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Controlli di frontiera: le nuove regole europee

Il legislatore comunitario ha fissato con un Regolamento ad hoc compiti, funzioni e competenze delle nuove guardie di frontiera europee
Controlli di frontiera: le nuove regole europee
Controlli di frontiera: le nuove regole europee

Il Regolamento (UE) 2016/399

È stato approvato, lo scorso 9 marzo, il Regolamento Europeo 2016/399 del Parlamento Europeo e del Consiglio, che istituisce un codice unionale relativo al regime di attraversamento delle frontiere da parte delle persone (codice frontiere Schengen).

L’obiettivo del Regolamento europeo è esplicitato apertis verbis nel sesto considerando, in cui la funzione del controllo di frontiera è riconnessa alla lotta contro l’immigrazione clandestina e la tratta degli esseri umani, nonché alla prevenzione di qualunque minaccia per la sicurezza interna e l’ordine pubblico, la salute pubblica e le relazioni internazionali degli Stati membri.

In tale ottica, il controllo di frontiera comprende non solo le verifiche sulle persone ai valichi di frontiera e la sorveglianza tra tali valichi, ma anche l’analisi dei rischi – attuata anche mediante consultazione del Sistema Informativo Schengen (SIS) e del Sistema Informativo dei Visti (VIS) – per la sicurezza interna e l’analisi delle minacce che possono pregiudicare la sicurezza delle frontiere esterne.

Le nuove regole si applicano a chiunque attraversi le frontiere interne o esterne di uno Stato membro, senza pregiudicare tuttavia sia il diritto alla libera circolazione dei cittadini dell’Unione Europea – individuati dall’articolo 20, par. 1, del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (T.F.U.E.) – sia dei rifugiati e di coloro che richiedono protezione internazionale.

Guardia di frontiera: compiti e competenze

Ruolo di enforcement delle nuove regole di ingresso ed uscita dal territorio europeo è attribuito alle guardie di frontiera, individuate nei pubblici ufficiali assegnati, conformemente alla legislazione nazionale, ad un valico di frontiera oppure lungo la frontiera o nelle immediate vicinanze di quest’ultima, che assolvono, in conformità del Regolamento 2016/399 e della legislazione nazionale, compiti di controllo di frontiera.

Si tratta, a ben vedere, di una categoria più ampia di quella prevista dall’articolo 16 della Legge 1 aprile 1981, n. 121 che, come noto, individua le forze di polizia nell’ordinamento giuridico italiano, avvalendosi della versatile nozione di pubblico ufficiale tratteggiata – nel caso italiano – dall’articolo 357 del codice penale. È una scelta definitoria non priva di conseguenze sostanziali: la qualifica di pubblico ufficiale configura difatti, in automatico, l’obbligo in capo alla guardia di frontiera di riferire senza ritardo la notizia di reato al pubblico ministero o ad un ufficiale di polizia giudiziaria, ai sensi dell’articolo 331 del codice di rito penale, qualora il reato sia perseguibile d’ufficio e ne venga a conoscenza nell’esercizio o a causa delle proprie funzioni.

Una conferma della funzione proattiva attribuita alla border police dal Regolamento 2016/399 è evincibile dal tenore letterale dell’articolo 16, paragrafo 2 (rubricato: “Esecuzione del controllo”), che recita testualmente che: “nell’esecuzione di tale controllo di frontiera, le guardie di frontiera conservano il potere di avviare azioni penali conferito loro dalla legislazione nazionale e che esula dal campo di applicazione del presente regolamento”.

In riferimento, poi, ai compiti attribuiti alle guardie di frontiera, il legislatore comunitario delinea, all’interno della categoria del “controllo di frontiera”, tre missions ben specifiche:

  • Le “verifiche di frontiera”: intese come le verifiche effettuate ai valichi di frontiera al fine di accertare che le persone, compresi i loro mezzi di trasporto e gli oggetti in loro possesso, possano essere autorizzati ad entrare nel territorio degli Stati membri o autorizzati a lasciarlo;
  • La “sorveglianza di frontiera”: ovvero la sorveglianza delle frontiere tra i valichi di frontiera e la sorveglianza dei valichi di frontiera al di fuori degli orari di apertura stabiliti, allo scopo di evitare che le persone eludano le verifiche di frontiera;
  • La “verifica di seconda linea”: ossia una verifica supplementare che può essere effettuata in un luogo specifico, diverso da quello in cui sono effettuate le verifiche su tutte le persone (in “prima linea”).

Attraversamento delle frontiere esterne: condizioni

L’articolo 6 del Regolamento UE 399/2016 detta delle condizioni estremamente (ed opportunamente) dettagliate inerenti l’attraversamento delle frontiere esterne dell’Unione Europea da parte di soggetti non “beneficiari del diritto alla libera circolazione ai sensi del diritto unionale” (articolo 2, paragrafo 5 del Regolamento 399), statuendo che per i soggiorni previsti nel territorio degli Stati membri, la cui durata non sia superiore a 90 giorni su un periodo di 180 giorni (il che comporta di prendere in considerazione il periodo di 180 giorni che precede ogni giorno di soggiorno), le condizioni d’ingresso sono:

a) il possesso di un documento di viaggio valido che autorizza il titolare ad attraversare la frontiera. La validità è verificata se, salvo casi di emergenza, il documento in parola risulta ancora valido per almeno tre mesi dopo la prevista data di partenza dal territorio degli Stati membri e, congiuntamente, sia stato rilasciato nel corso dei dieci precedenti;

b) il possesso di un visto valido, salvo che sia in possesso di un permesso di soggiorno o di un visto per soggiorni di lunga durata in corso di validità;

c) la presenza di elementi giustificativi circa lo scopo e le condizioni del soggiorno previsto e la disponibilità (attuale o futura) di mezzi di sussistenza sufficienti, sia per la durata prevista del soggiorno sia per il ritorno nel paese di origine o per il transito verso un paese terzo  nel quale l’ammissione è garantita. Tale valutazione può fondarsi sul possesso di contanti, assegni turistici e carte di credito da parte del cittadino del paese terzo;

d) la non segnalazione nel SIS (Sistema Informativo Schengen) ai fini della non ammissione o, comunque, il non essere considerati una minaccia per l’ordine pubblico, la sicurezza interna, la salute pubblica o le relazioni internazionali di uno degli Stati membri, in particolare non essere oggetto di segnalazione ai fini della non ammissione nelle banche dati nazionali degli Stati membri per gli stessi motivi.

Qualora le predette condizioni di ingresso non vengano rispettate, la sanzione prevista dal Regolamento di nuovo conio è il respingimento (disciplinato all’ articolo 14). È bene precisare che, apertamente, il dispositivo unionale fa salve le norme particolari relative al diritto d’asilo, alla protezione internazionale (in particolare in riferimento al principio di non-refoulement) o al rilascio di visti per soggiorno di lunga durata, oltre ai diritti fondamentali ricompresi nella convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951 relativa allo status di rifugiati.

Il respingimento può essere disposto solo con provvedimento motivato ed emesso dall’autorità compente secondo la normativa nazionale ovvero, nel caso italiano, quelle individuate dall’articolo 10, primo e secondo comma del Decreto Legislativo 25 luglio 1998, nr. 286 (cd. “Testo Unico Immigrazione”, T.U.I.): la stessa polizia di frontiera in caso di respingimento immediato, o il questore, nei casi di respingimento differito.

Tale provvedimento, notificato a mezzo di un modello uniforme allegato al Regolamento, ha applicazione immediata non avendo, l’eventuale procedimento di impugnazione da parte del cittadino del paese terzo, alcun effetto sospensivo dell’efficacia.

Una formulazione di tal guisa è destinata a suscitare delle difficoltà applicative. Come detto in precedenza, difatti, le guardie di frontiera individuate dal Regolamento europeo in commento, sono categoria più ampia di quello delle forze di polizia in generale e della “polizia di frontiera” in particolare, ricomprendendo al loro interno i pubblici ufficiali incaricati del controllo frontaliero.

Surrettiziamente, pertanto, risultano abilitati a procedere al respingimento anche pubblici ufficiali che in precedenza erano sprovvisti di tale potestà ai sensi del diritto nazionale. Inoltre, sarebbe stato auspicabile una maggiore chiarezza da parte legislatore europeo in merito all’autorità giudiziaria competente a conoscere dell’impugnazione del provvedimento di respingimento, restando – almeno nel caso italiano – insoluta la dicotomia tra il giudice ordinario e quello amministrativo in caso di respingimento immediato (anche se una robusta giurisprudenza propende ormai costantemente per la procura ordinaria, ex multis: Sentenza Cassazione 17 giugno 2013, n. 15115).

Attraversamento delle frontiere esterne: modalità

Al momento dell’attraversamento della frontiera esterna, le guardia di frontiera possono esercitare – alternativamente – due moduli ispettivi, ovvero:

1. una “verifica minima”, che costituisce la regola per i beneficiari del diritto alla libera circolazione ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 1, T.F.U.E., consistente nel semplice e rapido accertamento della validità del documento che consente al legittimo titolare di attraversare la frontiera e della presenza di indizi di falsificazione o di contraffazione, anche avvalendosi di dispositivi tecnici e consultando nelle pertinenti banche dati;

2. una “verifica approfondita”, destinata all’appuramento delle condizioni di ingresso o di uscita disciplinate all’articolo 6 per i cittadini di paesi terzi. tale verifica comprende un esame dettagliato articolato nel controllo circa la validità del documento di viaggio e nell’assenza di indizi di falsificazione o di contraffazione, nonché la disamina dei timbri di ingresso ed uscita al fine di accertare, raffrontando le date di ingresso e di uscita, se tale persona non abbia già oltrepassato la durata massima di soggiorno autorizzata nel territorio degli Stati membri.

Di sicuro impatto è, infine, la presunzione legale relativa introdotta dall’articolo 12 del Regolamento 399, che abilita l’operatore di frontiera o di polizia a ritenere non soddisfatte le condizioni relative alla durata del soggiorno in assenza del timbro di ingresso sul documento di viaggio. La presunzione è superabile qualora il cittadino del Paese terzo fornisca, in qualsiasi modo, elementi di prova attendibili, come i biglietti di viaggio o altri elementi giustificativi della sua presenza fuori dal territorio degli Stati membri, in modo di mostrare il rispetto delle condizioni relative alla durata di un soggiorno breve.

È una previsione destinata ad affiancare, senza sovrapporsi, la vigente disciplina dei visti di ingresso prevista dall’articolo 4 del T.U. I. e, soprattutto, dal Regolamento (CE) n. 810/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, istitutivo di un codice comunitario dei visti.

Il Regolamento (UE) 2016/399

È stato approvato, lo scorso 9 marzo, il Regolamento Europeo 2016/399 del Parlamento Europeo e del Consiglio, che istituisce un codice unionale relativo al regime di attraversamento delle frontiere da parte delle persone (codice frontiere Schengen).

L’obiettivo del Regolamento europeo è esplicitato apertis verbis nel sesto considerando, in cui la funzione del controllo di frontiera è riconnessa alla lotta contro l’immigrazione clandestina e la tratta degli esseri umani, nonché alla prevenzione di qualunque minaccia per la sicurezza interna e l’ordine pubblico, la salute pubblica e le relazioni internazionali degli Stati membri.

In tale ottica, il controllo di frontiera comprende non solo le verifiche sulle persone ai valichi di frontiera e la sorveglianza tra tali valichi, ma anche l’analisi dei rischi – attuata anche mediante consultazione del Sistema Informativo Schengen (SIS) e del Sistema Informativo dei Visti (VIS) – per la sicurezza interna e l’analisi delle minacce che possono pregiudicare la sicurezza delle frontiere esterne.

Le nuove regole si applicano a chiunque attraversi le frontiere interne o esterne di uno Stato membro, senza pregiudicare tuttavia sia il diritto alla libera circolazione dei cittadini dell’Unione Europea – individuati dall’articolo 20, par. 1, del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (T.F.U.E.) – sia dei rifugiati e di coloro che richiedono protezione internazionale.

Guardia di frontiera: compiti e competenze

Ruolo di enforcement delle nuove regole di ingresso ed uscita dal territorio europeo è attribuito alle guardie di frontiera, individuate nei pubblici ufficiali assegnati, conformemente alla legislazione nazionale, ad un valico di frontiera oppure lungo la frontiera o nelle immediate vicinanze di quest’ultima, che assolvono, in conformità del Regolamento 2016/399 e della legislazione nazionale, compiti di controllo di frontiera.

Si tratta, a ben vedere, di una categoria più ampia di quella prevista dall’articolo 16 della Legge 1 aprile 1981, n. 121 che, come noto, individua le forze di polizia nell’ordinamento giuridico italiano, avvalendosi della versatile nozione di pubblico ufficiale tratteggiata – nel caso italiano – dall’articolo 357 del codice penale. È una scelta definitoria non priva di conseguenze sostanziali: la qualifica di pubblico ufficiale configura difatti, in automatico, l’obbligo in capo alla guardia di frontiera di riferire senza ritardo la notizia di reato al pubblico ministero o ad un ufficiale di polizia giudiziaria, ai sensi dell’articolo 331 del codice di rito penale, qualora il reato sia perseguibile d’ufficio e ne venga a conoscenza nell’esercizio o a causa delle proprie funzioni.

Una conferma della funzione proattiva attribuita alla border police dal Regolamento 2016/399 è evincibile dal tenore letterale dell’articolo 16, paragrafo 2 (rubricato: “Esecuzione del controllo”), che recita testualmente che: “nell’esecuzione di tale controllo di frontiera, le guardie di frontiera conservano il potere di avviare azioni penali conferito loro dalla legislazione nazionale e che esula dal campo di applicazione del presente regolamento”.

In riferimento, poi, ai compiti attribuiti alle guardie di frontiera, il legislatore comunitario delinea, all’interno della categoria del “controllo di frontiera”, tre missions ben specifiche:

  • Le “verifiche di frontiera”: intese come le verifiche effettuate ai valichi di frontiera al fine di accertare che le persone, compresi i loro mezzi di trasporto e gli oggetti in loro possesso, possano essere autorizzati ad entrare nel territorio degli Stati membri o autorizzati a lasciarlo;
  • La “sorveglianza di frontiera”: ovvero la sorveglianza delle frontiere tra i valichi di frontiera e la sorveglianza dei valichi di frontiera al di fuori degli orari di apertura stabiliti, allo scopo di evitare che le persone eludano le verifiche di frontiera;
  • La “verifica di seconda linea”: ossia una verifica supplementare che può essere effettuata in un luogo specifico, diverso da quello in cui sono effettuate le verifiche su tutte le persone (in “prima linea”).

Attraversamento delle frontiere esterne: condizioni

L’articolo 6 del Regolamento UE 399/2016 detta delle condizioni estremamente (ed opportunamente) dettagliate inerenti l’attraversamento delle frontiere esterne dell’Unione Europea da parte di soggetti non “beneficiari del diritto alla libera circolazione ai sensi del diritto unionale” (articolo 2, paragrafo 5 del Regolamento 399), statuendo che per i soggiorni previsti nel territorio degli Stati membri, la cui durata non sia superiore a 90 giorni su un periodo di 180 giorni (il che comporta di prendere in considerazione il periodo di 180 giorni che precede ogni giorno di soggiorno), le condizioni d’ingresso sono:

a) il possesso di un documento di viaggio valido che autorizza il titolare ad attraversare la frontiera. La validità è verificata se, salvo casi di emergenza, il documento in parola risulta ancora valido per almeno tre mesi dopo la prevista data di partenza dal territorio degli Stati membri e, congiuntamente, sia stato rilasciato nel corso dei dieci precedenti;

b) il possesso di un visto valido, salvo che sia in possesso di un permesso di soggiorno o di un visto per soggiorni di lunga durata in corso di validità;

c) la presenza di elementi giustificativi circa lo scopo e le condizioni del soggiorno previsto e la disponibilità (attuale o futura) di mezzi di sussistenza sufficienti, sia per la durata prevista del soggiorno sia per il ritorno nel paese di origine o per il transito verso un paese terzo  nel quale l’ammissione è garantita. Tale valutazione può fondarsi sul possesso di contanti, assegni turistici e carte di credito da parte del cittadino del paese terzo;

d) la non segnalazione nel SIS (Sistema Informativo Schengen) ai fini della non ammissione o, comunque, il non essere considerati una minaccia per l’ordine pubblico, la sicurezza interna, la salute pubblica o le relazioni internazionali di uno degli Stati membri, in particolare non essere oggetto di segnalazione ai fini della non ammissione nelle banche dati nazionali degli Stati membri per gli stessi motivi.

Qualora le predette condizioni di ingresso non vengano rispettate, la sanzione prevista dal Regolamento di nuovo conio è il respingimento (disciplinato all’ articolo 14). È bene precisare che, apertamente, il dispositivo unionale fa salve le norme particolari relative al diritto d’asilo, alla protezione internazionale (in particolare in riferimento al principio di non-refoulement) o al rilascio di visti per soggiorno di lunga durata, oltre ai diritti fondamentali ricompresi nella convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951 relativa allo status di rifugiati.

Il respingimento può essere disposto solo con provvedimento motivato ed emesso dall’autorità compente secondo la normativa nazionale ovvero, nel caso italiano, quelle individuate dall’articolo 10, primo e secondo comma del Decreto Legislativo 25 luglio 1998, nr. 286 (cd. “Testo Unico Immigrazione”, T.U.I.): la stessa polizia di frontiera in caso di respingimento immediato, o il questore, nei casi di respingimento differito.

Tale provvedimento, notificato a mezzo di un modello uniforme allegato al Regolamento, ha applicazione immediata non avendo, l’eventuale procedimento di impugnazione da parte del cittadino del paese terzo, alcun effetto sospensivo dell’efficacia.

Una formulazione di tal guisa è destinata a suscitare delle difficoltà applicative. Come detto in precedenza, difatti, le guardie di frontiera individuate dal Regolamento europeo in commento, sono categoria più ampia di quello delle forze di polizia in generale e della “polizia di frontiera” in particolare, ricomprendendo al loro interno i pubblici ufficiali incaricati del controllo frontaliero.

Surrettiziamente, pertanto, risultano abilitati a procedere al respingimento anche pubblici ufficiali che in precedenza erano sprovvisti di tale potestà ai sensi del diritto nazionale. Inoltre, sarebbe stato auspicabile una maggiore chiarezza da parte legislatore europeo in merito all’autorità giudiziaria competente a conoscere dell’impugnazione del provvedimento di respingimento, restando – almeno nel caso italiano – insoluta la dicotomia tra il giudice ordinario e quello amministrativo in caso di respingimento immediato (anche se una robusta giurisprudenza propende ormai costantemente per la procura ordinaria, ex multis: Sentenza Cassazione 17 giugno 2013, n. 15115).

Attraversamento delle frontiere esterne: modalità

Al momento dell’attraversamento della frontiera esterna, le guardia di frontiera possono esercitare – alternativamente – due moduli ispettivi, ovvero:

1. una “verifica minima”, che costituisce la regola per i beneficiari del diritto alla libera circolazione ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 1, T.F.U.E., consistente nel semplice e rapido accertamento della validità del documento che consente al legittimo titolare di attraversare la frontiera e della presenza di indizi di falsificazione o di contraffazione, anche avvalendosi di dispositivi tecnici e consultando nelle pertinenti banche dati;

2. una “verifica approfondita”, destinata all’appuramento delle condizioni di ingresso o di uscita disciplinate all’articolo 6 per i cittadini di paesi terzi. tale verifica comprende un esame dettagliato articolato nel controllo circa la validità del documento di viaggio e nell’assenza di indizi di falsificazione o di contraffazione, nonché la disamina dei timbri di ingresso ed uscita al fine di accertare, raffrontando le date di ingresso e di uscita, se tale persona non abbia già oltrepassato la durata massima di soggiorno autorizzata nel territorio degli Stati membri.

Di sicuro impatto è, infine, la presunzione legale relativa introdotta dall’articolo 12 del Regolamento 399, che abilita l’operatore di frontiera o di polizia a ritenere non soddisfatte le condizioni relative alla durata del soggiorno in assenza del timbro di ingresso sul documento di viaggio. La presunzione è superabile qualora il cittadino del Paese terzo fornisca, in qualsiasi modo, elementi di prova attendibili, come i biglietti di viaggio o altri elementi giustificativi della sua presenza fuori dal territorio degli Stati membri, in modo di mostrare il rispetto delle condizioni relative alla durata di un soggiorno breve.

È una previsione destinata ad affiancare, senza sovrapporsi, la vigente disciplina dei visti di ingresso prevista dall’articolo 4 del T.U. I. e, soprattutto, dal Regolamento (CE) n. 810/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, istitutivo di un codice comunitario dei visti.