x

x

La tutela del pluralismo nel Sistema Integrato delle Comunicazioni (SIC): l’art. 43 del Testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici e il Regolamento allegato alla delibera Agcom n. 368/14/CONS

Immagine rimossa.

La tutela del pluralismo nel Sistema Integrato delle Comunicazioni (SIC): l’art. 43 del Testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici e il Regolamento allegato alla delibera Agcom n. 368/14/CONS

di Luca Baccaro

 

1. Introduzione: la libertà di informazione e il pluralismo nell’ordinamento comunitario e nazionale

Con le delibere nn. 286/15/CONS e 687/15/CONS, l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom) ha avviato due procedimenti volti all’individuazione del mercato rilevante nonché all’accertamento di posizioni dominanti o comunque lesive del pluralismo, rispettivamente, nel settore dei servizi di media audiovisivi e nel settore della radiofonia, ai sensi dell’art. 43, comma 2, del decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177 (Testo Unico dei Servizi Media Audiovisivi e radiofonici, anche solo Testo unico).

Entrambe le istruttorie si collocano nel quadro della tutela del pluralismo all’interno del sistema integrato delle comunicazioni (SIC), compito che il Testo unico affida all’Agcom.

Prima di esaminare in quali casi e con quali modalità l’Autorità ha il potere di aprire le istruttorie di cui all’art. 43 del Testo unico, sembra opportuno ricostruire brevemente quali sono le fonti che pongono il pluralismo come principio cardine della disciplina del diritto della comunicazione e, in particolare, della regolamentazione del settore dei servizi di media audiovisivi e della radiofonia. Il pluralismo nei mezzi d’informazione e la necessarietà di una sua tutela sono prescritti sia dall’ordinamento sovranazionale, che interno.

Riguardo le fonti di diritto internazionale, riveste un ruolo centrale l’art. 10 della Convenzione Europea dei Diritti dell’uomo (CEDU), che sancisce il principio della libertà di espressione. La Corte di Strasburgo ha interpretato in senso ampio il principio rimarcando “l’importanza del diritto di ognuno a ricevere un’informazione il più possibile pluralistica e non condizionata dalla presenza di posizioni dominanti[1].

Nell’ordinamento dell’Unione europea il principio del pluralismo, oltre ad entrare tra le  fonti del diritto in quanto tradizione costituzionale comune degli Stati Membri, è espressamente richiamato dall’art. 11, n. 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, che dedica attenzione specifica al rispetto della libertà dei media[2]; il sopracitato articolo, tra l’altro, è esplicitamente richiamato nel preambolo della Direttiva 2010/13/UE sui Servizi di media audiovisivi (considerato 16)[3].

Per quanto riguarda l’ordinamento nazionale, la nozione di pluralismo discende direttamente dall’art. 21 della Costituzione che sancisce il principio della libera manifestazione del pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione; l’art. 21 cost., pur dettando una regolazione dettagliata a garanzia della libertà di stampa, nulla dispone in tema di mezzi di comunicazione di massa[4].

Tuttavia, come sottolineato da autorevole dottrina, il primo comma dell’art. 21 cost. rappresenta una clausola aperta che ha permesso alla Corte “di costruire nel tempo una giurisprudenza evolutiva che, da un lato, ha progressivamente ampliato la garanzia costituzionale dalla stampa a tutti i mezzi di diffusione che si sono, di volta in volta, affermati attraverso lo sviluppo delle tecnologie; dall’altro ha esteso la tutela dai profili attivi, riferibili all’“attività dell’informare” - che sono i soli espressamente richiamati dalla norma - anche ai profili passivi, riferibili alla circolazione delle informazioni ed alla loro ricezione - che sono invece desumibili solo indirettamente dalla stessa norma[5].

Proprio alla giurisprudenza costituzionale si deve la formulazione del principio del pluralismo nelle due accezioni di pluralismo interno ed esterno, declinate dalla Corte in occasione delle sentenze susseguitesi nel tempo in tema di esercizio dell'attività radiotelevisiva. Se il pluralismo interno, inteso come apertura del mezzo informativo alle diverse tendenze politiche e culturali presenti nel Paese, è rivolto principalmente al servizio pubblico[6], il pluralismo esterno non afferisce tanto al contenuto del messaggio trasmesso, quanto alla necessità di garantire una pluralità di voci in tutti i media[7] e, pertanto, evitare la preminenza di una singola impresa idonea a comprimere l’attività degli altri operatori con conseguente riduzione dell’esercizio delle libertà di questi ultimi[8].

All’interno del Testo unico, e quindi a livello di normativa primaria, il principio è stato recepito, sia nella sua accezione interna, dall’art. 45[9], sia in quella esterna dagli artt. 3 e 5 che prevedono rispettivamente, da un lato, la libertà e il pluralismo nei mezzi di comunicazione e, dall’altra, il divieto di costituire o mantenere posizioni che ledano gli anzidetti principi.

Per contrastare la costituzione delle posizioni dominanti il legislatore ha introdotto delle discipline specifiche nelle prime due leggi di sistema del settore radiotelevisivo - legge n. 223 del 1990 (legge Mammì) e l. n. 249 del 1997 (legge Maccanico) - che, tuttavia, seppur per diverse motivazioni, sono state entrambe oggetto di censura da parte della Corte Costituzionale[10].

La disciplina attualmente in vigore è riportata nell’art. 43 del Testo unico rubricato “Posizioni dominanti nel sistema integrato delle comunicazioni[11]: la norma contiene una serie di limiti rivolti ai soggetti operanti nel mercato e, nello stesso tempo, attribuisce all’Autorità rilevanti poteri di regolazione e di vigilanza del rispetto di tali limiti.

Prima di procedere nel dettaglio all’analisi del contenuto dell’art. 43, sembra opportuno svolgere una considerazione preliminare. La norma fa riferimento a nozioni direttamente mutuate dal diritto antitrust; lo stesso articolo è posto all’interno del capo VI, rubricato “norme a tutela della concorrenza e del mercato”; inoltre, unitamente al pluralismo, il principio della tutela della concorrenza è citato dall’art. 5 lett. a) tra i principi fondamentali del settore.

Tuttavia, sembra opportuno specificare che, nonostante la rilevanza data dal Testo unico al diritto antitrust, concorrenza e pluralismo si trovano su due piani diversi e, precisamente, in un rapporto rispettivamente di mezzo a fine: come sottolineato dalla dottrina, la tutela della concorrenza deve essere intesa come un “bene giuridico che da primario diventa strumentale al perseguimento ed alla garanzia di un altro bene costituzionalmente garantito, il pluralismo nel sistema radiotelevisivo[12].

Analizzando l’art. 43, emerge come il diritto antitrust sia infatti richiamato nei concetti di intesa, di concentrazione, di posizione dominante, di barriere all’ingresso ed efficienza economica, ma il fine dell’impianto normativo è quello di affiancare alla tutela generale della concorrenza, la cui competenza rimane in capo all’Agcm, una disciplina di settore mirata specificatamente alla salvaguardia del pluralismo, demandata all’ Agcom: in tal senso basti notare che, mentre il diritto antitrust non sanziona il conseguimento di una posizione dominante in un determinato mercato e ne stigmatizza solamente l’abuso, il Testo unico vieta l’acquisizione di una posizione dominante tout court in quanto ritenuta idonea di per sé a ledere il pluralismo dell’informazione.

2. La tutela del pluralismo nell’ordinamento nazionale: l’art. 43 del Testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici e la procedura di cui alla delibera n. 368/14/CONS

L’art. 43 del Testo unico contiene dunque le prescrizioni in tema di rispetto del pluralismo nonché i poteri attribuiti all’Autorità, finalizzati al controllo sul rispetto di tali previsioni. Preliminarmente, si rileva che il comma 1 e il comma 6 impongono all’ Agcom di dotarsi di un regolamento che disciplini nel dettaglio le procedure previste dall’art. 43: il regolamento attualmente in vigore è quello allegato alla delibera n. 368/14/CONS (anche solo il Regolamento)[13]. Le istruttorie condotte dall’Autorità sono sostanzialmente riconducibili a due tipologie: la prima è quella descritta dal comma 2 dell’art. 43[14], nell’ambito del quale si inseriscono i procedimenti delle delibere n. 286/15/CONS e 687/15/CONS, attualmente in corso, alle quali si accennava in principio. l’Autorità, su segnalazione o d’ufficio, può avviare un procedimento volto alla verifica della costituzione di una posizione dominante all’interno dei mercati che compongono il Sistema Integrato delle Comunicazioni (SIC), nonché volto al rispetto dei limiti anticoncentrativi di cui ai commi 7, 8, 9, 10, 11 e 12 dell’art. 43. La procedura è specificata dagli articoli 5 e seguenti del Regolamento.

Rispetto alla precedente legge di sistema, la verifica sulla sussistenza di posizioni dominanti non avviene più all’interno di mercati già definiti a monte dalla legge[15], ma è legata all’analisi del SIC, ossia il settore economico composto, ai sensi dell’art. 2 comma 1 lett. s) del Testo unico, dalle attività di stampa quotidiana e periodica; editoria annuaristica ed elettronica anche per il tramite di Internet; radio e servizi di media audiovisivi; cinema; pubblicità esterna; iniziative di comunicazione di prodotti e servizi; sponsorizzazioni.

Pertanto, l’Autorità dovrà preliminarmente individuare il singolo mercato componente il SIC su cui effettuare l’indagine, che potrà coincidere esattamente con una delle attività del SIC o essere frazionato in più sotto-mercati[16]. Questa prima fase si conclude con uno schema di provvedimento che, secondo l’art. 6 del Regolamento, è posto in consultazione per 30 giorni, e che, pertanto, potrà essere modificato alla luce delle osservazioni dei soggetti regolati.

Individuato il mercato, ossia espletata la prima fase dell’istruttoria, l’Autorità può procedere con la seconda fase, volta all’analisi del mercato individuato, ai fini della verifica della sussistenza di una posizione dominante o comunque lesiva del pluralismo[17]: ai sensi del comma 2 dell’art. 43 del Testo unico, i parametri da utilizzare durante l’istruttoria sono i ricavi, il livello di concorrenza all’interno del sistema, le barriere all’ingresso, le dimensioni di efficienza economica dell’impresa, nonché gli indici quantitativi di diffusione dei programmi radiotelevisivi, dei prodotti editoriali e delle opere cinematografiche o fonografiche.

Sulla base delle risultanze istruttorie e a seguito di consultazione pubblica di 30 giorni, l’Autorità adotta un provvedimento che, secondo l’art. 7 del Regolamento, può accertare l’insussistenza o la sussistenza di posizioni dominanti o comunque lesive del pluralismo.

Nel secondo caso, l’Autorità ha il potere di disporre le misure di cui all’art. 43 comma 5 del Testo unico: in particolare, è previsto che l’Agcom possa intervenire affinché la posizione dominante venga rimossa, anche attraverso “misure che incidano sulla struttura dell'impresa, imponendo dismissioni di aziende o di rami di azienda” che, secondo quanto disposto dall’art. 14 del Regolamento, possono anche essere di natura temporanea. La mancata ottemperanza delle prescrizioni dell’Autorità ha come effetto l’irrogazione delle sanzioni amministrative previste dall’art. 1, comma 31, della legge n. 249 del 1997 (art. 15 del Regolamento).

La seconda tipologia di controlli affidata dall’art. 43 all’Autorità è invece prevista in occasione della notifica di operazioni di concentrazioni e intese tra soggetti che operano nel SIC; si tratta pertanto di un controllo sulle singole operazioni, al fine di consentire le verifiche dei limiti anticoncentrativi previsti dai commi 7, 8[18], 9, 10, 11 e 12 dell’art. 43.

Il superamento dei limiti prescritti dai predetti commi, che hanno come destinatari soprattutto le aziende radiotelevisive, comporta il conseguimento di una posizione vietata di per sé, a prescindere dalla posizione dominante nel mercato di riferimento.

Il comma 3 dell’art. 43 prevede che, nel caso in cui sia prevedibile il superamento da parte di una impresa o di un gruppo di imprese dei predetti limiti, l’Autorità adotta un atto di pubblico richiamo; nel caso in cui il superamento dei limiti sia accertato, applica invece le misure di cui all’art. 43 comma 5 già citate.

A prescindere dai poteri dell’Autorità, inoltre, il comma 4 prescrive la nullità automatica degli atti giuridici, delle concentrazioni e delle intese che hanno come effetto quello di far conseguire una posizione dominante o comunque lesiva del pluralismo o che contrastino con i divieti prescritti dai limiti anticoncentrativi.

Con riferimento alle singole posizioni vietate, il comma 7 si rivolge ai fornitori di servizi media audiovisivi e radiofonici che operano su frequenze terrestri in tecnica digitale (televisione digitale terrestre e DAB) e impone a un singolo soggetto il divieto di essere titolare, anche tramite società controllate o collegate, di autorizzazioni che consentano di diffondere più del 20% del totale dei programmi televisivi o radiofonici irradiabili su frequenze terrestri in ambito nazionale[19]. Occorre innanzitutto rilevare che la norma si rivolge esclusivamente alla piattaforma digitale terrestre e, conseguentemente, agli operatori attivi all’interno di questa, stante la scarsità delle risorse frequenziali terrestri; inoltre, la base di calcolo su cui effettuare la verifica sono i multiplex pianificati a livello nazionale[20]. Il controllo sui limiti delle autorizzazioni per i programmi televisivi è prevista anche per l’emittenza locale dall’art. 5 lett. d) secondo il quale non possono essere rilasciate autorizzazioni che consentano ad ogni fornitore, anche radiofonico digitale in ambito locale di irradiare nello stesso bacino più del 20% di programmi televisivi numerici in ambito locale sul totale dei servizi di media autorizzati.

Per quanto riguarda i fornitori di servizi media radiofonici, tale limite non sembra ancora in vigore stante la non completa attuazione del piano nazionale di assegnazione delle frequenze radiofoniche in tecnica digitale[21], condizione necessaria affinché, secondo il comma 7 dell’art. 43, scatti l’obbligo del rispetto del limite anticoncentrativo. Il comma 9 fissa invece il limite economico, disponendo che, fermo restando il divieto di posizioni dominanti nei singoli mercati che compongono il SIC, nessuna società (anche tramite controllate o collegate) obbligata all’iscrizione al Registro degli Operatori della Comunicazione (ROC)[22], può conseguire ricavi superiori al 20% del SIC; tali ricavi sono quelli derivanti dalle attività economiche elencate dal successivo comma 10[23]; il valore del SIC su cui calcolare la percentuale - che, in relazione all’anno 2014, ammonta a 17 miliardi e 137 milioni di euro (delibera n.658/15/CONS) - viene quantificato annualmente dalla stessa Autorità, attraverso l’informativa sui ricavi conseguiti dai soggetti operanti nel SIC (IES).

I commi 11 e 12, infine, sono rivolti a quelle aziende con rilevanti fatturati che operano, sia nel settore delle comunicazioni elettroniche, sia nel settore televisivo in ambito nazionale; il comma 11 dispone il divieto di raggiungimento di ricavi maggiori al 10% del valore di tutto il SIC per le aziende che conseguano ricavi superiori al 40% nel settore delle comunicazioni elettroniche. Il comma 12 prescrive invece il divieto da parte di soggetti che esercitano l’attività televisiva in ambito nazionale e che abbiano ricavi SIC superiori all’8%, nonché agli operatori di telecomunicazione già citati nel comma 11, di acquisire partecipazioni in imprese editrici di giornali quotidiani o di parteciparne alla costituzione di nuove aziende (con eccezione dell’editoria online)[24]. Ai fini della rilevazione delle posizioni vietate, il Testo unico dà grande rilevanza alle nozioni di controllo e collegamento tra società; in proposito i commi 13, 14 e 15 si sforzano di ricostruire il maggior numero di ipotesi configuranti la fattispecie di controllo, affinché le verifiche non si attestino al mero dato formale ma che siano approfondite al fine di verificare a quale soggetto siano effettivamente riconducibili le società coinvolte nelle operazioni di concentrazioni ed intese, nonché per effettuare l’indagine sulle posizioni dominanti in relazione all’intero gruppo societario. Venendo alla procedura applicabile a seguito di notifica di concentrazione e intese, anche in tali occasioni interviene la disciplina del Regolamento: in particolare, l’art. 4 regola l’istruttoria preliminare, stabilendo innanzitutto il momento in cui debba avvenire la notifica delle operazioni di concentrazione e delle intese.

In proposito, è prevista la notifica preventiva rispetto al compimento dell’operazione[25] nel caso in cui il fatturato realizzato a livello nazionale dall’insieme delle imprese che operano nel SIC[26] interessate sia superiore a 482 milioni di euro e se il fatturato realizzato a livello nazionale dall’impresa di cui è prevista l’acquisizione, attraverso l’operazione di concentrazione, sia superiore a 48 milioni di euro: a seguito dell’istruttoria preliminare, nel caso in cui siano riscontrati ragionevoli motivi per ipotizzare il superamento dei limiti anticoncentrativi, l’Autorità adotta la decisione di avviare l’istruttoria ai sensi dell’art. 16 del Regolamento[27].

Si rileva inoltre che, a seguito dell’entrata in vigore della delibera n. 110/16/CONS, che ha modificato il Regolamento, devono essere notificate all’Autorità anche le operazioni non qualificabili come concentrazioni e intese, ma che abbiano ad oggetto il solo trasferimento dell’autorizzazione per l’attività di fornitore di servizi media e la connessa attribuzione della numerazione dell’ordinamento automatico dei canali della televisione digitale terrestre (LCN); tali operazioni, infatti, sono comunque idonee ad aumentare il numero di autorizzazioni in capo a un singolo fornitore di servizi di media e, pertanto, potenzialmente idonee a violare il limite di cui al comma 7 dell’art. 43.

Gli articoli 16 e ss. del Regolamento, disciplinano la fase dell’istruttoria vera e propria, che può portare all’adozione del pubblico richiamo dell’art. 43 comma 3 in caso di prevedibile superamento delle soglie, o delle misure anticoncentrative dei cui all’art. 43 comma 5 in caso di violazione accertata. Anche in questo caso viene adottato, a seguito dell’istruttoria, uno schema di provvedimento posto a consultazione pubblica a seguito della quale l’Autorità decide se confermare o modificare le misure previste o archiviare la il procedimento.  Come per la procedura in tema di posizioni dominanti, la mancata ottemperanza delle prescrizioni dell’Autorità ha come effetto le sanzioni amministrative previste dall’art. 1, comma 31, della legge n. 249 del 1997.

3. Conclusioni

Il Testo unico affida quindi all’Agcom il compito di vigilare sul rispetto del pluralismo attraverso due tipi di istruttoria: quella di cui all’art. 43 comma 2, a seguito di istanza degli interessati o d’ufficio da parte dell’Autorità, volta a individuare e ad analizzare i mercati riferibili a singoli settori del SIC e quella di cui all’art. 43 comma 1 in occasione delle operazioni di concentrazioni e intese, che mira a controllare il rispetto dei limiti anticoncentrativi di cui ai commi 7, 8, 9, 10, 11 e 12 dell’art. 43.

Per quanto riguarda i limiti anticoncentrativi, sembra corretto sostenere che il sistema ideato dal legislatore presenti degli elementi di criticità, soprattutto con riferimento al limite economico di cui all’art. 43 comma 9. La norma si ispira a quanto già previsto dalla legge Maccanico: tuttavia, mentre la precedente legge di sistema vietava alle emittenti radiotelevisive di conseguire il 30% dei ricavi del solo settore radiotelevisivo, il comma 9 dell’art. 43, pur abbassando il limite economico al 20% fa riferimento ai ricavi di tutto il SIC, un paniere economico di valore molto ampio in quanto composto da ricavi ascrivibili a numerosissimi settori, che rende difficilmente applicabile il superamento del limite. In particolare, per quanto riguarda il settore dei servizi di media, come sottolineato dalla dottrina “il limite previsto dal t.u. non è assolutamente congruo in un sistema di estrema concentrazione come quello audiovisivo italiano e soprattutto non appaiono calibrati, in via di fatto e di diritto, i limiti dettati nei vari settori.[28]

Oltre alla vastità del paniere, è stata anche rilevata l’incongruenza tra i settori che compongono il SIC e i soggetti destinatari dei precetti dell’articolo 43; nello specifico “questa non coincidenza, potremmo dire tra denominatore e numeratore, produce una falsa equazione per cui un ristretto numero di soggetti (operanti nel SIC e, in quanto tali, obbligati all’iscrizione nel registro degli operatori della comunicazione – ROC) sono richiesti di mantenere la propria capacità di raccolta di risorse al di sotto di una determinata soglia di mercato individuata con riferimento ad un più vasto complesso di attività con il risultato, inevitabile, dell’innalzamento artificiale della soglia medesima[29].

Per completezza, sembra comunque corretto rilevare che, attraverso l’istruttoria di cui all’art. 43 comma 2 l’Autorità, una volta individuato e analizzato il mercato di riferimento, nel caso in cui verifichi la sussistenza di una posizione di dominanza o comunque lesiva del pluralismo ha il potere di attuare le misure di cui al comma 5 dell’art. 43, ovviando ex post alle carenze dei limiti anticoncentrativi previsti dal legislatore, con particolare riferimento al suddetto limite economico.

 

Note

[1] R. Mastroianni, La direttiva comunitaria sui servizi di media audiovisivi, pag. 30, Giappichelli, Torino, 2009.

[2] Il Comitato dei Ministri ha a più riprese espresso raccomandazioni sul rispetto del principio. In particolare, con la raccomandazione n. 2 del 31 gennaio 2007, sono state individuate delle misure che gli Stati membri dovrebbero applicare al fine di concretizzare la portata de principio pluralistico. Alcune di queste misure hanno come finalità l’intervento sulla struttura del mercato così da assicurare l’esistenza di una pluralità di operatori. Altre misure hanno come scopo la promozione della diversificazione dei contenuti soprattutto in relazione alla tipologia di programmi di informazione rivolti a varie gruppi sociali e la produzione di opere originali o l’adozione di must-carry e/o must-offer. In tal senso, si veda la delibera Agcom n. 555/10/CONS, pag. 48 e ss.

[3]Considerato 16: “La presente direttiva rafforza il rispetto dei diritti fondamentali ed è pienamente conforme ai principi riconosciuti dalla carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea,, in particolare l’articolo 11. A questo riguardo, la presente direttiva non dovrebbe impedire in alcun modo agli Stati membri di applicare le rispettive norme costituzionali in materia di libertà di stampa e di libertà di espressione nei mezzi di comunicazione”.

[4] Vd. In tal senso B. Tonoletti, Percorsi di diritto dell’informazione, pg. 222, Giappichelli, Torino, 2011 in cui l’autore rileva come “La formulazione letterale dell’art. 21 appare anacronistica rispetto alla situazione storica in cui l’Assemblea costituente si trovava ad operare: la disciplina dei rapporti tra l’informazione e potere in essa contenuta rispecchia più i valori e le esigenze tipici del liberalismo ottocentesco di quanto non sia in linea con il problema della costruzione di un ordinamento democratico dopo la fine del regime fascista e della seconda guerra mondiale”.

[5] E. Cheli, Libertà di informazione e pluralismo informativo negli indirizzi della giurisprudenza costituzionale, www.cortecostituzionale.it.

[6] Secondo la Corte costituzionale, il servizio pubblico deve “dar voce - attraverso un’informazione completa, obiettiva, imparziale ed equilibrata - a tutte, o al maggior numero possibile di opinioni, tendenze, correnti di pensiero politiche, sociali e culturali del Paese”.  Corte cost. sent. n. 826/1988 e, nello stesso senso, sent. n. 420 del 1994.

[7] Corte cost. sent. n. 112/93.

[8] Corte cost. sent. n. 148/81.

[9] L’articolo esplica i compiti della concessionaria e i contenuti minimi del servizio pubblico.

[10] La sentenza della Corte n. 420/94 ha dichiarato incostituzionale il comma 4 dell’art. 15 della legge Mammì in base al quale a un singolo soggetto potevano essere rilasciate concessioni per l’esercizio del venticinque per cento del numero di reti nazionali previste dal piano di assegnazione e comunque non più di tre reti, ritenendo non idoneo il limite anche alla luce del limite anticoncentrativo del 20% previsto per la stampa dalla legge n. 65 del 1985. La legge Maccanico, che prevedeva il divieto in capo a una stessa società di conseguire ricavi nel mercato televisivo superiori al 30% nonché di irradiare più del 20% del totale dei programmi, demandando all’ Agcom il controllo delle predette soglie, veniva colpita da censura dalla sentenza del 466/2002: la Corte, pur ritenendo congrui i parametri, dichiarava illegittima l’introduzione di un regime transitorio in deroga, dalla durata indeterminata e il cui scadere sarebbe dovuto essere individuato dall’ Agcom sulla base di un criterio ritenuto generico, rappresentato dall’effettivo e congruo sviluppo dell’utenza dei programmi radiotelevisivi satellite e via cavo.

[11] L’art. 43 contiene le disposizioni già previste dall’art. 14 della legge n. 122 del 2004 (Legge Gasparri).

[12] Cfr. A. Frignani, E. Poddighe, V. Zeno-Zencovich (a cura di), La televisione digitale: temi e problemi. Commento al d. lgs 177/05 T.U. della Radiotelevisione, 2006, p. 258.

[13] Il Regolamento disciplina, inoltre, il procedimento in tema di trasferimento di società radiotelevisive di cui all’ all'art. 1, comma 6, lett. c), n. 13, della legge n. 249 del 1997.

[14]Art. 43 comma 2: “L’Autorità su segnalazione di chi vi abbia interesse o, periodicamente, d’ufficio, individuato il mercato rilevante conformemente ai principi di cui agli articoli 15 e 16 della direttiva 2002/21/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 marzo 2002, verifica che non si costituiscano, nel sistema integrato delle comunicazioni e nei mercati che lo compongono, posizioni dominanti e che siano rispettati i limiti di cui ai commi 7, 8, 9, 10, 11 e 12, tenendo conto, fra l’altro, oltre che dei ricavi, del livello di concorrenza all’interno del sistema, delle barriere all’ingresso nello stesso, delle dimensioni di efficienza economica dell’impresa nonché degli indici quantitativi di diffusione dei programmi radiotelevisivi, dei prodotti editoriali e delle opere cinematografiche o fonografiche”.

[15] Vd. articolo 2, comma 1, legge Maccanico, ora abrogato dal Testo unico: “nei settori delle comunicazioni sonore e televisive, anche nelle forme evolutive, realizzate con qualsiasi mezzo tecnico, della multimedialità, dell'editoria anche elettronica e delle connesse fonti di finanziamento, è vietato qualsiasi atto o comportamento avente per oggetto o per effetto la costituzione o il mantenimento di una posizione dominante da parte di uno stesso soggetto anche attraverso soggetti controllati e collegati.

[16] Il comma 2 prescrive che l’individuazione dei mercati di riferimento deve avvenire alla luce dei principi di cui agli articoli 15 e 16 della direttiva 2002/21/CE: in proposito, l’art. 15, comma 3 prevede che “le autorità nazionali di regolamentazione, tenendo nel massimo conto la raccomandazione e gli orientamenti (della Commissione), definiscono i mercati rilevanti corrispondenti alla situazione nazionale, in particolare mercati geografici rilevanti nel loro territorio, conformemente ai principi del diritto della concorrenza”.

[17] l’art. 16 della direttiva 2002/21/CE dispone che ”quando l'autorità nazionale di regolamentazione è tenuta, ai sensi degli articoli 16, 17, 18 o 19 della direttiva 2002/22/CE (direttiva servizio universale) o ai sensi degli articoli 7 e 8 della direttiva 2002/19/CE (direttiva accesso), a decidere in merito all'imposizione, al mantenimento, alla modifica o alla revoca di obblighi a carico delle imprese, essa determina, in base alla propria analisi di mercato di cui al paragrafo 1 del presente articolo, se uno dei mercati rilevanti sia effettivamente concorrenziale.”(comma 2) “Se conclude che tale mercato è effettivamente concorrenziale, l'autorità nazionale di regolamentazione non impone né mantiene nessuno degli obblighi di regolamentazione specifici di cui al paragrafo 2. Qualora siano già in applicazione obblighi di regolamentazione settoriali, li revoca per le imprese operanti in tale mercato rilevante. La revoca degli obblighi è comunicata alle parti interessate con un congruo preavviso.” (comma 3) “Qualora accerti che un mercato rilevante non è effettivamente concorrenziale l'autorità nazionale di regolamentazione individua le imprese che dispongono di un significativo potere di mercato conformemente all'articolo 13 e impone a tali imprese gli appropriati specifici obblighi di regolamentazione di cui al paragrafo 2 del presente articolo ovvero mantiene in vigore o modifica tali obblighi laddove già esistano.”(comma 4)

[18] Il comma 8 non è più in vigore, in quanto prescriveva i limiti tecnici applicabili fino alla completa attuazione del piano nazionale di assegnazione delle frequenze, ossia con lo switch-off delle reti analogiche avvenuto completamente nel luglio del 2012.

[19] L’art. 15 della legge Mammì prevedeva che a un singolo soggetto potessero essere rilasciate concessioni per l’esercizio del venticinque per cento del numero di reti nazionali previste dal piano di assegnazione e comunque non più di tre reti; l’art. 2 della legge Maccanico prevedeva invece il divieto in capo a una stessa società di irradiare più del 20% del totale dei programmi oltre che di conseguire ricavi nel mercato televisivo superiori al 30%.

[20] Il calcolo viene anche effettuato annualmente (entro il 30 ottobre) dall’Autorità, come previsto dall’art. 23 comma 1 della delibera n. 353/11/CONS.

[21] La radiofonia digitale, meglio conosciuta come DAB, si trova ancora nella fase di avvio del mercato ed è ad oggi disciplinata dalla delibera 664/09/CONS, come successivamente modificata, in ultimo, dalla delibera n. 35/16/CONS.

[22] Si tratta, secondo quanto disposto dalla delibera n. 666/08/CONS dei seguenti soggetti: gli operatori di rete; i fornitori di servizi di media audiovisivi o radiofonici; i fornitori di servizi interattivi associati o di servizi di accesso condizionato; i soggetti esercenti l'attività di radiodiffusione; le imprese concessionarie di pubblicità; le imprese di produzione o distribuzione di programmi radiotelevisivi; le agenzie di stampa a carattere nazionale; gli editori di giornali quotidiani, periodici o riviste; i soggetti esercenti l'editoria elettronica; le imprese fornitrici di servizi di comunicazione elettronica.

[23] I ricavi sono derivanti dalle seguenti attività: finanziamento del servizio pubblico radiotelevisivo al netto dei diritti dell'erario, da pubblicità nazionale e locale anche in forma diretta, da televendite, da sponsorizzazioni, da attività di diffusione del prodotto realizzata al punto vendita con esclusione di azioni sui prezzi, da convenzioni con soggetti pubblici a carattere continuativo e da provvidenze pubbliche erogate direttamente ai soggetti esercenti le attività indicate all'articolo 2, comma 1, lettera s) da offerte televisive a pagamento, dagli abbonamenti e dalla vendita di quotidiani e periodici inclusi i prodotti librari e fonografici commercializzati in allegato, nonché dalle agenzie di stampa a carattere nazionale, dall'editoria elettronica e annuaristica anche per il tramite di internet, da pubblicità on line e sulle diverse piattaforme anche in forma diretta, incluse le risorse raccolte da motori di ricerca, da piattaforme sociali e di condivisione, e dalla utilizzazione delle opere cinematografiche nelle diverse forme di fruizione del pubblico.

[24] Il divieto, originariamente limitato al termine del 31/12/2010, è stato esteso di anno in anno e, ad oggi, risulta ancora vigente fino al 31/12/2016.

[25] Il comma 10 del regolamento prevede invece che, nel caso in cui non siano raggiunte le soglie di cui al comma 1, l’operazione sia comunicata entro quindici giorni dal perfezionamento dell’operazione.

[26] Il comma 2 prescrive che debbano essere notificate anche le operazioni di concentrazione nelle quali anche solo una delle parti sia un soggetto operante nel medesimo sistema, ove l’operazione di concentrazione sia comunque suscettibile di produrre effetti nel predetto sistema o in uno dei mercati che lo compongono.

[28] In tal senso R. Zaccaria – A. Valastro, E. Albanesi, Diritto dell’informazione e della comunicazione, pag. 542, 2013, CEDAM.

[29] F. Bruno, G. Nava Il nuovo ordinamento delle comunicazioni. Radiotelevisione, comunicazioni elettroniche, editoria 2006, Milano: Giuffré.

 

Redatto il 20 luglio 2016

Immagine rimossa.

La tutela del pluralismo nel Sistema Integrato delle Comunicazioni (SIC): l’art. 43 del Testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici e il Regolamento allegato alla delibera Agcom n. 368/14/CONS

di Luca Baccaro

 

1. Introduzione: la libertà di informazione e il pluralismo nell’ordinamento comunitario e nazionale

Con le delibere nn. 286/15/CONS e 687/15/CONS, l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom) ha avviato due procedimenti volti all’individuazione del mercato rilevante nonché all’accertamento di posizioni dominanti o comunque lesive del pluralismo, rispettivamente, nel settore dei servizi di media audiovisivi e nel settore della radiofonia, ai sensi dell’art. 43, comma 2, del decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177 (Testo Unico dei Servizi Media Audiovisivi e radiofonici, anche solo Testo unico).

Entrambe le istruttorie si collocano nel quadro della tutela del pluralismo all’interno del sistema integrato delle comunicazioni (SIC), compito che il Testo unico affida all’Agcom.

Prima di esaminare in quali casi e con quali modalità l’Autorità ha il potere di aprire le istruttorie di cui all’art. 43 del Testo unico, sembra opportuno ricostruire brevemente quali sono le fonti che pongono il pluralismo come principio cardine della disciplina del diritto della comunicazione e, in particolare, della regolamentazione del settore dei servizi di media audiovisivi e della radiofonia. Il pluralismo nei mezzi d’informazione e la necessarietà di una sua tutela sono prescritti sia dall’ordinamento sovranazionale, che interno.

Riguardo le fonti di diritto internazionale, riveste un ruolo centrale l’art. 10 della Convenzione Europea dei Diritti dell’uomo (CEDU), che sancisce il principio della libertà di espressione. La Corte di Strasburgo ha interpretato in senso ampio il principio rimarcando “l’importanza del diritto di ognuno a ricevere un’informazione il più possibile pluralistica e non condizionata dalla presenza di posizioni dominanti[1].

Nell’ordinamento dell’Unione europea il principio del pluralismo, oltre ad entrare tra le  fonti del diritto in quanto tradizione costituzionale comune degli Stati Membri, è espressamente richiamato dall’art. 11, n. 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, che dedica attenzione specifica al rispetto della libertà dei media[2]; il sopracitato articolo, tra l’altro, è esplicitamente richiamato nel preambolo della Direttiva 2010/13/UE sui Servizi di media audiovisivi (considerato 16)[3].

Per quanto riguarda l’ordinamento nazionale, la nozione di pluralismo discende direttamente dall’art. 21 della Costituzione che sancisce il principio della libera manifestazione del pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione; l’art. 21 cost., pur dettando una regolazione dettagliata a garanzia della libertà di stampa, nulla dispone in tema di mezzi di comunicazione di massa[4].

Tuttavia, come sottolineato da autorevole dottrina, il primo comma dell’art. 21 cost. rappresenta una clausola aperta che ha permesso alla Corte “di costruire nel tempo una giurisprudenza evolutiva che, da un lato, ha progressivamente ampliato la garanzia costituzionale dalla stampa a tutti i mezzi di diffusione che si sono, di volta in volta, affermati attraverso lo sviluppo delle tecnologie; dall’altro ha esteso la tutela dai profili attivi, riferibili all’“attività dell’informare” - che sono i soli espressamente richiamati dalla norma - anche ai profili passivi, riferibili alla circolazione delle informazioni ed alla loro ricezione - che sono invece desumibili solo indirettamente dalla stessa norma[5].

Proprio alla giurisprudenza costituzionale si deve la formulazione del principio del pluralismo nelle due accezioni di pluralismo interno ed esterno, declinate dalla Corte in occasione delle sentenze susseguitesi nel tempo in tema di esercizio dell'attività radiotelevisiva. Se il pluralismo interno, inteso come apertura del mezzo informativo alle diverse tendenze politiche e culturali presenti nel Paese, è rivolto principalmente al servizio pubblico[6], il pluralismo esterno non afferisce tanto al contenuto del messaggio trasmesso, quanto alla necessità di garantire una pluralità di voci in tutti i media[7] e, pertanto, evitare la preminenza di una singola impresa idonea a comprimere l’attività degli altri operatori con conseguente riduzione dell’esercizio delle libertà di questi ultimi[8].

All’interno del Testo unico, e quindi a livello di normativa primaria, il principio è stato recepito, sia nella sua accezione interna, dall’art. 45[9], sia in quella esterna dagli artt. 3 e 5 che prevedono rispettivamente, da un lato, la libertà e il pluralismo nei mezzi di comunicazione e, dall’altra, il divieto di costituire o mantenere posizioni che ledano gli anzidetti principi.

Per contrastare la costituzione delle posizioni dominanti il legislatore ha introdotto delle discipline specifiche nelle prime due leggi di sistema del settore radiotelevisivo - legge n. 223 del 1990 (legge Mammì) e l. n. 249 del 1997 (legge Maccanico) - che, tuttavia, seppur per diverse motivazioni, sono state entrambe oggetto di censura da parte della Corte Costituzionale[10].

La disciplina attualmente in vigore è riportata nell’art. 43 del Testo unico rubricato “Posizioni dominanti nel sistema integrato delle comunicazioni[11]: la norma contiene una serie di limiti rivolti ai soggetti operanti nel mercato e, nello stesso tempo, attribuisce all’Autorità rilevanti poteri di regolazione e di vigilanza del rispetto di tali limiti.

Prima di procedere nel dettaglio all’analisi del contenuto dell’art. 43, sembra opportuno svolgere una considerazione preliminare. La norma fa riferimento a nozioni direttamente mutuate dal diritto antitrust; lo stesso articolo è posto all’interno del capo VI, rubricato “norme a tutela della concorrenza e del mercato”; inoltre, unitamente al pluralismo, il principio della tutela della concorrenza è citato dall’art. 5 lett. a) tra i principi fondamentali del settore.

Tuttavia, sembra opportuno specificare che, nonostante la rilevanza data dal Testo unico al diritto antitrust, concorrenza e pluralismo si trovano su due piani diversi e, precisamente, in un rapporto rispettivamente di mezzo a fine: come sottolineato dalla dottrina, la tutela della concorrenza deve essere intesa come un “bene giuridico che da primario diventa strumentale al perseguimento ed alla garanzia di un altro bene costituzionalmente garantito, il pluralismo nel sistema radiotelevisivo[12].

Analizzando l’art. 43, emerge come il diritto antitrust sia infatti richiamato nei concetti di intesa, di concentrazione, di posizione dominante, di barriere all’ingresso ed efficienza economica, ma il fine dell’impianto normativo è quello di affiancare alla tutela generale della concorrenza, la cui competenza rimane in capo all’Agcm, una disciplina di settore mirata specificatamente alla salvaguardia del pluralismo, demandata all’ Agcom: in tal senso basti notare che, mentre il diritto antitrust non sanziona il conseguimento di una posizione dominante in un determinato mercato e ne stigmatizza solamente l’abuso, il Testo unico vieta l’acquisizione di una posizione dominante tout court in quanto ritenuta idonea di per sé a ledere il pluralismo dell’informazione.

2. La tutela del pluralismo nell’ordinamento nazionale: l’art. 43 del Testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici e la procedura di cui alla delibera n. 368/14/CONS

L’art. 43 del Testo unico contiene dunque le prescrizioni in tema di rispetto del pluralismo nonché i poteri attribuiti all’Autorità, finalizzati al controllo sul rispetto di tali previsioni. Preliminarmente, si rileva che il comma 1 e il comma 6 impongono all’ Agcom di dotarsi di un regolamento che disciplini nel dettaglio le procedure previste dall’art. 43: il regolamento attualmente in vigore è quello allegato alla delibera n. 368/14/CONS (anche solo il Regolamento)[13]. Le istruttorie condotte dall’Autorità sono sostanzialmente riconducibili a due tipologie: la prima è quella descritta dal comma 2 dell’art. 43[14], nell’ambito del quale si inseriscono i procedimenti delle delibere n. 286/15/CONS e 687/15/CONS, attualmente in corso, alle quali si accennava in principio. l’Autorità, su segnalazione o d’ufficio, può avviare un procedimento volto alla verifica della costituzione di una posizione dominante all’interno dei mercati che compongono il Sistema Integrato delle Comunicazioni (SIC), nonché volto al rispetto dei limiti anticoncentrativi di cui ai commi 7, 8, 9, 10, 11 e 12 dell’art. 43. La procedura è specificata dagli articoli 5 e seguenti del Regolamento.

Rispetto alla precedente legge di sistema, la verifica sulla sussistenza di posizioni dominanti non avviene più all’interno di mercati già definiti a monte dalla legge[15], ma è legata all’analisi del SIC, ossia il settore economico composto, ai sensi dell’art. 2 comma 1 lett. s) del Testo unico, dalle attività di stampa quotidiana e periodica; editoria annuaristica ed elettronica anche per il tramite di Internet; radio e servizi di media audiovisivi; cinema; pubblicità esterna; iniziative di comunicazione di prodotti e servizi; sponsorizzazioni.

Pertanto, l’Autorità dovrà preliminarmente individuare il singolo mercato componente il SIC su cui effettuare l’indagine, che potrà coincidere esattamente con una delle attività del SIC o essere frazionato in più sotto-mercati[16]. Questa prima fase si conclude con uno schema di provvedimento che, secondo l’art. 6 del Regolamento, è posto in consultazione per 30 giorni, e che, pertanto, potrà essere modificato alla luce delle osservazioni dei soggetti regolati.

Individuato il mercato, ossia espletata la prima fase dell’istruttoria, l’Autorità può procedere con la seconda fase, volta all’analisi del mercato individuato, ai fini della verifica della sussistenza di una posizione dominante o comunque lesiva del pluralismo[17]: ai sensi del comma 2 dell’art. 43 del Testo unico, i parametri da utilizzare durante l’istruttoria sono i ricavi, il livello di concorrenza all’interno del sistema, le barriere all’ingresso, le dimensioni di efficienza economica dell’impresa, nonché gli indici quantitativi di diffusione dei programmi radiotelevisivi, dei prodotti editoriali e delle opere cinematografiche o fonografiche.

Sulla base delle risultanze istruttorie e a seguito di consultazione pubblica di 30 giorni, l’Autorità adotta un provvedimento che, secondo l’art. 7 del Regolamento, può accertare l’insussistenza o la sussistenza di posizioni dominanti o comunque lesive del pluralismo.

Nel secondo caso, l’Autorità ha il potere di disporre le misure di cui all’art. 43 comma 5 del Testo unico: in particolare, è previsto che l’Agcom possa intervenire affinché la posizione dominante venga rimossa, anche attraverso “misure che incidano sulla struttura dell'impresa, imponendo dismissioni di aziende o di rami di azienda” che, secondo quanto disposto dall’art. 14 del Regolamento, possono anche essere di natura temporanea. La mancata ottemperanza delle prescrizioni dell’Autorità ha come effetto l’irrogazione delle sanzioni amministrative previste dall’art. 1, comma 31, della legge n. 249 del 1997 (art. 15 del Regolamento).

La seconda tipologia di controlli affidata dall’art. 43 all’Autorità è invece prevista in occasione della notifica di operazioni di concentrazioni e intese tra soggetti che operano nel SIC; si tratta pertanto di un controllo sulle singole operazioni, al fine di consentire le verifiche dei limiti anticoncentrativi previsti dai commi 7, 8[18], 9, 10, 11 e 12 dell’art. 43.

Il superamento dei limiti prescritti dai predetti commi, che hanno come destinatari soprattutto le aziende radiotelevisive, comporta il conseguimento di una posizione vietata di per sé, a prescindere dalla posizione dominante nel mercato di riferimento.

Il comma 3 dell’art. 43 prevede che, nel caso in cui sia prevedibile il superamento da parte di una impresa o di un gruppo di imprese dei predetti limiti, l’Autorità adotta un atto di pubblico richiamo; nel caso in cui il superamento dei limiti sia accertato, applica invece le misure di cui all’art. 43 comma 5 già citate.

A prescindere dai poteri dell’Autorità, inoltre, il comma 4 prescrive la nullità automatica degli atti giuridici, delle concentrazioni e delle intese che hanno come effetto quello di far conseguire una posizione dominante o comunque lesiva del pluralismo o che contrastino con i divieti prescritti dai limiti anticoncentrativi.

Con riferimento alle singole posizioni vietate, il comma 7 si rivolge ai fornitori di servizi media audiovisivi e radiofonici che operano su frequenze terrestri in tecnica digitale (televisione digitale terrestre e DAB) e impone a un singolo soggetto il divieto di essere titolare, anche tramite società controllate o collegate, di autorizzazioni che consentano di diffondere più del 20% del totale dei programmi televisivi o radiofonici irradiabili su frequenze terrestri in ambito nazionale[19]. Occorre innanzitutto rilevare che la norma si rivolge esclusivamente alla piattaforma digitale terrestre e, conseguentemente, agli operatori attivi all’interno di questa, stante la scarsità delle risorse frequenziali terrestri; inoltre, la base di calcolo su cui effettuare la verifica sono i multiplex pianificati a livello nazionale[20]. Il controllo sui limiti delle autorizzazioni per i programmi televisivi è prevista anche per l’emittenza locale dall’art. 5 lett. d) secondo il quale non possono essere rilasciate autorizzazioni che consentano ad ogni fornitore, anche radiofonico digitale in ambito locale di irradiare nello stesso bacino più del 20% di programmi televisivi numerici in ambito locale sul totale dei servizi di media autorizzati.

Per quanto riguarda i fornitori di servizi media radiofonici, tale limite non sembra ancora in vigore stante la non completa attuazione del piano nazionale di assegnazione delle frequenze radiofoniche in tecnica digitale[21], condizione necessaria affinché, secondo il comma 7 dell’art. 43, scatti l’obbligo del rispetto del limite anticoncentrativo. Il comma 9 fissa invece il limite economico, disponendo che, fermo restando il divieto di posizioni dominanti nei singoli mercati che compongono il SIC, nessuna società (anche tramite controllate o collegate) obbligata all’iscrizione al Registro degli Operatori della Comunicazione (ROC)[22], può conseguire ricavi superiori al 20% del SIC; tali ricavi sono quelli derivanti dalle attività economiche elencate dal successivo comma 10[23]; il valore del SIC su cui calcolare la percentuale - che, in relazione all’anno 2014, ammonta a 17 miliardi e 137 milioni di euro (delibera n.658/15/CONS) - viene quantificato annualmente dalla stessa Autorità, attraverso l’informativa sui ricavi conseguiti dai soggetti operanti nel SIC (IES).

I commi 11 e 12, infine, sono rivolti a quelle aziende con rilevanti fatturati che operano, sia nel settore delle comunicazioni elettroniche, sia nel settore televisivo in ambito nazionale; il comma 11 dispone il divieto di raggiungimento di ricavi maggiori al 10% del valore di tutto il SIC per le aziende che conseguano ricavi superiori al 40% nel settore delle comunicazioni elettroniche. Il comma 12 prescrive invece il divieto da parte di soggetti che esercitano l’attività televisiva in ambito nazionale e che abbiano ricavi SIC superiori all’8%, nonché agli operatori di telecomunicazione già citati nel comma 11, di acquisire partecipazioni in imprese editrici di giornali quotidiani o di parteciparne alla costituzione di nuove aziende (con eccezione dell’editoria online)[24]. Ai fini della rilevazione delle posizioni vietate, il Testo unico dà grande rilevanza alle nozioni di controllo e collegamento tra società; in proposito i commi 13, 14 e 15 si sforzano di ricostruire il maggior numero di ipotesi configuranti la fattispecie di controllo, affinché le verifiche non si attestino al mero dato formale ma che siano approfondite al fine di verificare a quale soggetto siano effettivamente riconducibili le società coinvolte nelle operazioni di concentrazioni ed intese, nonché per effettuare l’indagine sulle posizioni dominanti in relazione all’intero gruppo societario. Venendo alla procedura applicabile a seguito di notifica di concentrazione e intese, anche in tali occasioni interviene la disciplina del Regolamento: in particolare, l’art. 4 regola l’istruttoria preliminare, stabilendo innanzitutto il momento in cui debba avvenire la notifica delle operazioni di concentrazione e delle intese.

In proposito, è prevista la notifica preventiva rispetto al compimento dell’operazione[25] nel caso in cui il fatturato realizzato a livello nazionale dall’insieme delle imprese che operano nel SIC[26] interessate sia superiore a 482 milioni di euro e se il fatturato realizzato a livello nazionale dall’impresa di cui è prevista l’acquisizione, attraverso l’operazione di concentrazione, sia superiore a 48 milioni di euro: a seguito dell’istruttoria preliminare, nel caso in cui siano riscontrati ragionevoli motivi per ipotizzare il superamento dei limiti anticoncentrativi, l’Autorità adotta la decisione di avviare l’istruttoria ai sensi dell’art. 16 del Regolamento[27].

Si rileva inoltre che, a seguito dell’entrata in vigore della delibera n. 110/16/CONS, che ha modificato il Regolamento, devono essere notificate all’Autorità anche le operazioni non qualificabili come concentrazioni e intese, ma che abbiano ad oggetto il solo trasferimento dell’autorizzazione per l’attività di fornitore di servizi media e la connessa attribuzione della numerazione dell’ordinamento automatico dei canali della televisione digitale terrestre (LCN); tali operazioni, infatti, sono comunque idonee ad aumentare il numero di autorizzazioni in capo a un singolo fornitore di servizi di media e, pertanto, potenzialmente idonee a violare il limite di cui al comma 7 dell’art. 43.

Gli articoli 16 e ss. del Regolamento, disciplinano la fase dell’istruttoria vera e propria, che può portare all’adozione del pubblico richiamo dell’art. 43 comma 3 in caso di prevedibile superamento delle soglie, o delle misure anticoncentrative dei cui all’art. 43 comma 5 in caso di violazione accertata. Anche in questo caso viene adottato, a seguito dell’istruttoria, uno schema di provvedimento posto a consultazione pubblica a seguito della quale l’Autorità decide se confermare o modificare le misure previste o archiviare la il procedimento.  Come per la procedura in tema di posizioni dominanti, la mancata ottemperanza delle prescrizioni dell’Autorità ha come effetto le sanzioni amministrative previste dall’art. 1, comma 31, della legge n. 249 del 1997.

3. Conclusioni

Il Testo unico affida quindi all’Agcom il compito di vigilare sul rispetto del pluralismo attraverso due tipi di istruttoria: quella di cui all’art. 43 comma 2, a seguito di istanza degli interessati o d’ufficio da parte dell’Autorità, volta a individuare e ad analizzare i mercati riferibili a singoli settori del SIC e quella di cui all’art. 43 comma 1 in occasione delle operazioni di concentrazioni e intese, che mira a controllare il rispetto dei limiti anticoncentrativi di cui ai commi 7, 8, 9, 10, 11 e 12 dell’art. 43.

Per quanto riguarda i limiti anticoncentrativi, sembra corretto sostenere che il sistema ideato dal legislatore presenti degli elementi di criticità, soprattutto con riferimento al limite economico di cui all’art. 43 comma 9. La norma si ispira a quanto già previsto dalla legge Maccanico: tuttavia, mentre la precedente legge di sistema vietava alle emittenti radiotelevisive di conseguire il 30% dei ricavi del solo settore radiotelevisivo, il comma 9 dell’art. 43, pur abbassando il limite economico al 20% fa riferimento ai ricavi di tutto il SIC, un paniere economico di valore molto ampio in quanto composto da ricavi ascrivibili a numerosissimi settori, che rende difficilmente applicabile il superamento del limite. In particolare, per quanto riguarda il settore dei servizi di media, come sottolineato dalla dottrina “il limite previsto dal t.u. non è assolutamente congruo in un sistema di estrema concentrazione come quello audiovisivo italiano e soprattutto non appaiono calibrati, in via di fatto e di diritto, i limiti dettati nei vari settori.[28]

Oltre alla vastità del paniere, è stata anche rilevata l’incongruenza tra i settori che compongono il SIC e i soggetti destinatari dei precetti dell’articolo 43; nello specifico “questa non coincidenza, potremmo dire tra denominatore e numeratore, produce una falsa equazione per cui un ristretto numero di soggetti (operanti nel SIC e, in quanto tali, obbligati all’iscrizione nel registro degli operatori della comunicazione – ROC) sono richiesti di mantenere la propria capacità di raccolta di risorse al di sotto di una determinata soglia di mercato individuata con riferimento ad un più vasto complesso di attività con il risultato, inevitabile, dell’innalzamento artificiale della soglia medesima[29].

Per completezza, sembra comunque corretto rilevare che, attraverso l’istruttoria di cui all’art. 43 comma 2 l’Autorità, una volta individuato e analizzato il mercato di riferimento, nel caso in cui verifichi la sussistenza di una posizione di dominanza o comunque lesiva del pluralismo ha il potere di attuare le misure di cui al comma 5 dell’art. 43, ovviando ex post alle carenze dei limiti anticoncentrativi previsti dal legislatore, con particolare riferimento al suddetto limite economico.

 

Note

[1] R. Mastroianni, La direttiva comunitaria sui servizi di media audiovisivi, pag. 30, Giappichelli, Torino, 2009.

[2] Il Comitato dei Ministri ha a più riprese espresso raccomandazioni sul rispetto del principio. In particolare, con la raccomandazione n. 2 del 31 gennaio 2007, sono state individuate delle misure che gli Stati membri dovrebbero applicare al fine di concretizzare la portata de principio pluralistico. Alcune di queste misure hanno come finalità l’intervento sulla struttura del mercato così da assicurare l’esistenza di una pluralità di operatori. Altre misure hanno come scopo la promozione della diversificazione dei contenuti soprattutto in relazione alla tipologia di programmi di informazione rivolti a varie gruppi sociali e la produzione di opere originali o l’adozione di must-carry e/o must-offer. In tal senso, si veda la delibera Agcom n. 555/10/CONS, pag. 48 e ss.

[3]Considerato 16: “La presente direttiva rafforza il rispetto dei diritti fondamentali ed è pienamente conforme ai principi riconosciuti dalla carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea,, in particolare l’articolo 11. A questo riguardo, la presente direttiva non dovrebbe impedire in alcun modo agli Stati membri di applicare le rispettive norme costituzionali in materia di libertà di stampa e di libertà di espressione nei mezzi di comunicazione”.

[4] Vd. In tal senso B. Tonoletti, Percorsi di diritto dell’informazione, pg. 222, Giappichelli, Torino, 2011 in cui l’autore rileva come “La formulazione letterale dell’art. 21 appare anacronistica rispetto alla situazione storica in cui l’Assemblea costituente si trovava ad operare: la disciplina dei rapporti tra l’informazione e potere in essa contenuta rispecchia più i valori e le esigenze tipici del liberalismo ottocentesco di quanto non sia in linea con il problema della costruzione di un ordinamento democratico dopo la fine del regime fascista e della seconda guerra mondiale”.

[5] E. Cheli, Libertà di informazione e pluralismo informativo negli indirizzi della giurisprudenza costituzionale, www.cortecostituzionale.it.

[6] Secondo la Corte costituzionale, il servizio pubblico deve “dar voce - attraverso un’informazione completa, obiettiva, imparziale ed equilibrata - a tutte, o al maggior numero possibile di opinioni, tendenze, correnti di pensiero politiche, sociali e culturali del Paese”.  Corte cost. sent. n. 826/1988 e, nello stesso senso, sent. n. 420 del 1994.

[7] Corte cost. sent. n. 112/93.

[8] Corte cost. sent. n. 148/81.

[9] L’articolo esplica i compiti della concessionaria e i contenuti minimi del servizio pubblico.

[10] La sentenza della Corte n. 420/94 ha dichiarato incostituzionale il comma 4 dell’art. 15 della legge Mammì in base al quale a un singolo soggetto potevano essere rilasciate concessioni per l’esercizio del venticinque per cento del numero di reti nazionali previste dal piano di assegnazione e comunque non più di tre reti, ritenendo non idoneo il limite anche alla luce del limite anticoncentrativo del 20% previsto per la stampa dalla legge n. 65 del 1985. La legge Maccanico, che prevedeva il divieto in capo a una stessa società di conseguire ricavi nel mercato televisivo superiori al 30% nonché di irradiare più del 20% del totale dei programmi, demandando all’ Agcom il controllo delle predette soglie, veniva colpita da censura dalla sentenza del 466/2002: la Corte, pur ritenendo congrui i parametri, dichiarava illegittima l’introduzione di un regime transitorio in deroga, dalla durata indeterminata e il cui scadere sarebbe dovuto essere individuato dall’ Agcom sulla base di un criterio ritenuto generico, rappresentato dall’effettivo e congruo sviluppo dell’utenza dei programmi radiotelevisivi satellite e via cavo.

[11] L’art. 43 contiene le disposizioni già previste dall’art. 14 della legge n. 122 del 2004 (Legge Gasparri).

[12] Cfr. A. Frignani, E. Poddighe, V. Zeno-Zencovich (a cura di), La televisione digitale: temi e problemi. Commento al d. lgs 177/05 T.U. della Radiotelevisione, 2006, p. 258.

[13] Il Regolamento disciplina, inoltre, il procedimento in tema di trasferimento di società radiotelevisive di cui all’ all'art. 1, comma 6, lett. c), n. 13, della legge n. 249 del 1997.

[14]Art. 43 comma 2: “L’Autorità su segnalazione di chi vi abbia interesse o, periodicamente, d’ufficio, individuato il mercato rilevante conformemente ai principi di cui agli articoli 15 e 16 della direttiva 2002/21/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 marzo 2002, verifica che non si costituiscano, nel sistema integrato delle comunicazioni e nei mercati che lo compongono, posizioni dominanti e che siano rispettati i limiti di cui ai commi 7, 8, 9, 10, 11 e 12, tenendo conto, fra l’altro, oltre che dei ricavi, del livello di concorrenza all’interno del sistema, delle barriere all’ingresso nello stesso, delle dimensioni di efficienza economica dell’impresa nonché degli indici quantitativi di diffusione dei programmi radiotelevisivi, dei prodotti editoriali e delle opere cinematografiche o fonografiche”.

[15] Vd. articolo 2, comma 1, legge Maccanico, ora abrogato dal Testo unico: “nei settori delle comunicazioni sonore e televisive, anche nelle forme evolutive, realizzate con qualsiasi mezzo tecnico, della multimedialità, dell'editoria anche elettronica e delle connesse fonti di finanziamento, è vietato qualsiasi atto o comportamento avente per oggetto o per effetto la costituzione o il mantenimento di una posizione dominante da parte di uno stesso soggetto anche attraverso soggetti controllati e collegati.

[16] Il comma 2 prescrive che l’individuazione dei mercati di riferimento deve avvenire alla luce dei principi di cui agli articoli 15 e 16 della direttiva 2002/21/CE: in proposito, l’art. 15, comma 3 prevede che “le autorità nazionali di regolamentazione, tenendo nel massimo conto la raccomandazione e gli orientamenti (della Commissione), definiscono i mercati rilevanti corrispondenti alla situazione nazionale, in particolare mercati geografici rilevanti nel loro territorio, conformemente ai principi del diritto della concorrenza”.

[17] l’art. 16 della direttiva 2002/21/CE dispone che ”quando l'autorità nazionale di regolamentazione è tenuta, ai sensi degli articoli 16, 17, 18 o 19 della direttiva 2002/22/CE (direttiva servizio universale) o ai sensi degli articoli 7 e 8 della direttiva 2002/19/CE (direttiva accesso), a decidere in merito all'imposizione, al mantenimento, alla modifica o alla revoca di obblighi a carico delle imprese, essa determina, in base alla propria analisi di mercato di cui al paragrafo 1 del presente articolo, se uno dei mercati rilevanti sia effettivamente concorrenziale.”(comma 2) “Se conclude che tale mercato è effettivamente concorrenziale, l'autorità nazionale di regolamentazione non impone né mantiene nessuno degli obblighi di regolamentazione specifici di cui al paragrafo 2. Qualora siano già in applicazione obblighi di regolamentazione settoriali, li revoca per le imprese operanti in tale mercato rilevante. La revoca degli obblighi è comunicata alle parti interessate con un congruo preavviso.” (comma 3) “Qualora accerti che un mercato rilevante non è effettivamente concorrenziale l'autorità nazionale di regolamentazione individua le imprese che dispongono di un significativo potere di mercato conformemente all'articolo 13 e impone a tali imprese gli appropriati specifici obblighi di regolamentazione di cui al paragrafo 2 del presente articolo ovvero mantiene in vigore o modifica tali obblighi laddove già esistano.”(comma 4)

[18] Il comma 8 non è più in vigore, in quanto prescriveva i limiti tecnici applicabili fino alla completa attuazione del piano nazionale di assegnazione delle frequenze, ossia con lo switch-off delle reti analogiche avvenuto completamente nel luglio del 2012.

[19] L’art. 15 della legge Mammì prevedeva che a un singolo soggetto potessero essere rilasciate concessioni per l’esercizio del venticinque per cento del numero di reti nazionali previste dal piano di assegnazione e comunque non più di tre reti; l’art. 2 della legge Maccanico prevedeva invece il divieto in capo a una stessa società di irradiare più del 20% del totale dei programmi oltre che di conseguire ricavi nel mercato televisivo superiori al 30%.

[20] Il calcolo viene anche effettuato annualmente (entro il 30 ottobre) dall’Autorità, come previsto dall’art. 23 comma 1 della delibera n. 353/11/CONS.

[21] La radiofonia digitale, meglio conosciuta come DAB, si trova ancora nella fase di avvio del mercato ed è ad oggi disciplinata dalla delibera 664/09/CONS, come successivamente modificata, in ultimo, dalla delibera n. 35/16/CONS.

[22] Si tratta, secondo quanto disposto dalla delibera n. 666/08/CONS dei seguenti soggetti: gli operatori di rete; i fornitori di servizi di media audiovisivi o radiofonici; i fornitori di servizi interattivi associati o di servizi di accesso condizionato; i soggetti esercenti l'attività di radiodiffusione; le imprese concessionarie di pubblicità; le imprese di produzione o distribuzione di programmi radiotelevisivi; le agenzie di stampa a carattere nazionale; gli editori di giornali quotidiani, periodici o riviste; i soggetti esercenti l'editoria elettronica; le imprese fornitrici di servizi di comunicazione elettronica.

[23] I ricavi sono derivanti dalle seguenti attività: finanziamento del servizio pubblico radiotelevisivo al netto dei diritti dell'erario, da pubblicità nazionale e locale anche in forma diretta, da televendite, da sponsorizzazioni, da attività di diffusione del prodotto realizzata al punto vendita con esclusione di azioni sui prezzi, da convenzioni con soggetti pubblici a carattere continuativo e da provvidenze pubbliche erogate direttamente ai soggetti esercenti le attività indicate all'articolo 2, comma 1, lettera s) da offerte televisive a pagamento, dagli abbonamenti e dalla vendita di quotidiani e periodici inclusi i prodotti librari e fonografici commercializzati in allegato, nonché dalle agenzie di stampa a carattere nazionale, dall'editoria elettronica e annuaristica anche per il tramite di internet, da pubblicità on line e sulle diverse piattaforme anche in forma diretta, incluse le risorse raccolte da motori di ricerca, da piattaforme sociali e di condivisione, e dalla utilizzazione delle opere cinematografiche nelle diverse forme di fruizione del pubblico.

[24] Il divieto, originariamente limitato al termine del 31/12/2010, è stato esteso di anno in anno e, ad oggi, risulta ancora vigente fino al 31/12/2016.

[25] Il comma 10 del regolamento prevede invece che, nel caso in cui non siano raggiunte le soglie di cui al comma 1, l’operazione sia comunicata entro quindici giorni dal perfezionamento dell’operazione.

[26] Il comma 2 prescrive che debbano essere notificate anche le operazioni di concentrazione nelle quali anche solo una delle parti sia un soggetto operante nel medesimo sistema, ove l’operazione di concentrazione sia comunque suscettibile di produrre effetti nel predetto sistema o in uno dei mercati che lo compongono.

[28] In tal senso R. Zaccaria – A. Valastro, E. Albanesi, Diritto dell’informazione e della comunicazione, pag. 542, 2013, CEDAM.

[29] F. Bruno, G. Nava Il nuovo ordinamento delle comunicazioni. Radiotelevisione, comunicazioni elettroniche, editoria 2006, Milano: Giuffré.

 

Redatto il 20 luglio 2016