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Qualche breve riflessione in ordine all’improvvido provvedimento del governo di sopprimere le sezioni distaccate dei tribunali amministrativi regionali. Le ragioni dell’opposizione nei confronti di una operazione irriflessa, inutile e dannosa. La situazione particolare della sezione distaccata di Reggio Calabria

Con un provvedimento assolutamente improvvido contenuto nell’art. 18, 2° comma, del D.L. 24 giugno 2014 n°90, assunto in totale assenza di ogni più elementare valutazione circa le effettive ricadute che ne possono derivare sul piano organizzativo, dell’economia di spesa e della funzionalità degli uffici giudiziari, e che, peraltro, comporterà, come  conseguenza primaria ed immediata l’abnorme risultato di allontanare i cittadini da uno dei pochi sistemi giustiziali di tutela sufficientemente rapida ed effettiva per l’utenza, il Governo  ritiene di sopprimere le sezioni distaccate dei Tribunali Amministrativi Regionali a far tempo dal primo ottobre 2014.

Non appare inutile riferire che tutto ciò avverrà in  spregio a quelle che invece sono le reali esigenze della giustizia amministrativa, con l’ulteriore aggravante di determinare la scomparsa dai territori stessi alcuni dei quali - come quelli, ad esempio, oggetto della giurisdizione delle sezioni distaccate di Reggio Calabria  e di Catania - ad altissimo rischio di infiltrazioni mafiose e ndranghetistiche, di essenziali presidi di legalità deputati a tutelare i diritti dei cittadini nei confronti degli atti delle pubbliche amministrazioni. Non è altresì pleonastico ricordare che  il danno più consistente che detta ipotesi di soppressione genera,  è quello di allontanare importanti e non secondari bacini geografici di utenza dai loro naturali presidi di legalità territoriale rendendo estremamente difficoltoso, se non addirittura impossibile, la tutela giurisdizionale dei cittadini nei confronti degli atti di cattiva amministrazione.

Il provvedimento legislativo che qui si contesta non risulta sorretto da alcuna logica di sistema, prova ne è che è la relazione tecnica del Governo che accompagna l’infausta espressione normativa non riesce ad esprimere alcuna ragione, di oculatezza nell’utilizzo delle pubbliche risorse economiche, finanziarie, organizzative, di semplificazione e di funzionalità che possa sorreggere l’illogica scelta operata dal legislatore di sopprimere le sezioni staccate dei Tribunali Amministrativi.

Al contrario l’iniziativa legislativa de qua appare il frutto di non meglio specificati criteri metagiuridici improntati ad un astratta e paradossale  idea di riorganizzazione delle spese della giustizia amministrativa che non ha, purtroppo, come scopo la ricerca di un modello organizzativo complessivo maggiormente efficiente che possa offrire al cittadino, quel che è nelle sue aspirazioni, cioè di avere la garanzia di una giustizia puntuale, celere e giusta.

Chiunque abbia a che fare quotidianamente con la giurisdizione amministrativa sa benissimo che quella delle sedi distaccate è l’ultima delle priorità da affrontare financo sotto il demagogico aspetto del restyling tanto caro alla politique d’abord propria del nostro momento storico.

I problemi della giustizia amministrativa sono ben altri: gli ancora troppo lunghi tempi processuali che non consentono al cittadino di veder pienamente soddisfatto il proprio interesse a ricorrere, i costi di accesso attualmente regolati da una disciplina del contributo unificato talmente esagerata sul piano economico da rappresentare un deterrente sostanziale nei confronti della pretesa giustiziale, atteso che la ricordata entità dei costi si pone come elemento quasi paradigmatico di quell’odioso profilo che è la denegata giustizia. A questo aggiungasi un pletorico ed ingestibile codice degli appalti la cui assurda configurazione strutturale penalizza non soltanto gli aspetti giuridici ma addirittura quelli sintattici e lessicali. Le azioni di condanna e di risarcimento danni in forma specifica non ancora compiutamente definiti in uno con le prassi giurisprudenziali intrise di malcelato favor unicamente a vantaggio delle P.A. e che si concludono, il più delle volte, con sentenze di rito che inibiscono la pronuncia nel merito e che spesso portano il cittadino a cercare tutela presso il giudice penale pittosto che davanti al giudice naturale rappresentato dal G.A., anche quando i comportamenti denunciati più che essere illeciti abbiano il connotato della illegittimità.

Di fronte a siffatto stato di cose si comprende come il provvedimento di soppressione delle sedi distaccate dei Tribunali Amministrativi Regionali, sia un’attività legislativa, per dirla con Omero “d’onor vuota e nuda” di cui non si rinviene alcuna necessità.

A prescindere dall’obiettiva evidenza che la realizzata soppressione si pone in aperto conflitto con il consistente numero di norme della Carta che tendono a promuovere ogni più ampio decentramento delle funzioni amministrative e giurisdizionali, va con forza rilevato come lo  eventuale concretizzarsi di simile ipotesi  produrrà un’ inevitabile frenata del funzionamento degli uffici coinvolti, un dilatarsi senza limite dei processi ed in definitiva una situazione di caos totale che si riverbererà inevitabilmente su tutti gli utenti della giustizia amministrativa.

Non va dimenticato, infatti, che il conseguente accorpamento delle sedi distaccate con i Tribunali Regionali, susciterà l’ulteriore danno di una non secondaria perdita di efficienza nel periodo transitorio e genererà un effetto di gran lunga contrario ai risultati di questi ultimi anni in cui si sono registrati importanti progressi sul piano della velocizzazione del servizio giustizia e dello smaltimento dell’arretrato su tutto il territorio nazionale.

Al di là, comunque, di queste osservazioni generali e di metodo non appare inutile ricordare che la previsone normativa che qui si contesta oltre che apparire del tutto priva di significato e di valenza giuridica di sorta si pone in  aperto contrasto tanto con l’art. 125 della Carta che con il decisum 13 giugno 2014 n°174 del Giudice delle Leggi. Decisum, quest’ultimo, che con riferimento al principio di articolazione territoriale della Giustizia Amministrativa garantito dal prefato articolo 125, impone che qualunque intervento normativo che interferisca con il principio della ripartizione territoriale, così come allo stato in essere, debba essere valutato secondo un criterio rigoroso[1],  essendo di tutta evidenza che il principio del decentramento della Giustizia Amministrativa e della individuazione del giudice di prime cure sulla base del criterio territoriale delineato anche con le sedi distaccate, verrebbe esposto al gravissimo rischio di risultare svuotato di ogni concreto significato

Le superiori considerazioni importano la assoluta necessità, in caso di intervento modificativo dell’attuale assetto territoriale, di accertare che la innovazione proposta sia teleologicamente preordinata al perseguimento esclusivo di un idoneo, chiaro e definito  interesse pubblico e che la medesima sia caratterizzata e contraddistinta da una connessione assolutamente razionale rispetto all’obiettivo da raggiungere e che infine essa risulti necessaria rispetto al fine di non apparire, come invece avviene con il provvedimento che si contesta, irragionevole.

Sulla ipotesi di modifica (abolizione delle sedi staccate) operata con il prefato D.L. n°90/2014 grava inoltre un ulteriore rilevante profilo di costituzionalità sempre con riferimento al citato art. 125 atteso che la medesima norma costituzionale prevede non soltanto organi di giustizia amministrativa strutturati su base regionale, bensì anche sezioni con diversa sede rispetto al capoluogo della Regione, come de jure  è avvenuto.

Né vale a superare il  vizio di incostituzionalità del D.L. n°90/2014 denunciato l’obiezione che l’istituzione della sedi distaccate costituisce una facoltà e non un obbligo, giacché tale considerazione potrebbe, al più, afferire alla istituzione di nuove sedi distaccate è non già nei confronti di quelle esistenti, giacché esse sedi staccate sono state previste, come nel caso di Reggio Calabria da oltre quaranta anni, e comunque appaiono tutte allocate in grandi centri urbani, con bacini territoriali estremamente estesi, caratterizzati dall’essere, ciascuno di essi, snodo focale di rapporti economici e sociali di grande rilevanza con l’assurdo e non ragionevole risultato di frantumare, ove mai l’assurda soppressione si dovesse concretizzare, la necessità fortemente asserita dal Giudice delle leggi  di garantire “la permanenza di un presidio giudiziario in luoghi, che per la loro intriseca connotazione, hanno assunto nel tempo una maggiore centralità nella vita del territorio [2]”.

Il tutto, peraltro, senza aver proceduto ad operare una valutazione caso per caso circa la necessità della soppressione, viepiù che ridurre gli appena otto presidi di giustizia, diversi dal capoluogo, appare operazione del tutto miope e controproducente, un sesquipedale abbaglio, un penoso equivoco del tutto sfornito di logica..

L’unilaterale modo di procedere   dell’attuale Governo che si è determinato a  sopprimere le sezioni distaccate  senza far precedere il provvedimento da una rigorosa valutazione e motivazione di ciascuno dei singoli casi, e senza soprattutto tener conto del carico di contenzioso che spesso e volentieri, in esse sezioni distaccate, risulta essere, come nel caso di Reggio Calabria, Catania e Lecce, di gran lunga superiore a quello in carico  a molti Tribunali regionali. Manca, infatti, nell’improvvido provvedimento che si contesta un’approfondita analisi dei carichi del contenzioso, del numero dei Collegi in ciascuna sede, del numero degli addetti impiegato nell’amministrazione, insomma l’analisi necessaria che rispecchi le realtà e non privilegi il dato dell’estemporaneità e dell’improvvisazione che risultano essere le costanti a cui risulta informato e conformato l’intervento legislativo de quo. In buona sostanza proprio perché non si fa carico, anzi disattende in termini di assoluta evidenza  la richiamata previsione costituzionale, il medesimo risulta affetto da un insanabile vizio di irragionevolezza.

Tale provvedimento normativo inoltre non risponde neppure ad ipotetiche e generiche esigenze di riduzione della spesa pubblica atteso che  di certo non diminuiranno le spese relative al trasferimento del personale che rimarrà lo stesso anche con riferimento ai Magistrati. Anzi detto trasferimento, in molti casi, determinerà una sicura levitazione dei costi per la necessaria attribuzione allo stesso personale delle indennità disposte dalla legge in ragione dei ricordati casi di trasferimento forzoso. Ai costi sopra indicati si aggiungerà il non sottacibile disagio che sul medesimo personale, in particolare su quello amministrativo, si riverserà senza alcuna ragione logica e di sistema.

Predisporre i locali per accogliere strutture, personale ed archivi che siano conformi alle disposizioni alle normative di tutela del lavoro e della sicurezza, è operazione economica sotto il profilo dei costi sicuramente di non poco momento. Basti pensare alla gestione degli archivi dei fascicoli processuali; attività questa che sul piano logistico e della ricordata sicurezza è operazione notevolmente costosa. A tutto ciò vanno aggiunti i costi dei traslochi, relativi alle numerosissime postazioni di lavoro (mobili, computer e sistemi informatici da disinstallare dalle vecchie sedi e da reimpiantare nelle nuove) nonché le molte migliaia di fascicoli conservati negli archivi.

Senza dimenticare i tempi dei trasferimenti che a mente dell’irrazionale decreto legge contestato dovrebbero essere eseguiti in appena quindici giorni dal 15 settembre all’1 di ottobre, ossia in un tempo neppure sufficiente al trasloco di una famiglia da un appartamento all’altro della medesima città.

L’effetto primario della non auspicabile soppressione delle sezioni distaccate determinerà una assurda e non gestibile concentrazione delle controversie dinanzi a ciascuno dei correlativi Tribunali regionali con evidente ingolfamento delle segreterie, l’aumento incontrollato dei fascicoli, da esitare e da archviare,  l’allungamento dei tempi processuali, senza di contro la previsione di sufficienti dotazioni strutturali e di personale. A prescindere, poi, dalle vicissitudini non considerate di quello che è il reale impatto quotidiano che avvocati, magistrati, funzionari quotidianamente hanno con un pianeta, quello della giustizia, che per l’effetto diverrà sempre meno utile, disattento e sostanzialmente odioso per la sua lontananza dai bisogni di un’effettività di funzioni e di risultato cui gli operatori tendono e cui più ancora di loro mirano  i cittadini i quali saranno costretti a subire una giustizia sempre più farraginosa e  distante dai reali bisogni dell’utenza.

Le eventuali astratte e non dimostrate economie derivanti dalla disdetta delle locazioni dei locali delle sedi staccate saranno ampiamente annullate dai costi necessari per il reperimento di nuovi locali per far spazio alle segreterie unificate ed ai Magistrati confluiti dalle sezioni staccate presso le sedi regionali, senza contare che il costo dei canoni di locazione proprio in virtù di essere i locandi edifici da adibire ad uffci dei Tribunali Amministrativi allocati nei capoluoghi sarà sicuramente di maggiore incidenza economica.

Senza considerare poi che in alcuni casi, come per Reggio Calabria la sede del TAR, compresi gli archivi,  si trova ospitata in un grandissimo immobile demaniale – peraltro di recente ristrutturato e con una sala delle udienze fra le più belle d’Italia  - , ossia in uno stabile a costo zero per l’Erario.

Non va ancora, per correttezza espositiva  sottaciuto, che la sede regionale di Catanzaro -  distante 150/160 chilometri da Reggio Calabria - non soltanto vive oggi imponenti  problemi di ristrettezza allocativa, tanto con riferimento al personale di Magistratura (almeno due Magistrati per stanza) che del personale amministrativo, ma ha addirittura si trova ad avere il proprio archivio con i relativi fascicoli (prima addirittura era a Salerno ) situato in un immobile a pagamento in Cosenza, ossia ad oltre cento chilometri da Catanzaro con tutte le indiscusse negatività che detta situazione di archivio naturalmente comporta dal punto di vista della compulsazione e della utilizzazione dei fascicoli.  

L’irrazionale provvedimento legislativo che si contesta inoltre non tiene in alcun conto che due delle sedi distaccate (Reggio Calabria e Catania) godono dello status di città metropolitane.

Non appare inutile qui ricordare che l’istituto delle città metropolitane è stato determinato con legge costituzionale n°3 del 2001, cosicché la previsione di esso istituto come ente necessario di multilivel governance , destinato ad entrare nel circuito europeo delle città metropolitane, viene espressamente indicato dall’art. 114 della Carta che definisce il medesimo istituto ente costitutivo della Repubblica, al pari di Stato, Regioni, Province e Comuni.

La legge istitutiva[3] delle città metropolitane,  qualifica le medesime come  enti di governo e di indirizzo territoriale con essenziali funzioni di gestione su di aree vaste e forti destinate a migliorare la qualità di vita dei cittadini ed a ridurre i costi sia della politica che dell’amministrazione migliorando l’efficienza dei servizi ed ottimizzando l’uso delle risorse sino al punto da diminuire il peso fiscale sui cittadini e dare così a costi minori servizi migliori.

Di fronte a siffatto stato di fatto e di diritto rappresentato dalla realtà costituita dalla città metropolitana  ne discende l’evidenza dell’assoluta irrazionalità del D.L. n°90/2014 anche con riferimento a tale essenziale ed ineludibile paradigma normativo.

La conta dei macroscopici profili di illegittimità, comunque, non finisce qui. Infatti  al di là dell’obiettiva evidenza che  il Governo ha prima manifestato l’intenzione di voler intervenire  in materia di pubblica amministrazione per derogare poi alla descritta intenzione intaccando  anche l’assolutamente altra e diversa materia della giurisdizione  e dell’effettività della tutela dei cittadini nei confronti degli atti di cattiva amministrazione attraverso una confusa innovazione di geografia giudiziaria del tutto svincolata da un più complessivo disegno di razionale riforma della giustizia amministrativa, ed oltre tutto, secondo quanto già riferito, con un provvedimento legislativo assolutamente non compatibile con la materia e per di più disponendo l’assurda misura della soppressione delle sedi distaccate in un D.L. c.d. omnibus. Non è inutile qui ribadire che il Giudice delle leggi ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di siffatta forma di decretazione universalistica, a cui si aggiunge l’indubbia illegittimità della soppressione delle sedi distaccate  la cui istituzione, come si è visto, è prevista, garantita e tutelata dalla Costituzione.

In buona sostanza il Governo è giunto all’assurdo di utilizzare l’istituto del decreto legge senza che sussista alcuna delle condizioni di necessità ed urgenza postulate dalla legge  e con l’incomprensibile e pregiudiziale pretermissione di ogni confronto con l’Avvocatura, con l’Associazione Nazionale dei Magistrati Amministrativi, con le Organizzazioni Sindacali e con i Territori interessati, che pure si erano tutti resi disponibili al confronto con il Governo. Dunque la soppressione medesima, oltre che essere del tutto inutile (stiamo parlando di solo otto sedi distaccate), risulta altresì dannosa in ragione:

1) dei maggiori costi per il necessario reperimento di nuove sedi per la predisposizione dei locali, per il trasloco, per l’indennità da corrispondere al personale;

2) della inevitabile ridotta efficienza a causa del fisiologico ingolfamento delle sedi regionali, già in maggiore difficoltà rispetto alle altre;

3) dell’obiettivo allontanamento della giustizia dai cittadini che si troverebbero costretti ad affrontare maggiori oneri di lite oltre che maggiori disagi per la prevista maggior distanza dai Tribunali regionali; lontananza che senza comportare alcun beneficio neppure di tipo funzionale determinerà, senza possibilità di evitarlo, il progressivo aumento del costo a carico di tutti gli utenti (pubblici e privati) ove si prendano in considerazione, persino per il settore pubblico, i maggiori costi che graveranno sulla difesa in giudizio degli enti locali;

4) dall’umiliazione gratuita per territori di considerevole rilevanza sul piano demografico, sociale ed economico giacché le sedi distaccate sono state, illico tempore, individuate in grossi centri urbani ed hanno giurisdizione su territori molto vasti. Non va dimenticato, poi, che Reggio Calabria è la città più grande ed al pari della sua provincia la più popolata della Calabria e gode dello status costituzionale di città metropolitana sul cui territorio insistono ben novantasette comuni.

Non appare inutile ricordare che sulle dieci città metropolitane riconosciute dall’ordinamento ben nove sono anche sede di T.A.R. ad eccezione, a seguito dell’improvvido D.L. n°90/2014  del Governo, di Reggio Calabria. Il che sta a significare che se l’assurda normazione, quì contestata, dovesse trovare attuazione si verrebbe a determinare  l’incredibile vulnus di avere una città metropolitana depotenziata rispetto a tutte le altre non potendosi sottacere che il servizio giustizia (amministrativa) risulta essere pleno titulo parte fondamentale ed integrante della governance riconnessa allo status metropolitano e che il medesimo si configura come diritto essenziale per il ricordato ambito territoriale; diritto che non può in alcuna misura essere aggredito e cancellato con l’illegittimo intervento demolitorio ipotizzato dal D.L. n°90/2014. Se così non fosse si determinerebbe l’improprio effetto di svuotare la nuova realtà della città metropolitana, che invece  necessita di essere implementata di contenuti gestionali, di avere come presidio fondante del territorio di pertinenza una sede propria della giurisdizione amministrativa che si connoti quale espressione di un servizio pieno per le popolazioni dell’ambito metropolitano.

5) Il prefato servizio che per la città metropolitana di Reggio Calabria diventa altresì essenziale come l’ossigeno considerata la presenza sul territorio di una emergenza criminale senza pari che necessita, come peraltro unanimente riconosciuto, di programmi straordinari per far fronte all’indicata emergenza, non soltanto da contrastare attraverso l’azione penale, ma attraverso la forse maggiormente pregnante azione della giustizia amministrativa con riferimento ai campi delle interdittive antimafia, degli appalti e del controllo delle composizioni non neutre sotto l’aspetto del fenomeno delinquenziale degli organi elettivi delle amministrazioni, specialmente di quelle comunali.

E’ sotto gli occhi di tutti quanto in questi giorni è avvenuto in Oppido Mamertina[4] durante la processione della Madonna delle Grazie. E’ fatto notorio, riportato da tutti i giornali e dalle televisioni anche nazionali, che esclusion fatta per il Maresciallo ed i Carabinieri della locale Stazione, si è  consumata in quel paese una deliberata azione di offesa allo Stato ed alle sue leggi e nella quale sono rimasti invischiati, a dire dei massmedia,  persino i componenti politici dell’ammnistrazione locale.  

Innumerevoli altri  esempi di cattivo uso del potere amministrativo potrebbero essere fatti senza soluzione di continuità. A fronte di una situazione così scabrosa, in un territorio così difficile, con un economia debole e nei confronti di un problema che tutti a parole dichiarano di voler contrastare, cosa fa lo Stato? Elimina, con un tratto di penna e con un’azione legislativa palesemente illegittima,  uno dei presidi essenziali di giustizia (la sezione distaccata del TAR di Reggio Calabria). Non è inutile ricordare che il T.A.R. è senza alcun dubbio il più vitale degli organi giustiziali al fine di debellare le azioni criminali che vengono poste in essere il più della volte con l’avallo  e l’usbergo dell’azione amministrativa soprattutto in materia di appalti di OO.PP., ovvero con il silenzio colpevole delle amministrazioni: si pensi alle materie dell’urbanistica e dell’edilizia che hanno consentito di generare e continuano a far prosperare un abusivismo senza paragoni ed una devastazione dell’ambiente che non ha eguali.

Se lo Stato dà forfait  cosa resterà di questa bella Italia e di questi sfortunati e poveri territori di Calabria? Che fiducia nelle istituzioni potranno continuare ad avere i cittadini onesti? Lo spieghi il Governo che si appresta a dar vita un’azione legislativa di certo non commendevole all’Italia tutta.

6) Va ancora soggiunto per completezza espositiva che Reggio Calabria oltre che essere la città più bella, grande e popolosa della Calabria  è anche  sede del Consiglio Regionale e dei suoi uffici, è sede di Corte di Appello, e  sul  suo territorio metropolitano insistono le sedi di numerose Amministrazioni statali, la sede dell’Autorità Portuale di Gioia Tauro, nonché le sedi dell’Avvocatura dello Stato e di numerose altre Avvocature speciali, l’Azienda Ospedaliera di maggior dimensioni della Calabria, la sede dell’Agenzia dei Beni confiscati alla mafia, la sede della Scuola Nazionale dell’Amministrazione che si vorrebbe sopprimere in uno con la sezione distaccata del T.A.R. e l’elenco potrebbe continuare.

7) Per ciò che attiene alla produttività della sede distaccata del Tribunale Amministrativo di Reggio Calabria alla luce degli allegati dati ufficiali forniti dal medesimo Tribunale risulta senza possibilità di essere smentiti che la Sezione distaccata ha, da sempre e da sola, in carico un volume di contenzioso superiore a molti T.A.R. regionali (Marche, Umbria, Aosta, Bolzano, Trento, Trieste,  Campobasso e Potenza) e se non ci fosse stata la non commendevole assegnazione alla competenza funzionale del TAR del Lazio per faccende locali e periferiche e persino per le controversie relative all’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata che ha la sua sede principale a Reggio Calabria, il numero dei ricorsi depositati sarebbe stato ancora superiore.

Reggio Calabria è una sezione altamente efficiente, sicuramente tra le più efficienti nel panorama della giustizia amministrativa, se è vero che a fronte di 65.000 fascicoli in carico, senza però contare il 2014 se non sino al 26 giugno (401),  ne ha definiti ben 60.000 con un’attuale pendenza di appena 4.181 fascicoli in essere.

8) Nell’ambito delle materie oggetto di giurisdizione della Sezione staccata hanno avuto significativo rilievo, e ciò conforta del tutto quanto sin qui sostenuto, le materie dell’urbanistica e dell’edilizia, quelle afferenti al fenomeno della criminalità organizzata con conseguente scioglimento di numerosi consigli comunali, quello in materia di ordine pubblico e sicurezza con riferimento, in via principale, alle informative interdittive antimafia, e, comunque, senza trascurare alcuna altra materia di competenza della Sezione.

9) La sopra descritta incontestabile efficienza, qualora l’improvvido provvedimento legislativo dovesse passare  verrebbe a disperdersi nel nulla, senza che la sede di Catanzaro, né l’intero sistema della giustizia amministrtativa, ne abbia  a trarre alcun beneficio, né in termini di funzionalità né in termini di costi.

Di fronte alle espresse analisi tecniche e di merito un Governo che si rispetti, riconosciuto il proprio errore, frutto probabilmente di una fretta operativa non commendevole, si dovrebbe determinare, anzi, sono sicuro, in forza del contenuto delle argomentazioni espresse, si determinerà, atteso l’auspicio che la ragione e la forza della logica debbano sempre prevalere nell’interesse della collettività. E lo farà, provvedendo:

1) alla eliminazione della norma in sede di conversione in legge;

2) alla immediata interruzione di ogni attività di carattere organizzativo, regolamentare  e logistico volta alla attuazione di detta norma;

3) alla determinazione provvedimentale del Governo, già a far tempo dall’esame in commissione, in forza della quale si darà atto della volontà di recedere dalla soppressione delle sedi distaccate.

*** 

[1] Decisum n°237/2007, punto 5.3.1 del considerato in diritto

[2] Corte Costituzionale 24 luglio 2013 n°237

[3] L. 7 aprile 2014 n°56

[4] 2 luglio 2014

Con un provvedimento assolutamente improvvido contenuto nell’art. 18, 2° comma, del D.L. 24 giugno 2014 n°90, assunto in totale assenza di ogni più elementare valutazione circa le effettive ricadute che ne possono derivare sul piano organizzativo, dell’economia di spesa e della funzionalità degli uffici giudiziari, e che, peraltro, comporterà, come  conseguenza primaria ed immediata l’abnorme risultato di allontanare i cittadini da uno dei pochi sistemi giustiziali di tutela sufficientemente rapida ed effettiva per l’utenza, il Governo  ritiene di sopprimere le sezioni distaccate dei Tribunali Amministrativi Regionali a far tempo dal primo ottobre 2014.

Non appare inutile riferire che tutto ciò avverrà in  spregio a quelle che invece sono le reali esigenze della giustizia amministrativa, con l’ulteriore aggravante di determinare la scomparsa dai territori stessi alcuni dei quali - come quelli, ad esempio, oggetto della giurisdizione delle sezioni distaccate di Reggio Calabria  e di Catania - ad altissimo rischio di infiltrazioni mafiose e ndranghetistiche, di essenziali presidi di legalità deputati a tutelare i diritti dei cittadini nei confronti degli atti delle pubbliche amministrazioni. Non è altresì pleonastico ricordare che  il danno più consistente che detta ipotesi di soppressione genera,  è quello di allontanare importanti e non secondari bacini geografici di utenza dai loro naturali presidi di legalità territoriale rendendo estremamente difficoltoso, se non addirittura impossibile, la tutela giurisdizionale dei cittadini nei confronti degli atti di cattiva amministrazione.

Il provvedimento legislativo che qui si contesta non risulta sorretto da alcuna logica di sistema, prova ne è che è la relazione tecnica del Governo che accompagna l’infausta espressione normativa non riesce ad esprimere alcuna ragione, di oculatezza nell’utilizzo delle pubbliche risorse economiche, finanziarie, organizzative, di semplificazione e di funzionalità che possa sorreggere l’illogica scelta operata dal legislatore di sopprimere le sezioni staccate dei Tribunali Amministrativi.

Al contrario l’iniziativa legislativa de qua appare il frutto di non meglio specificati criteri metagiuridici improntati ad un astratta e paradossale  idea di riorganizzazione delle spese della giustizia amministrativa che non ha, purtroppo, come scopo la ricerca di un modello organizzativo complessivo maggiormente efficiente che possa offrire al cittadino, quel che è nelle sue aspirazioni, cioè di avere la garanzia di una giustizia puntuale, celere e giusta.

Chiunque abbia a che fare quotidianamente con la giurisdizione amministrativa sa benissimo che quella delle sedi distaccate è l’ultima delle priorità da affrontare financo sotto il demagogico aspetto del restyling tanto caro alla politique d’abord propria del nostro momento storico.

I problemi della giustizia amministrativa sono ben altri: gli ancora troppo lunghi tempi processuali che non consentono al cittadino di veder pienamente soddisfatto il proprio interesse a ricorrere, i costi di accesso attualmente regolati da una disciplina del contributo unificato talmente esagerata sul piano economico da rappresentare un deterrente sostanziale nei confronti della pretesa giustiziale, atteso che la ricordata entità dei costi si pone come elemento quasi paradigmatico di quell’odioso profilo che è la denegata giustizia. A questo aggiungasi un pletorico ed ingestibile codice degli appalti la cui assurda configurazione strutturale penalizza non soltanto gli aspetti giuridici ma addirittura quelli sintattici e lessicali. Le azioni di condanna e di risarcimento danni in forma specifica non ancora compiutamente definiti in uno con le prassi giurisprudenziali intrise di malcelato favor unicamente a vantaggio delle P.A. e che si concludono, il più delle volte, con sentenze di rito che inibiscono la pronuncia nel merito e che spesso portano il cittadino a cercare tutela presso il giudice penale pittosto che davanti al giudice naturale rappresentato dal G.A., anche quando i comportamenti denunciati più che essere illeciti abbiano il connotato della illegittimità.

Di fronte a siffatto stato di cose si comprende come il provvedimento di soppressione delle sedi distaccate dei Tribunali Amministrativi Regionali, sia un’attività legislativa, per dirla con Omero “d’onor vuota e nuda” di cui non si rinviene alcuna necessità.

A prescindere dall’obiettiva evidenza che la realizzata soppressione si pone in aperto conflitto con il consistente numero di norme della Carta che tendono a promuovere ogni più ampio decentramento delle funzioni amministrative e giurisdizionali, va con forza rilevato come lo  eventuale concretizzarsi di simile ipotesi  produrrà un’ inevitabile frenata del funzionamento degli uffici coinvolti, un dilatarsi senza limite dei processi ed in definitiva una situazione di caos totale che si riverbererà inevitabilmente su tutti gli utenti della giustizia amministrativa.

Non va dimenticato, infatti, che il conseguente accorpamento delle sedi distaccate con i Tribunali Regionali, susciterà l’ulteriore danno di una non secondaria perdita di efficienza nel periodo transitorio e genererà un effetto di gran lunga contrario ai risultati di questi ultimi anni in cui si sono registrati importanti progressi sul piano della velocizzazione del servizio giustizia e dello smaltimento dell’arretrato su tutto il territorio nazionale.

Al di là, comunque, di queste osservazioni generali e di metodo non appare inutile ricordare che la previsone normativa che qui si contesta oltre che apparire del tutto priva di significato e di valenza giuridica di sorta si pone in  aperto contrasto tanto con l’art. 125 della Carta che con il decisum 13 giugno 2014 n°174 del Giudice delle Leggi. Decisum, quest’ultimo, che con riferimento al principio di articolazione territoriale della Giustizia Amministrativa garantito dal prefato articolo 125, impone che qualunque intervento normativo che interferisca con il principio della ripartizione territoriale, così come allo stato in essere, debba essere valutato secondo un criterio rigoroso[1],  essendo di tutta evidenza che il principio del decentramento della Giustizia Amministrativa e della individuazione del giudice di prime cure sulla base del criterio territoriale delineato anche con le sedi distaccate, verrebbe esposto al gravissimo rischio di risultare svuotato di ogni concreto significato

Le superiori considerazioni importano la assoluta necessità, in caso di intervento modificativo dell’attuale assetto territoriale, di accertare che la innovazione proposta sia teleologicamente preordinata al perseguimento esclusivo di un idoneo, chiaro e definito  interesse pubblico e che la medesima sia caratterizzata e contraddistinta da una connessione assolutamente razionale rispetto all’obiettivo da raggiungere e che infine essa risulti necessaria rispetto al fine di non apparire, come invece avviene con il provvedimento che si contesta, irragionevole.

Sulla ipotesi di modifica (abolizione delle sedi staccate) operata con il prefato D.L. n°90/2014 grava inoltre un ulteriore rilevante profilo di costituzionalità sempre con riferimento al citato art. 125 atteso che la medesima norma costituzionale prevede non soltanto organi di giustizia amministrativa strutturati su base regionale, bensì anche sezioni con diversa sede rispetto al capoluogo della Regione, come de jure  è avvenuto.

Né vale a superare il  vizio di incostituzionalità del D.L. n°90/2014 denunciato l’obiezione che l’istituzione della sedi distaccate costituisce una facoltà e non un obbligo, giacché tale considerazione potrebbe, al più, afferire alla istituzione di nuove sedi distaccate è non già nei confronti di quelle esistenti, giacché esse sedi staccate sono state previste, come nel caso di Reggio Calabria da oltre quaranta anni, e comunque appaiono tutte allocate in grandi centri urbani, con bacini territoriali estremamente estesi, caratterizzati dall’essere, ciascuno di essi, snodo focale di rapporti economici e sociali di grande rilevanza con l’assurdo e non ragionevole risultato di frantumare, ove mai l’assurda soppressione si dovesse concretizzare, la necessità fortemente asserita dal Giudice delle leggi  di garantire “la permanenza di un presidio giudiziario in luoghi, che per la loro intriseca connotazione, hanno assunto nel tempo una maggiore centralità nella vita del territorio [2]”.

Il tutto, peraltro, senza aver proceduto ad operare una valutazione caso per caso circa la necessità della soppressione, viepiù che ridurre gli appena otto presidi di giustizia, diversi dal capoluogo, appare operazione del tutto miope e controproducente, un sesquipedale abbaglio, un penoso equivoco del tutto sfornito di logica..

L’unilaterale modo di procedere   dell’attuale Governo che si è determinato a  sopprimere le sezioni distaccate  senza far precedere il provvedimento da una rigorosa valutazione e motivazione di ciascuno dei singoli casi, e senza soprattutto tener conto del carico di contenzioso che spesso e volentieri, in esse sezioni distaccate, risulta essere, come nel caso di Reggio Calabria, Catania e Lecce, di gran lunga superiore a quello in carico  a molti Tribunali regionali. Manca, infatti, nell’improvvido provvedimento che si contesta un’approfondita analisi dei carichi del contenzioso, del numero dei Collegi in ciascuna sede, del numero degli addetti impiegato nell’amministrazione, insomma l’analisi necessaria che rispecchi le realtà e non privilegi il dato dell’estemporaneità e dell’improvvisazione che risultano essere le costanti a cui risulta informato e conformato l’intervento legislativo de quo. In buona sostanza proprio perché non si fa carico, anzi disattende in termini di assoluta evidenza  la richiamata previsione costituzionale, il medesimo risulta affetto da un insanabile vizio di irragionevolezza.

Tale provvedimento normativo inoltre non risponde neppure ad ipotetiche e generiche esigenze di riduzione della spesa pubblica atteso che  di certo non diminuiranno le spese relative al trasferimento del personale che rimarrà lo stesso anche con riferimento ai Magistrati. Anzi detto trasferimento, in molti casi, determinerà una sicura levitazione dei costi per la necessaria attribuzione allo stesso personale delle indennità disposte dalla legge in ragione dei ricordati casi di trasferimento forzoso. Ai costi sopra indicati si aggiungerà il non sottacibile disagio che sul medesimo personale, in particolare su quello amministrativo, si riverserà senza alcuna ragione logica e di sistema.

Predisporre i locali per accogliere strutture, personale ed archivi che siano conformi alle disposizioni alle normative di tutela del lavoro e della sicurezza, è operazione economica sotto il profilo dei costi sicuramente di non poco momento. Basti pensare alla gestione degli archivi dei fascicoli processuali; attività questa che sul piano logistico e della ricordata sicurezza è operazione notevolmente costosa. A tutto ciò vanno aggiunti i costi dei traslochi, relativi alle numerosissime postazioni di lavoro (mobili, computer e sistemi informatici da disinstallare dalle vecchie sedi e da reimpiantare nelle nuove) nonché le molte migliaia di fascicoli conservati negli archivi.

Senza dimenticare i tempi dei trasferimenti che a mente dell’irrazionale decreto legge contestato dovrebbero essere eseguiti in appena quindici giorni dal 15 settembre all’1 di ottobre, ossia in un tempo neppure sufficiente al trasloco di una famiglia da un appartamento all’altro della medesima città.

L’effetto primario della non auspicabile soppressione delle sezioni distaccate determinerà una assurda e non gestibile concentrazione delle controversie dinanzi a ciascuno dei correlativi Tribunali regionali con evidente ingolfamento delle segreterie, l’aumento incontrollato dei fascicoli, da esitare e da archviare,  l’allungamento dei tempi processuali, senza di contro la previsione di sufficienti dotazioni strutturali e di personale. A prescindere, poi, dalle vicissitudini non considerate di quello che è il reale impatto quotidiano che avvocati, magistrati, funzionari quotidianamente hanno con un pianeta, quello della giustizia, che per l’effetto diverrà sempre meno utile, disattento e sostanzialmente odioso per la sua lontananza dai bisogni di un’effettività di funzioni e di risultato cui gli operatori tendono e cui più ancora di loro mirano  i cittadini i quali saranno costretti a subire una giustizia sempre più farraginosa e  distante dai reali bisogni dell’utenza.

Le eventuali astratte e non dimostrate economie derivanti dalla disdetta delle locazioni dei locali delle sedi staccate saranno ampiamente annullate dai costi necessari per il reperimento di nuovi locali per far spazio alle segreterie unificate ed ai Magistrati confluiti dalle sezioni staccate presso le sedi regionali, senza contare che il costo dei canoni di locazione proprio in virtù di essere i locandi edifici da adibire ad uffci dei Tribunali Amministrativi allocati nei capoluoghi sarà sicuramente di maggiore incidenza economica.

Senza considerare poi che in alcuni casi, come per Reggio Calabria la sede del TAR, compresi gli archivi,  si trova ospitata in un grandissimo immobile demaniale – peraltro di recente ristrutturato e con una sala delle udienze fra le più belle d’Italia  - , ossia in uno stabile a costo zero per l’Erario.

Non va ancora, per correttezza espositiva  sottaciuto, che la sede regionale di Catanzaro -  distante 150/160 chilometri da Reggio Calabria - non soltanto vive oggi imponenti  problemi di ristrettezza allocativa, tanto con riferimento al personale di Magistratura (almeno due Magistrati per stanza) che del personale amministrativo, ma ha addirittura si trova ad avere il proprio archivio con i relativi fascicoli (prima addirittura era a Salerno ) situato in un immobile a pagamento in Cosenza, ossia ad oltre cento chilometri da Catanzaro con tutte le indiscusse negatività che detta situazione di archivio naturalmente comporta dal punto di vista della compulsazione e della utilizzazione dei fascicoli.  

L’irrazionale provvedimento legislativo che si contesta inoltre non tiene in alcun conto che due delle sedi distaccate (Reggio Calabria e Catania) godono dello status di città metropolitane.

Non appare inutile qui ricordare che l’istituto delle città metropolitane è stato determinato con legge costituzionale n°3 del 2001, cosicché la previsione di esso istituto come ente necessario di multilivel governance , destinato ad entrare nel circuito europeo delle città metropolitane, viene espressamente indicato dall’art. 114 della Carta che definisce il medesimo istituto ente costitutivo della Repubblica, al pari di Stato, Regioni, Province e Comuni.

La legge istitutiva[3] delle città metropolitane,  qualifica le medesime come  enti di governo e di indirizzo territoriale con essenziali funzioni di gestione su di aree vaste e forti destinate a migliorare la qualità di vita dei cittadini ed a ridurre i costi sia della politica che dell’amministrazione migliorando l’efficienza dei servizi ed ottimizzando l’uso delle risorse sino al punto da diminuire il peso fiscale sui cittadini e dare così a costi minori servizi migliori.

Di fronte a siffatto stato di fatto e di diritto rappresentato dalla realtà costituita dalla città metropolitana  ne discende l’evidenza dell’assoluta irrazionalità del D.L. n°90/2014 anche con riferimento a tale essenziale ed ineludibile paradigma normativo.

La conta dei macroscopici profili di illegittimità, comunque, non finisce qui. Infatti  al di là dell’obiettiva evidenza che  il Governo ha prima manifestato l’intenzione di voler intervenire  in materia di pubblica amministrazione per derogare poi alla descritta intenzione intaccando  anche l’assolutamente altra e diversa materia della giurisdizione  e dell’effettività della tutela dei cittadini nei confronti degli atti di cattiva amministrazione attraverso una confusa innovazione di geografia giudiziaria del tutto svincolata da un più complessivo disegno di razionale riforma della giustizia amministrativa, ed oltre tutto, secondo quanto già riferito, con un provvedimento legislativo assolutamente non compatibile con la materia e per di più disponendo l’assurda misura della soppressione delle sedi distaccate in un D.L. c.d. omnibus. Non è inutile qui ribadire che il Giudice delle leggi ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di siffatta forma di decretazione universalistica, a cui si aggiunge l’indubbia illegittimità della soppressione delle sedi distaccate  la cui istituzione, come si è visto, è prevista, garantita e tutelata dalla Costituzione.

In buona sostanza il Governo è giunto all’assurdo di utilizzare l’istituto del decreto legge senza che sussista alcuna delle condizioni di necessità ed urgenza postulate dalla legge  e con l’incomprensibile e pregiudiziale pretermissione di ogni confronto con l’Avvocatura, con l’Associazione Nazionale dei Magistrati Amministrativi, con le Organizzazioni Sindacali e con i Territori interessati, che pure si erano tutti resi disponibili al confronto con il Governo. Dunque la soppressione medesima, oltre che essere del tutto inutile (stiamo parlando di solo otto sedi distaccate), risulta altresì dannosa in ragione:

1) dei maggiori costi per il necessario reperimento di nuove sedi per la predisposizione dei locali, per il trasloco, per l’indennità da corrispondere al personale;

2) della inevitabile ridotta efficienza a causa del fisiologico ingolfamento delle sedi regionali, già in maggiore difficoltà rispetto alle altre;

3) dell’obiettivo allontanamento della giustizia dai cittadini che si troverebbero costretti ad affrontare maggiori oneri di lite oltre che maggiori disagi per la prevista maggior distanza dai Tribunali regionali; lontananza che senza comportare alcun beneficio neppure di tipo funzionale determinerà, senza possibilità di evitarlo, il progressivo aumento del costo a carico di tutti gli utenti (pubblici e privati) ove si prendano in considerazione, persino per il settore pubblico, i maggiori costi che graveranno sulla difesa in giudizio degli enti locali;

4) dall’umiliazione gratuita per territori di considerevole rilevanza sul piano demografico, sociale ed economico giacché le sedi distaccate sono state, illico tempore, individuate in grossi centri urbani ed hanno giurisdizione su territori molto vasti. Non va dimenticato, poi, che Reggio Calabria è la città più grande ed al pari della sua provincia la più popolata della Calabria e gode dello status costituzionale di città metropolitana sul cui territorio insistono ben novantasette comuni.

Non appare inutile ricordare che sulle dieci città metropolitane riconosciute dall’ordinamento ben nove sono anche sede di T.A.R. ad eccezione, a seguito dell’improvvido D.L. n°90/2014  del Governo, di Reggio Calabria. Il che sta a significare che se l’assurda normazione, quì contestata, dovesse trovare attuazione si verrebbe a determinare  l’incredibile vulnus di avere una città metropolitana depotenziata rispetto a tutte le altre non potendosi sottacere che il servizio giustizia (amministrativa) risulta essere pleno titulo parte fondamentale ed integrante della governance riconnessa allo status metropolitano e che il medesimo si configura come diritto essenziale per il ricordato ambito territoriale; diritto che non può in alcuna misura essere aggredito e cancellato con l’illegittimo intervento demolitorio ipotizzato dal D.L. n°90/2014. Se così non fosse si determinerebbe l’improprio effetto di svuotare la nuova realtà della città metropolitana, che invece  necessita di essere implementata di contenuti gestionali, di avere come presidio fondante del territorio di pertinenza una sede propria della giurisdizione amministrativa che si connoti quale espressione di un servizio pieno per le popolazioni dell’ambito metropolitano.

5) Il prefato servizio che per la città metropolitana di Reggio Calabria diventa altresì essenziale come l’ossigeno considerata la presenza sul territorio di una emergenza criminale senza pari che necessita, come peraltro unanimente riconosciuto, di programmi straordinari per far fronte all’indicata emergenza, non soltanto da contrastare attraverso l’azione penale, ma attraverso la forse maggiormente pregnante azione della giustizia amministrativa con riferimento ai campi delle interdittive antimafia, degli appalti e del controllo delle composizioni non neutre sotto l’aspetto del fenomeno delinquenziale degli organi elettivi delle amministrazioni, specialmente di quelle comunali.

E’ sotto gli occhi di tutti quanto in questi giorni è avvenuto in Oppido Mamertina[4] durante la processione della Madonna delle Grazie. E’ fatto notorio, riportato da tutti i giornali e dalle televisioni anche nazionali, che esclusion fatta per il Maresciallo ed i Carabinieri della locale Stazione, si è  consumata in quel paese una deliberata azione di offesa allo Stato ed alle sue leggi e nella quale sono rimasti invischiati, a dire dei massmedia,  persino i componenti politici dell’ammnistrazione locale.  

Innumerevoli altri  esempi di cattivo uso del potere amministrativo potrebbero essere fatti senza soluzione di continuità. A fronte di una situazione così scabrosa, in un territorio così difficile, con un economia debole e nei confronti di un problema che tutti a parole dichiarano di voler contrastare, cosa fa lo Stato? Elimina, con un tratto di penna e con un’azione legislativa palesemente illegittima,  uno dei presidi essenziali di giustizia (la sezione distaccata del TAR di Reggio Calabria). Non è inutile ricordare che il T.A.R. è senza alcun dubbio il più vitale degli organi giustiziali al fine di debellare le azioni criminali che vengono poste in essere il più della volte con l’avallo  e l’usbergo dell’azione amministrativa soprattutto in materia di appalti di OO.PP., ovvero con il silenzio colpevole delle amministrazioni: si pensi alle materie dell’urbanistica e dell’edilizia che hanno consentito di generare e continuano a far prosperare un abusivismo senza paragoni ed una devastazione dell’ambiente che non ha eguali.

Se lo Stato dà forfait  cosa resterà di questa bella Italia e di questi sfortunati e poveri territori di Calabria? Che fiducia nelle istituzioni potranno continuare ad avere i cittadini onesti? Lo spieghi il Governo che si appresta a dar vita un’azione legislativa di certo non commendevole all’Italia tutta.

6) Va ancora soggiunto per completezza espositiva che Reggio Calabria oltre che essere la città più bella, grande e popolosa della Calabria  è anche  sede del Consiglio Regionale e dei suoi uffici, è sede di Corte di Appello, e  sul  suo territorio metropolitano insistono le sedi di numerose Amministrazioni statali, la sede dell’Autorità Portuale di Gioia Tauro, nonché le sedi dell’Avvocatura dello Stato e di numerose altre Avvocature speciali, l’Azienda Ospedaliera di maggior dimensioni della Calabria, la sede dell’Agenzia dei Beni confiscati alla mafia, la sede della Scuola Nazionale dell’Amministrazione che si vorrebbe sopprimere in uno con la sezione distaccata del T.A.R. e l’elenco potrebbe continuare.

7) Per ciò che attiene alla produttività della sede distaccata del Tribunale Amministrativo di Reggio Calabria alla luce degli allegati dati ufficiali forniti dal medesimo Tribunale risulta senza possibilità di essere smentiti che la Sezione distaccata ha, da sempre e da sola, in carico un volume di contenzioso superiore a molti T.A.R. regionali (Marche, Umbria, Aosta, Bolzano, Trento, Trieste,  Campobasso e Potenza) e se non ci fosse stata la non commendevole assegnazione alla competenza funzionale del TAR del Lazio per faccende locali e periferiche e persino per le controversie relative all’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata che ha la sua sede principale a Reggio Calabria, il numero dei ricorsi depositati sarebbe stato ancora superiore.

Reggio Calabria è una sezione altamente efficiente, sicuramente tra le più efficienti nel panorama della giustizia amministrativa, se è vero che a fronte di 65.000 fascicoli in carico, senza però contare il 2014 se non sino al 26 giugno (401),  ne ha definiti ben 60.000 con un’attuale pendenza di appena 4.181 fascicoli in essere.

8) Nell’ambito delle materie oggetto di giurisdizione della Sezione staccata hanno avuto significativo rilievo, e ciò conforta del tutto quanto sin qui sostenuto, le materie dell’urbanistica e dell’edilizia, quelle afferenti al fenomeno della criminalità organizzata con conseguente scioglimento di numerosi consigli comunali, quello in materia di ordine pubblico e sicurezza con riferimento, in via principale, alle informative interdittive antimafia, e, comunque, senza trascurare alcuna altra materia di competenza della Sezione.

9) La sopra descritta incontestabile efficienza, qualora l’improvvido provvedimento legislativo dovesse passare  verrebbe a disperdersi nel nulla, senza che la sede di Catanzaro, né l’intero sistema della giustizia amministrtativa, ne abbia  a trarre alcun beneficio, né in termini di funzionalità né in termini di costi.

Di fronte alle espresse analisi tecniche e di merito un Governo che si rispetti, riconosciuto il proprio errore, frutto probabilmente di una fretta operativa non commendevole, si dovrebbe determinare, anzi, sono sicuro, in forza del contenuto delle argomentazioni espresse, si determinerà, atteso l’auspicio che la ragione e la forza della logica debbano sempre prevalere nell’interesse della collettività. E lo farà, provvedendo:

1) alla eliminazione della norma in sede di conversione in legge;

2) alla immediata interruzione di ogni attività di carattere organizzativo, regolamentare  e logistico volta alla attuazione di detta norma;

3) alla determinazione provvedimentale del Governo, già a far tempo dall’esame in commissione, in forza della quale si darà atto della volontà di recedere dalla soppressione delle sedi distaccate.

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[1] Decisum n°237/2007, punto 5.3.1 del considerato in diritto

[2] Corte Costituzionale 24 luglio 2013 n°237

[3] L. 7 aprile 2014 n°56

[4] 2 luglio 2014