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Distinzione tra agente e procacciatore d’affari: nuova pronuncia del Tribunale di Roma

Ripetutamente abbiamo affrontato il tema della distinzione tra  agente e  procacciatore d’affari e  figure che a questa ultima categoria si avvicinano[1] .

Abbiamo sempre sostenuto che non si possano applicare indicazioni provenienti da altre sedi (fiscale, previdenziale, requisiti e richieste delle Camere di Commercio) per risolvere il tema della differenza tra le due figure, ma sia questione da risolvere caso per caso.

Una recente sentenza (Tribunale Roma, Sezione Lavoro, Presidente dott. Paolo Sordi) in un giudizio da noi promosso contro Enasarco ha confermato la  tesi da noi sostenuta smentendo quanto asserito  da questo Ente.

È noto che Enasarco ritiene agente l’operatore che abbia ad avere rapporti con un’impresa che gli corrisponda provvigioni, quando (i) le provvigioni sono di rilievo, (ii) l’operatore sia nel medesimo settore commerciale, (iii) soprattuttooperi con continuità e a lungo nel tempo.

La parte più sottile della tesi di Enasarco è quella che prescinde dalle forme adottate con gli accordi tra le parti e che va ad individuare la presenza di un “rapporto” sostanzialmente riconducibile all’agenzia.

Tutti i richiamati requisiti erano presenti negli operatori della nostra vicenda, ma la disamina da vicino della loro attività ha portato a respingere integralmente le domande di Enasarco. Infatti, come sempre sosteniamo, bisogna  analizzare il singolo caso e da vicino prima di potere etichettare un’attività come di agenzia.

Il giudice di questo  procedimento, la cui competenza è particolarmente consolidata in quanto i giudizi nei quali sia parte Enasarco (attore o convenuto) si tengono tutti a Roma alla sezione lavoro e con rito lavoristico, alla prima udienza, prima di esaminare le tante istanze ed eccezioni preliminari formulate, ha ritenuto di dare ingresso alla prova testimoniale per verificare se le affermazioni compiute fossero vere. Ha così disposto l’audizione di quattro testi, uno dei quali l’Ispettore di Enasarco che aveva provveduto a compiere le indagini ispettive dalle quali è poi scaturito l’accertamento, il contenzioso amministrativo e poi il decreto ingiuntivo per la ripresa a contribuzione di sei rapporti con importanti operatori.

Il Giudice ha ritenuto che le ditte riprese a contribuzione “svolgevano comunemente attività di commercio nel settore”; “se nello svolgimento di tale attività venivano a conoscenza di clienti potenzialmente interessati all’acquisto delle macchine prodotte dalla ricorrente, si limitavano a segnalare a quest’ultima il nominativo del potenziale cliente” senza seguire poi le concrete attività per la vendita; “in caso di conclusione dell’affare, alla ditta che aveva segnalato il cliente veniva corrisposta una provvigione il cui ammontare era determinato caso per caso in relazione alle condizioni che la ricorrente era riuscita ad ottenere in sede di vendita”; “in alcuni casi era la stessa ditta commerciale che acquistava il macchinario e lo rivendeva al cliente”; “alcune di quelle ditte non hanno proceduto ad alcuna segnalazione di potenziali clienti per lunghi periodi di tempo, mentre altre hanno fatto registrare fatturati per l’acquisto di macchinari di gran lunga superiori a quelli per provvigioni” (nel sito: “ Agente o rivenditore.”); inoltre rilevava che “l’opponente ha una rete di agenti commerciali diversa dalle ditte prese in considerazione dalla Fondazione Enasarco nella formulazione delle rivendicazioni oggetto della presente causa, ditte alle quali non è stato riservato lo stesso trattamento che comunemente è invece adottato nei confronti degli agenti” (non venivano invitate alle riunioni della forza vendita).

Il tribunale ha stabilito che “tutti questi elementi emergono nel senso dell’insussistenza di rapporti di agenzia i quali, com’è noto, sono caratterizzati essenzialmente dall’assunzione, da parte dell’agente, di uno stabile obbligo di promozione di affari in una zona determinata”. Le ditte in questione non avevano alcun obbligo di impegnarsi nella ricerca di potenziale clientela”. “La scelta di limitarsi alla segnalazione piuttosto che procedere all’acquisto della macchina per poi rivendere la stessa al cliente era determinata da motivazioni che appaiono del tutto attendibili e improntate a genuine ragioni economiche”.

Se questa parte è quella che mette in fila le componenti positive di individuazione dell’applicabilità della “figura” di agente, il Giudice dà anche conto delle ragioni di escludere fondamento alle tesi di Enasarco.

“Il fatto che con due ditte oggetto dell’accertamento ispettivo l’opponente abbia successivamente instaurato rapporti di agenzia nulla dice, di per sé, circa la natura dei rapporti con queste stesse ditte nel periodo precedente le date di stipulazione dei contratti di agenzia. La circostanza, poi, è meno singolare di quanto si potesse credere: non v’è nulla di inverosimile nel fatto che le ditte in questione, iniziata l’attività di vendita nel settore in cui opera l’attuale opponente e avuto, per questo motivo, occasione di verificare concretamente la consistenza della presenza sul mercato della opponente, abbiano deciso, ad un certo punto, di abbandonare la loro iniziale attività per intraprenderne un’altra (quella di stabile promozione di affari per conto dell’opponente) della quale, appunto, avevano avuto modo di sperimentare, durante il periodo di procacciamento di affari, le prospettive di ritorno in termini economici”.

“La lunga durata dei rapporti di procacciamento di affari per cui è causa (oltre a costituire, di per sé, un elemento neutro ai fini della qualificazione giuridica dei rapporti stessi) si spiega agevolmente considerando che, come più volte ripetuto, le ditte in oggetto svolgevano contemporaneamente e principalmente attività di vendita di prodotti e macchine utensili”.

Il fatto che quasi tutte le ditte “fossero iscritte all’Enasarco costituisce circostanza probatoria pressoché nulla, poiché l’iscrizione in questione era stata operata con riferimento a rapporti di agenzia intrattenuti con aziende diverse dall’opponente e posto che ciò che rileva è che, di fatto, le ditte in questione non svolgevano attività di agente per conto dell’opponente”.

Possiamo affermare che la sentenza conferma il nostro pensiero più volte espresso che è la necessità dell’esistenza dell’obbligo, dell’impegno tra le parti di essere vincolati a compiere una attività specifica a caratterizzare l’elemento di base perché esista un rapporto di agenzia; senza questo impegno non c’è agenzia.

A nulla rileva se il rapporto è di lungo od anche lunghissimo periodo (un’azienda faceva questo da oltre venti anni), né che le provvigioni incassate fossero importanti (centinaia di migliaia di euro all’anno), né che vi fosse continuità (fatturazione periodica annua).

Enasarco, che dichiara di operare con alacrità per il recupero a contribuzione dei rapporti con le aziende che va ad ispezionare, dovrà rivedere il fondamento di molte pretese anche perché si espone a sensibili costi, come nel caso illustrato ove è stato condannato alle spese giudiziali.

 

[1] Si veda Procacciatore e agente: la differenza, 21 novembre 2012, pubblicato su www.quagliarella.com

Ripetutamente abbiamo affrontato il tema della distinzione tra  agente e  procacciatore d’affari e  figure che a questa ultima categoria si avvicinano[1] .

Abbiamo sempre sostenuto che non si possano applicare indicazioni provenienti da altre sedi (fiscale, previdenziale, requisiti e richieste delle Camere di Commercio) per risolvere il tema della differenza tra le due figure, ma sia questione da risolvere caso per caso.

Una recente sentenza (Tribunale Roma, Sezione Lavoro, Presidente dott. Paolo Sordi) in un giudizio da noi promosso contro Enasarco ha confermato la  tesi da noi sostenuta smentendo quanto asserito  da questo Ente.

È noto che Enasarco ritiene agente l’operatore che abbia ad avere rapporti con un’impresa che gli corrisponda provvigioni, quando (i) le provvigioni sono di rilievo, (ii) l’operatore sia nel medesimo settore commerciale, (iii) soprattuttooperi con continuità e a lungo nel tempo.

La parte più sottile della tesi di Enasarco è quella che prescinde dalle forme adottate con gli accordi tra le parti e che va ad individuare la presenza di un “rapporto” sostanzialmente riconducibile all’agenzia.

Tutti i richiamati requisiti erano presenti negli operatori della nostra vicenda, ma la disamina da vicino della loro attività ha portato a respingere integralmente le domande di Enasarco. Infatti, come sempre sosteniamo, bisogna  analizzare il singolo caso e da vicino prima di potere etichettare un’attività come di agenzia.

Il giudice di questo  procedimento, la cui competenza è particolarmente consolidata in quanto i giudizi nei quali sia parte Enasarco (attore o convenuto) si tengono tutti a Roma alla sezione lavoro e con rito lavoristico, alla prima udienza, prima di esaminare le tante istanze ed eccezioni preliminari formulate, ha ritenuto di dare ingresso alla prova testimoniale per verificare se le affermazioni compiute fossero vere. Ha così disposto l’audizione di quattro testi, uno dei quali l’Ispettore di Enasarco che aveva provveduto a compiere le indagini ispettive dalle quali è poi scaturito l’accertamento, il contenzioso amministrativo e poi il decreto ingiuntivo per la ripresa a contribuzione di sei rapporti con importanti operatori.

Il Giudice ha ritenuto che le ditte riprese a contribuzione “svolgevano comunemente attività di commercio nel settore”; “se nello svolgimento di tale attività venivano a conoscenza di clienti potenzialmente interessati all’acquisto delle macchine prodotte dalla ricorrente, si limitavano a segnalare a quest’ultima il nominativo del potenziale cliente” senza seguire poi le concrete attività per la vendita; “in caso di conclusione dell’affare, alla ditta che aveva segnalato il cliente veniva corrisposta una provvigione il cui ammontare era determinato caso per caso in relazione alle condizioni che la ricorrente era riuscita ad ottenere in sede di vendita”; “in alcuni casi era la stessa ditta commerciale che acquistava il macchinario e lo rivendeva al cliente”; “alcune di quelle ditte non hanno proceduto ad alcuna segnalazione di potenziali clienti per lunghi periodi di tempo, mentre altre hanno fatto registrare fatturati per l’acquisto di macchinari di gran lunga superiori a quelli per provvigioni” (nel sito: “ Agente o rivenditore.”); inoltre rilevava che “l’opponente ha una rete di agenti commerciali diversa dalle ditte prese in considerazione dalla Fondazione Enasarco nella formulazione delle rivendicazioni oggetto della presente causa, ditte alle quali non è stato riservato lo stesso trattamento che comunemente è invece adottato nei confronti degli agenti” (non venivano invitate alle riunioni della forza vendita).

Il tribunale ha stabilito che “tutti questi elementi emergono nel senso dell’insussistenza di rapporti di agenzia i quali, com’è noto, sono caratterizzati essenzialmente dall’assunzione, da parte dell’agente, di uno stabile obbligo di promozione di affari in una zona determinata”. Le ditte in questione non avevano alcun obbligo di impegnarsi nella ricerca di potenziale clientela”. “La scelta di limitarsi alla segnalazione piuttosto che procedere all’acquisto della macchina per poi rivendere la stessa al cliente era determinata da motivazioni che appaiono del tutto attendibili e improntate a genuine ragioni economiche”.

Se questa parte è quella che mette in fila le componenti positive di individuazione dell’applicabilità della “figura” di agente, il Giudice dà anche conto delle ragioni di escludere fondamento alle tesi di Enasarco.

“Il fatto che con due ditte oggetto dell’accertamento ispettivo l’opponente abbia successivamente instaurato rapporti di agenzia nulla dice, di per sé, circa la natura dei rapporti con queste stesse ditte nel periodo precedente le date di stipulazione dei contratti di agenzia. La circostanza, poi, è meno singolare di quanto si potesse credere: non v’è nulla di inverosimile nel fatto che le ditte in questione, iniziata l’attività di vendita nel settore in cui opera l’attuale opponente e avuto, per questo motivo, occasione di verificare concretamente la consistenza della presenza sul mercato della opponente, abbiano deciso, ad un certo punto, di abbandonare la loro iniziale attività per intraprenderne un’altra (quella di stabile promozione di affari per conto dell’opponente) della quale, appunto, avevano avuto modo di sperimentare, durante il periodo di procacciamento di affari, le prospettive di ritorno in termini economici”.

“La lunga durata dei rapporti di procacciamento di affari per cui è causa (oltre a costituire, di per sé, un elemento neutro ai fini della qualificazione giuridica dei rapporti stessi) si spiega agevolmente considerando che, come più volte ripetuto, le ditte in oggetto svolgevano contemporaneamente e principalmente attività di vendita di prodotti e macchine utensili”.

Il fatto che quasi tutte le ditte “fossero iscritte all’Enasarco costituisce circostanza probatoria pressoché nulla, poiché l’iscrizione in questione era stata operata con riferimento a rapporti di agenzia intrattenuti con aziende diverse dall’opponente e posto che ciò che rileva è che, di fatto, le ditte in questione non svolgevano attività di agente per conto dell’opponente”.

Possiamo affermare che la sentenza conferma il nostro pensiero più volte espresso che è la necessità dell’esistenza dell’obbligo, dell’impegno tra le parti di essere vincolati a compiere una attività specifica a caratterizzare l’elemento di base perché esista un rapporto di agenzia; senza questo impegno non c’è agenzia.

A nulla rileva se il rapporto è di lungo od anche lunghissimo periodo (un’azienda faceva questo da oltre venti anni), né che le provvigioni incassate fossero importanti (centinaia di migliaia di euro all’anno), né che vi fosse continuità (fatturazione periodica annua).

Enasarco, che dichiara di operare con alacrità per il recupero a contribuzione dei rapporti con le aziende che va ad ispezionare, dovrà rivedere il fondamento di molte pretese anche perché si espone a sensibili costi, come nel caso illustrato ove è stato condannato alle spese giudiziali.

 

[1] Si veda Procacciatore e agente: la differenza, 21 novembre 2012, pubblicato su www.quagliarella.com