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Azione revocatoria: fondamentale la distinzione tra atti posteriori ed atti anteriori al credito

1. Le massime

Se l'azione revocatoria ha per oggetto atti posteriori al sorgere del credito, ad integrare l'elemento soggettivo del “consilium fraudis” è sufficiente la semplice conoscenza nel debitore e nel terzo acquirente del pregiudizio che l'atto arreca alle ragioni del creditore, laddove, se essa ha per oggetto atti anteriori al sorgere del credito, è richiesta, quale condizione per l'esercizio dell'azione medesima, oltre all'”eventus damni”, la dolosa preordinazione dell'atto da parte del debitore al fine di compromettere il soddisfacimento del credito e, in caso di atto a titolo oneroso, la partecipazione del terzo a tale pregiudizievole programma (si veda l'art. 2901 c.c.).

2. Il caso

Tizio conveniva in giudizio Caio e Sempronia perché venisse dichiarato inefficace nei suoi confronti, ai sensi dell’art. 2901 c.c., l’atto con il quale Caio si era spogliato del solo immobile di cui era proprietario, vendendolo alla moglie Sempronia. Tizio deduceva di essere creditore del venditore per un importo di trentamilioni di Lire, portato da tre assegni di pari importo, tutti protestati. I convenuti, costituitisi in giudizio, contestavano le avverse pretese. Il giudice adito accoglieva la domanda attorea, per l'effetto dichiarando inefficace, nei confronti dell'attore, l'atto dispositivo posto in essere dai convenuti.

Sempronia spiegava appello. Il giudice di seconde cure riformava la sentenza impugnata, dichiarando inammissibili le domande di condanna di Tizio al pagamento della somma di cinquantuno milioni di Lire e al risarcimento del danno avanzate dall'attore nel corso del giudizio di prime cure. Più in particolare, la Corte di Appello territoriale evidenziava che, a fronte della contestazione mossa da Sempronia, secondo cui l’anteriorità dell’atto di disposizione rispetto al sorgere del credito avrebbe importato la necessità di dimostrare – da parte di Tizio – che la vendita fosse preordinata allo scopo di pregiudicare il soddisfacimento dell’asserito creditore, quest’ultimo deduceva di essere creditore di Caio sin da antica data, sulla base di due dichiarazioni di debito, così inopinatamente modificando le conclusioni rassegnate e chiedendo la condanna di controparte al pagamento di cinquantuno milioni, oltre il risarcimento di non meglio precisati danni. Il giudice di appello riteneva tali domande inammissibili in quanto nuove e censurava l’introduzione di fatti costitutivi nuovi a sostegno dell’azione revocatoria, poiché Tizio – con memoria ex art. 184 c.p.c. aveva ulteriormente modificato la ricostruzione dei suoi rapporti col convenuto, adducendo che il credito per la cui tutela agiva in revocatoria scaturiva da un rapporto fino a quel momento mai menzionato, vale a dire un contratto di mutuo avente ad oggetto la consegna di trenta milioni in contanti. Rilevato, dunque, che in base all’originaria prospettazione incombeva a Tizio dimostrare la dolosa preordinazione della vendita al fine di pregiudicare le sue ragioni, evidenziava che nessuna allegazione e prova era stata fornita dall’attore, la cui domanda doveva essere rigettata.

Tizio spiegava ricorso per cassazione, sostenendo che:

1) non potesse ravvisarsi una modificazione del titolo della domanda nella mera precisazione dei crediti vantati, integrante una precisazione della domanda non impedita dalle norme processuali;

2) ai fini dell’esperimento della revocatoria non fosse necessaria la deduzione di un credito certo, liquido ed esigibile, essendo sufficiente l’esistenza di un credito anche eventuale;

3) la sentenza impugnata fosse inadeguatamente motivata. Resisteva con controricorso, Sempronia, mentre nessuna attività difensiva veniva svolta da Caio.

3. La decisione

La Suprema Corte enuncia il principio per cui è pacifico e non controverso che, se l'azione revocatoria ha per oggetto atti posteriori al sorgere del credito, ad integrare l'elemento soggettivo del “consilium fraudis” è sufficiente la semplice conoscenza nel debitore e nel terzo acquirente del pregiudizio che l'atto arreca alle ragioni del creditore, laddove, se essa ha per oggetto atti anteriori al sorgere del credito, è richiesta, quale condizione per l'esercizio dell'azione medesima, oltre all'”eventus damni”, la dolosa preordinazione dell'atto da parte del debitore al fine di compromettere il soddisfacimento del credito e, in caso di atto a titolo oneroso, la partecipazione del terzo a tale pregiudizievole programma.

Da un simile principio consegue che la prospettazione dell'anteriorità, ovvero della posteriorità del credito, rispetto all'atto dispositivo, muta radicalmente il “thema decidendum” e il “thema probandum” della proposta azione revocatoria, nell'un caso essendo sufficiente allegare e provare il dolo generico, e cioè, la mera consapevolezza, da parte del debitore e del terzo, del possibile danno che possa derivare dall'atto dispositivo, e nell'altro, invece, occorrendo dimostrare la ricorrenza del dolo specifico, e cioè la consapevole volontà del debitore e del terzo di pregiudicare le ragioni del creditore : in sostanza la loro “calliditas”, l'”animus nocendi”, in luogo della semplice “scientia damni”.

Ne deriva che il Supremo Collegio condivide la valutazione operata dalla Corte di merito secondo cui Tizio, lungi dal limitarsi ad operare una mera precisazione della domanda iniziale, con la propria memoria ai sensi dell’art. 184, aveva effettuato una modifica della domanda iniziale non consentita dalle norme di rito. Ciò che muta in relazione agli elementi di novità così introdotti è, infatti, il tema di indagine e di decisione.

È, invece, giudicato inconferente il secondo motivo poiché la domanda era stata rigettata per l’assenza della deduzione e dimostrazione della dolosa preordinazione della vendita al pregiudizio delle ragioni del creditore e non già per mancanza di un credito certo. Sono, infine, ritenute infondate le censure mosse col terzo motivo.

Il ricorso viene rigettato e le spese del giudizio di legittimità sono compensate in ragione dell’esito alterno delle fasi di merito.

4. I precedenti

In senso conforme alla massima enunciata, richiamate in sentenza, si vedano: Cass. civ. 9 maggio 2008, n. 11577; Cass. civ. 21 settembre 2001, n. 11916.

1. Le massime

Se l'azione revocatoria ha per oggetto atti posteriori al sorgere del credito, ad integrare l'elemento soggettivo del “consilium fraudis” è sufficiente la semplice conoscenza nel debitore e nel terzo acquirente del pregiudizio che l'atto arreca alle ragioni del creditore, laddove, se essa ha per oggetto atti anteriori al sorgere del credito, è richiesta, quale condizione per l'esercizio dell'azione medesima, oltre all'”eventus damni”, la dolosa preordinazione dell'atto da parte del debitore al fine di compromettere il soddisfacimento del credito e, in caso di atto a titolo oneroso, la partecipazione del terzo a tale pregiudizievole programma (si veda l'art. 2901 c.c.).

2. Il caso

Tizio conveniva in giudizio Caio e Sempronia perché venisse dichiarato inefficace nei suoi confronti, ai sensi dell’art. 2901 c.c., l’atto con il quale Caio si era spogliato del solo immobile di cui era proprietario, vendendolo alla moglie Sempronia. Tizio deduceva di essere creditore del venditore per un importo di trentamilioni di Lire, portato da tre assegni di pari importo, tutti protestati. I convenuti, costituitisi in giudizio, contestavano le avverse pretese. Il giudice adito accoglieva la domanda attorea, per l'effetto dichiarando inefficace, nei confronti dell'attore, l'atto dispositivo posto in essere dai convenuti.

Sempronia spiegava appello. Il giudice di seconde cure riformava la sentenza impugnata, dichiarando inammissibili le domande di condanna di Tizio al pagamento della somma di cinquantuno milioni di Lire e al risarcimento del danno avanzate dall'attore nel corso del giudizio di prime cure. Più in particolare, la Corte di Appello territoriale evidenziava che, a fronte della contestazione mossa da Sempronia, secondo cui l’anteriorità dell’atto di disposizione rispetto al sorgere del credito avrebbe importato la necessità di dimostrare – da parte di Tizio – che la vendita fosse preordinata allo scopo di pregiudicare il soddisfacimento dell’asserito creditore, quest’ultimo deduceva di essere creditore di Caio sin da antica data, sulla base di due dichiarazioni di debito, così inopinatamente modificando le conclusioni rassegnate e chiedendo la condanna di controparte al pagamento di cinquantuno milioni, oltre il risarcimento di non meglio precisati danni. Il giudice di appello riteneva tali domande inammissibili in quanto nuove e censurava l’introduzione di fatti costitutivi nuovi a sostegno dell’azione revocatoria, poiché Tizio – con memoria ex art. 184 c.p.c. aveva ulteriormente modificato la ricostruzione dei suoi rapporti col convenuto, adducendo che il credito per la cui tutela agiva in revocatoria scaturiva da un rapporto fino a quel momento mai menzionato, vale a dire un contratto di mutuo avente ad oggetto la consegna di trenta milioni in contanti. Rilevato, dunque, che in base all’originaria prospettazione incombeva a Tizio dimostrare la dolosa preordinazione della vendita al fine di pregiudicare le sue ragioni, evidenziava che nessuna allegazione e prova era stata fornita dall’attore, la cui domanda doveva essere rigettata.

Tizio spiegava ricorso per cassazione, sostenendo che:

1) non potesse ravvisarsi una modificazione del titolo della domanda nella mera precisazione dei crediti vantati, integrante una precisazione della domanda non impedita dalle norme processuali;

2) ai fini dell’esperimento della revocatoria non fosse necessaria la deduzione di un credito certo, liquido ed esigibile, essendo sufficiente l’esistenza di un credito anche eventuale;

3) la sentenza impugnata fosse inadeguatamente motivata. Resisteva con controricorso, Sempronia, mentre nessuna attività difensiva veniva svolta da Caio.

3. La decisione

La Suprema Corte enuncia il principio per cui è pacifico e non controverso che, se l'azione revocatoria ha per oggetto atti posteriori al sorgere del credito, ad integrare l'elemento soggettivo del “consilium fraudis” è sufficiente la semplice conoscenza nel debitore e nel terzo acquirente del pregiudizio che l'atto arreca alle ragioni del creditore, laddove, se essa ha per oggetto atti anteriori al sorgere del credito, è richiesta, quale condizione per l'esercizio dell'azione medesima, oltre all'”eventus damni”, la dolosa preordinazione dell'atto da parte del debitore al fine di compromettere il soddisfacimento del credito e, in caso di atto a titolo oneroso, la partecipazione del terzo a tale pregiudizievole programma.

Da un simile principio consegue che la prospettazione dell'anteriorità, ovvero della posteriorità del credito, rispetto all'atto dispositivo, muta radicalmente il “thema decidendum” e il “thema probandum” della proposta azione revocatoria, nell'un caso essendo sufficiente allegare e provare il dolo generico, e cioè, la mera consapevolezza, da parte del debitore e del terzo, del possibile danno che possa derivare dall'atto dispositivo, e nell'altro, invece, occorrendo dimostrare la ricorrenza del dolo specifico, e cioè la consapevole volontà del debitore e del terzo di pregiudicare le ragioni del creditore : in sostanza la loro “calliditas”, l'”animus nocendi”, in luogo della semplice “scientia damni”.

Ne deriva che il Supremo Collegio condivide la valutazione operata dalla Corte di merito secondo cui Tizio, lungi dal limitarsi ad operare una mera precisazione della domanda iniziale, con la propria memoria ai sensi dell’art. 184, aveva effettuato una modifica della domanda iniziale non consentita dalle norme di rito. Ciò che muta in relazione agli elementi di novità così introdotti è, infatti, il tema di indagine e di decisione.

È, invece, giudicato inconferente il secondo motivo poiché la domanda era stata rigettata per l’assenza della deduzione e dimostrazione della dolosa preordinazione della vendita al pregiudizio delle ragioni del creditore e non già per mancanza di un credito certo. Sono, infine, ritenute infondate le censure mosse col terzo motivo.

Il ricorso viene rigettato e le spese del giudizio di legittimità sono compensate in ragione dell’esito alterno delle fasi di merito.

4. I precedenti

In senso conforme alla massima enunciata, richiamate in sentenza, si vedano: Cass. civ. 9 maggio 2008, n. 11577; Cass. civ. 21 settembre 2001, n. 11916.