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La Giustizia della Giuria

Il nostro immaginario collettivo è subissato da immagini: dodici persone dietro il banco della Giuria. Sono in ogni serie televisiva o legal movie. Ogni volta che li vediamo, o leggiamo di loro nel nuovo best seller appena comprato per dedicarci in pieno relax alla ben meritata vacanza, alla nostra mente di giuristi non è concesso di evitare un pensiero. Ogni volta ci domandiamo come sia possibile delegare a dodici persone qualunque, tirate a sorte, a caso dall’elenco del telefono, il destino delle persone. Dodici esseri umani sono la barriera tra l’aria e le sbarre.

Ingiusto?

Quasi assurdo per un giurista di Civil Law. La nostra mente è figlia di Kant. Siamo abituati a pensare che ci debbano essere delle regole precostituite, e che queste regole debbano essere applicate da qualcuno che le conosce. Perché così, solo così, è “giusto”.

Un uomo saggio, un Giudice, al di sopra delle parti, che ha studiato, per anni, e conosce le regole, scritte nei libri della Legge, dirà quello che è “giusto”. Mosè e le sue Tavole daranno scrittura alla “giustizia”.

Ma non tutti si sono mai chiesti perché è così. Né se sia, davvero, più giusto così.

Eppure, il Tribunale non è nato come lo conosciamo oggi nel nostro paese.

Il primo segno di un Tribunale in senso moderno che si ricordi nella nostra tradizione risale al mito di Oreste.

Dopo avere ucciso la madre Clitemnestra per vendicare il padre Agamennone, Oreste, rincorso dalle Erinni che lo volevano giustiziare, ha trovato riparo nel tempio di Atena, dea della Giustizia.

Ha ottenuto di essere giudicato da un’assemblea di dodici pari. Le Erinni saranno l’accusa, Apollo la difesa, e dodici ateniesi, la prima Giuria; guidata da Atena, la Giustizia.

Giuria di pari, persone uguali a lui, che potessero capire quello che capiva lui, e giudicare il suo gesto pensando come lui. Che potessero capire se sia scusabile uccidere la propria madre perché ha ucciso il proprio padre.

Perché?

Perché qualcuno che appartiene ad un ambiente diverso non ha spesso facilità nel capire.

Un Giudice, o il monarca, che ha vissuto magari per anni chiuso in casa, in un castello o in biblioteca in attesa di due scritti e dodici orali, che passa la sua vita a contatto con soggetti di cultura molto più elevata della normalità ed in ambienti non comuni a tutti, che prende il caffè con la scorta, potrebbe non essere considerato uguale agli altri, ma sopra di loro. Potrebbe non capire.

Quindi, ritorniamo alla nostra domanda, e chiediamoci se l’idea di essere giudicati da una Giuria possa far venire i brividi più o meno che essere giudicati da un soggetto al di sopra di noi, e così diverso da noi, e con così tanto potere.

Per centinaia di anni le persone sono state giudicate non dal Re, e non da un soggetto unico e super partes, ma da un’assemblea di pari.

È davvero ingiusto? E il nostro processo, con una mano sul cuore ed una nelle aule di Tribunale, è giusto?

In merito alla Giuria ci sono molti miti. Come tutti i miti, spesso sono falsi.

In realtà, nei paesi di Common Law, il processo tramite Giuria è molto vincolato, e tutt’altro che lasciato all’arbitrio.

Forse il pregiudizio di qualche giurista di Civil Law cambierebbe sapendo che la Giuria non ha il potere di giudicare altro che i fatti: mai il diritto.

Una Giuria potrà dire se Tizio ha sparato a Caio, e se crede che lo abbia fatto volontariamente, ma mai se Tizio merita l’ergastolo o 20 anni.

Questo sarà materia di un Giudice togato, che guiderà il processo nelle questioni di diritto, e che affronterà da solo le questioni processuali.

Ed ecco che la prospettiva cambia. Non si domanda alla Giuria di comprendere la legge, ma solo di comprendere i fatti.

Nel giudicare i fatti, inoltre, non è completamente libera.

La Giuria, infatti, è vincolata dalle sentenze emesse dal Giudice di grado superiore su fatti simili o assimilabili. Ovviamente, i giurati non potranno conoscere i casi applicabili a quello che hanno davanti.

Anche questo compito verrà svolto dal Giudice togato, che li guiderà individuando e facendo leggere loro i precedenti (binding precedents).

Il medesimo Giudice togato assisterà al processo, deciderà sull’ammissibilità dei testi, delle domande e dei documenti e sulle eccezioni processuali.

Riassumerà i fatti che sono stati oggetto di testimonianza, e spiegherà alla Giuria in un summing up le regole di base di diritto che si applicano al caso di specie, per permettere ai giurati di comprendere i precedenti che verranno consegnati loro.

Ad esempio, spiegherà che sparare a qualcuno con la volontà di uccidere è reato, mentre sparare a qualcuno con la volontà di uccidere per salvare se stessi o altri dalla morte non lo è.

I giurati poi decideranno se, secondo le testimonianze rese davanti a loro, ritengono che ci siano abbastanza fatti per credere che l’imputato ha sparato, e per ritenere che c’era pericolo per la sua vita o per quella di altri.

I giurati non potranno mai dire, quindi, se una testimonianza o un documento sono legalmente validi o no. Lo dirà il Giudice. Potranno dire se ci credono o no. E dovranno essere d’accordo in dodici. Oltre il ragionevole dubbio. Possiamo, in tutta coscienza, dire che sia semplice ottenere l’accordo di dodici persone?

È corretto dire che, forse, essere giudicato sui fatti da dodici persone del popolo, persone normali, che devono giudicare solo quel caso nella vita, potrebbe portare ad una decisione più giusta di quella resa da un soggetto che appartiene ad una minoranza percentuale, che deve giudicare ogni giorno almeno venti casi diversi e a cui viene portato un caso costruito da un soggetto, il Pubblico Ministero, che ha fatto il Suo stesso concorso e che appartiene al Suo stesso Organo?

Sarebbe interessante verificare se i processi penali nel nostro paese sono sentiti come giusti dalla collettività, e cosa pensano della Giustizia, invece, nei paesi di Common Law.

Ma, forse, la risposta è già davanti ai nostri occhi.

Rimane da domandarsi se Oreste, che davanti alla Giuria è stato assolto con il voto favorevole della Giustizia, avrebbe avuto la stessa sorte in un Tribunale monocratico, in rito abbreviato.

Il nostro immaginario collettivo è subissato da immagini: dodici persone dietro il banco della Giuria. Sono in ogni serie televisiva o legal movie. Ogni volta che li vediamo, o leggiamo di loro nel nuovo best seller appena comprato per dedicarci in pieno relax alla ben meritata vacanza, alla nostra mente di giuristi non è concesso di evitare un pensiero. Ogni volta ci domandiamo come sia possibile delegare a dodici persone qualunque, tirate a sorte, a caso dall’elenco del telefono, il destino delle persone. Dodici esseri umani sono la barriera tra l’aria e le sbarre.

Ingiusto?

Quasi assurdo per un giurista di Civil Law. La nostra mente è figlia di Kant. Siamo abituati a pensare che ci debbano essere delle regole precostituite, e che queste regole debbano essere applicate da qualcuno che le conosce. Perché così, solo così, è “giusto”.

Un uomo saggio, un Giudice, al di sopra delle parti, che ha studiato, per anni, e conosce le regole, scritte nei libri della Legge, dirà quello che è “giusto”. Mosè e le sue Tavole daranno scrittura alla “giustizia”.

Ma non tutti si sono mai chiesti perché è così. Né se sia, davvero, più giusto così.

Eppure, il Tribunale non è nato come lo conosciamo oggi nel nostro paese.

Il primo segno di un Tribunale in senso moderno che si ricordi nella nostra tradizione risale al mito di Oreste.

Dopo avere ucciso la madre Clitemnestra per vendicare il padre Agamennone, Oreste, rincorso dalle Erinni che lo volevano giustiziare, ha trovato riparo nel tempio di Atena, dea della Giustizia.

Ha ottenuto di essere giudicato da un’assemblea di dodici pari. Le Erinni saranno l’accusa, Apollo la difesa, e dodici ateniesi, la prima Giuria; guidata da Atena, la Giustizia.

Giuria di pari, persone uguali a lui, che potessero capire quello che capiva lui, e giudicare il suo gesto pensando come lui. Che potessero capire se sia scusabile uccidere la propria madre perché ha ucciso il proprio padre.

Perché?

Perché qualcuno che appartiene ad un ambiente diverso non ha spesso facilità nel capire.

Un Giudice, o il monarca, che ha vissuto magari per anni chiuso in casa, in un castello o in biblioteca in attesa di due scritti e dodici orali, che passa la sua vita a contatto con soggetti di cultura molto più elevata della normalità ed in ambienti non comuni a tutti, che prende il caffè con la scorta, potrebbe non essere considerato uguale agli altri, ma sopra di loro. Potrebbe non capire.

Quindi, ritorniamo alla nostra domanda, e chiediamoci se l’idea di essere giudicati da una Giuria possa far venire i brividi più o meno che essere giudicati da un soggetto al di sopra di noi, e così diverso da noi, e con così tanto potere.

Per centinaia di anni le persone sono state giudicate non dal Re, e non da un soggetto unico e super partes, ma da un’assemblea di pari.

È davvero ingiusto? E il nostro processo, con una mano sul cuore ed una nelle aule di Tribunale, è giusto?

In merito alla Giuria ci sono molti miti. Come tutti i miti, spesso sono falsi.

In realtà, nei paesi di Common Law, il processo tramite Giuria è molto vincolato, e tutt’altro che lasciato all’arbitrio.

Forse il pregiudizio di qualche giurista di Civil Law cambierebbe sapendo che la Giuria non ha il potere di giudicare altro che i fatti: mai il diritto.

Una Giuria potrà dire se Tizio ha sparato a Caio, e se crede che lo abbia fatto volontariamente, ma mai se Tizio merita l’ergastolo o 20 anni.

Questo sarà materia di un Giudice togato, che guiderà il processo nelle questioni di diritto, e che affronterà da solo le questioni processuali.

Ed ecco che la prospettiva cambia. Non si domanda alla Giuria di comprendere la legge, ma solo di comprendere i fatti.

Nel giudicare i fatti, inoltre, non è completamente libera.

La Giuria, infatti, è vincolata dalle sentenze emesse dal Giudice di grado superiore su fatti simili o assimilabili. Ovviamente, i giurati non potranno conoscere i casi applicabili a quello che hanno davanti.

Anche questo compito verrà svolto dal Giudice togato, che li guiderà individuando e facendo leggere loro i precedenti (binding precedents).

Il medesimo Giudice togato assisterà al processo, deciderà sull’ammissibilità dei testi, delle domande e dei documenti e sulle eccezioni processuali.

Riassumerà i fatti che sono stati oggetto di testimonianza, e spiegherà alla Giuria in un summing up le regole di base di diritto che si applicano al caso di specie, per permettere ai giurati di comprendere i precedenti che verranno consegnati loro.

Ad esempio, spiegherà che sparare a qualcuno con la volontà di uccidere è reato, mentre sparare a qualcuno con la volontà di uccidere per salvare se stessi o altri dalla morte non lo è.

I giurati poi decideranno se, secondo le testimonianze rese davanti a loro, ritengono che ci siano abbastanza fatti per credere che l’imputato ha sparato, e per ritenere che c’era pericolo per la sua vita o per quella di altri.

I giurati non potranno mai dire, quindi, se una testimonianza o un documento sono legalmente validi o no. Lo dirà il Giudice. Potranno dire se ci credono o no. E dovranno essere d’accordo in dodici. Oltre il ragionevole dubbio. Possiamo, in tutta coscienza, dire che sia semplice ottenere l’accordo di dodici persone?

È corretto dire che, forse, essere giudicato sui fatti da dodici persone del popolo, persone normali, che devono giudicare solo quel caso nella vita, potrebbe portare ad una decisione più giusta di quella resa da un soggetto che appartiene ad una minoranza percentuale, che deve giudicare ogni giorno almeno venti casi diversi e a cui viene portato un caso costruito da un soggetto, il Pubblico Ministero, che ha fatto il Suo stesso concorso e che appartiene al Suo stesso Organo?

Sarebbe interessante verificare se i processi penali nel nostro paese sono sentiti come giusti dalla collettività, e cosa pensano della Giustizia, invece, nei paesi di Common Law.

Ma, forse, la risposta è già davanti ai nostri occhi.

Rimane da domandarsi se Oreste, che davanti alla Giuria è stato assolto con il voto favorevole della Giustizia, avrebbe avuto la stessa sorte in un Tribunale monocratico, in rito abbreviato.