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La nuova disciplina dei licenziamenti

1. Premessa

L’etichettatura di “legge malfatta” che una parte della dottrina giuslavoristica degli anni ‘70 assegnò allo Statuto dei lavoratori (che non la meritava) va, invece, - indiscutibilmente e più pertinentemente - utilizzata per la cd. “riforma del mercato del lavoro” pubblicata sulla G.U. n. 153 del 3 luglio 2012 – S.O. n.136, come Legge 28 giugno 2012, n. 92, rubricata “Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita”, con entrata in vigore al 18 luglio 2012.

Ciò per effetto del riscontro dei numerosi difetti tecnici che la caratterizzano e che ne rendono ostica la comprensione anche agli stessi addetti ai lavori.

Conviene subito evidenziare che tali difetti non sono stati rilevati solo da noi – che taluno potrebbe ascrivere alla nostra non condivisione delle linee guida del provvedimento che hanno ispirato il neo legislatore – in quanto nel rilievo siamo in (buona) compagnia di numerosi giuristi oltreché con gli estensori del Parere della Commissione per la legislazione – trasmesso alla Camera dal Presidente del Senato il 1 giugno 2012 – relativo al disegno di legge, destinato a divenire la nuova legge n. 92/2012.

Al riguardo il Parere segnala, tra gli altri, che «taluni difetti di coordinamento con la normativa vigente si riscontrano, più in generale, tra le disposizioni introdotte dal disegno di legge in oggetto e la legge n. 604 del 1966 e la legge n. 300 del 1970, da un lato, e il decreto legislativo n. 276 del 2003, dall’altro, nonché con le disposizioni contenute nel codice di procedura civile agli articoli 409 e seguenti, nella parte in cui si disciplina il rito del lavoro»; che «in termini ancor più generali, inoltre, il provvedimento, talvolta, innova l’ordinamento previgente senza tuttavia coordinarsi con esso in modo compiuto ma ad esso sovrapponendosi». Ed ancora, «il disegno di legge si rapporta inoltre alla normativa vigente procedendo perlopiù mediante richiami effettuati in forma generica o imprecisa, in relazione ai quali sarebbe invece opportuno, ove possibile, specificare o indicare correttamente la normativa oggetto del rinvio», e, «infine, il disegno di legge si caratterizza per l’introduzione, in relazione alla disciplina di numerosi istituti, di discipline a regime, cui si affiancano disposizioni aventi carattere transitorio; peraltro, le suddette discipline non sempre risultano coordinate e appaiono, talvolta, dislocate nell’ambito di partizioni del testo anche parecchio distanziate tra loro, rendendo così ardua per l’interprete la ricostruzione della disciplina in concreto applicabile». Tanto per esemplificare!

Anche la maggioranza dei giuslavoristi riuniti nell’A.I.D.La.SS. (Associazione Italiana di diritto del lavoro e della sicurezza sociale) – che ha tenuto il XVII Congresso nazionale a Pisa in data 7-9 giugno 2012 - ha espresso una valutazione decisamente critica sul disegno di legge ora trasformato in legge, incentrata essenzialmente – come è stato detto - sulla non condivisione a tacer d’altro: a) dell’introdotta articolazione in più livelli dell’apparato sanzionatorio del licenziamento illegittimo, finalizzato a ridurre la tutela reale (reintegra) a favore della tutela indennitaria (monetizzazione); b) delle complesse alchimie che scompongono e ricompongono i presupposti che legittimano i licenziamenti; c) della predisposizione di un procedimento giurisdizionale ad hoc per il contenzioso sui licenziamenti.

I relatori e gli interventori hanno espresso – in maggioranza - l’intendime

1. Premessa

L’etichettatura di “legge malfatta” che una parte della dottrina giuslavoristica degli anni ‘70 assegnò allo Statuto dei lavoratori (che non la meritava) va, invece, - indiscutibilmente e più pertinentemente - utilizzata per la cd. “riforma del mercato del lavoro” pubblicata sulla G.U. n. 153 del 3 luglio 2012 – S.O. n.136, come Legge 28 giugno 2012, n. 92, rubricata “Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita”, con entrata in vigore al 18 luglio 2012.

Ciò per effetto del riscontro dei numerosi difetti tecnici che la caratterizzano e che ne rendono ostica la comprensione anche agli stessi addetti ai lavori.

Conviene subito evidenziare che tali difetti non sono stati rilevati solo da noi – che taluno potrebbe ascrivere alla nostra non condivisione delle linee guida del provvedimento che hanno ispirato il neo legislatore – in quanto nel rilievo siamo in (buona) compagnia di numerosi giuristi oltreché con gli estensori del Parere della Commissione per la legislazione – trasmesso alla Camera dal Presidente del Senato il 1 giugno 2012 – relativo al disegno di legge, destinato a divenire la nuova legge n. 92/2012.

Al riguardo il Parere segnala, tra gli altri, che «taluni difetti di coordinamento con la normativa vigente si riscontrano, più in generale, tra le disposizioni introdotte dal disegno di legge in oggetto e la legge n. 604 del 1966 e la legge n. 300 del 1970, da un lato, e il decreto legislativo n. 276 del 2003, dall’altro, nonché con le disposizioni contenute nel codice di procedura civile agli articoli 409 e seguenti, nella parte in cui si disciplina il rito del lavoro»; che «in termini ancor più generali, inoltre, il provvedimento, talvolta, innova l’ordinamento previgente senza tuttavia coordinarsi con esso in modo compiuto ma ad esso sovrapponendosi». Ed ancora, «il disegno di legge si rapporta inoltre alla normativa vigente procedendo perlopiù mediante richiami effettuati in forma generica o imprecisa, in relazione ai quali sarebbe invece opportuno, ove possibile, specificare o indicare correttamente la normativa oggetto del rinvio», e, «infine, il disegno di legge si caratterizza per l’introduzione, in relazione alla disciplina di numerosi istituti, di discipline a regime, cui si affiancano disposizioni aventi carattere transitorio; peraltro, le suddette discipline non sempre risultano coordinate e appaiono, talvolta, dislocate nell’ambito di partizioni del testo anche parecchio distanziate tra loro, rendendo così ardua per l’interprete la ricostruzione della disciplina in concreto applicabile». Tanto per esemplificare!

Anche la maggioranza dei giuslavoristi riuniti nell’A.I.D.La.SS. (Associazione Italiana di diritto del lavoro e della sicurezza sociale) – che ha tenuto il XVII Congresso nazionale a Pisa in data 7-9 giugno 2012 - ha espresso una valutazione decisamente critica sul disegno di legge ora trasformato in legge, incentrata essenzialmente – come è stato detto - sulla non condivisione a tacer d’altro: a) dell’introdotta articolazione in più livelli dell’apparato sanzionatorio del licenziamento illegittimo, finalizzato a ridurre la tutela reale (reintegra) a favore della tutela indennitaria (monetizzazione); b) delle complesse alchimie che scompongono e ricompongono i presupposti che legittimano i licenziamenti; c) della predisposizione di un procedimento giurisdizionale ad hoc per il contenzioso sui licenziamenti.

I relatori e gli interventori hanno espresso – in maggioranza - l’intendime