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Assistenza farmaceutica: brevi riflessioni sui rapporti Stato-Regioni

La notizia è stata ripresa in questi giorni da diversi organi di stampa [1]: l’OCSE, l’organizzazione per la cooperazione economica europea, a seguito di chiarimenti richiesti dalla Commissione Igiene e Sanità del Senato, ha pubblicato un documento piuttosto critico nei confronti del piano spending review sul Servizio Sanitario Nazionale.

Il documento parte da una constatazione piuttosto precisa: “il livello delle prestazioni sanitarie erogate in Italia è sensibilmente inferiore a quanto osservato nella quasi totalità degli altri paesi dell’area Euro considerato nella spending review”.

Eventuali riduzioni della spesa non finalizzate soltanto al recupero delle inefficienze, avrebbero negative ripercussioni sull’accesso ai livelli ed alla qualità dell’assistenza sanitaria, in particolare da parte dei cittadini più svantaggiati.

Tra le diverse osservazioni contenute nel documento OCSE si evidenzia che, in Italia, tra le aree in cui i livelli di prestazioni sembrano essere inferiori vi è anche l’assistenza farmaceutica territoriale.

Per rimanere in Europa, dando uno sguardo alla parte che soffre silente, l’Istituto Ellenico di Cardiologia Clinica ha rivelato l’inquietante risultato di uno studio per il quale sono aumentati i casi, non controllati, di aritmia cardiaca, fibrillazione atriale, nei pazienti greci. I dati presentati mostrano che il 45% dei pazienti greci soggetti a rischio cardiovascolare non può permettersi i medicinali e il 12,9% ha ammesso di essere costretto ad interrompere l’assunzione di medicine a causa del loro costo elevato [2].

In Italia il problema di garantire uniformità nei livelli di prestazioni sanitaria su tutto il territorio nazionale, compreso il livello dell’accesso e della rimborsabilità dei farmaci, è un tema ormai dibattuto da oltre un decennio, ossia da quando il Decreto Legge n. 347/2001, convertito con Legge n. 405/01, introdusse il cosiddetto patto di stabilità interno per il quale le Regioni e le provincie autonome concorrono alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica.

Il contesto attuale è il risultato di una disattenta e troppo complicata politica legislativa nata dalla modifica del titolo V della Costituzione, avvenuta sempre nel 2001 (Legge Costituzionale n. 3/2001), per la quale le Regioni, ai sensi dell’articolo 117 della Costituzione, hanno legislazione concorrente in materia di salute.

La questione del riparto delle competenze tra Stato e Regioni è attualmente in discussione e gli interessi pubblici in gioco sono notevoli, da un parte la salute dei cittadini e dall’altra le gestione e l’esercizio di poteri a livello territoriale in uno dei settori pubblici a più alto impatto economico.

Probabilmente il testo della proposta di modifica attualmente in esame al Senato è nella direzione corretta; il documento A.S. n. 1429, d’iniziativa del Governo, che propone la modifica delle funzioni del Senato e la riforma del Titolo V della Costituzione, non contempla più la legislazione concorrente tra Stato e Regioni.

La legislazione statale così si arricchisce di alcune nuove materie e funzioni, restando alle Regioni tutte le materie non riservate alla competenza statale.

Tra le competenze di cui si arricchisce la competenza statale vi è anche l’emanazione di norme generali per la tutela della salute, la sicurezza alimentare e la tutela della sicurezza del lavoro. Si tratta senz’altro di una scelta che va nella direzione di limitare il contenzioso tra Stato e Regioni, sviluppatosi in questi anni di legislazione concorrente in materia di salute.

Tuttavia, nel complesso del panorama salute non è sempre semplice distinguere tra norme generali e norme particolari, soprattutto quando si tratta di capire (i) quali sono le norme che mirano a garantire uguali livelli di assistenza a tutti cittadini, (ii) se e quando una norma particolare, invece, rischia di pregiudicare l’assistenza di un cittadino/paziente di una determinata regione in confronto ad un altro cittadino di altra regione italiana.

Un anno e mezzo fa il Governo adottò il Decreto Legge n. 95/2012 che, tra le tante disposizioni, all’articolo 15, comma 11-ter, afferma “nell’adottare decisioni basate sull’equivalenza terapeutica fra medicinali contenenti differenti principi attivi, le Regioni si attengono alle motivate e documentate valutazioni espresse dall’Agenzia Italiana del Farmaco”.

La norma non ha carattere di innovatività in quanto si inserisce nella direzione già segnata dall’articolo 6 del Decreto Legge n. 347/2001 che affermò la nullità dei provvedimenti regionali che escludono totalmente o parzialmente la rimborsabilità di farmaci aventi attività terapeutica sovrapponibile, in assenza di specifiche decisioni dell’Autorità regolatoria nazionale.

Il fatto che siano vigenti due disposizioni normative pressoché complementari, emanate in periodi diversi, lascia intendere quanto sia complessa e frenetica l’attività normativa in tema di rimborsabilità dei farmaci.

La materia è delicatissima in quanto la valutazione della sovrapponibilità terapeutica di farmaci diversi, ovvero l’equivalenza terapeutica fra medicinali contenenti differenti principi attivi, presuppone competenze mediche e farmacologiche notevoli ed una conoscenza internazionale degli approcci terapeutici che, non è detto, sussistano in tutte le amministrazioni regionali in misura uguale.

Fermo restando che valutare come ugualmente efficaci farmaci diversi è un fatto di cui si parla solo nell’ultimo ventennio, casualmente in concomitanza con la scadenza dei brevetti sui più importanti principi attivi. Ma questa è un’altra storia, che coinvolge altri aspetti ed altri interessi prevalentemente economici tra cui, forse, l’inconsapevole tendenza a far diventare il farmaco una commodity.

È senz’altro una provocazione: guardare bene la stessa immagine in schermi diversi è possibile, il fatto che la qualità dell’immagine possa essere diversa non ne compromette la sua visibilità, ma guardarla a lungo in uno schermo di bassa qualità può dar fastidio agli occhi.

***

[1] Il Sole 24 Ore - Sanità, del 3 aprile 2014;

[2] ANSA, Grecia - Casi ictus a livelli allarmanti per la crisi, 16 aprile 2014.

La notizia è stata ripresa in questi giorni da diversi organi di stampa [1]: l’OCSE, l’organizzazione per la cooperazione economica europea, a seguito di chiarimenti richiesti dalla Commissione Igiene e Sanità del Senato, ha pubblicato un documento piuttosto critico nei confronti del piano spending review sul Servizio Sanitario Nazionale.

Il documento parte da una constatazione piuttosto precisa: “il livello delle prestazioni sanitarie erogate in Italia è sensibilmente inferiore a quanto osservato nella quasi totalità degli altri paesi dell’area Euro considerato nella spending review”.

Eventuali riduzioni della spesa non finalizzate soltanto al recupero delle inefficienze, avrebbero negative ripercussioni sull’accesso ai livelli ed alla qualità dell’assistenza sanitaria, in particolare da parte dei cittadini più svantaggiati.

Tra le diverse osservazioni contenute nel documento OCSE si evidenzia che, in Italia, tra le aree in cui i livelli di prestazioni sembrano essere inferiori vi è anche l’assistenza farmaceutica territoriale.

Per rimanere in Europa, dando uno sguardo alla parte che soffre silente, l’Istituto Ellenico di Cardiologia Clinica ha rivelato l’inquietante risultato di uno studio per il quale sono aumentati i casi, non controllati, di aritmia cardiaca, fibrillazione atriale, nei pazienti greci. I dati presentati mostrano che il 45% dei pazienti greci soggetti a rischio cardiovascolare non può permettersi i medicinali e il 12,9% ha ammesso di essere costretto ad interrompere l’assunzione di medicine a causa del loro costo elevato [2].

In Italia il problema di garantire uniformità nei livelli di prestazioni sanitaria su tutto il territorio nazionale, compreso il livello dell’accesso e della rimborsabilità dei farmaci, è un tema ormai dibattuto da oltre un decennio, ossia da quando il Decreto Legge n. 347/2001, convertito con Legge n. 405/01, introdusse il cosiddetto patto di stabilità interno per il quale le Regioni e le provincie autonome concorrono alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica.

Il contesto attuale è il risultato di una disattenta e troppo complicata politica legislativa nata dalla modifica del titolo V della Costituzione, avvenuta sempre nel 2001 (Legge Costituzionale n. 3/2001), per la quale le Regioni, ai sensi dell’articolo 117 della Costituzione, hanno legislazione concorrente in materia di salute.

La questione del riparto delle competenze tra Stato e Regioni è attualmente in discussione e gli interessi pubblici in gioco sono notevoli, da un parte la salute dei cittadini e dall’altra le gestione e l’esercizio di poteri a livello territoriale in uno dei settori pubblici a più alto impatto economico.

Probabilmente il testo della proposta di modifica attualmente in esame al Senato è nella direzione corretta; il documento A.S. n. 1429, d’iniziativa del Governo, che propone la modifica delle funzioni del Senato e la riforma del Titolo V della Costituzione, non contempla più la legislazione concorrente tra Stato e Regioni.

La legislazione statale così si arricchisce di alcune nuove materie e funzioni, restando alle Regioni tutte le materie non riservate alla competenza statale.

Tra le competenze di cui si arricchisce la competenza statale vi è anche l’emanazione di norme generali per la tutela della salute, la sicurezza alimentare e la tutela della sicurezza del lavoro. Si tratta senz’altro di una scelta che va nella direzione di limitare il contenzioso tra Stato e Regioni, sviluppatosi in questi anni di legislazione concorrente in materia di salute.

Tuttavia, nel complesso del panorama salute non è sempre semplice distinguere tra norme generali e norme particolari, soprattutto quando si tratta di capire (i) quali sono le norme che mirano a garantire uguali livelli di assistenza a tutti cittadini, (ii) se e quando una norma particolare, invece, rischia di pregiudicare l’assistenza di un cittadino/paziente di una determinata regione in confronto ad un altro cittadino di altra regione italiana.

Un anno e mezzo fa il Governo adottò il Decreto Legge n. 95/2012 che, tra le tante disposizioni, all’articolo 15, comma 11-ter, afferma “nell’adottare decisioni basate sull’equivalenza terapeutica fra medicinali contenenti differenti principi attivi, le Regioni si attengono alle motivate e documentate valutazioni espresse dall’Agenzia Italiana del Farmaco”.

La norma non ha carattere di innovatività in quanto si inserisce nella direzione già segnata dall’articolo 6 del Decreto Legge n. 347/2001 che affermò la nullità dei provvedimenti regionali che escludono totalmente o parzialmente la rimborsabilità di farmaci aventi attività terapeutica sovrapponibile, in assenza di specifiche decisioni dell’Autorità regolatoria nazionale.

Il fatto che siano vigenti due disposizioni normative pressoché complementari, emanate in periodi diversi, lascia intendere quanto sia complessa e frenetica l’attività normativa in tema di rimborsabilità dei farmaci.

La materia è delicatissima in quanto la valutazione della sovrapponibilità terapeutica di farmaci diversi, ovvero l’equivalenza terapeutica fra medicinali contenenti differenti principi attivi, presuppone competenze mediche e farmacologiche notevoli ed una conoscenza internazionale degli approcci terapeutici che, non è detto, sussistano in tutte le amministrazioni regionali in misura uguale.

Fermo restando che valutare come ugualmente efficaci farmaci diversi è un fatto di cui si parla solo nell’ultimo ventennio, casualmente in concomitanza con la scadenza dei brevetti sui più importanti principi attivi. Ma questa è un’altra storia, che coinvolge altri aspetti ed altri interessi prevalentemente economici tra cui, forse, l’inconsapevole tendenza a far diventare il farmaco una commodity.

È senz’altro una provocazione: guardare bene la stessa immagine in schermi diversi è possibile, il fatto che la qualità dell’immagine possa essere diversa non ne compromette la sua visibilità, ma guardarla a lungo in uno schermo di bassa qualità può dar fastidio agli occhi.

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[1] Il Sole 24 Ore - Sanità, del 3 aprile 2014;

[2] ANSA, Grecia - Casi ictus a livelli allarmanti per la crisi, 16 aprile 2014.