x

x

La “teorica della causa concreta”: spunti dalla recente giurisprudenza in materia di causa contrattuale

La “teorica della causa concreta”: spunti dalla recente giurisprudenza in materia di causa contrattuale
La “teorica della causa concreta”: spunti dalla recente giurisprudenza in materia di causa contrattuale

Le più recenti pronunce della Giurisprudenza di legittimità in tema di definizione della causa del contratto hanno evidenziato un progressivo abbandono della  tradizionale “teorica della funzione economico sociale del contratto” verso una interpretazione maggiormente soggettiva della causa, intesa come “funzione economico individuale” del negozio, con rilevanti riflessi anche sul piano pratico, per esempio nell’ ammettere la validità del cosiddetto “contratto preliminare di preliminare”.

Il sempre vivo dibattito dottrinale e giurisprudenziale su uno degli elementi essenziali del contratto, (previsti dall’art. 1325 del codice civile), quale la causa, ne ha notevolmente messo in discussione la tradizionale definizione teorica, con inevitabili e notevoli riflessi anche sul piano empirico. L’assenza di una definizione ‘codicistica’ della causa contrattuale ha spinto parte della tradizionale dottrina a rivolgere lo sguardo, secondo il criterio storico di interpretazione, alla Relazione al Codice Civile, che, nell’assumere una specifica posizione dottrinale in materia, ha provveduto a definirla come “funzione economico sociale” del contratto. Da questa definizione emerge, inevitabilmente, la prospettiva dirigistica del tempo, caratterizzata dalla tendenza a dare connotati possibilmente pubblicistici anche alle relazioni contrattuali tra privati.

Il dibattito, è opportuno ricordarlo, ha visto da tempo dividersi la dottrina italiana tra i sostenitori della cosiddetta  “tesi soggettivistica”, che trova riscontro già nel Trattato di Pothier, e le diverse e più sfumate tesi oggettivistiche.

Tra queste ultime, in particolar modo, sono da menzionare: quella di Emilio Betti (la causa come “funzione economico sociale del contratto”) poi assunta, vista l’influenza del noto giurista, nella redazione del Codice del 1942 e quella, oggi certamente molto interessante, soprattutto alla luce degli ultimi risvolti giurisprudenziali in commento, di Giovan Battista Ferri il quale, affermando che la causa è la “funzione economico-individuale” del contratto, travolge, di fatto, l’approccio oggettivistico cui pure dichiara di aderire.

La recentissima sentenza, pronunciata, a Sezioni Unite, dalla Suprema Corte di Cassazione e intervenuta a dirimere l’annosa questione della validità del cosiddetto ‘contratto preliminare di preliminare’, ha offerto notevoli e importanti spunti anche in tema di causa del contratto. “Sono molti i casi in cui” - hanno chiosato gli Ermellini -  “la Corte, dichiaratamente o meno, ha lasciato da parte la teorica della funzione economico sociale del contratto e si è impegnata nellanalisi dellinteresse concretamente perseguito dalle parti nel caso di specie, cioè della ragione pratica dellaffare”.(Suprema Corte di Cassazione, Sezioni Unite, Sentenza n. 4628 del 6 marzo 2015).

Nel travolgere la posizione del gravame che aveva, dal canto suo, rilevato la nullità del cosiddetto contratto preliminare di preliminare in quanto ritenuto, secondo l’orientamento tradizionale, “contratto privo di causa”, i giudici di Piazza Cavour hanno optato per il riconoscimento della  “tutela degli interessi soggettivi della parte” che stanno alla base di questo atipico rapporto sinallagmatico, sancendone la validità “qualora emerga la configurabilità dellinteresse delle parti a una formazione progressiva del contratto, al fine di permettere le verifiche necessarie sulla convenienza del negozio” senza che si riscontri quella inconcludente superfetazione, non sorretta da alcun effettivo interesse meritevole di tutela secondo lordinamento giuridico” di cui aveva parlato la precedente Cassazione pronunciatasi sul punto. (Suprema Corte di Cassazione, Seconda Sezione Civile, Sentenza n. 8038 del 2 aprile 2009).

Alla base di questa innovativa posizione della Giurisprudenza di legittimità, vi è certamente l’adesione all’orientamento della cosiddetta ‘Teorica della causa concreta’ “giurisprudenzialmente inaugurata” dall’emblematica sentenza della Cassaziione n. 10490 del 2006, che ha ammesso la possibilità di nullità di contratto tipico per mancanza di causa concreta. Proprio nella sentenza testé citata, proponendo un’attenta disamina dell’istituto della causa, gli Eremellini sono giunti ad offrire una nuova definizione della “causa” intesa come “lo scopo pratico del negozio, la sintesi, cioè, degli interessi che lo stesso è concretamente diretto a realizzare (c.d. causa concreta), quale funzione individuale della singola e specifica negoziazione, al di là del modello astratto utilizzato (Suprema Corte di Cassazione, Terza Sezione Civile, sentenza del 08 maggio 2006 n. 10490).

A riprendere il concetto di causa concreta sarà un ulteriore sentenza della Cassazione, pronunciatasi in merito alla responsabilità da vacanza rovinata. La “finalità turistica” (o “scopo di piacere”)” - hanno stabilito, pochi anni or sono, i Giudici della Cassazione -  “non è un motivo irrilevante ma si sostanzia nell’interesse che lo stesso è funzionalmente volto a soddisfare, connotandone la causa concreta e determinando, perciò, l’essenzialità di tutte le attività e dei servizi strumentali alla realizzazione del preminente scopo vacanziero” (Suprema Corte di Cassazione, Terza Sezione Civile, sentenza  del 24 luglio 2007 n. 16315).

Le succitate pronunce (riportate a titolo esemplificativo e senza alcuna pretesa di esaustività sull’argomento) dimostrano la nuova tendenza giurisprudenziale in materia di ‘causa contrattuale’, particolarmente propensa, come hanno evidenziato le Sezioni Unite nel marzo 2015 (come da massima richiamata sopra), ad abbandonare, ormai in maniera quasi decisa, la teorica della funzione economico sociale del contratto verso la teorica della funzione economico individuale (già proposta da Autorevole dottrina, un tempo considerata minoritaria), ritenuta oggi, forse più confacente al contesto socio economico in cui ci troviamo a vivere.  

Le più recenti pronunce della Giurisprudenza di legittimità in tema di definizione della causa del contratto hanno evidenziato un progressivo abbandono della  tradizionale “teorica della funzione economico sociale del contratto” verso una interpretazione maggiormente soggettiva della causa, intesa come “funzione economico individuale” del negozio, con rilevanti riflessi anche sul piano pratico, per esempio nell’ ammettere la validità del cosiddetto “contratto preliminare di preliminare”.

Il sempre vivo dibattito dottrinale e giurisprudenziale su uno degli elementi essenziali del contratto, (previsti dall’art. 1325 del codice civile), quale la causa, ne ha notevolmente messo in discussione la tradizionale definizione teorica, con inevitabili e notevoli riflessi anche sul piano empirico. L’assenza di una definizione ‘codicistica’ della causa contrattuale ha spinto parte della tradizionale dottrina a rivolgere lo sguardo, secondo il criterio storico di interpretazione, alla Relazione al Codice Civile, che, nell’assumere una specifica posizione dottrinale in materia, ha provveduto a definirla come “funzione economico sociale” del contratto. Da questa definizione emerge, inevitabilmente, la prospettiva dirigistica del tempo, caratterizzata dalla tendenza a dare connotati possibilmente pubblicistici anche alle relazioni contrattuali tra privati.

Il dibattito, è opportuno ricordarlo, ha visto da tempo dividersi la dottrina italiana tra i sostenitori della cosiddetta  “tesi soggettivistica”, che trova riscontro già nel Trattato di Pothier, e le diverse e più sfumate tesi oggettivistiche.

Tra queste ultime, in particolar modo, sono da menzionare: quella di Emilio Betti (la causa come “funzione economico sociale del contratto”) poi assunta, vista l’influenza del noto giurista, nella redazione del Codice del 1942 e quella, oggi certamente molto interessante, soprattutto alla luce degli ultimi risvolti giurisprudenziali in commento, di Giovan Battista Ferri il quale, affermando che la causa è la “funzione economico-individuale” del contratto, travolge, di fatto, l’approccio oggettivistico cui pure dichiara di aderire.

La recentissima sentenza, pronunciata, a Sezioni Unite, dalla Suprema Corte di Cassazione e intervenuta a dirimere l’annosa questione della validità del cosiddetto ‘contratto preliminare di preliminare’, ha offerto notevoli e importanti spunti anche in tema di causa del contratto. “Sono molti i casi in cui” - hanno chiosato gli Ermellini -  “la Corte, dichiaratamente o meno, ha lasciato da parte la teorica della funzione economico sociale del contratto e si è impegnata nellanalisi dellinteresse concretamente perseguito dalle parti nel caso di specie, cioè della ragione pratica dellaffare”.(Suprema Corte di Cassazione, Sezioni Unite, Sentenza n. 4628 del 6 marzo 2015).

Nel travolgere la posizione del gravame che aveva, dal canto suo, rilevato la nullità del cosiddetto contratto preliminare di preliminare in quanto ritenuto, secondo l’orientamento tradizionale, “contratto privo di causa”, i giudici di Piazza Cavour hanno optato per il riconoscimento della  “tutela degli interessi soggettivi della parte” che stanno alla base di questo atipico rapporto sinallagmatico, sancendone la validità “qualora emerga la configurabilità dellinteresse delle parti a una formazione progressiva del contratto, al fine di permettere le verifiche necessarie sulla convenienza del negozio” senza che si riscontri quella inconcludente superfetazione, non sorretta da alcun effettivo interesse meritevole di tutela secondo lordinamento giuridico” di cui aveva parlato la precedente Cassazione pronunciatasi sul punto. (Suprema Corte di Cassazione, Seconda Sezione Civile, Sentenza n. 8038 del 2 aprile 2009).

Alla base di questa innovativa posizione della Giurisprudenza di legittimità, vi è certamente l’adesione all’orientamento della cosiddetta ‘Teorica della causa concreta’ “giurisprudenzialmente inaugurata” dall’emblematica sentenza della Cassaziione n. 10490 del 2006, che ha ammesso la possibilità di nullità di contratto tipico per mancanza di causa concreta. Proprio nella sentenza testé citata, proponendo un’attenta disamina dell’istituto della causa, gli Eremellini sono giunti ad offrire una nuova definizione della “causa” intesa come “lo scopo pratico del negozio, la sintesi, cioè, degli interessi che lo stesso è concretamente diretto a realizzare (c.d. causa concreta), quale funzione individuale della singola e specifica negoziazione, al di là del modello astratto utilizzato (Suprema Corte di Cassazione, Terza Sezione Civile, sentenza del 08 maggio 2006 n. 10490).

A riprendere il concetto di causa concreta sarà un ulteriore sentenza della Cassazione, pronunciatasi in merito alla responsabilità da vacanza rovinata. La “finalità turistica” (o “scopo di piacere”)” - hanno stabilito, pochi anni or sono, i Giudici della Cassazione -  “non è un motivo irrilevante ma si sostanzia nell’interesse che lo stesso è funzionalmente volto a soddisfare, connotandone la causa concreta e determinando, perciò, l’essenzialità di tutte le attività e dei servizi strumentali alla realizzazione del preminente scopo vacanziero” (Suprema Corte di Cassazione, Terza Sezione Civile, sentenza  del 24 luglio 2007 n. 16315).

Le succitate pronunce (riportate a titolo esemplificativo e senza alcuna pretesa di esaustività sull’argomento) dimostrano la nuova tendenza giurisprudenziale in materia di ‘causa contrattuale’, particolarmente propensa, come hanno evidenziato le Sezioni Unite nel marzo 2015 (come da massima richiamata sopra), ad abbandonare, ormai in maniera quasi decisa, la teorica della funzione economico sociale del contratto verso la teorica della funzione economico individuale (già proposta da Autorevole dottrina, un tempo considerata minoritaria), ritenuta oggi, forse più confacente al contesto socio economico in cui ci troviamo a vivere.