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Il nuovo accesso civico previsto dal decreto legislativo 25 maggio 2016, n. 97. Le amministrazioni hanno l’obbligo di adeguarsi

Il nuovo accesso civico previsto dal decreto legislativo 25 maggio 2016, n. 97. Le amministrazioni hanno l’obbligo di adeguarsi
Il nuovo accesso civico previsto dal decreto legislativo 25 maggio 2016, n. 97. Le amministrazioni hanno l’obbligo di adeguarsi

Abstract

È corsa contro il tempo delle amministrazioni per adeguarsi alle disposizioni sul nuovo accesso civico previsto dal decreto legislativo 25 maggio 2016, n. 97.

Lo scorso 23 dicembre 2016 è infatti scaduto il termine di sei mesi previsto dal legislatore per consentire alle amministrazioni di adeguare regolamenti, procedure e gestione degli archivi alle disposizioni sul cd. accesso civico “generalizzato”.

Ad oggi sono tuttavia ancora poche le amministrazioni che hanno proceduto agli adeguamenti richiesti dal legislatore.

Pertanto le amministrazioni devono fare in fretta, pena il  rischio di farsi trovare impreparate alle numerosissime richieste di accesso che proverranno da cittadini, associazioni e imprese, e di trovarsi esposte a possibili conteziosi e pretese risarcitorie.

 

Lo scorso 23 dicembre 2016 è scaduto il termine di sei mesi previsto dal legislatore per consentire alle amministrazioni di adeguare regolamenti, procedure e gestione degli archivi alle disposizioni del decreto legislativo 25 maggio 2016, n. 97, recante “revisione e semplificazione delle disposizioni in materia di prevenzione della corruzione, pubblicità e trasparenza, correttivo della legge 6 novembre 2012, n. 190 e del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, ai sensi dell’articolo 7 della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche”.

Il decreto legislativo attua la delega di cui all’articolo 7 della legge 7 agosto 2015, n. 124, recante “Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche”, in materia di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni. Nel suo complesso, il decreto-legislativo è finalizzato a rafforzare la trasparenza amministrativa. A questo fine, da un lato, il provvedimento normativo si propone di favorire forme diffuse di controllo da parte dei cittadini, anche adeguandosi a standards internazionali; dall’altro, introduce misure che consentono una più efficace azione di contrasto alle condotte illecite nelle pubbliche amministrazioni.

In particolare, il provvedimento normativo apporta alcune significative modifiche al decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, con i seguenti obiettivi: ridefinire l’ambito di applicazione degli obblighi e delle misure in materia di trasparenza; prevedere misure organizzative per la pubblicazione di alcune informazioni e per la concentrazione e la riduzione degli oneri gravanti in capo alle amministrazioni pubbliche; razionalizzare e precisare gli obblighi di pubblicazione; individuare i soggetti competenti all’irrogazione delle sanzioni per la violazione degli obblighi di trasparenza.

Inoltre, è introdotta una nuova forma di accesso civico ai dati pubblici, equivalente a quella che nei sistemi anglosassoni è definita Freedom of information act (Foia) o “Atto sulla libertà di informazione”, che riconosce il diritto dei cittadini ad accedere a informazioni detenute dalle pubbliche amministrazioni.

L’introduzione del Freedom of Information Act rappresenta una svolta nel nostro Paese, classificato 97esimo su 103 nazioni in materia di diritto di accesso all’informazione e secondo l’ultimo rapporto di Transparency International penultimo in Europa e 61° nel mondo per corruzione percepita.

La campagna per l’introduzione di un Freedom of Information Act rappresenta un successo della società civile, reso possibile soprattutto dal grande lavoro di stimolo e proposta messo in campo da una coalizione di organizzazioni che ha spinto il governo italiano ad approvare il suo primo Freedom of Information Act, dando seguito alle promesse dell’allora Presidente del Consiglio Renzi fatte in occasione del suo discorso di insediamento alle Camere.

Questa nuova forma di accesso prevede che chiunque, indipendentemente dalla titolarità di situazioni giuridicamente rilevanti, può accedere a tutti i dati detenuti dalle pubbliche amministrazioni, nel rispetto di alcuni limiti tassativamente indicati dalla legge. Si tratta, dunque, di un regime di accesso più ampio di quello previsto dalla versione originaria dell’articolo 5 del decreto legislativo n. 33 del 2013, in quanto consente di accedere non solo ai dati e documenti per i quali esistono specifici obblighi di pubblicazione (per i quali permane, comunque, l’obbligo dell’amministrazione di pubblicare quanto richiesto, nel caso in cui non fosse già presente sul sito istituzionale), ma anche ai dati per i quali non esiste l’obbligo di pubblicazione e che l’amministrazione deve quindi fornire al richiedente. Infine, questa nuova forma di accesso si distingue dalla disciplina in materia di accesso ai documenti amministrativi di cui agli articoli 22 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241. Più precisamente, dal punto di vista soggettivo, la richiesta di accesso non richiede alcuna qualificazione e motivazione, per cui il richiedente non deve dimostrare di essere titolare di un «interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso», così come stabilito invece per l’accesso ai sensi della legge sul procedimento amministrativo. Dal punto di vista oggettivo, invece, i limiti applicabili alla nuova forma di accesso civico (di cui al nuovo articolo 5-bis del decreto legislativo n. 33 del 2013) sono più ampi e dettagliati rispetto a quelli indicati dall’articolo 24 della legge n. 241 del 1990, consentendo alle amministrazioni di impedire l’accesso solo nei casi in cui una norma di legge sottrae alcune informazioni e documenti alla conoscibilità del pubblico oppure nei casi in cui questo possa compromettere alcuni rilevanti interessi pubblici generali, tassativamente elencati. Per la corretta perimetrazione di tali interessi pubblici generali è prevista l’adozione di linee guida da parte dell’Autorità nazionale Anticorruzione d’intesa con il Garante della privacy, in ordine ai dati personali.

Malgrado il rilievo dell’impatto regolatorio e la generalità degli interessi coinvolti, ad oggi sono tuttavia ancora poche le amministrazioni che hanno proceduto agli adeguamenti richiesti dal legislatore.

Sulla lentezza degli adeguamenti potrebbero avere influito anche l’incertezza della fase politica e la recente pronuncia della Corte Costituzionale (sentenza n. 251/2016) che ha dichiarato illegittima costituzionalmente una parte della legge delega 7 agosto 2015, n. 124. Tuttavia, tra i decreti legislativi attuativi della delega interessati dalla sentenza della Consulta non vi è il decreto legislativo 25 maggio 2016, n. 97. Pertanto le amministrazioni devono fare in fretta, pena il  rischio di farsi trovare impreparate alle numerosissime richieste di accesso che proverranno da cittadini, associazioni e imprese, e di trovarsi esposte a possibili conteziosi e pretese risarcitorie.

Abstract

È corsa contro il tempo delle amministrazioni per adeguarsi alle disposizioni sul nuovo accesso civico previsto dal decreto legislativo 25 maggio 2016, n. 97.

Lo scorso 23 dicembre 2016 è infatti scaduto il termine di sei mesi previsto dal legislatore per consentire alle amministrazioni di adeguare regolamenti, procedure e gestione degli archivi alle disposizioni sul cd. accesso civico “generalizzato”.

Ad oggi sono tuttavia ancora poche le amministrazioni che hanno proceduto agli adeguamenti richiesti dal legislatore.

Pertanto le amministrazioni devono fare in fretta, pena il  rischio di farsi trovare impreparate alle numerosissime richieste di accesso che proverranno da cittadini, associazioni e imprese, e di trovarsi esposte a possibili conteziosi e pretese risarcitorie.

 

Lo scorso 23 dicembre 2016 è scaduto il termine di sei mesi previsto dal legislatore per consentire alle amministrazioni di adeguare regolamenti, procedure e gestione degli archivi alle disposizioni del decreto legislativo 25 maggio 2016, n. 97, recante “revisione e semplificazione delle disposizioni in materia di prevenzione della corruzione, pubblicità e trasparenza, correttivo della legge 6 novembre 2012, n. 190 e del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, ai sensi dell’articolo 7 della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche”.

Il decreto legislativo attua la delega di cui all’articolo 7 della legge 7 agosto 2015, n. 124, recante “Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche”, in materia di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni. Nel suo complesso, il decreto-legislativo è finalizzato a rafforzare la trasparenza amministrativa. A questo fine, da un lato, il provvedimento normativo si propone di favorire forme diffuse di controllo da parte dei cittadini, anche adeguandosi a standards internazionali; dall’altro, introduce misure che consentono una più efficace azione di contrasto alle condotte illecite nelle pubbliche amministrazioni.

In particolare, il provvedimento normativo apporta alcune significative modifiche al decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, con i seguenti obiettivi: ridefinire l’ambito di applicazione degli obblighi e delle misure in materia di trasparenza; prevedere misure organizzative per la pubblicazione di alcune informazioni e per la concentrazione e la riduzione degli oneri gravanti in capo alle amministrazioni pubbliche; razionalizzare e precisare gli obblighi di pubblicazione; individuare i soggetti competenti all’irrogazione delle sanzioni per la violazione degli obblighi di trasparenza.

Inoltre, è introdotta una nuova forma di accesso civico ai dati pubblici, equivalente a quella che nei sistemi anglosassoni è definita Freedom of information act (Foia) o “Atto sulla libertà di informazione”, che riconosce il diritto dei cittadini ad accedere a informazioni detenute dalle pubbliche amministrazioni.

L’introduzione del Freedom of Information Act rappresenta una svolta nel nostro Paese, classificato 97esimo su 103 nazioni in materia di diritto di accesso all’informazione e secondo l’ultimo rapporto di Transparency International penultimo in Europa e 61° nel mondo per corruzione percepita.

La campagna per l’introduzione di un Freedom of Information Act rappresenta un successo della società civile, reso possibile soprattutto dal grande lavoro di stimolo e proposta messo in campo da una coalizione di organizzazioni che ha spinto il governo italiano ad approvare il suo primo Freedom of Information Act, dando seguito alle promesse dell’allora Presidente del Consiglio Renzi fatte in occasione del suo discorso di insediamento alle Camere.

Questa nuova forma di accesso prevede che chiunque, indipendentemente dalla titolarità di situazioni giuridicamente rilevanti, può accedere a tutti i dati detenuti dalle pubbliche amministrazioni, nel rispetto di alcuni limiti tassativamente indicati dalla legge. Si tratta, dunque, di un regime di accesso più ampio di quello previsto dalla versione originaria dell’articolo 5 del decreto legislativo n. 33 del 2013, in quanto consente di accedere non solo ai dati e documenti per i quali esistono specifici obblighi di pubblicazione (per i quali permane, comunque, l’obbligo dell’amministrazione di pubblicare quanto richiesto, nel caso in cui non fosse già presente sul sito istituzionale), ma anche ai dati per i quali non esiste l’obbligo di pubblicazione e che l’amministrazione deve quindi fornire al richiedente. Infine, questa nuova forma di accesso si distingue dalla disciplina in materia di accesso ai documenti amministrativi di cui agli articoli 22 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241. Più precisamente, dal punto di vista soggettivo, la richiesta di accesso non richiede alcuna qualificazione e motivazione, per cui il richiedente non deve dimostrare di essere titolare di un «interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso», così come stabilito invece per l’accesso ai sensi della legge sul procedimento amministrativo. Dal punto di vista oggettivo, invece, i limiti applicabili alla nuova forma di accesso civico (di cui al nuovo articolo 5-bis del decreto legislativo n. 33 del 2013) sono più ampi e dettagliati rispetto a quelli indicati dall’articolo 24 della legge n. 241 del 1990, consentendo alle amministrazioni di impedire l’accesso solo nei casi in cui una norma di legge sottrae alcune informazioni e documenti alla conoscibilità del pubblico oppure nei casi in cui questo possa compromettere alcuni rilevanti interessi pubblici generali, tassativamente elencati. Per la corretta perimetrazione di tali interessi pubblici generali è prevista l’adozione di linee guida da parte dell’Autorità nazionale Anticorruzione d’intesa con il Garante della privacy, in ordine ai dati personali.

Malgrado il rilievo dell’impatto regolatorio e la generalità degli interessi coinvolti, ad oggi sono tuttavia ancora poche le amministrazioni che hanno proceduto agli adeguamenti richiesti dal legislatore.

Sulla lentezza degli adeguamenti potrebbero avere influito anche l’incertezza della fase politica e la recente pronuncia della Corte Costituzionale (sentenza n. 251/2016) che ha dichiarato illegittima costituzionalmente una parte della legge delega 7 agosto 2015, n. 124. Tuttavia, tra i decreti legislativi attuativi della delega interessati dalla sentenza della Consulta non vi è il decreto legislativo 25 maggio 2016, n. 97. Pertanto le amministrazioni devono fare in fretta, pena il  rischio di farsi trovare impreparate alle numerosissime richieste di accesso che proverranno da cittadini, associazioni e imprese, e di trovarsi esposte a possibili conteziosi e pretese risarcitorie.