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La problematica dell’individuazione dell’organo competente, nell'ambito degli enti locali territoriali, alla nomina dell’Organismo Indipendente di Valutazione (OIV)

Commento a TAR Campania, Napoli, Sezione V, Sentenza n. 2347 del 2015
La problematica dell’individuazione dell’organo competente, nell'ambito degli enti locali territoriali, alla nomina dell’Organismo Indipendente di Valutazione (OIV)
La problematica dell’individuazione dell’organo competente, nell'ambito degli enti locali territoriali, alla nomina dell’Organismo Indipendente di Valutazione (OIV)

La Sentenza n. 2347 resa dal TAR Campania, sede di Napoli, sezione V, in data 23 aprile 2015, offre lo spunto per operare disorganiche, e forzatamente sintetiche, riflessioni circa l’organo competente, nell’ambito degli enti locali territoriali, alla nomina dei componenti l’Organismo Indipendente di Valutazione (d’ora in poi, per brevità, OIV).

La vicenda oggetto della pronuncia sopra richiamata prende le mosse dal ricorso proposto da una delle componenti del Nucleo di Valutazione del Comune di Portici (NA) avverso la delibera di giunta n. 348 del 2013, letta in combinato disposto con la precedente delibera n. 91 del 2013, nonché avverso gli atti connessi e consequenziali.

Con i predetti provvedimenti l’Amministrazione comunale aveva introdotto significative modifiche al previgente regolamento disciplinante le modalità di costituzione, le funzioni, la durata e le cause di cessazione dalla carica di componente del Nucleo di valutazione dell’Ente (approvato con deliberazione dell’organo esecutivo dell’Ente n. 302 del 2012).

In applicazione delle previsioni dettare dal richiamato atto normativo la ricorrente era stata nominata, con provvedimento del Sindaco pro tempore, componente del Nucleo di Valutazione per la durata di un triennio, con decorrenza dalla data di accettazione (ossia dal 09.10.2012), giusta quanto disposto dall’articolo 10 del regolamento de quo che predeterminava in tre anni, per l’appunto, la durata dell’incarico “indipendentemente dall’eventuale termine di mandato del Sindaco e/o di scioglimento del Consiglio Comunale dell’Ente”, prevedendo, ad abundantiam (in applicazione, del resto, del generale principio di continuità dell’azione amministrativa) che il Nucleo continuasse ad esercitare le sue funzioni anche dopo la scadenza fino alla riconferma o alla nomina del nuovo organismo di valutazione e che ogni componente del Nucleo non potesse essere sostituito prima della scadenza salvo dimissioni, spontaneamente rassegnate, ovvero, non meglio specificate, “gravi inadempienze”, di cui si fosse reso responsabile.

Con le delibere oggetto di impugnativa, per contro, il Comune ha significativamente alterato il descritto contesto introducendo una necessaria contestualità fra la permanenza in carica dell’organo di controllo e quella del Sindaco, prevedendo, per l’effetto, che il Nucleo decadesse automaticamente con la scadenza del mandato elettivo del primo cittadino ed introducendo, altresì, una norma transitoria in virtù della quale la riferita disposizione trovava applicazione anche ai componenti precedentemente nominati ed in carica all’atto dell’adozione dei provvedimenti de quibus.

Sulla scorta dell’avvenuta modifica delle previsioni regolamentari, e dell’asserita decadenza del Nucleo precedentemente nominato, l’Amministrazione ha, inoltre, proceduto, con decreto del Sindaco pro tempore, alla nomina dei nuovi componenti l’organismo in discorso.

In disparte l’esame approfondito della specifica vicenda processuale[1] (profilo in relazione al quale si opera espresso ed integrale rinvio al testo della sentenza reperibile all’indirizzo internet www.giustizia-amministrativa.it) occorre evidenziare come il ricorso proposto dalla componente decaduta sia stato ritenuto dal TAR fondato e, dunque, meritevole di accoglimento.

La premessa argomentativa da cui muove la magistratura amministrativa per addivenire alla conclusione sopra menzionata è quella di una puntuale e dettagliata ricostruzione della normativa applicabile in subiecta materia.

Viene anzitutto in rilievo, nella prospettiva considerata, il Decreto Legislativo n. 286 del 1999 (recante norme  sul “Riordino e potenziamento strumenti di monitoraggio e valutazione dei costi, dei rendimenti e dei risultati dell’attività svolta dalle pubbliche amministrazioni, a norma dell’art. 11 della l. 15 marzo 1997 n. 59) che ha imposto, ex plurimis, agli enti locali territoriali, nell’ambito della rispettiva autonomia, di dotarsi di strumenti idonei ad assicurare l’implementazione di  quattro forme di controllo: a) controllo di regolarità amministrativa e contabile, al fine di garantire la legittimità, regolarità e correttezza dell’azione amministrativa; b) controllo di gestione, al fine di verificare l’efficacia, efficienza ed economicità dell’azione amministrativa e di ottimizzare, anche mediante tempestivi interventi di correzione, il rapporto tra costi e risultati; c) valutazione della dirigenza, al fine di valutare le prestazioni del personale con qualifica dirigenziale; d) valutazione e controllo strategico, al fine di valutare l’adeguatezza delle scelte compiute in sede di attuazione dei piani, programmi ed altri strumenti di determinazione dell’indirizzo politico, in termini di congruenza tra risultati conseguiti e obiettivi predefiniti.

Nell’ambito del sistema dei controlli interni sopra delineato, al Nucleo di Valutazione è stato attribuito, essenzialmente, il compito di valutare l’attività dei dirigenti e dei responsabili dei servizi in ordine al conseguimento degli obiettivi gestionali ad essi affidati, ai fini della erogazione della retribuzione di risultato entro i limiti previsti dalla contrattazione collettiva di comparto.

La richiamata previsione si inseriva, con ogni evidenza, in quel complesso di misure legislative, adottate a partire dalla seconda metà degli anni 90 del secolo scorso, finalizzate allo scopo di consentire un incremento dell’efficienza delle pubbliche amministrazioni, unitariamente intese, attraverso la crescente valorizzazione della cosiddetta parte variabile del trattamento economico riconosciuto ai dirigenti (e/o ai responsabili dei servizi) sulla scorta, almeno in teoria, della verifica del grado di effettivo raggiungimento di obiettivi gestionali predeterminati e, almeno in parte, oggettivamente misurabili (con riflessi, intuitivamente percepibili, anche in termini motivazionali, poiché una corretta valutazione delle “prestazioni” rese dai dirigenti pubblici avrebbe dovuto condurre, inevitabilmente, i più meritevoli a conseguire dei benefici economici).

Non è questa, ovviamente, la sede per operare delle riflessioni attente e puntuali sull’adeguatezza dello strumento individuato dal legislatore per il raggiungimento della finalità sopra esplicitata; non può, tuttavia, non evidenziarsi come sussistano delle profonde perplessità circa l’effettiva idoneità dei meccanismi approntati dal decisore politico rispetto alla richiamata voluntas legis poiché, nella prassi applicativa, come purtroppo sovente accade nel nostro Paese (evidentemente refrattario alla cosiddetta cultura della valutazione), si è assistito, fatte salve talune luminose eccezioni, ad un generale appiattimento delle posizioni dei soggetti sottoposti a valutazione senza che gli organi a ciò preposti abbiano avuto la forza e la capacità di operare le necessarie e doverose differenziazioni.   E del resto che il modello definito dal Decreto Legislativo n. 286 del 1999 non abbia offerto, tutto considerato, splendida prova di sé, risulta dimostrato per tabulas dalla circostanza che, in prosieguo di tempo, si sono registrati interventi correttivi rispetto all’impianto iniziale.

In particolare con l’articolo 14 del Decreto Legislativo n. 150 del 2009 il Governo ha stabilito l’obbligo di ogni amministrazione pubblica, singolarmente o in forma associata, di dotarsi, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, di un organismo indipendente di valutazione della performance.

Il predetto organismo sostituisce i servizi di controllo interno, comunque denominati, di cui al Decreto Legislativo 30 n. 286 ed esercita “in piena autonomia” le attività di cui al comma 4 dell’articolo 14 del Decreto Legislativo n. 150 del 2009 (tra le quali risulta espressamente ricompresa la valutazione della performance dei dirigenti ai fini della erogazione della retribuzione di risultato).

L’articolo 14 dell’atto normativo in esame statuisce, inoltre, al comma 3, che: “L’Organismo indipendente di valutazione è nominato, sentita la Commissione di cui all’articolo 13, dall’organo di indirizzo politico amministrativo per un periodo di tre anni. L’incarico dei componenti può essere rinnovato una sola volta”.

Il successivo comma 8, con l’evidente finalità di rafforzare l’indipendenza dell’organo (attraverso l’attenuazione della capacità di condizionamento dei componenti da parte dell’organo di vertice dell’Amministrazione, da ascrivere a pregressi rapporti di natura politica o professionale) recita quanto in appresso: “I componenti dell’Organismo indipendente di valutazione non possono essere nominati tra soggetti che rivestano incarichi pubblici elettivi o cariche in partiti politici o in organizzazioni sindacali ovvero che abbiano rapporti continuativi di collaborazione o di consulenza con le predette organizzazioni, ovvero che abbiano rivestito simili incarichi o cariche o che abbiano avuto simili rapporti nei tre anni precedenti la designazione”[2].

Orbene, ciò posto, ed evidenziato in via incidentale come il sistema dei controlli interni agli enti locali territoriali abbia conosciuto ulteriori modifiche rispetto all’arresto del 2009, per effetto delle disposizioni dettate dal Decreto Legge n. 174 del 2012 (convertito, con modificazioni, in Legge n. 213 del 2012)[3], ad icastica dimostrazione dell’irrequietezza che contraddistingue il legislatore nell’ambito materiale considerato, passando a considerare il proprium della pronuncia oggetto di commento, occorre rilevare come l’impugnativa proposta avverso gli atti adottati dall’amministrazione comunale sia stata ritenuta, come già sopra accennato, meritevole di accoglimento da parte della giustizia adita (con sostanziale conferma di una propria precedente decisione, cfr. TAR Campania, Napoli, sez. I, sent n. 1510 del 2012).

In particolare il TAR ha ritenuto che i provvedimenti in discorso siano viziati per eccesso di potere in quanto, individuato nel Consiglio l’organo d’indirizzo politico amministrativo degli enti locali territoriali, giusta quanto disposto dall’articolo 42 del Decreto Legislativo n. 267 del 2000, alla luce della previsione dettata dal richiamato articolo 14, comma 3, del Decreto Legislativo n. 150 del 2009, ne discende che deve affermarsi l’attribuzione della competenza alla nomina del Nucleo di Valutazione, ovvero dell’OIV, in capo all’organo consiliare e non al Sindaco ovvero al Presidente della Provincia.

L’aver previsto, inoltre, sebbene attraverso un atto qualificato come regolamento, una necessaria contestualità, una sorta di simul stabunt aut simul cadent, fra la permanenza nell’ufficio dell’organo di vertice dell’amministrazione resistente e quella dei componenti l’organo di controllo (ed in tale specifico profilo si rinviene la sussistenza del vizio di eccesso di potere), si pone “in evidente contrasto con la funzione di piena autonomia che l’ordinamento giuridico riconosce espressamente al Nucleo di valutazione”

Detto organo, infatti, non può in alcun modo essere qualificato come struttura legata al Sindaco o al Presidente da un rapporto di natura eminentemente fiduciaria, con la conseguenze dell’illegittimità della previsione di una decadenza automatica del Nucleo (ovvero dell’OIV) in ipotesi di cessazione del mandato del legale rappresentante del Comune o della Provincia.

A queste considerazioni di ordine sistemico il TAR aggiunge un ulteriore rilievo, di natura eminentemente letterale, ossia che l’articolo 50 del Decreto Legislativo n. 267 del 2000, che definisce le competenze del capo dell’amministrazione locale non ricomprende all’interno della relativa elencazione la nomina dei componenti del Nucleo di Valutazione, attribuendo, per contro, espressa legittimazione in ordine alla nomina dei responsabili degli uffici e dei servizi ed all’attribuzione degli incarichi dirigenziali.

La devoluzione al Sindaco, così come avvenuto nel caso di specie, per effetto di una disposizione regolamentare priva di copertura legislativa (e che anzi si pone in contrasto con la ripartizione delle competenze fra gli organi di governo individuata dal Decreto Legislativo n. 267 del 2000, in attuazione della potestà legislativa esclusiva dello Stato prevista dall’articolo 117, comma 2, lettera p, della Costituzione) del potere di nomina dei componenti il Nucleo di Valutazione ed il ricollegare, come più volte riferito, la permanenza in carica dell’organo di controllo interno alla durata del mandato del Sindaco si risolve, oltre che in un’evidente compressione della piena autonomia connotante l’attività dell’organo stesso[4], in un’implicita limitazione della autonomia gestionale dei dipendenti titolari di funzioni dirigenziali (dirigenti o responsabili dei servizi) rispetto al vertice politico dell’Ente Locale che finirebbe con l’assommare in sé, con commistione indubbiamente problematica, “il potere di nomina dei dirigenti e dei responsabili dei servizi e il potere di nomina dei componenti dell’organo istituzionalmente deputato a valutare l’operato dei dipendenti titolari di funzioni gestionali”.

Ulteriore motivo di illegittimità dei provvedimenti impugnati è rappresentato, nella parabola argomentativa tracciata dai magistrati amministrativi, dalla violazione dell’articolo 11 delle disposizioni sulla legge in generale (cc.dd. preleggi) che afferma il principio di irretroattività della legge.

Risulta del tutto evidente che il principio in discorso appare suscettibile di diverse declinazioni a seconda che la legge che viene in rilievo abbia natura penale ovvero diverso ambito applicativo[5], ciò che non appare revocabile in dubbio, per contro, anche alla luce di consolidati orientamenti giurisprudenziali[6], e che ad una fonte regolamentare non è in ogni caso consentito, alla luce del vigente quadro ordinamentale, pretendere di dettare norme retroattive, in assenza di copertura legislativa[7].

L’ipotesi da ultimo considerata è proprio quella che si è concretizzata nella vicenda devoluta alla cognizione del TAR Campania, atteso che “il Comune di Portici ha applicato retroattivamente la nuova disciplina regolamentare anche a rapporti giuridici sorti antecedentemente alla sua emanazione”.

La pronuncia giurisdizionale in commento appare pienamente condivisibile con riferimento all’affermata illegittimità di un regolamento comunale che, in assenza di “autorizzazione” concessa da fonte primaria, pretenda di incidere su rapporti giuridici già in essere alla data della sua adozione; profili di maggiore criticità, per contro, presenta l’individuazione del Consiglio comunale (o provinciale) quale organo deputato all’adozione del provvedimento di nomina dell’OIV.

Se risulta innegabile, infatti, che, nella struttura ordinamentale degli enti locali territoriali, il Consiglio sia espressamente qualificato come organo di indirizzo e controllo politico-amministrativo, occorre, tuttavia, considerare come detto organo agisca secondo un catalogo di competenze specificamente individuato nel corpo dell’articolo 42 del Decreto Legislativo n. 267 del 2000, secondo il principio c.d. delle competenze di attribuzione, fra le quali non rientra la nomina dell’OIV e che non è suscettibile di estensioni analogiche (posto che tale operazione finirebbe, inevitabilmente, in violazione del principio di legalità costituzionalmente affermato, con il determinare una diversa allocazione delle competenze degli organi degli EE.LL. rispetto a quella cristallizzata nelle scelte legislative) ovvero di ampliamenti introdotti per via statutaria o regolamentare.

E del resto che vi sia qualche perplessità in merito negli stessi giudici del TAR Campania è dimostrato, icasticamente, dalla circostanza che gli stessi pervengono alla declaratoria di illegittimità degli atti impugnati non sulla base dell’accertata presenza di un vizio di violazione di legge o di incompetenza (come, invece, avvenuto con la sentenza del 2012 richiamata nel corpo della pronuncia in commento), bensì, conformemente alla prospettazione della ricorrente, sulla scorta della ritenuta sussistenza di un eccesso di potere.  

In senso contrario rispetto all’arresto raggiunto dal TAR Campania con la sentenza in esame, d’altro canto, non può non evidenziarsi come la Commissione Indipendente per la Valutazione, la Trasparenza e l’Integrità delle amministrazioni pubbliche (acronimo CIVIT), le cui funzioni sono state attribuite dal Decreto Legge n. 90 del 2014 e relativa legge di conversione all’ANAC, con deliberazione n. 21/2012 avesse ribadito “a conferma delle precedenti decisioni adottate sul punto, negli enti locali, l’organo competente ad adottare il provvedimento di nomina dell’Organismo indipendente di valutazione, deve essere individuato nel Sindaco che, per questa funzione, è l’organo di indirizzo politico-amministrativo dell’ente locale”.

A favore di tale conclusione, ossia che l’organo di vertice dell’ente locale sia l’effettivo titolare del potere di nomina dell’OIV soccorre inoltre, a giudizio di taluna dottrina[8], la formulazione dell’articolo 50 del Decreto Legislativo n. 267 del 2000 che attribuisce al Sindaco (ed al Presidente della Provincia) diversi poteri di nomina (pur non menzionando expressis verbis quello di che trattasi) e, soprattutto, l’articolo 4, comma 2, lettera g), della Legge Delega n. 15 del 2009 (delega poi esercitata dal Governo con l’adozione del Decreto Legislativo n. 150) che prevede, testualmente, che “i sindaci e i presidenti delle province nominano i componenti dei nuclei di valutazione (in sede di decreto delegato Organismi Indipendenti di Valutazione”.

A fronte delle richiamate coordinate legislative, un’interpretazione sistematica dei riferimenti normativi potrebbe avvalorare la tesi di una competenza sindacale ovvero presidenziale per la nomina dell’OIV o di altro organismo analogo[9], eppure anche questa conclusione, a ben guardare, non appare del tutto pacifica.

Come già accennato, infatti, anche l’articolo 50 del TUEL non attribuisce in modo inequivoco la competenza alla nomina dell’OIV in capo al vertice monocratico dell’ente territoriale di talché, per le ragioni precedentemente illustrate, non risulta possibile operare una sorta di integrazione analogica delle competenze demandate al Sindaco o al Presidente (specie in considerazione della circostanza che l’organo a competenza residuale, nella struttura organizzativa dei Comuni, è identificato nella Giunta[10]).

Anche il richiamo alla previsione contenuta nella legge delega non appare del tutto esaustivo rispetto all’obiettivo di assicurare piena copertura ad una devoluzione di competenza, non espressamente prevista, del potere di nomina dell’OIV in capo al vertice politico amministrativo dell’ente territoriale, atteso che la legge delega, per sua natura, presuppone, fatte salve ipotesi del tutto particolari, la formulazione di principi e criteri direttivi che, indubbiamente, finiscono con il limitare, ma non con l’elidere del tutto, lo spazio di discrezionalità riservato al Governo nel concreto esercizio della stessa[11], né per altro verso possono ritenersi decisive, nella prospettiva considerata, le delibere adottate dalla CIVIT e dall’ANAC che, in quanto atti amministrativi, sono per loro natura abilitate a precisare la latitudine applicativa di una previsione normativa ma non a porsi in contrasto con essa.

Orbene, risulta irrevocabile in dubbio che il già richiamato comma 3 dell’articolo 14 del Decreto Legislativo n. 150 del 2009 attribuisca, come rilevato dal TAR Campania, il potere di nomina dell’OIV all’organo di indirizzo politico amministrativo dell’ente locale che, a legislazione vigente, non può non essere individuato nel Consiglio comunale o provinciale, con la conseguenza, intuitivamente percepibile, della necessità di un tempestivo intervento del legislatore che, a garanzia dell’effettivo inveramento dei principi della certezza del diritto e della tutela dell’affidamento (ed anche per prevenire l’insorgenza di defatiganti contenziosi), individui in modo incontrovertibile il soggetto titolare del potere in discorso.

 

[1] Evidenziandosi, in particolare, come il TAR adito abbia respinto, con ricchezza di argomentazioni, le eccezioni di difetto di giurisdizione e di inammissibilità dell’atto introduttivo del giudizio per tardività della relativa notifica, sollevate dalla difesa dell’Amministrazione resistente.

[2] Pare opportuno evidenziare che i requisiti soggettivi ed il procedimento per la nomina dei componenti degli Organismi Indipendenti di Valutazione sono stati, puntualmente, identificati dall’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC) con la delibera n. 12 del 27.02.2013, il cui testo è reperibile all’indirizzo internet www.anticorruzione.it.

[3] Nella prospettiva considerata rileva, in particolare, l’articolo 3, comma 3, lettera d) dell’atto normativo in esame che ha proceduto all’integrale riscrittura dell’articolo 147 del decreto legislativo n. 267 del 2000 (TUEL), rubricato “Tipologia dei controlli interni”, introducendo, altresì, gli articoli 147 bis, ter, quater e quinquies, rubricati rispettivamente “Controllo di regolarità amministrativa e contabile”, “Controllo strategico”, “Controlli sulle società partecipate non quotate” e “Controllo sugli equilibri finanziari”, alla cui lettura si rinvia.

[4] E ciò in quanto il Nucleo di Valutazione, ovvero l’OIV, deriverebbe la propria fonte di legittimazione unicamente da una manifestazione di volontà, inevitabilmente contraddistinta dall’intuitu personae, del capo dell’amministrazione locale.

[5] Per le norme penali, infatti, eccezion fatta per quelle più favorevoli, vige un espresso divieto di applicazione retroattiva, per evidenti ragioni di giustizia sostanziale, sancito dall’articolo 25 della Carta Fondamentale; per ulteriori approfondimenti si rinvia ad A. Valentino, Il principio d’irretroattività della legge civile nei recenti sviluppi della giurisprudenza costituzionale e della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, reperibile all’indirizzo internet www.rivistaaic.it.

[6] Si vedano al riguardo, ex plurimis, le sentenze del Consiglio di Stato nn. 416 e 973 del 2004, entrambe rese dalla sezione VI.

[7] Il principio de quo è stato reiteratamente affermato dalla giurisprudenza amministrativa che “ha più volte posto in rilievo che la regola di irretroattività dell’ azione amministrativa è espressione dell’esigenza di garantire la certezza dei rapporti giuridici, oltreché del principio di legalità che, segnatamente in presenza di provvedimenti limitativi della sfera giuridica del privato (tali sono quelli introduttivi di prestazioni imposte), impedisce di incidere unilateralmente e con effetto “ex ante” sulle situazioni soggettive del privato (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza n. 1317 del 07.03.2001; Sez. VI, sentenza n. 2045 del 01.12.1999; Sez. IV, sentenza n. 502 del 30.03.1998). Ulteriore limiti alla retroattività, in presenza di statuizioni provvedimentali che rivestono valenza regolamentare in quanto dirette a trovare applicazione ripetuta nel tempo ad un numero indeterminato di fattispecie, discende dalla regola di irretroattività degli atti a contenuto normativo dettata dall’art. 11 delle disposizioni sulla legge in generale. Detta regola può ricevere deroga per effetto di una disposizione di legge pari ordinata e non in sede di esercizio del potere regolamentare che è fonte normativa gerarchicamente subordinata. Pertanto solo in presenza di una norma di legge che a ciò abiliti gli atti e regolamenti amministrativi possono avere efficacia retroattiva” (così, fra le tante, Consiglio di Stato, sentenza n. 4301 del 09.09.2008, sezione VI); per ulteriori riflessioni sulla problematica, nonché per ampi riferimenti bibliografici, si rinvia a M. Monteduro, Retroattività del provvedimento amministrativo e principi generali dell’ordinamento, disponibile all’indirizzo internet www.amministrazioneincammino.luiss.it.

[8] A. Casesa, Spoils system per il nucleo di valutazione negli enti locali, reperibile all’indirizzo internet www.diritto.it.

[9] In tal senso, del resto, dispone anche l’articolo 2 della già richiamata delibera n. 12 del 2013 dell’ANAC.

[10] Il riferimento è solo ai Comuni in quanto, per effetto delle previsioni introdotte dalla legge n. 56 del 2014 (c.d. legge Delrio), nell’ambito del processo di rimodulazione del ruolo e delle funzioni delle Amministrazioni Provinciali (processo, lo si rileva per inciso, profondamente opinabile e che ha preso, probabilmente, le mosse da un punto di partenza certamente errato), si è provveduto ad espungere, dalla struttura organizzativa di detti Enti, la Giunta (cfr. articolo 1, comma 55, dell’atto normativo richiamato).

[11] Al riguardo si vedano le interessanti notazioni di E. Frontoni, Il decreto legislativo al cospetto della Corte costituzionale tra vecchie questioni e nuovo profili problematici, disponibile sul sito www.gruppodipisa.it.

La Sentenza n. 2347 resa dal TAR Campania, sede di Napoli, sezione V, in data 23 aprile 2015, offre lo spunto per operare disorganiche, e forzatamente sintetiche, riflessioni circa l’organo competente, nell’ambito degli enti locali territoriali, alla nomina dei componenti l’Organismo Indipendente di Valutazione (d’ora in poi, per brevità, OIV).

La vicenda oggetto della pronuncia sopra richiamata prende le mosse dal ricorso proposto da una delle componenti del Nucleo di Valutazione del Comune di Portici (NA) avverso la delibera di giunta n. 348 del 2013, letta in combinato disposto con la precedente delibera n. 91 del 2013, nonché avverso gli atti connessi e consequenziali.

Con i predetti provvedimenti l’Amministrazione comunale aveva introdotto significative modifiche al previgente regolamento disciplinante le modalità di costituzione, le funzioni, la durata e le cause di cessazione dalla carica di componente del Nucleo di valutazione dell’Ente (approvato con deliberazione dell’organo esecutivo dell’Ente n. 302 del 2012).

In applicazione delle previsioni dettare dal richiamato atto normativo la ricorrente era stata nominata, con provvedimento del Sindaco pro tempore, componente del Nucleo di Valutazione per la durata di un triennio, con decorrenza dalla data di accettazione (ossia dal 09.10.2012), giusta quanto disposto dall’articolo 10 del regolamento de quo che predeterminava in tre anni, per l’appunto, la durata dell’incarico “indipendentemente dall’eventuale termine di mandato del Sindaco e/o di scioglimento del Consiglio Comunale dell’Ente”, prevedendo, ad abundantiam (in applicazione, del resto, del generale principio di continuità dell’azione amministrativa) che il Nucleo continuasse ad esercitare le sue funzioni anche dopo la scadenza fino alla riconferma o alla nomina del nuovo organismo di valutazione e che ogni componente del Nucleo non potesse essere sostituito prima della scadenza salvo dimissioni, spontaneamente rassegnate, ovvero, non meglio specificate, “gravi inadempienze”, di cui si fosse reso responsabile.

Con le delibere oggetto di impugnativa, per contro, il Comune ha significativamente alterato il descritto contesto introducendo una necessaria contestualità fra la permanenza in carica dell’organo di controllo e quella del Sindaco, prevedendo, per l’effetto, che il Nucleo decadesse automaticamente con la scadenza del mandato elettivo del primo cittadino ed introducendo, altresì, una norma transitoria in virtù della quale la riferita disposizione trovava applicazione anche ai componenti precedentemente nominati ed in carica all’atto dell’adozione dei provvedimenti de quibus.

Sulla scorta dell’avvenuta modifica delle previsioni regolamentari, e dell’asserita decadenza del Nucleo precedentemente nominato, l’Amministrazione ha, inoltre, proceduto, con decreto del Sindaco pro tempore, alla nomina dei nuovi componenti l’organismo in discorso.

In disparte l’esame approfondito della specifica vicenda processuale[1] (profilo in relazione al quale si opera espresso ed integrale rinvio al testo della sentenza reperibile all’indirizzo internet www.giustizia-amministrativa.it) occorre evidenziare come il ricorso proposto dalla componente decaduta sia stato ritenuto dal TAR fondato e, dunque, meritevole di accoglimento.

La premessa argomentativa da cui muove la magistratura amministrativa per addivenire alla conclusione sopra menzionata è quella di una puntuale e dettagliata ricostruzione della normativa applicabile in subiecta materia.

Viene anzitutto in rilievo, nella prospettiva considerata, il Decreto Legislativo n. 286 del 1999 (recante norme  sul “Riordino e potenziamento strumenti di monitoraggio e valutazione dei costi, dei rendimenti e dei risultati dell’attività svolta dalle pubbliche amministrazioni, a norma dell’art. 11 della l. 15 marzo 1997 n. 59) che ha imposto, ex plurimis, agli enti locali territoriali, nell’ambito della rispettiva autonomia, di dotarsi di strumenti idonei ad assicurare l’implementazione di  quattro forme di controllo: a) controllo di regolarità amministrativa e contabile, al fine di garantire la legittimità, regolarità e correttezza dell’azione amministrativa; b) controllo di gestione, al fine di verificare l’efficacia, efficienza ed economicità dell’azione amministrativa e di ottimizzare, anche mediante tempestivi interventi di correzione, il rapporto tra costi e risultati; c) valutazione della dirigenza, al fine di valutare le prestazioni del personale con qualifica dirigenziale; d) valutazione e controllo strategico, al fine di valutare l’adeguatezza delle scelte compiute in sede di attuazione dei piani, programmi ed altri strumenti di determinazione dell’indirizzo politico, in termini di congruenza tra risultati conseguiti e obiettivi predefiniti.

Nell’ambito del sistema dei controlli interni sopra delineato, al Nucleo di Valutazione è stato attribuito, essenzialmente, il compito di valutare l’attività dei dirigenti e dei responsabili dei servizi in ordine al conseguimento degli obiettivi gestionali ad essi affidati, ai fini della erogazione della retribuzione di risultato entro i limiti previsti dalla contrattazione collettiva di comparto.

La richiamata previsione si inseriva, con ogni evidenza, in quel complesso di misure legislative, adottate a partire dalla seconda metà degli anni 90 del secolo scorso, finalizzate allo scopo di consentire un incremento dell’efficienza delle pubbliche amministrazioni, unitariamente intese, attraverso la crescente valorizzazione della cosiddetta parte variabile del trattamento economico riconosciuto ai dirigenti (e/o ai responsabili dei servizi) sulla scorta, almeno in teoria, della verifica del grado di effettivo raggiungimento di obiettivi gestionali predeterminati e, almeno in parte, oggettivamente misurabili (con riflessi, intuitivamente percepibili, anche in termini motivazionali, poiché una corretta valutazione delle “prestazioni” rese dai dirigenti pubblici avrebbe dovuto condurre, inevitabilmente, i più meritevoli a conseguire dei benefici economici).

Non è questa, ovviamente, la sede per operare delle riflessioni attente e puntuali sull’adeguatezza dello strumento individuato dal legislatore per il raggiungimento della finalità sopra esplicitata; non può, tuttavia, non evidenziarsi come sussistano delle profonde perplessità circa l’effettiva idoneità dei meccanismi approntati dal decisore politico rispetto alla richiamata voluntas legis poiché, nella prassi applicativa, come purtroppo sovente accade nel nostro Paese (evidentemente refrattario alla cosiddetta cultura della valutazione), si è assistito, fatte salve talune luminose eccezioni, ad un generale appiattimento delle posizioni dei soggetti sottoposti a valutazione senza che gli organi a ciò preposti abbiano avuto la forza e la capacità di operare le necessarie e doverose differenziazioni.   E del resto che il modello definito dal Decreto Legislativo n. 286 del 1999 non abbia offerto, tutto considerato, splendida prova di sé, risulta dimostrato per tabulas dalla circostanza che, in prosieguo di tempo, si sono registrati interventi correttivi rispetto all’impianto iniziale.

In particolare con l’articolo 14 del Decreto Legislativo n. 150 del 2009 il Governo ha stabilito l’obbligo di ogni amministrazione pubblica, singolarmente o in forma associata, di dotarsi, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, di un organismo indipendente di valutazione della performance.

Il predetto organismo sostituisce i servizi di controllo interno, comunque denominati, di cui al Decreto Legislativo 30 n. 286 ed esercita “in piena autonomia” le attività di cui al comma 4 dell’articolo 14 del Decreto Legislativo n. 150 del 2009 (tra le quali risulta espressamente ricompresa la valutazione della performance dei dirigenti ai fini della erogazione della retribuzione di risultato).

L’articolo 14 dell’atto normativo in esame statuisce, inoltre, al comma 3, che: “L’Organismo indipendente di valutazione è nominato, sentita la Commissione di cui all’articolo 13, dall’organo di indirizzo politico amministrativo per un periodo di tre anni. L’incarico dei componenti può essere rinnovato una sola volta”.

Il successivo comma 8, con l’evidente finalità di rafforzare l’indipendenza dell’organo (attraverso l’attenuazione della capacità di condizionamento dei componenti da parte dell’organo di vertice dell’Amministrazione, da ascrivere a pregressi rapporti di natura politica o professionale) recita quanto in appresso: “I componenti dell’Organismo indipendente di valutazione non possono essere nominati tra soggetti che rivestano incarichi pubblici elettivi o cariche in partiti politici o in organizzazioni sindacali ovvero che abbiano rapporti continuativi di collaborazione o di consulenza con le predette organizzazioni, ovvero che abbiano rivestito simili incarichi o cariche o che abbiano avuto simili rapporti nei tre anni precedenti la designazione”[2].

Orbene, ciò posto, ed evidenziato in via incidentale come il sistema dei controlli interni agli enti locali territoriali abbia conosciuto ulteriori modifiche rispetto all’arresto del 2009, per effetto delle disposizioni dettate dal Decreto Legge n. 174 del 2012 (convertito, con modificazioni, in Legge n. 213 del 2012)[3], ad icastica dimostrazione dell’irrequietezza che contraddistingue il legislatore nell’ambito materiale considerato, passando a considerare il proprium della pronuncia oggetto di commento, occorre rilevare come l’impugnativa proposta avverso gli atti adottati dall’amministrazione comunale sia stata ritenuta, come già sopra accennato, meritevole di accoglimento da parte della giustizia adita (con sostanziale conferma di una propria precedente decisione, cfr. TAR Campania, Napoli, sez. I, sent n. 1510 del 2012).

In particolare il TAR ha ritenuto che i provvedimenti in discorso siano viziati per eccesso di potere in quanto, individuato nel Consiglio l’organo d’indirizzo politico amministrativo degli enti locali territoriali, giusta quanto disposto dall’articolo 42 del Decreto Legislativo n. 267 del 2000, alla luce della previsione dettata dal richiamato articolo 14, comma 3, del Decreto Legislativo n. 150 del 2009, ne discende che deve affermarsi l’attribuzione della competenza alla nomina del Nucleo di Valutazione, ovvero dell’OIV, in capo all’organo consiliare e non al Sindaco ovvero al Presidente della Provincia.

L’aver previsto, inoltre, sebbene attraverso un atto qualificato come regolamento, una necessaria contestualità, una sorta di simul stabunt aut simul cadent, fra la permanenza nell’ufficio dell’organo di vertice dell’amministrazione resistente e quella dei componenti l’organo di controllo (ed in tale specifico profilo si rinviene la sussistenza del vizio di eccesso di potere), si pone “in evidente contrasto con la funzione di piena autonomia che l’ordinamento giuridico riconosce espressamente al Nucleo di valutazione”

Detto organo, infatti, non può in alcun modo essere qualificato come struttura legata al Sindaco o al Presidente da un rapporto di natura eminentemente fiduciaria, con la conseguenze dell’illegittimità della previsione di una decadenza automatica del Nucleo (ovvero dell’OIV) in ipotesi di cessazione del mandato del legale rappresentante del Comune o della Provincia.

A queste considerazioni di ordine sistemico il TAR aggiunge un ulteriore rilievo, di natura eminentemente letterale, ossia che l’articolo 50 del Decreto Legislativo n. 267 del 2000, che definisce le competenze del capo dell’amministrazione locale non ricomprende all’interno della relativa elencazione la nomina dei componenti del Nucleo di Valutazione, attribuendo, per contro, espressa legittimazione in ordine alla nomina dei responsabili degli uffici e dei servizi ed all’attribuzione degli incarichi dirigenziali.

La devoluzione al Sindaco, così come avvenuto nel caso di specie, per effetto di una disposizione regolamentare priva di copertura legislativa (e che anzi si pone in contrasto con la ripartizione delle competenze fra gli organi di governo individuata dal Decreto Legislativo n. 267 del 2000, in attuazione della potestà legislativa esclusiva dello Stato prevista dall’articolo 117, comma 2, lettera p, della Costituzione) del potere di nomina dei componenti il Nucleo di Valutazione ed il ricollegare, come più volte riferito, la permanenza in carica dell’organo di controllo interno alla durata del mandato del Sindaco si risolve, oltre che in un’evidente compressione della piena autonomia connotante l’attività dell’organo stesso[4], in un’implicita limitazione della autonomia gestionale dei dipendenti titolari di funzioni dirigenziali (dirigenti o responsabili dei servizi) rispetto al vertice politico dell’Ente Locale che finirebbe con l’assommare in sé, con commistione indubbiamente problematica, “il potere di nomina dei dirigenti e dei responsabili dei servizi e il potere di nomina dei componenti dell’organo istituzionalmente deputato a valutare l’operato dei dipendenti titolari di funzioni gestionali”.

Ulteriore motivo di illegittimità dei provvedimenti impugnati è rappresentato, nella parabola argomentativa tracciata dai magistrati amministrativi, dalla violazione dell’articolo 11 delle disposizioni sulla legge in generale (cc.dd. preleggi) che afferma il principio di irretroattività della legge.

Risulta del tutto evidente che il principio in discorso appare suscettibile di diverse declinazioni a seconda che la legge che viene in rilievo abbia natura penale ovvero diverso ambito applicativo[5], ciò che non appare revocabile in dubbio, per contro, anche alla luce di consolidati orientamenti giurisprudenziali[6], e che ad una fonte regolamentare non è in ogni caso consentito, alla luce del vigente quadro ordinamentale, pretendere di dettare norme retroattive, in assenza di copertura legislativa[7].

L’ipotesi da ultimo considerata è proprio quella che si è concretizzata nella vicenda devoluta alla cognizione del TAR Campania, atteso che “il Comune di Portici ha applicato retroattivamente la nuova disciplina regolamentare anche a rapporti giuridici sorti antecedentemente alla sua emanazione”.

La pronuncia giurisdizionale in commento appare pienamente condivisibile con riferimento all’affermata illegittimità di un regolamento comunale che, in assenza di “autorizzazione” concessa da fonte primaria, pretenda di incidere su rapporti giuridici già in essere alla data della sua adozione; profili di maggiore criticità, per contro, presenta l’individuazione del Consiglio comunale (o provinciale) quale organo deputato all’adozione del provvedimento di nomina dell’OIV.

Se risulta innegabile, infatti, che, nella struttura ordinamentale degli enti locali territoriali, il Consiglio sia espressamente qualificato come organo di indirizzo e controllo politico-amministrativo, occorre, tuttavia, considerare come detto organo agisca secondo un catalogo di competenze specificamente individuato nel corpo dell’articolo 42 del Decreto Legislativo n. 267 del 2000, secondo il principio c.d. delle competenze di attribuzione, fra le quali non rientra la nomina dell’OIV e che non è suscettibile di estensioni analogiche (posto che tale operazione finirebbe, inevitabilmente, in violazione del principio di legalità costituzionalmente affermato, con il determinare una diversa allocazione delle competenze degli organi degli EE.LL. rispetto a quella cristallizzata nelle scelte legislative) ovvero di ampliamenti introdotti per via statutaria o regolamentare.

E del resto che vi sia qualche perplessità in merito negli stessi giudici del TAR Campania è dimostrato, icasticamente, dalla circostanza che gli stessi pervengono alla declaratoria di illegittimità degli atti impugnati non sulla base dell’accertata presenza di un vizio di violazione di legge o di incompetenza (come, invece, avvenuto con la sentenza del 2012 richiamata nel corpo della pronuncia in commento), bensì, conformemente alla prospettazione della ricorrente, sulla scorta della ritenuta sussistenza di un eccesso di potere.  

In senso contrario rispetto all’arresto raggiunto dal TAR Campania con la sentenza in esame, d’altro canto, non può non evidenziarsi come la Commissione Indipendente per la Valutazione, la Trasparenza e l’Integrità delle amministrazioni pubbliche (acronimo CIVIT), le cui funzioni sono state attribuite dal Decreto Legge n. 90 del 2014 e relativa legge di conversione all’ANAC, con deliberazione n. 21/2012 avesse ribadito “a conferma delle precedenti decisioni adottate sul punto, negli enti locali, l’organo competente ad adottare il provvedimento di nomina dell’Organismo indipendente di valutazione, deve essere individuato nel Sindaco che, per questa funzione, è l’organo di indirizzo politico-amministrativo dell’ente locale”.

A favore di tale conclusione, ossia che l’organo di vertice dell’ente locale sia l’effettivo titolare del potere di nomina dell’OIV soccorre inoltre, a giudizio di taluna dottrina[8], la formulazione dell’articolo 50 del Decreto Legislativo n. 267 del 2000 che attribuisce al Sindaco (ed al Presidente della Provincia) diversi poteri di nomina (pur non menzionando expressis verbis quello di che trattasi) e, soprattutto, l’articolo 4, comma 2, lettera g), della Legge Delega n. 15 del 2009 (delega poi esercitata dal Governo con l’adozione del Decreto Legislativo n. 150) che prevede, testualmente, che “i sindaci e i presidenti delle province nominano i componenti dei nuclei di valutazione (in sede di decreto delegato Organismi Indipendenti di Valutazione”.

A fronte delle richiamate coordinate legislative, un’interpretazione sistematica dei riferimenti normativi potrebbe avvalorare la tesi di una competenza sindacale ovvero presidenziale per la nomina dell’OIV o di altro organismo analogo[9], eppure anche questa conclusione, a ben guardare, non appare del tutto pacifica.

Come già accennato, infatti, anche l’articolo 50 del TUEL non attribuisce in modo inequivoco la competenza alla nomina dell’OIV in capo al vertice monocratico dell’ente territoriale di talché, per le ragioni precedentemente illustrate, non risulta possibile operare una sorta di integrazione analogica delle competenze demandate al Sindaco o al Presidente (specie in considerazione della circostanza che l’organo a competenza residuale, nella struttura organizzativa dei Comuni, è identificato nella Giunta[10]).

Anche il richiamo alla previsione contenuta nella legge delega non appare del tutto esaustivo rispetto all’obiettivo di assicurare piena copertura ad una devoluzione di competenza, non espressamente prevista, del potere di nomina dell’OIV in capo al vertice politico amministrativo dell’ente territoriale, atteso che la legge delega, per sua natura, presuppone, fatte salve ipotesi del tutto particolari, la formulazione di principi e criteri direttivi che, indubbiamente, finiscono con il limitare, ma non con l’elidere del tutto, lo spazio di discrezionalità riservato al Governo nel concreto esercizio della stessa[11], né per altro verso possono ritenersi decisive, nella prospettiva considerata, le delibere adottate dalla CIVIT e dall’ANAC che, in quanto atti amministrativi, sono per loro natura abilitate a precisare la latitudine applicativa di una previsione normativa ma non a porsi in contrasto con essa.

Orbene, risulta irrevocabile in dubbio che il già richiamato comma 3 dell’articolo 14 del Decreto Legislativo n. 150 del 2009 attribuisca, come rilevato dal TAR Campania, il potere di nomina dell’OIV all’organo di indirizzo politico amministrativo dell’ente locale che, a legislazione vigente, non può non essere individuato nel Consiglio comunale o provinciale, con la conseguenza, intuitivamente percepibile, della necessità di un tempestivo intervento del legislatore che, a garanzia dell’effettivo inveramento dei principi della certezza del diritto e della tutela dell’affidamento (ed anche per prevenire l’insorgenza di defatiganti contenziosi), individui in modo incontrovertibile il soggetto titolare del potere in discorso.

 

[1] Evidenziandosi, in particolare, come il TAR adito abbia respinto, con ricchezza di argomentazioni, le eccezioni di difetto di giurisdizione e di inammissibilità dell’atto introduttivo del giudizio per tardività della relativa notifica, sollevate dalla difesa dell’Amministrazione resistente.

[2] Pare opportuno evidenziare che i requisiti soggettivi ed il procedimento per la nomina dei componenti degli Organismi Indipendenti di Valutazione sono stati, puntualmente, identificati dall’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC) con la delibera n. 12 del 27.02.2013, il cui testo è reperibile all’indirizzo internet www.anticorruzione.it.

[3] Nella prospettiva considerata rileva, in particolare, l’articolo 3, comma 3, lettera d) dell’atto normativo in esame che ha proceduto all’integrale riscrittura dell’articolo 147 del decreto legislativo n. 267 del 2000 (TUEL), rubricato “Tipologia dei controlli interni”, introducendo, altresì, gli articoli 147 bis, ter, quater e quinquies, rubricati rispettivamente “Controllo di regolarità amministrativa e contabile”, “Controllo strategico”, “Controlli sulle società partecipate non quotate” e “Controllo sugli equilibri finanziari”, alla cui lettura si rinvia.

[4] E ciò in quanto il Nucleo di Valutazione, ovvero l’OIV, deriverebbe la propria fonte di legittimazione unicamente da una manifestazione di volontà, inevitabilmente contraddistinta dall’intuitu personae, del capo dell’amministrazione locale.

[5] Per le norme penali, infatti, eccezion fatta per quelle più favorevoli, vige un espresso divieto di applicazione retroattiva, per evidenti ragioni di giustizia sostanziale, sancito dall’articolo 25 della Carta Fondamentale; per ulteriori approfondimenti si rinvia ad A. Valentino, Il principio d’irretroattività della legge civile nei recenti sviluppi della giurisprudenza costituzionale e della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, reperibile all’indirizzo internet www.rivistaaic.it.

[6] Si vedano al riguardo, ex plurimis, le sentenze del Consiglio di Stato nn. 416 e 973 del 2004, entrambe rese dalla sezione VI.

[7] Il principio de quo è stato reiteratamente affermato dalla giurisprudenza amministrativa che “ha più volte posto in rilievo che la regola di irretroattività dell’ azione amministrativa è espressione dell’esigenza di garantire la certezza dei rapporti giuridici, oltreché del principio di legalità che, segnatamente in presenza di provvedimenti limitativi della sfera giuridica del privato (tali sono quelli introduttivi di prestazioni imposte), impedisce di incidere unilateralmente e con effetto “ex ante” sulle situazioni soggettive del privato (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza n. 1317 del 07.03.2001; Sez. VI, sentenza n. 2045 del 01.12.1999; Sez. IV, sentenza n. 502 del 30.03.1998). Ulteriore limiti alla retroattività, in presenza di statuizioni provvedimentali che rivestono valenza regolamentare in quanto dirette a trovare applicazione ripetuta nel tempo ad un numero indeterminato di fattispecie, discende dalla regola di irretroattività degli atti a contenuto normativo dettata dall’art. 11 delle disposizioni sulla legge in generale. Detta regola può ricevere deroga per effetto di una disposizione di legge pari ordinata e non in sede di esercizio del potere regolamentare che è fonte normativa gerarchicamente subordinata. Pertanto solo in presenza di una norma di legge che a ciò abiliti gli atti e regolamenti amministrativi possono avere efficacia retroattiva” (così, fra le tante, Consiglio di Stato, sentenza n. 4301 del 09.09.2008, sezione VI); per ulteriori riflessioni sulla problematica, nonché per ampi riferimenti bibliografici, si rinvia a M. Monteduro, Retroattività del provvedimento amministrativo e principi generali dell’ordinamento, disponibile all’indirizzo internet www.amministrazioneincammino.luiss.it.

[8] A. Casesa, Spoils system per il nucleo di valutazione negli enti locali, reperibile all’indirizzo internet www.diritto.it.

[9] In tal senso, del resto, dispone anche l’articolo 2 della già richiamata delibera n. 12 del 2013 dell’ANAC.

[10] Il riferimento è solo ai Comuni in quanto, per effetto delle previsioni introdotte dalla legge n. 56 del 2014 (c.d. legge Delrio), nell’ambito del processo di rimodulazione del ruolo e delle funzioni delle Amministrazioni Provinciali (processo, lo si rileva per inciso, profondamente opinabile e che ha preso, probabilmente, le mosse da un punto di partenza certamente errato), si è provveduto ad espungere, dalla struttura organizzativa di detti Enti, la Giunta (cfr. articolo 1, comma 55, dell’atto normativo richiamato).

[11] Al riguardo si vedano le interessanti notazioni di E. Frontoni, Il decreto legislativo al cospetto della Corte costituzionale tra vecchie questioni e nuovo profili problematici, disponibile sul sito www.gruppodipisa.it.