relativo all’assunzione o alla predisposizione del contratto e senza rischiare contenzioso sulla natura della prestazione; dall’altro, il prestatore può accedere ad una fonte integrativa del proprio reddito, con esenzione dall’imposizione fiscale e non incidenza sullo stato di disoccupazione. Infine, i compensi percepiti tramite buoni lavoro sono totalmente cumulabili con i trattamenti pensionistici e compatibili con i versamenti volontari.