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Diritto alla resistenza contro atti diretti a sopprimere l’ordinamento costituzionale

Widerstandsrecht - Ius resistendi
Diritto alla resistenza contro atti  diretti a sopprimere l’ordinamento costituzionale
Diritto alla resistenza contro atti diretti a sopprimere l’ordinamento costituzionale

I Introduzione - II Calvinismo, Milton Locke… - III Kant - IV - Grundgesetz della RFT e Länderverfassungen - V Widerstandsrecht e Bundesverfassungsgericht - VI   Widerstandsrecht e tutela della verfassungsmäßigen Ordnung - VII Critiche contro il Widerstandsrecht

I Introduzione

“Ogni cittadino ha il diritto alla resistenza contro chiunque compie atti diretti a sopprimere l’ordinamento costituzionale, qualora l’adozione di altri mezzi non sia possibile”. Così dispone l’articolo 20, comma 4, GG (Costituzione Federale) della RFT. L’articolo 20 GG è intitolato: “Bundesstaatliche Verfassung - Widerstandsrecht”.

I precedenti storici del Widerstandsrecht risalgono molto addietro. Già nell’Antichità si distingueva tra “tyrannus quoad titulum” e “tyrannus quoad esecutionem”. Contro entrambi, in Grecia, era lecito lo ius resistendi. Tra gli eroi di Atene venivano glorificati Hermodios e Aristogeiton. Secondo alcuni, uno dei primi ad esercitare lo ius resistendi sarebbe stato Lucio Iunio Bruto che ha cacciato il re Tarquinio Superbo, ma secondo altri, il prima esempio di Widerstandsrecht lo troviamo in Sofocle, nella tragedia Antigone, la cui protagonista non obbedisce a Creonte, ma si sente obbligata ad osservare precetti che essa stessa chiama no’moi  a’krifoi. Socrate, nell’Apologia, avrebbe pronunziato le parole: “A Quello obbedirò di più che a voi” e: “Il governo, per quanto potente sia, non è riuscito ad intimidirmi al punto che io commettessi un’ingiustizia”. Platone e Aristotele erano dell’avviso che i regimi dittatoriali “provocavano” l’uccisione del tiranno.

Cicerone non riteneva che i cittadini dovessero obbedire ad un tiranno. Secondo Cicerone, nessuno è privato quando si tratta di difendere la libertà dei cittadini. Tacito, nella sua opera “Germania”, riferisce che i re non possedevano un potere illimitato. Il loro potere trovava i limiti nel cosiddetto aguten alten Recht, nel diritto tradizionale/consuetudinario che tutelava non soltanto i diritti individuali. Seneca riteneva senz’altro giustificata l’uccisione del tiranno. Tommaso d’Aquino distingueva tra tyrannus usurpationis (la cui uccisione era lecita) e tyrannus regiminis (il cui allontanamento dal potere era lecito soltanto a seguito di una sentenza).

Il 1215 viene considerato l’anno di istituzionalizzazione dello ius resistendi in Inghilterra con la Magna Carta. Quasi coevo è il Sachsenspiegel, nel quale leggiamo: ”Der Mann muss auch seinem König und Richter, wenn diese Unrecht tun, Widerstand leisten; damit verletzt er seine Treuepflicht nicht”. Già verso la fine dell’undicesimo secolo Manegold von Lauterbach aveva scritto: “Es entspricht der Gerechtigkeit, dass jeder Herrscher, der die Menschen in die Irre führt, all der Macht entledigt wird, die er über die Menschen empfangen hat“.

Luther, nel “Sermon von den guten Werken”, aveva detto: “Den Untertanen gebührt der Gehorsam”; ma se l’autorità agisce contro i comandamenti, “da geht der Gehorsam aus und die Pflicht ist aufgehoben”. Nelle “Tischreden” di Luther  troviamo la frase: “Darum ist man den Rechten mehr schuldig und verpflichtet zu folgen, als einem Tyrannen”.

II Calvinismo, Milton, Locke…

Il Calvinismo è stato un conseguente “Verfechter der Widerstandsidee”.

Milton e Locke sono considerati gli “ideologi” della “Glorious Revolution”. John Locke basava lo ius resistendi sulla violazione, da parte del principe, del “patto” intervenuto tra quest’ultimo e i cittadini, il cui obbligo di fedeltà verso il principe veniva in tal caso meno. Compete al popolo, decidere sull’esercizio dello ius resistendi, il principe essendo soltanto il delegato del popolo. Montesquieu, nelle “lettere” (1721), diceva che se un principe tende a soggiogare i cittadini, la base dell’obbedienza viene meno e non c’è più nulla che lega i cittadini al loro “signore”.

Il Virginia Bill of Rights del 12.6.1776 contiene il principio secondo il quale il mancato rispetto dei diritti umani inviolabili ha per conseguenza il diritto “to reform, alter or abolish any goverment (that) shall be found inadequate or contrary to these purposes”. Principio analogo - in modo più accentuato - lo troviamo nella Dichiarazione di indipendenza degli Stati Uniti e poi nella Dichiarazione francese dei diritti dell’uomo del 1789 (articolo 35) nel quale, a proposito dello ius resistendi, si parla del diritto più sacro. Nella Dichiarazione di indipendenza degli Stati Uniti, come già in precedenza (1775 - Massachusetts), si dichiara non soltanto lecito, ma doveroso, opporsi al despotismo.

Schiller, in una delle sue opere più note, il W. Tell, dice che “eine Grenze hat Tyrannenmacht…wenn unerträglich wird die Last… und holt herunter ewge Rechte, die droben hängen, unveräußerlich. Zum letzten Mittel, wenn kein andres mehr verfangen will, ist ihm das Schwert gegeben“. In quest’ultima frase, alcuni vedono il precedente del comma 4 dell’articolo 20 GG.

III Kant

Decisamente contrario al Widerstandsrecht, sia del singolo cittadino che del popolo, era Kant, per il quale ogni legge era “sacra”. L’unica resistenza ammissibile, e lecita, era “der Gebrauch der Feder”, vale a dire manifestare il proprio dissenso per iscritto. È stato osservato che in questa “posizione” si sarebbe manifestata la “grundsätzliche Gesetzesgläubigkeit” e la concezione assolutistica (e positivistica), secondo la quale: ”Staatliches Handeln kann nie Unrecht sein”, o, per dirla in inglese, “The King cant do wrong”. Altri hanno parlato di “autoritären Rechtspositivismus”.

Nel periodo dell’assolutismo non c’era, naturalmente, più posto per lo ius resistendi. Le cose cambiarono radicalmente verso la fine del Settecento. La Costituzione degli Stati Uniti e le Costituzioni rivoluzionarie e postrivoluzionarie francesi contemplavano, come già detto, il Widerstandsrecht. Jefferson, l’estensore della Dichiarazione di indipendenza americana, si richiamava alle teorie di John Locke. Notevole influenza sulle Costituzioni ora menzionate aveva avuto anche H.D. Thoreau (“Civil disobedience”), secondo il quale, se la legge è tale da imporre a commettere un ingiustizia nei confronti di un altro, la violazione della stessa è lecita.

Coloro che avevano proceduto alla redazione della Costituzione di Weimar, reputando la stessa “perfetta”, non ritenevano di dover contemplare il Widerstandsrecht, non necessario in un “demokratischen Verfassungsstaat”.

Uno Stato dell’UE che, nella propria Costituzione (del 1976 - articolo 7, comma 2), ha sancito espressamente lo ius resistendi, è stato il Portogallo.

L’esistenza di un “allgemeinen, übergesetzlichen Widerstandsrecht” si è fatta strada, in quasi tutti gli Stati europei, negli ultimi decenni del secolo passato nel senso che „alles geschriebene Recht hat sich diesem übergesetzlichen Prinzip unterzuordnen“.

IV Grundgesetz e Länderverfassungen

Fatto questo excursus storico, va rilevato che lo ius resistendi, prima ancora di essere stato sancito nel Grundgesetz della RFT, era stato previsto da alcune Costituzioni dei Länder. In quella dell’Assia (1946) e di Bremen (1947 - articolo 19); entrambe prevedevano non soltanto il diritto, ma anche la “Pflicht zum Widerstand”; in particolare, la Costituzione dell’Assia (articolo 147)  recita testualmente: ”Widerstand gegen verfassungswidrig ausgeübte öffentlich Gewalt, ist jedermanns Recht und Pflicht”. La Costituzione del Brandenburg del 1947 aveva sancito il Widerstandsrecht “gegen Gesetze, die gegen Moral und Menschlichkeit verstoßen”.

Nelle Costituzioni dei Länder sopra elencati, emanate, come già detto, a pochi anni di distanza dal 1945, è quanto mai palese la volontà di fare tutto il possibile per impedire il ripetersi di quanto avvenuto negli anni 1933 e seguenti. Il Widerstandsrecht viene visto come mezzo per prevenire la “Verletzung der Menschenrechte durch die öffentliche Gewalt”; come “Abwehr staatlichen Unrechtes”.

Va rilevato che il Widerstandsrecht è stato costituzionalizzato nella Bundesverfassung (GG) non già in occasione della sua stesura originaria (1949) in quanto il Parlamentarische Rat era contrario che questo diritto venisse inserito nel testo del GG, era contro la “Positivisierung” di un diritto del genere, (contrario ad un “legalisierten Widerstandsrecht”, che poteva, così ritenevano i Costituenti, essere erroneamente interpretato come “Aufruf zum Bürgerkrieg”). Soltanto nel 1968, a seguito dell’emanazione della cosiddetta Notstandsgesetzgebung (legislazione sullo stato di emergenza), veniva aggiunto il comma 4 all’articolo 20 GG. Sarebbe stato, questo diritto, un rimedio contro “pflichtvergessene Herrscher”. Il 4° comma dell’art. 20 GG sarebbe espressione della c.d. wehrhaften Demokrtatie che si teorizzava negli anni Settanta del secolo scorso, quando si riteneva minacciata la “freiheitlich-demokrtaische Grundordnung” della RFT; costituirebbe “ein auf sich selbst Verweisen des Staatsvolkes bei Versagen der Regierenden”, un correttivo contro “rechtswidrige Ausübung der Staatsgewalt”. Il comma 4 dell’articolo 20 GG, secondo la Corte costituzionale federale  (BverfGE 73, 206 (250)), avrebbe la specifica funzione “einem Unrechtssystem vorzubeugen”. C’e’ chi attribuisce a questa norma una mera Symbolfunktion e chi la considera un “subsidiäres Ausnahmerecht”, come pure ha sentenziato il BVerfGE 123, 267 (333); altri lo ritengono un Grundrecht nei confronti dello Stato, altri ancora un grundrechtsgleiches Recht.

L’articolo 20, comma 4, GG ha avuto concreta attuazione nel Soldatengesetz, il cui § 11 esclude che vi possa essere disobbedienza, se un ordine è contrario alla dignità umana. “Die Menschenwürde setzt einem Befehl Grenzen”. Il Widerstandsrecht, come sancito nel Grundgesetz, sarebbe “ein natürliches, dem Staate vorgegebenes Menschenrecht (il quale, peraltro, si dovrebbe ritenere esistente anche qualora non trovasse esplicita menzione in una norma costituzionale o di rango inferiore). In proposito va rilevato che la Corte Costituzionale Federale, con la nota sentenza dd. 17.8.1956, emanata molto tempo prima che venisse aggiunto il comma 4 all’articolo 20 GG, aveva ravvisato l’esistenza di un Widerstandsrecht contro “ein evidentes Unrechtsregime”, al cui esercizio i cittadini sono legittimati se: 1) “die normalen Rechtsbehelfe nicht wirksam sind” (in questo senso si parla di Subsidiarietät des Widerstandsrechtes) , 2) viene rispettato il principio della Verhältnismäßigkeit, 3) “der Widerstand nur des Rechtes willen geleistet wird” (e non, quindi, avendo di mira interessi privati).

V Widerstandsrecht e Bundesverfassungsgericht

Il Bundesverfassungsgericht, nella suddetta sentenza, riteneva esistente un “ungeschriebenes Widerstandsrecht“, una specie di “Notrecht  zur Bewahrung oder Wiederhestellung der Rechtsordnung“, al quale ricorrere “als letztes Mittel”, se l’“Unrecht è offenkundig“. Secondo alcuni, la Corte Costituzionale Federale ha desunto il Widerstandsrecht dal contesto complessivo della normativa costituzionale; secondo altri, da „vorstaatlichen Rechtssätzen“. Il Widerstandsrecht viene pero’ inteso come “prostaatliches Recht” nel senso che è diretto ad impedire non soltanto uno “Staatsstreich von oben”, ma parimenti un’eventuale sovversione “von unten”. È stato detto che il Widerstandsrecht “hat zwei unterschiedliche Schutzrichtungen”. L’ungeschriebene Widerstandsrecht farebbe parte “des jedem staatlich gesetzten Recht vorgeschaltem Naturrecht” e, come tale, sarebbe sottratto ad ogni modifica  da parte del legislatore, il quale dovrebbe rispettare questo “vorstaatliche Recht”.

Il Widerstandsrecht costituirebbe un “Abwehrrecht des Bürgers gegenüber einer rechtswidrig ausgeübten Staatsgewalt, mit dem Ziel der Wiederherstellung des - alten - Rechts“. In ciò il Widerstandsrecht si distingue da un moto rivoluzionario inteso a sostituire il vecchio ordinamento con una neue Ordnung. Si è parlato del “konservierenden Charakter des Widerstandsrechtes”. Secondo una tesi, il Widerstandsrecht viene visto come “intervento” dei cittadini contro tentativi di rovesciare l’ordine democratico, se i poteri dello Stato non sono più capaci (o non sono “willens”) di far fronte ad “Umsturzversuche”.

Contrario al Widerstandsrecht è stato, come già accennato, il Rechtspositivismus, secondo il quale, ogni legge, per la cui formazione ed emanazione sono stati rispettati i presupposti formali, deve essere osservata. Celebri sono le parole di G. Radbruch, un avversario del positivismo: “Ein Gesetz, das in grober Weise gegen Gerechtigkeit verstößt, ist ein ungültiges gesetzliches Recht, ist ein Nichtrecht“.

VI Widerstandsrecht e tutela della verfassungsmäßigen Ordnung

Come sopra esposto, lo ius resistendi di cui all’articolo 20, comma 4, GG, è riconosciuto soltanto ai cittadini della RFT. La dottrina dominante reputa che: “Staatsorgane können sich nicht auf articolo 20, Abs. 4, GG stützen”. “Schutzobjekt” di questa norma è la “verfassungsmäßige Ordnung” di cui al comma 3 del citato articolo, in particolare lo sono i cosiddetti Kernelemente der Verfassungsordnung, la “rechtsstaatliche Organisation des Staates”.

Ha statuito la Corte Costituzionale Federale che il Widerstandsrecht, in quanto subsidiäres Ausnahmerecht, può essere invocato soltanto quale mezzo estremo (ultima ratio) qualora tutti  gli altri mezzi a disposizione ai fini del mantenimento o del ripristino della verfassungsmäßigen Ordnung, si appalesino inefficaci (BVerfGE 123, 267 (333)). Ulteriore presupposto necessario affinché il ricorso a questo diritto possa considerarsi lecito, è che le violazioni dei diritti fondamentali non avvengano isolatamente, ma ripetutamente (per non dire sistematicamente).

L’articolo 20, comma 4, GG, ha Verfassungsrang, per cui il Widerstandsrecht “kann nicht behördlichen Einschränkungen unterworfen werden”; eventuali provvedimenti in tal senso costituirebbero violazione “eines grundrechtsgleichen Rechtes”, contro la quale è ammissibile Verfassungsbeschwerde ai sensi dell’articolo 93, comma 1, n. 4 a,  GG. Contro il mero tentativo diretto alla Beseitigung der verfassungsmäßigen Ordnung non è ammissibile la Rüge per violazione dell’articolo 20, comma 4, GG.

VII Critiche contro il Widerstandsrecht

L’integrazione dell’articolo 20 GG è stata non poco criticata. Alcuni hanno messo in rilievo che il Widerstandsrecht, essendo un “vorstaatliches Recht” non avrebbe dovuto essere “normiert”. Altri hanno posto l’accento sulla pericolosità di questa Normierung in quanto comporterebbe la Durchbrechung des Gewaltmonopols des Staates. Mentre tutte le altre staatsschützenden Normen pervedono che soltanto organi dello Stato possono intervenire per salvaguardare la freiheitlich-demokratische Grundordnung, così non avviene necessariamente se si verificano i presupposti previsti dal comma 4 dell’articolo 20 GG, anzi il potere di “intervento” è, espressamente,  riconosciuto ad ogni (singolo) cittadino della RFT. Il Gewaltmonopol dello Stato è una delle caratteristiche fondamentali di ogni ordinamento democratico.

Contro queste osservazioni critiche è stato fatto presente il carattere sussidiario del  comma 4 dell’articolo 20 GG, dato che la norma ivi contenuta può trovare applicazione unicamente nei casi in cui i poteri dello Stato non sono più in grado (“sind nicht mehr in der Lage, staatsschützend einzugreifen”) oppure non sono piu’”willens” di difendere la democrazia; è una “zusätzliche und für den Ernstfall (il cosiddetto Widerstandsfall) geltende Norm”.

Il ricorso all’articolo 20, comma 4, GG è previsto in una situazione la quale “entzieht sichgemeinlich einer rechtlichen Regelung” (come ha osservato R. Herzog) e questa norma avrebbe anche un effetto psicologico nel senso che essa “stellt denjenigen, die bereit sind, die demokratische Grundordnung zu verteidigen, das Recht zur Seite”. È sempre R. Herzog che dice che il contenuto del predetto comma 4 avrebbe anche “motivierende Funktion”.

Altre critiche sono state formulate con riferimento alla “tatbestandlichen Unschärfe” della formulazione dell’articolo 20, comma 4, GG, la quale potrebbe favorire l’usurpazione di questa norma da parte di avversari dell’ordinamento democratico.

La caratteristica del Widerstandsrecht consiste nel legittimare comportamenti di per se’ illeciti nel caso in cui organi statali non sono più in grado di adempiere le proprie funzioni istituzionali; costituisce, il Widerstandsrecht, secondo la dottrina prevalente, un Rechtfertigungsgrund (in tal senso deporrebbe anche la formulazione testuale del comma 4 dell’articolo 20 GG). Altri propendono per la tesi secondo la quale si dovrebbe parlare di “objektiver Bedingung der Strafbarkeit”.

Per quanto concerne la lesione di diritti di terzi avvenuti in occasione dell’attuazione del Widerstandsrecht, viene ritenuto che la responsabilità non possa ricadere sulla persona che ha compiuto la Widerstandshandlung. Questa persona agisce “an Stelle des nicht mehr handlungsfähigen Staates”; pertanto è nei confronti di quest’ultimo che vanno diretti eventuali diritti risarcitori.

I Introduzione - II Calvinismo, Milton Locke… - III Kant - IV - Grundgesetz della RFT e Länderverfassungen - V Widerstandsrecht e Bundesverfassungsgericht - VI   Widerstandsrecht e tutela della verfassungsmäßigen Ordnung - VII Critiche contro il Widerstandsrecht

I Introduzione

“Ogni cittadino ha il diritto alla resistenza contro chiunque compie atti diretti a sopprimere l’ordinamento costituzionale, qualora l’adozione di altri mezzi non sia possibile”. Così dispone l’articolo 20, comma 4, GG (Costituzione Federale) della RFT. L’articolo 20 GG è intitolato: “Bundesstaatliche Verfassung - Widerstandsrecht”.

I precedenti storici del Widerstandsrecht risalgono molto addietro. Già nell’Antichità si distingueva tra “tyrannus quoad titulum” e “tyrannus quoad esecutionem”. Contro entrambi, in Grecia, era lecito lo ius resistendi. Tra gli eroi di Atene venivano glorificati Hermodios e Aristogeiton. Secondo alcuni, uno dei primi ad esercitare lo ius resistendi sarebbe stato Lucio Iunio Bruto che ha cacciato il re Tarquinio Superbo, ma secondo altri, il prima esempio di Widerstandsrecht lo troviamo in Sofocle, nella tragedia Antigone, la cui protagonista non obbedisce a Creonte, ma si sente obbligata ad osservare precetti che essa stessa chiama no’moi  a’krifoi. Socrate, nell’Apologia, avrebbe pronunziato le parole: “A Quello obbedirò di più che a voi” e: “Il governo, per quanto potente sia, non è riuscito ad intimidirmi al punto che io commettessi un’ingiustizia”. Platone e Aristotele erano dell’avviso che i regimi dittatoriali “provocavano” l’uccisione del tiranno.

Cicerone non riteneva che i cittadini dovessero obbedire ad un tiranno. Secondo Cicerone, nessuno è privato quando si tratta di difendere la libertà dei cittadini. Tacito, nella sua opera “Germania”, riferisce che i re non possedevano un potere illimitato. Il loro potere trovava i limiti nel cosiddetto aguten alten Recht, nel diritto tradizionale/consuetudinario che tutelava non soltanto i diritti individuali. Seneca riteneva senz’altro giustificata l’uccisione del tiranno. Tommaso d’Aquino distingueva tra tyrannus usurpationis (la cui uccisione era lecita) e tyrannus regiminis (il cui allontanamento dal potere era lecito soltanto a seguito di una sentenza).

Il 1215 viene considerato l’anno di istituzionalizzazione dello ius resistendi in Inghilterra con la Magna Carta. Quasi coevo è il Sachsenspiegel, nel quale leggiamo: ”Der Mann muss auch seinem König und Richter, wenn diese Unrecht tun, Widerstand leisten; damit verletzt er seine Treuepflicht nicht”. Già verso la fine dell’undicesimo secolo Manegold von Lauterbach aveva scritto: “Es entspricht der Gerechtigkeit, dass jeder Herrscher, der die Menschen in die Irre führt, all der Macht entledigt wird, die er über die Menschen empfangen hat“.

Luther, nel “Sermon von den guten Werken”, aveva detto: “Den Untertanen gebührt der Gehorsam”; ma se l’autorità agisce contro i comandamenti, “da geht der Gehorsam aus und die Pflicht ist aufgehoben”. Nelle “Tischreden” di Luther  troviamo la frase: “Darum ist man den Rechten mehr schuldig und verpflichtet zu folgen, als einem Tyrannen”.

II Calvinismo, Milton, Locke…

Il Calvinismo è stato un conseguente “Verfechter der Widerstandsidee”.

Milton e Locke sono considerati gli “ideologi” della “Glorious Revolution”. John Locke basava lo ius resistendi sulla violazione, da parte del principe, del “patto” intervenuto tra quest’ultimo e i cittadini, il cui obbligo di fedeltà verso il principe veniva in tal caso meno. Compete al popolo, decidere sull’esercizio dello ius resistendi, il principe essendo soltanto il delegato del popolo. Montesquieu, nelle “lettere” (1721), diceva che se un principe tende a soggiogare i cittadini, la base dell’obbedienza viene meno e non c’è più nulla che lega i cittadini al loro “signore”.

Il Virginia Bill of Rights del 12.6.1776 contiene il principio secondo il quale il mancato rispetto dei diritti umani inviolabili ha per conseguenza il diritto “to reform, alter or abolish any goverment (that) shall be found inadequate or contrary to these purposes”. Principio analogo - in modo più accentuato - lo troviamo nella Dichiarazione di indipendenza degli Stati Uniti e poi nella Dichiarazione francese dei diritti dell’uomo del 1789 (articolo 35) nel quale, a proposito dello ius resistendi, si parla del diritto più sacro. Nella Dichiarazione di indipendenza degli Stati Uniti, come già in precedenza (1775 - Massachusetts), si dichiara non soltanto lecito, ma doveroso, opporsi al despotismo.

Schiller, in una delle sue opere più note, il W. Tell, dice che “eine Grenze hat Tyrannenmacht…wenn unerträglich wird die Last… und holt herunter ewge Rechte, die droben hängen, unveräußerlich. Zum letzten Mittel, wenn kein andres mehr verfangen will, ist ihm das Schwert gegeben“. In quest’ultima frase, alcuni vedono il precedente del comma 4 dell’articolo 20 GG.

III Kant

Decisamente contrario al Widerstandsrecht, sia del singolo cittadino che del popolo, era Kant, per il quale ogni legge era “sacra”. L’unica resistenza ammissibile, e lecita, era “der Gebrauch der Feder”, vale a dire manifestare il proprio dissenso per iscritto. È stato osservato che in questa “posizione” si sarebbe manifestata la “grundsätzliche Gesetzesgläubigkeit” e la concezione assolutistica (e positivistica), secondo la quale: ”Staatliches Handeln kann nie Unrecht sein”, o, per dirla in inglese, “The King cant do wrong”. Altri hanno parlato di “autoritären Rechtspositivismus”.

Nel periodo dell’assolutismo non c’era, naturalmente, più posto per lo ius resistendi. Le cose cambiarono radicalmente verso la fine del Settecento. La Costituzione degli Stati Uniti e le Costituzioni rivoluzionarie e postrivoluzionarie francesi contemplavano, come già detto, il Widerstandsrecht. Jefferson, l’estensore della Dichiarazione di indipendenza americana, si richiamava alle teorie di John Locke. Notevole influenza sulle Costituzioni ora menzionate aveva avuto anche H.D. Thoreau (“Civil disobedience”), secondo il quale, se la legge è tale da imporre a commettere un ingiustizia nei confronti di un altro, la violazione della stessa è lecita.

Coloro che avevano proceduto alla redazione della Costituzione di Weimar, reputando la stessa “perfetta”, non ritenevano di dover contemplare il Widerstandsrecht, non necessario in un “demokratischen Verfassungsstaat”.

Uno Stato dell’UE che, nella propria Costituzione (del 1976 - articolo 7, comma 2), ha sancito espressamente lo ius resistendi, è stato il Portogallo.

L’esistenza di un “allgemeinen, übergesetzlichen Widerstandsrecht” si è fatta strada, in quasi tutti gli Stati europei, negli ultimi decenni del secolo passato nel senso che „alles geschriebene Recht hat sich diesem übergesetzlichen Prinzip unterzuordnen“.

IV Grundgesetz e Länderverfassungen

Fatto questo excursus storico, va rilevato che lo ius resistendi, prima ancora di essere stato sancito nel Grundgesetz della RFT, era stato previsto da alcune Costituzioni dei Länder. In quella dell’Assia (1946) e di Bremen (1947 - articolo 19); entrambe prevedevano non soltanto il diritto, ma anche la “Pflicht zum Widerstand”; in particolare, la Costituzione dell’Assia (articolo 147)  recita testualmente: ”Widerstand gegen verfassungswidrig ausgeübte öffentlich Gewalt, ist jedermanns Recht und Pflicht”. La Costituzione del Brandenburg del 1947 aveva sancito il Widerstandsrecht “gegen Gesetze, die gegen Moral und Menschlichkeit verstoßen”.

Nelle Costituzioni dei Länder sopra elencati, emanate, come già detto, a pochi anni di distanza dal 1945, è quanto mai palese la volontà di fare tutto il possibile per impedire il ripetersi di quanto avvenuto negli anni 1933 e seguenti. Il Widerstandsrecht viene visto come mezzo per prevenire la “Verletzung der Menschenrechte durch die öffentliche Gewalt”; come “Abwehr staatlichen Unrechtes”.

Va rilevato che il Widerstandsrecht è stato costituzionalizzato nella Bundesverfassung (GG) non già in occasione della sua stesura originaria (1949) in quanto il Parlamentarische Rat era contrario che questo diritto venisse inserito nel testo del GG, era contro la “Positivisierung” di un diritto del genere, (contrario ad un “legalisierten Widerstandsrecht”, che poteva, così ritenevano i Costituenti, essere erroneamente interpretato come “Aufruf zum Bürgerkrieg”). Soltanto nel 1968, a seguito dell’emanazione della cosiddetta Notstandsgesetzgebung (legislazione sullo stato di emergenza), veniva aggiunto il comma 4 all’articolo 20 GG. Sarebbe stato, questo diritto, un rimedio contro “pflichtvergessene Herrscher”. Il 4° comma dell’art. 20 GG sarebbe espressione della c.d. wehrhaften Demokrtatie che si teorizzava negli anni Settanta del secolo scorso, quando si riteneva minacciata la “freiheitlich-demokrtaische Grundordnung” della RFT; costituirebbe “ein auf sich selbst Verweisen des Staatsvolkes bei Versagen der Regierenden”, un correttivo contro “rechtswidrige Ausübung der Staatsgewalt”. Il comma 4 dell’articolo 20 GG, secondo la Corte costituzionale federale  (BverfGE 73, 206 (250)), avrebbe la specifica funzione “einem Unrechtssystem vorzubeugen”. C’e’ chi attribuisce a questa norma una mera Symbolfunktion e chi la considera un “subsidiäres Ausnahmerecht”, come pure ha sentenziato il BVerfGE 123, 267 (333); altri lo ritengono un Grundrecht nei confronti dello Stato, altri ancora un grundrechtsgleiches Recht.

L’articolo 20, comma 4, GG ha avuto concreta attuazione nel Soldatengesetz, il cui § 11 esclude che vi possa essere disobbedienza, se un ordine è contrario alla dignità umana. “Die Menschenwürde setzt einem Befehl Grenzen”. Il Widerstandsrecht, come sancito nel Grundgesetz, sarebbe “ein natürliches, dem Staate vorgegebenes Menschenrecht (il quale, peraltro, si dovrebbe ritenere esistente anche qualora non trovasse esplicita menzione in una norma costituzionale o di rango inferiore). In proposito va rilevato che la Corte Costituzionale Federale, con la nota sentenza dd. 17.8.1956, emanata molto tempo prima che venisse aggiunto il comma 4 all’articolo 20 GG, aveva ravvisato l’esistenza di un Widerstandsrecht contro “ein evidentes Unrechtsregime”, al cui esercizio i cittadini sono legittimati se: 1) “die normalen Rechtsbehelfe nicht wirksam sind” (in questo senso si parla di Subsidiarietät des Widerstandsrechtes) , 2) viene rispettato il principio della Verhältnismäßigkeit, 3) “der Widerstand nur des Rechtes willen geleistet wird” (e non, quindi, avendo di mira interessi privati).

V Widerstandsrecht e Bundesverfassungsgericht

Il Bundesverfassungsgericht, nella suddetta sentenza, riteneva esistente un “ungeschriebenes Widerstandsrecht“, una specie di “Notrecht  zur Bewahrung oder Wiederhestellung der Rechtsordnung“, al quale ricorrere “als letztes Mittel”, se l’“Unrecht è offenkundig“. Secondo alcuni, la Corte Costituzionale Federale ha desunto il Widerstandsrecht dal contesto complessivo della normativa costituzionale; secondo altri, da „vorstaatlichen Rechtssätzen“. Il Widerstandsrecht viene pero’ inteso come “prostaatliches Recht” nel senso che è diretto ad impedire non soltanto uno “Staatsstreich von oben”, ma parimenti un’eventuale sovversione “von unten”. È stato detto che il Widerstandsrecht “hat zwei unterschiedliche Schutzrichtungen”. L’ungeschriebene Widerstandsrecht farebbe parte “des jedem staatlich gesetzten Recht vorgeschaltem Naturrecht” e, come tale, sarebbe sottratto ad ogni modifica  da parte del legislatore, il quale dovrebbe rispettare questo “vorstaatliche Recht”.

Il Widerstandsrecht costituirebbe un “Abwehrrecht des Bürgers gegenüber einer rechtswidrig ausgeübten Staatsgewalt, mit dem Ziel der Wiederherstellung des - alten - Rechts“. In ciò il Widerstandsrecht si distingue da un moto rivoluzionario inteso a sostituire il vecchio ordinamento con una neue Ordnung. Si è parlato del “konservierenden Charakter des Widerstandsrechtes”. Secondo una tesi, il Widerstandsrecht viene visto come “intervento” dei cittadini contro tentativi di rovesciare l’ordine democratico, se i poteri dello Stato non sono più capaci (o non sono “willens”) di far fronte ad “Umsturzversuche”.

Contrario al Widerstandsrecht è stato, come già accennato, il Rechtspositivismus, secondo il quale, ogni legge, per la cui formazione ed emanazione sono stati rispettati i presupposti formali, deve essere osservata. Celebri sono le parole di G. Radbruch, un avversario del positivismo: “Ein Gesetz, das in grober Weise gegen Gerechtigkeit verstößt, ist ein ungültiges gesetzliches Recht, ist ein Nichtrecht“.

VI Widerstandsrecht e tutela della verfassungsmäßigen Ordnung

Come sopra esposto, lo ius resistendi di cui all’articolo 20, comma 4, GG, è riconosciuto soltanto ai cittadini della RFT. La dottrina dominante reputa che: “Staatsorgane können sich nicht auf articolo 20, Abs. 4, GG stützen”. “Schutzobjekt” di questa norma è la “verfassungsmäßige Ordnung” di cui al comma 3 del citato articolo, in particolare lo sono i cosiddetti Kernelemente der Verfassungsordnung, la “rechtsstaatliche Organisation des Staates”.

Ha statuito la Corte Costituzionale Federale che il Widerstandsrecht, in quanto subsidiäres Ausnahmerecht, può essere invocato soltanto quale mezzo estremo (ultima ratio) qualora tutti  gli altri mezzi a disposizione ai fini del mantenimento o del ripristino della verfassungsmäßigen Ordnung, si appalesino inefficaci (BVerfGE 123, 267 (333)). Ulteriore presupposto necessario affinché il ricorso a questo diritto possa considerarsi lecito, è che le violazioni dei diritti fondamentali non avvengano isolatamente, ma ripetutamente (per non dire sistematicamente).

L’articolo 20, comma 4, GG, ha Verfassungsrang, per cui il Widerstandsrecht “kann nicht behördlichen Einschränkungen unterworfen werden”; eventuali provvedimenti in tal senso costituirebbero violazione “eines grundrechtsgleichen Rechtes”, contro la quale è ammissibile Verfassungsbeschwerde ai sensi dell’articolo 93, comma 1, n. 4 a,  GG. Contro il mero tentativo diretto alla Beseitigung der verfassungsmäßigen Ordnung non è ammissibile la Rüge per violazione dell’articolo 20, comma 4, GG.

VII Critiche contro il Widerstandsrecht

L’integrazione dell’articolo 20 GG è stata non poco criticata. Alcuni hanno messo in rilievo che il Widerstandsrecht, essendo un “vorstaatliches Recht” non avrebbe dovuto essere “normiert”. Altri hanno posto l’accento sulla pericolosità di questa Normierung in quanto comporterebbe la Durchbrechung des Gewaltmonopols des Staates. Mentre tutte le altre staatsschützenden Normen pervedono che soltanto organi dello Stato possono intervenire per salvaguardare la freiheitlich-demokratische Grundordnung, così non avviene necessariamente se si verificano i presupposti previsti dal comma 4 dell’articolo 20 GG, anzi il potere di “intervento” è, espressamente,  riconosciuto ad ogni (singolo) cittadino della RFT. Il Gewaltmonopol dello Stato è una delle caratteristiche fondamentali di ogni ordinamento democratico.

Contro queste osservazioni critiche è stato fatto presente il carattere sussidiario del  comma 4 dell’articolo 20 GG, dato che la norma ivi contenuta può trovare applicazione unicamente nei casi in cui i poteri dello Stato non sono più in grado (“sind nicht mehr in der Lage, staatsschützend einzugreifen”) oppure non sono piu’”willens” di difendere la democrazia; è una “zusätzliche und für den Ernstfall (il cosiddetto Widerstandsfall) geltende Norm”.

Il ricorso all’articolo 20, comma 4, GG è previsto in una situazione la quale “entzieht sichgemeinlich einer rechtlichen Regelung” (come ha osservato R. Herzog) e questa norma avrebbe anche un effetto psicologico nel senso che essa “stellt denjenigen, die bereit sind, die demokratische Grundordnung zu verteidigen, das Recht zur Seite”. È sempre R. Herzog che dice che il contenuto del predetto comma 4 avrebbe anche “motivierende Funktion”.

Altre critiche sono state formulate con riferimento alla “tatbestandlichen Unschärfe” della formulazione dell’articolo 20, comma 4, GG, la quale potrebbe favorire l’usurpazione di questa norma da parte di avversari dell’ordinamento democratico.

La caratteristica del Widerstandsrecht consiste nel legittimare comportamenti di per se’ illeciti nel caso in cui organi statali non sono più in grado di adempiere le proprie funzioni istituzionali; costituisce, il Widerstandsrecht, secondo la dottrina prevalente, un Rechtfertigungsgrund (in tal senso deporrebbe anche la formulazione testuale del comma 4 dell’articolo 20 GG). Altri propendono per la tesi secondo la quale si dovrebbe parlare di “objektiver Bedingung der Strafbarkeit”.

Per quanto concerne la lesione di diritti di terzi avvenuti in occasione dell’attuazione del Widerstandsrecht, viene ritenuto che la responsabilità non possa ricadere sulla persona che ha compiuto la Widerstandshandlung. Questa persona agisce “an Stelle des nicht mehr handlungsfähigen Staates”; pertanto è nei confronti di quest’ultimo che vanno diretti eventuali diritti risarcitori.