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La riforma della trasparenza amministrativa. Il nuovo istituto dell’accesso civico dopo il Decreto Legislativo n. 97/2016

La riforma della trasparenza amministrativa. Il nuovo istituto dell’accesso civico dopo il Decreto Legislativo n. 97/2016
La riforma della trasparenza amministrativa. Il nuovo istituto dell’accesso civico dopo il Decreto Legislativo n. 97/2016

Sommario

1. Premessa

2. La riforma della trasparenza amministrativa

3. Il nuovo istituto dell'accesso civico

4. Considerazioni conclusive

 

1. Premessa

Il Decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33 “Riordino della disciplina riguardante gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni”, c.d. Decreto trasparenza, è stato recentemente oggetto di una significativa revisione con l’entrata in vigore del Decreto legislativo 25 maggio 2016, n. 97 “Revisione e semplificazione delle disposizioni in materia di prevenzione della corruzione, pubblicità e trasparenza, correttivo della legge 6 novembre 2012, n. 190 e del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, ai sensi dell’articolo 7 della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche” mediante il quale il legislatore, in attuazione dei principi fissati dalla Legge n. 124/2015 “Delega al governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche”, c.d. Legge Madia[1], ha inteso adeguare la normativa italiana sulla trasparenza al modello c.d. FOIA (Freedom of Information Act), adottato da tempo sia a livello internazionale che europeo.

Il legislatore nazionale infatti, oltre ad aver provveduto alla rivisitazione ed alla razionalizzazione di alcuni adempimenti relativi agli obblighi di pubblicazione delle amministrazioni sui propri siti istituzionali, ha introdotto una nuova figura di accesso civico, il c.d. “accesso generalizzato che si aggiunge al diritto di accesso già previsto nel precedente Decreto trasparenza (ex articolo 5), ora denominato “accesso civico” o “accesso semplice”.

Mediante l’introduzione di questa nuova figura di accesso civico, viene riconosciuto espressamente anche nel nostro ordinamento il c.d. “diritto alla trasparenzaovvero il diritto di essere informati quale espressione della manifestazione della libertà di informazione[2], diritto sancito a livello costituzionale all’articolo 21.

La regola generale è la trasparenza (total disclosure) mentre la riservatezza ed il segreto costituiscono le eccezioni. L’esclusione del diritto di informazione o una sua limitazione è ammissibile pertanto solo in casi determinati, individuati con legge o regolamento.

Le Amministrazioni pubbliche sono detentrici di un patrimonio informativo pubblico che come tale, secondo la filosofia del FOIA, deve essere accessibile ai cittadini in quanto trattasi di “bene comune”, la cui disponibilità è funzionale al rafforzamento della trasparenza amministrativa, al fine di favorire forme diffuse di controllo ed una più efficace azione di contrasto alle condotte illecite nelle pubbliche amministrazioni.

Rispetto al modello statunitense e a quello maggiormente diffuso nei paesi europei, il legislatore italiano ha scelto di adeguarsi al FOIA adottando una soluzione “ibrida” mediante un processo di riforma della trasparenza amministrativa “per fasi, innestando il Freedom of Information Act in un contesto normativo già esistente, con i conseguenti problemi interpretativi e di armonizzazione della normativa[3].

Inoltre il legislatore italiano, a seguito dell’adozione della nuova disciplina, ha imposto l’obbligo di adeguarsi alle modifiche introdotte entro sei mesi dall’entrata in vigore del suddetto Decreto ovvero entro il 23 dicembre 2016, senza prevedere un periodo transitorio per la sua attuazione[4], diversamente da quanto accaduto in altri paesi.

 

2. La riforma della trasparenza amministrativa

Il processo di riforma della trasparenza amministrativa nel nostro ordinamento, avviato con l’adozione della Legge 7 agosto 1990, n. 241 “Nuove norme sul procedimento amministrativo” e l’enunciazione del principio di pubblicità tra i principi generali dell’attività amministrativa[5], ha subito una svolta significativa con l’emanazione della Legge 27 ottobre 2009, n. 150 “Attuazione della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni” con la codificazione della nozione di trasparenza all’articolo 11 intesa quale <<(...) accessibilità totale, anche attraverso lo strumento della pubblicazione sui siti istituzionali delle amministrazioni pubbliche, delle informazioni concernenti ogni aspetto dell’organizzazione, degli indicatori relativi agli andamenti gestionali e all’utilizzo delle risorse per il perseguimento delle funzioni istituzionali, dei risultati dell’attività di misurazione e valutazione svolta dagli organi competenti, allo scopo di favorire forme diffuse di controllo del rispetto dei principi di buon andamento e imparzialità (...)>>.

La Legge n. 150/2009 stabilisce inoltre che la trasparenza rientra tra le materie di competenza esclusiva statale ai sensi dell’articolo 117, secondo comma, lettera m) della Costituzione e costituisce livello essenziale delle prestazioni erogate dalle amministrazioni pubbliche.

Successivamente all’adozione del Decreto citato, il legislatore è intervenuto emanando la Legge 6 novembre 2012, n. 190 “Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione”[6], la quale prevede l’obbligo di adottare un decreto entro sei mesi dalla sua emanazione, nel rispetto dei principi e criteri direttivi definiti nella stessa legge, per il riordino della disciplina riguardante gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni.

Al fine di adempiere a quanto previsto nella legge sopra citata, con  il Decreto legislativo n. 33/2013 il legislatore ha imposto in capo alle pubbliche amministrazione e ai soggetti tenuti al rispetto della normativa sulla trasparenza, una serie di obblighi di pubblicazione di informazioni, dati e documenti sui propri siti istituzionali, prevedendo, in caso di omesso adempimento, la possibilità in capo a chiunque sia interessato, di presentare istanza - che non necessita di motivazione - al fine di ottenere la pubblicazione dei dati, informazioni e documenti, con possibilità di ricorrere, in caso di inerzia dell’amministrazione, al giudice amministrativo.

La trasparenza ovvero una maggiore conoscibilità da parte dei cittadini dell’organizzazione e delle attività delle pubbliche amministrazioni, viene pertanto considerata un mezzo per contrastare la corruzione della pubblica amministrazione.

Con il Decreto legislativo 25 maggio 2016, n. 97 “Revisione e semplificazione delle disposizioni in materia di prevenzione della corruzione, pubblicità e trasparenza, correttivo della legge 6 novembre 2012, n. 190 e del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, ai sensi dell’articolo 7 della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche”, si perfeziona il processo di riforma della trasparenza amministrativa in attuazione dei principi e dei criteri direttivi espressi nell’articolo 7 della Legge delega n. 124/2015.

L’obiettivo della riforma è quello di riaffermare i principi di legalità e imparzialità che devono governare l’agire pubblico e  dall’altra, recuperare efficienza ed economicità contrastando i fenomeni di non corretta gestione delle risorse pubbliche[7].

In particolare il citato Decreto è intervenuto, con abrogazioni od integrazioni, sui diversi obblighi di trasparenza con la modifica dell’ambito soggettivo di applicazione della normativa sulla trasparenza[8], con l’introduzione del nuovo istituto dell’accesso civico generalizzato agli atti e ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, con la soppressione del Programma triennale della trasparenza ed integrità, il quale deve trovare spazio in una apposita sezione del Piano triennale di prevenzione della corruzione, con l’introduzione di nuove sanzioni pecuniarie nonché l’attribuzione ad ANAC della competenza all’irrogazione delle stesse.

L’elemento di maggiore novità del nuovo Decreto trasparenza è sicuramente l’introduzione di una nuova forma di accesso civico, che si distingue sia per finalità perseguite sia per il procedimento, da quella tradizionale prevista dal Decreto legislativo n. 33/2013 e da quella di cui agli articoli 22 e seguenti della Legge n. 241/1990[9], mediante la quale viene riconosciuto a chiunque il diritto di accedere a dati ulteriori e documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, rispetto a quelli oggetto di pubblicazione obbligatoria fissati dal legislatore.

Attraverso il c.d. accesso generalizzato, riconosciuto a chiunque, indipendentemente dalla titolarità di situazioni giuridicamente rilevanti, fatti salvi i casi di segreto o di divieto di divulgazione previsti dall’ordinamento e nel rispetto dei limiti relativi alla tutela di interessi pubblici e privati[10], si assiste al riconoscimento della piena libertà di informazione dei cittadini.

Lo scopo dichiarato della riforma è pertanto quello di promuovere un maggior coinvolgimento dei cittadini alla partecipazione consapevole ai processi decisionali della pubblica amministrazione, e non soltanto, come in precedenza previsto, l’esercizio del controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche[11] .

 

3. Il nuovo istituto dell'accesso civico

L’articolo 5 “Accesso civico a dati e documenti” del Decreto legislativo n. 97/2016 disciplina congiuntamente le due fattispecie di accesso civico oggi riconosciute nel nostro ordinamento.

La prima forma di “accesso civico” è disciplinata al comma 1 del citato articolo, istituito antecedentemente alla riforma del 2016 e consiste nel diritto di chiunque di richiedere documenti, dati o informazioni oggetto di pubblicazione obbligatoria sui siti istituzionali delle pubbliche amministrazioni tenute all’adempimento (c.d. accesso semplice)[12], inteso quale  rimedio alla mancata osservanza degli obblighi di pubblicazione imposti dal legislatore.

Al c.d. “accesso civico” si affianca una forma diversa ed autonoma di accesso, ovvero il c.d. accesso generalizzatoche rappresenta la massima espressione del diritto all’informazione del cittadino e che può trovare limitazioni esclusivamente nelle ipotesi fissate dal legislatore di cui ai commi 1, 2 e 3 dell’articolo 5 bis[13].

L’articolo 5 comma 2 del Decreto legislativo n. 33/2013 riconosce infatti a “chiunque”  il diritto di accedere ad ulteriori dati e documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, rispetto a quelli già oggetto di pubblicazione obbligatoria.

Il soggetto che può presentare istanza non è soltanto colui che vuole conoscere dell’organizzazione e delle attività della pubblica amministrazione e controllare il perseguimento dei fini istituzionali, ma anche colui che intende partecipare all’attività amministrativa e tutelare i propri diritti, potendo accedere ad ogni documento o dato detenuto dall’amministrazione.

L’istante non deve pertanto essere necessariamente titolare di un interesse qualificato come quello previsto per l’accesso agli atti di cui agli articoli 22 e seguenti della Legge n. 241/1990, infatti l’esercizio del diritto di accesso non è sottoposto ad alcuna limitazione soggettiva del richiedente.

Il nuovo Decreto Trasparenza amplia la platea dei soggetti corresponsabili per la risposta all’accesso civico. L’istanza infatti può essere presentata all’Ufficio che detiene l’oggetto di accesso o l’Ufficio Relazioni con il pubblico, potendo tuttavia l’amministrazione individuare un ufficio ad hoc per la ricezione delle istanze, nelle quali dovranno essere esplicitamente indicati i documenti, dati e le informazioni di cui si richiede l’accesso.

Nel caso di cui si tratti di accesso c.d. semplice in cui si richiedano documenti, dati e informazioni oggetto di pubblicazione obbligatoria, l’istanza deve essere presentata anche al Responsabile della Prevenzione della Corruzione e della Trasparenza[14], ritenendosi opportuno, sebbene ciò non sia espressamente previsto dalla norma, che egli debba essere informato anche delle risposte fornite dagli altri destinatari dell’istanza di accesso, al fine di poter esercitare un presidio rispetto a tematiche che, seppur indirettamente, lo coinvolgono.

Circa l’oggetto dell’istanza occorre precisare che nel testo normativo non si rinviene una definizione di “dato” o di “informazione”. Si ritiene tuttavia che come generalmente inteso per “informazione” ci si riferisca ad un dato trattato ed elaborato specificatamente.

Il legislatore ha preventivamente escluso all’articolo 5, comma 2 del Decreto legislativo n. 33/2013, la possibilità che le “informazioni” possano costituire oggetto di accesso civico generalizzato, nella consapevolezza che il rilascio delle suddette, richiederebbe un’attività di rielaborazione da parte dell’amministrazione destinataria dell’istanza non compatibile con il carico di attività e di risorse a disposizione dell’amministrazione.

Per quanto riguarda il procedimento di accesso civico, l’articolo 5 comma 6 del Decreto trasparenza, che trova applicazione per entrambe le tipologie di accesso, prevede, in linea con quanto previsto all’articolo 2 della Legge n. 241/1990, che questo debba concludersi con un provvedimento espresso e motivato entro il termine di trenta giorni dalla presentazione dell’istanza con la comunicazione al richiedente e agli eventuali controinteressati.

Infatti, nell’ipotesi in cui l’amministrazione destinataria dell’istanza di accesso generalizzato riscontri la presenza di controinteressati, i termini per la conclusione del procedimento sono sospesi per un periodo di dieci giorni dalla ricezione della comunicazione da parte del controinteressato, al fine di consentire allo stesso di presentare eventuale opposizione[15].

In caso di accoglimento dell’istanza, l’amministrazione provvede a trasmettere tempestivamente al richiedente i dati o i documenti richiesti, ovvero, nel caso in cui l’istanza riguardi dati, informazioni o documenti oggetto di pubblicazione obbligatoria ai sensi del Decreto legislativo n. 33/2013, alla pubblicazione sul sito i dati, le informazioni o i documenti richiesti e a comunicare al richiedente l’avvenuta pubblicazione dello stesso, con indicazione del relativo collegamento ipertestuale.

In caso di accoglimento della richiesta di accesso civico nonostante l’opposizione del controinteressato, salvi i casi di comprovata indifferibilità, l’amministrazione ne dà comunicazione al controinteressato e provvede a trasmettere al richiedente i dati o i documenti richiesti non prima di quindici giorni dalla ricezione della stessa comunicazione da parte del controinteressato, al fine di consentire a quest’ultimo la presentazione di eventuale richiesta di riesame o ricorso al difensore civico, oppure ricorso al giudice amministrativo[16].

Il rifiuto, il differimento e la limitazione dell’accesso devono essere giustificati mediante congrua e completa motivazione con riferimento ai casi e ai limiti stabiliti dall’articolo 5-bis. Il Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza può chiedere agli uffici della relativa amministrazione informazioni sull’esito delle istanze.

Nei casi di diniego totale o parziale dell’accesso o di mancata risposta entro il termine di trenta giorni, il richiedente può presentare richiesta di riesame al Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza, che decide con provvedimento motivato, entro il termine di venti giorni.        

Il diritto di accesso non è illimitato in quanto il legislatore ha posto una serie di limitazioni ed eccezioni al suo esercizio.

Con riferimento all’accesso civico di cui all’articolo 5 comma 1 del Decreto trasparenza il legislatore, con la Legge n. 190/2012, ha operato il bilanciamento di interessi giuridicamente rilevanti escludendo così margini di discrezionalità della amministrazione coinvolta. Pertanto i dati, documenti e le informazioni oggetto di pubblicazione obbligatoria non sono sottoposti ai limiti espressi dell’articolo 5 bis.

Per quanto riguarda invece l’accesso generalizzato i casi di esclusione e limitazione sono fissati all’articolo 5 bis, comma 1, 2 e 3 del Decreto.

Si tratta di eccezioni assolute, previste per legge e aventi carattere tassativo, indicate all’articolo 5 bis, comma 3 ed eccezioni relative o qualificate, ascrivibili a due tipologie, quelle relative agli  interessi dello Stato e quelle concernenti gli interessi privati che possono subire un pregiudizio dalla diffusione generalizzata di talune informazioni [17].

Nel primo caso il giudizio di bilanciamento è già stato effettuato dal legislatore e l’amministrazione, in presenza di tali eccezioni, è tenuta a rifiutare l’accesso.

Nel secondo caso, ovvero qualora ricorra una delle fattispecie indicate all’articolo 5 bis comma 1 e 2,  spetta l’amministrazione che riceve l’istanza di accesso generalizzato l’onere di valutare quali tra gli interessi coinvolti risulta prevalente e debba essere giuridicamente tutelato.

La valutazione deve essere effettuata in concreto verificando se l’ostensione degli atti possa determinare un pregiudizio concreto e probabile agli interessi indicati dal legislatore[18].

Resta fermo l’obbligo per l’amministrazione di interpretare restrittivamente le eccezioni normativamente previste e applicare il principio di proporzionalità[19] adottando decisioni che arrechino all’interesse conoscitivo del richiedente il minor pregiudizio possibile.

Qualora uno o più degli interessi indicati all’articolo 5 bis, comma 1 e 2 risulti predominante rispetto al diritto di accesso, la limitazione si applica, unicamente per il periodo nel quale la protezione dei suddetti interessi è giustificata in relazione alla natura del dato contenuto nel documento di cui si richiede l’accesso.

Venendo ora ai limiti puntualmente fissati dal legislatore, l’articolo 5 bis comma 1 prevede che, l’accesso generalizzato, debba essere rifiutato se il diniego è necessario per evitare un pregiudizio concreto alla tutela di uno degli interessi pubblici inerenti alla sicurezza pubblica e l’ordine pubblico; la sicurezza nazionale; la difesa e le questioni militari; le relazioni internazionali; la politica e la stabilità finanziaria ed economica dello Stato; la conduzione di indagini sui reati e il loro perseguimento; il regolare svolgimento di attività ispettive.      

L’accesso di cui all’articolo 5, comma 2, è altresì rifiutato se il diniego è necessario per evitare un pregiudizio concreto alla tutela di uno dei seguenti interessi privati ovvero la protezione dei dati personali, in conformità con la disciplina legislativa in materia[20]; la libertà e la segretezza della corrispondenza; gli interessi economici e commerciali di una persona fisica o giuridica, ivi compresi la proprietà intellettuale, il diritto d’autore e i segreti commerciali.

Il diritto di cui all’articolo 5, comma 2, è inoltre escluso nei casi di segreto di Stato e negli altri casi di divieti di accesso o divulgazione previsti dalla legge - o atti aventi forza di legge -  ivi compresi i casi in cui l’accesso è subordinato dalla disciplina vigente al rispetto di specifiche condizioni, modalità o limiti, inclusi quelli di cui all’articolo 24, comma 1, della Legge n. 241 del 1990[21].

Il legislatore prevede inoltre che qualora i limiti sopra indicati riguardano solo alcuni dati o parti del documento richiesto, l’accesso debba essere consentito agli altri dati o alle altre parti contenuti nello stesso.

L’accesso civico non può essere negato ove, per la tutela degli interessi indicati ai commi 1 e 2 dell’articolo 5,  sia sufficiente fare  ricorso al potere di differimento.   

 

4. Considerazioni conclusive

Con le modifiche apportate dal Decreto legislativo n. 97/2016 al Decreto trasparenza e l’introduzione dell’istituto dell’accesso civico, l’ordinamento italiano si conferma attualmente allineato agli standards internazionali in materia di trasparenza amministrativa.

Tuttavia la stratificazione della normativa di riferimento, l’operazione di bilanciamento tra opposti interessi giuridicamente rilevanti connesso ai limiti posti dal legislatore in materia di accesso civico, rendono senz’altro necessario l’intervento puntuale e chiarificatore dell’ANAC (Autorità Nazionale Anticorruzione) e del Garante Privacy, come previsto dall’articolo 5-bis, comma 6 del Decreto legislativo n. 33/2013, al fine di orientare gli operatori nel processo di armonizzazione, interpretazione ed applicazione della normativa.

In particolare i soggetti tenuti al rispetto delle nuove disposizioni dovranno, nello spirito della riforma, tentare di adottare i dovuti e necessari accorgimenti al fine garantire la concreta attuazione del principio di trasparenza, tra cui ad esempio dotarsi di una disciplina adeguata e coordinata tra le varie forme di accesso previste, adottare soluzioni organizzative idonee ed operare secondo il “buon senso”, parametro interpretativo sempre più indispensabile in un’epoca di numerose e profonde riforme.

[1] L’art. 7, c.1 della L.n. 124/2015 nel prevedere l’obbligo del Governo di adottare uno o più decreti legislativi correttivi del D.lgs n. 33/2013 richiama il rispetto di quanto previsto all’art. 1 c. 35 della L.n. 190/2012 e definisce i seguenti dei principi e criteri: a) ridefinizione e precisazione dell'ambito soggettivo di applicazione degli obblighi e delle misure in materia di trasparenza; b) previsione di misure organizzative, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, anche ai fini della valutazione dei risultati, per la pubblicazione nel sito istituzionale dell'ente di appartenenza delle informazioni concernenti: 1) le fasi dei procedimenti di aggiudicazione ed esecuzione degli appalti pubblici; 2) il tempo medio di attesa per le prestazioni sanitarie di ciascuna struttura del Servizio sanitario nazionale; 3) il tempo medio dei pagamenti relativi agli acquisti di beni, servizi, prestazioni professionali e forniture, l'ammontare complessivo dei debiti e il numero delle imprese creditrici, aggiornati periodicamente; 4) le determinazioni dell'organismo di valutazione; c) riduzione e concentrazione degli oneri gravanti in capo alle amministrazioni pubbliche, ferme restando le previsioni in materia di verifica, controllo e sanzioni; d) precisazione dei contenuti e del procedimento di adozione del Piano nazionale anticorruzione, dei piani di prevenzione della corruzione e della relazione annuale del responsabile della prevenzione della corruzione, anche attraverso la modifica della relativa disciplina legislativa, anche ai fini della maggiore efficacia dei controlli in fase di attuazione, della differenziazione per settori e dimensioni, del coordinamento con gli strumenti di misurazione e valutazione delle performance nonché dell'individuazione dei principali rischi e dei relativi rimedi; conseguente ridefinizione dei ruoli, dei poteri e delle responsabilità dei soggetti interni che intervengono nei relativi processi; e) razionalizzazione e precisazione degli obblighi di pubblicazione nel sito istituzionale, ai fini di eliminare le duplicazioni e di consentire che tali obblighi siano assolti attraverso la pubblicità totale o parziale di banche dati detenute da pubbliche amministrazioni; f) definizione, in relazione alle esigenze connesse allo svolgimento dei compiti istituzionali e fatto salvo quanto previsto dall'articolo 31 della legge 3 agosto 2007, n. 124, e successive modificazioni, dei diritti dei membri del Parlamento inerenti all'accesso ai documenti amministrativi e alla verifica dell'applicazione delle norme sulla trasparenza amministrativa, nonché dei limiti derivanti dal segreto o dal divieto di divulgazione e dei casi di esclusione a tutela di interessi pubblici e privati; g) individuazione dei soggetti competenti all'irrogazione delle sanzioni per la violazione degli obblighi di trasparenza; h) fermi restando gli obblighi di pubblicazione, riconoscimento della libertà di informazione attraverso il diritto di accesso, anche per via telematica, di chiunque, indipendentemente dalla titolarità di situazioni giuridicamente rilevanti, ai dati e ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, salvi i casi di segreto o di divieto di divulgazione previsti dall'ordinamento e nel rispetto dei limiti relativi alla tutela di interessi pubblici e privati, al fine di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull'utilizzo delle risorse pubbliche; semplificazione delle procedure di iscrizione negli elenchi dei fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori non soggetti a tentativi di infiltrazione mafiosa istituiti ai sensi dell'articolo 1, comma 52, della legge 6 novembre 2012, n. 190, e successive modificazioni, con modifiche della relativa disciplina, mediante l'unificazione o l'interconnessione delle banche dati delle amministrazioni centrali e periferiche competenti, e previsione di un sistema di monitoraggio semestrale, finalizzato all'aggiornamento degli elenchi costituiti presso le Prefetture - Uffici territoriali del Governo; previsione di sanzioni a carico delle amministrazioni che non ottemperano alle disposizioni normative in materia di accesso, di procedure di ricorso all'Autorità nazionale anticorruzione in materia di accesso civico e in materia di accesso ai sensi della presente lettera, nonché della tutela giurisdizionale ai sensi dell'articolo 116 del codice del processo amministrativo, di cui all'allegato 1 del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, e successive modificazioni.      

[2] Sul riconoscimento del diritto di accesso alle informazioni quale manifestazione della libertà di informazione, protetto dall’art. 10 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo si veda giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo. In particolare il diritto all’informazione si sostanzia nel diritto a diffondere informazioni o idee senza ingerenze autorità pubbliche; nel diritto a essere informati correttamente; nel diritto a ricercare informazioni.

[3] Le principali fonti europee in cui viene espressamente riconosciuto l’accesso ai documenti sono: Trattato di Amsterdam del 1997 che introduce specifiche norme in materia di accesso (Art. 1 TUE e Art. 255 TCE); Carta di Nizza (Art. 42); Regolamento (Ce) n. 1049/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio del 30 maggio 2001 relativo all’accesso ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione; Trattato di Lisbona (Art. 15).

[4] Per una sintetica analisi comparativa dei diversi modelli di FOIA adottati a livello internazionale, si rinvia a A.Moena “La nuova trasparenza amministrativa alla luce del D.lgs n. 97/2016. L’accesso civico”, in Aziendaitalia, 2016, 11, pag.5 e ss.

[5] Con l’adozione della L.n.241/1990 viene profondamente modificato l’approccio preesistente basato essenzialmente sul “segreto” dell’attività amministrativa. Il legislatore ha infatti inteso modificare il rapporto tra i privati e la pubblica amministrazione tentando di dar vita ad un modello di amministrazione di tipo “paritario”, incentivando la partecipazione di tipo garantistico e democratico dei cittadini con la previsione di diversi istituti tra cui la comunicazione di avvio del procedimento di cui all’art. 7 della citata Legge.

[6] La L.n. 190/2012 è stata emanata in attuazione dell’articolo 6 della Convenzione dell’Organizzazione delle Nazioni Unite contro la corruzione, adottata dall’Assemblea generale dell’ONU il 31 ottobre 2003 e ratificata ai sensi della legge 3 agosto 2009, n. 116 e degli articoli 20 e 21 della Convenzione penale sulla corruzione, fatta a Strasburgo il 27 gennaio 1999 e ratificata ai sensi della legge 28 giugno 2012, n.110.

[7] T. Tessaro, “Trasparenza totale: fu vera gloria? Ai posteri …”, in Comuni italiani, fascicolo 3-4, 2016.

[8] Con il D.lgs. n. 97/2016 il legislatore è intervenuto sull’ambito soggettivo di applicazione della norma inserendo l’articolo 2 bis in sostituzione del precedente art. 11 del D.lgs. n. 33/2013, recependo quanto previsto dalle Linee guida ANAC n. 8 del 17/06/2015 “Linee guida per l’attuazione della normativa in materia di prevenzione della corruzione e trasparenza da parte delle società e degli enti di diritto privato controllati e partecipati dalle pubbliche amministrazioni e degli enti pubblici economici”. Con tale modifica sono stati estesi gli obblighi di trasparenza, in quanto compatibili, anche agli enti pubblici economici, alle società in controllo pubblico con esclusione delle società quotate, alle associazioni, fondazioni ed enti di diritto privato con bilancio superiore a 500.000,00 euro la cui attività sia finanziata in modo maggioritario per almeno due esercizi finanziari consecutivi nell’ultimo triennio da pubbliche amministrazioni e in cui la totalità dei titolari o dei componenti dell'organo di amministrazione o di indirizzo sia designata da pubbliche amministrazioni. La medesima disciplina si applica, in quanto compatibile, limitatamente ai dati e ai documenti inerenti all'attività di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o dell'Unione europea, alle società in partecipazione pubblica e alle associazioni, alle fondazioni e agli enti di diritto privato, anche privi di personalità giuridica, con bilancio superiore a 500.000,00 euro, che esercitano funzioni amministrative, attività di produzione di beni e servizi a favore delle amministrazioni pubbliche o di gestione di servizi pubblici.

[9] Sulle finalità e l’ambito di operatività dei diversi tipi di accesso previsti nell’ordinamento nazionale si veda T.A.R. Lombardia, Sez. IV, 29 ottobre 2014, n. 2587. In particolare nelle pronuncia citata, il giudice amministrativo evidenzia come le nuove disposizioni del D.lgs.n. 33/2013, <<(...) disciplinano fattispecie non immediatamente sovrapponibili a quelle che consentono l’accesso ai documenti amministrativi, ai sensi degli articoli 22 e seguenti della L. 1990, n. 241 e dell’art. 13 del D.lgs. 2006, n. 163>>, in quanto preordinate  ad assicurare a tutti i cittadini la più ampia conoscibilità delle informazioni concernenti l’organizzazione e l’attività delle pubbliche amministrazioni in attuazione del principio democratico e dei principi costituzionali di eguaglianza, imparzialità, buon andamento, responsabilità, efficacia ed efficienza nell’utilizzo delle risorse pubbliche.  Il T.A.R. precisa che l’accesso ai documenti amministrativi di cui alla L.n. 241/1990 <<non si correla alla violazione del generale dovere di pubblicità dell’attività amministrativa (...) ma, come già evidenziato, è riferito al “diritto degli interessati di prendere visione ed estrarre copia di documenti amministrativi”, intendendosi per “interessati … tutti i soggetti … che abbiano un interesse diretto, concreto ed attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso” e proprio in funzione di tale interesse la domanda di accesso deve essere motivata>>. Rispetto all’accesso agli atti di cui alla L.n. 241/1990 il giudice adito evidenzia ulteriormente come  l’accesso agli atti nelle procedure di gara di cui l’art. 13 del D.lgs n. 163/2016 - oggi art. 53 del D.lgs.n.50/2016 -  rappresenta <<una sorta di microcosmo normativo, collegato alla peculiarità del settore considerato, pur all’interno delle coordinate generali dell’accesso tracciate dalla L.n. 241 del 1990>>. Sul punto anche Consiglio di Stato, Sez. VI, 20/11/2013, n. 5515 il quale statuisce che <<Le nuove disposizioni, dettate con il d.lgs. 14 marzo 2013, n. 33 in materia di obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione delle informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni disciplinano situazioni, non ampliative né sovrapponibili a quelle che consentono l’accesso ai documenti amministrativi, ai sensi degli artt. 22 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241, come successivamente modificata ed integrata (...)>>.

[10] Sul nuovo ruolo della trasparenza si veda parere reso dal Consiglio di Stato sullo schema di Decreto legislativo n. 97/2016 nel quale si precisa che <<la trasparenza si pone, allora, non solo come forma di prevenzione dei fenomeni corruttivi, ma come strumento ordinario e primario di riavvicinamento del cittadino alla pubblica amministrazione, destinata sempre più ad assumere i contorni di una ‘casa di vetro’, nell’ambito di una visione più ampia dei diritti fondamentali sanciti dall’articolo 2 della Costituzione (diritti inviolabili), che non può prescindere dalla partecipazione ai pubblici poteri>>.

[11] Per un’analisi puntuale sulle modifiche introdotte dal D.lgs n. 33/2013 dal D.lgs. n. 97/2016 si veda L.Olivieri, “La riforma della trasparenza”, Maggioli editore, 2016.

[12] Per quanto riguarda le “amministrazioni” nei confronti delle quali è possibile proporre istanza di accesso civico si rinvia alla elencazione dei soggetti tenuti al rispetto delle disposizioni del c.d. Decreto trasparenza di cui all’art. 2 bis del D.lgs. n. 33/2013 “Ambito soggettivo di applicazione”.

[13] Per un approfondimento del nuovo istituto dell’accesso civico a seguito della riforma apportata al Decreto trasparenza con il D.lgs. n. 97/2016, si vedano S.Usai “La riscrittura dell’accesso civico nel d.lgs n. 97/2016 che modifica il decreto trasparenza (d.lgs n. 33/2013) e la l.n. 190/2012”, M. Lucca “Il d.lgs.n. 33/2013 dopo la riforma Madia”, L. Olivieri “D.lgs. n. 97/2016: come cambia l’accesso civico”, M. Alban “Il nuovo accesso civico secondo il rinnovato decreto trasparenza”, in Comuni d’Italia, n. 3-4, 2016.

[14] L’art. 43 “Responsabile della trasparenza” del D.lgs. n. 33/2013 stabilisce che <<(...) Il responsabile svolge stabilmente un'attività di controllo sull'adempimento da parte dell'amministrazione degli obblighi di pubblicazione previsti dalla normativa vigente, assicurando la completezza, la chiarezza e l'aggiornamento delle informazioni pubblicate, nonché segnalando all'organo di indirizzo politico, all'Organismo indipendente di valutazione (OIV), all'Autorità nazionale anticorruzione e, nei casi più gravi, all'ufficio di disciplina i casi di mancato o ritardato adempimento degli obblighi di pubblicazione>>. Il comma 5 del citato articolo impone inoltre  al responsabile della trasparenza, in relazione alla loro gravità, l’obbligo di segnalare <<(...) i casi di inadempimento o di adempimento parziale degli obblighi in materia di pubblicazione previsti dalla normativa vigente, all'ufficio di disciplina, ai fini dell'eventuale attivazione del procedimento disciplinare. Il responsabile segnala altresì gli inadempimenti al vertice politico dell'amministrazione, all'OIV ai fini dell'attivazione delle altre forme di responsabilità>>.

Si precisa che la L.n. 190/2012, come modificata con il D.lgs. n. 97/2016, prevede l’unificazione della figura del Responsabile della prevenzione della corruzione e del Responsabile della trasparenza in un unico soggetto denominato “Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza” (Art. 1, comma 7 della L.n. 190/2012).

[15] Per quanto riguarda i “controinteressati” il D.lgs. n. 97/2016 sembra aver introdotto una nuova figura rispetto a quella in precedenza prevista con la L.n. 241/1990. Infatti per poter opporsi all’accoglimento dell’istanza di accesso presentata, il controinteressato deve dimostrare in concreto la lesione del proprio patrimonio giuridico.

[16] Si evidenzia che il richiamo alla possibilità di presentare ricorso al difensore civico rappresenta un evidente resufo normativo in quanto la figura del difensore civico in ambito locale è stata soppressa con la Legge Finanziaria per il 2010 (L. 23 dicembre 2009 n. 191, art.2, c. 186). Nel nostro ordinamento è prevista attualmente solo la figura del Difensore civico regionale. Giova precisare tuttavia che il difensore civico non è presente in tutte le regioni italiane e non ha identici ambiti di competenza. Per quanto riguarda l’impugnazione della decisione dell’amministrazione competente o in caso di richiesta di riesame, la decisione del Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza, l’art. 5, comma 7, ammette la possibilità per il “richiedente” di presentare ricorso innanzi al Tribunale Amministrativo Regionale secondo il rito semplificato di cui all’art. 116 del D.lgs n. 104/2010 il quale prevede che <<1.Contro le determinazioni e contro il silenzio sulle istanze di accesso ai documenti amministrativi, nonché per la tutela del diritto di accesso civico connessa all'inadempimento degli obblighi di trasparenza il ricorso è proposto entro trenta giorni dalla conoscenza della determinazione impugnata o dalla formazione del silenzio, mediante notificazione all'amministrazione e ad almeno un controinteressato.//2. In pendenza di un giudizio cui la richiesta di accesso è connessa, il ricorso di cui al comma 1 può essere proposto con istanza depositata presso la segreteria della sezione cui è assegnato il ricorso principale, previa notificazione all'amministrazione e agli eventuali controinteressati. L'istanza è decisa con ordinanza separatamente dal giudizio principale, ovvero con la sentenza che definisce il giudizio.//3. L'amministrazione può essere rappresentata e difesa da un proprio dipendente a ciò autorizzato.//4. Il giudice decide con sentenza in forma semplificata; sussistendone i presupposti, ordina l'esibizione e, ove previsto, la pubblicazione, dei documenti richiesti, entro un termine non superiore, di norma, a trenta giorni, dettando, ove occorra, le relative modalità.//5. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano anche ai giudizi di impugnazione.>> Tuttavia tale azione si ritiene attivabile anche da parte del controinteressato in quanto, sebbene soggetto non espressamente indicato nella norma, diversa interpretazione determinerebbe una lesione del diritto alla difesa di cui all’art. 24 e  113 della Costituzione.

[17] Sull’identificazione delle eccezioni all’accesso civico si vedano “Linee guida recanti indicazioni operative ai fini della definizione delle esclusioni e dei  limiti all'accesso civico di cui all’art. 5 co. 2 del d.lgs.  33/2013”, approvate  in data 28 dicembre 2016 con Delibera n.1309 e pubblicate al seguente link http://www.anticorruzione.it/

[18] Per un commento sul nuovo Decreto trasparenza e sulle modalità di applicazione delle eccezioni previste al diritto di accesso si veda M. Savino, “Il FOIA italiano. La fine della trasparenza di Bertoldo”, in Giornale di diritto amministrativo, n. 5/2016.

[19] Cfr. sul punto giurisprudenza comunitaria in particolare Corte di Giustizia 15 maggio 1986, causa C-222/84.

[20] In particolare alcuni divieti di divulgazione sono previsti dalla normativa in materia di tutela della riservatezza con riferimento a: dati idonei a rivelare lo stato di salute, ossia a qualsiasi informazione da cui si possa desumere, anche indirettamente, lo stato di malattia o l’esistenza di patologie dei soggetti interessati, compreso qualsiasi riferimento alle condizioni di invalidità, disabilità o handicap fisici e/o psichici (art. 22, comma 8, del D.lgs. n. 196/2003; art. 7-bis, comma 6, D. lgs. n. 33/2013); dati idonei a rivelare la vita sessuale (art. 7-bis, comma 6, D. lgs. n. 33/2013); dati identificativi di persone fisiche beneficiarie di aiuti economici da cui è possibile ricavare informazioni relative allo stato di salute ovvero alla situazione di disagio economico-sociale degli interessati (art. 26, comma 4, D. lgs. n. 33/2013).

[21] L’art. 24, comma 1 della L.n. 241/1990 prevede che << Il diritto di accesso è escluso: a) per i documenti coperti da segreto di Stato ai sensi della legge 24 ottobre 1977, n. 801, e successive modificazioni, e nei casi di segreto o di divieto di divulgazione espressamente previsti dalla legge, dal regolamento governativo di cui al comma 6 e dalle pubbliche amministrazioni ai sensi del comma 2 del presente articolo; b) nei procedimenti tributari, per i quali restano ferme le particolari norme che li regolano; c) nei confronti dell'attività della pubblica amministrazione diretta all'emanazione di atti normativi, amministrativi generali, di pianificazione e di programmazione, per i quali restano ferme le particolari norme che ne regolano la formazione; d) nei procedimenti selettivi, nei confronti dei documenti amministrativi contenenti informazioni di carattere psicoattitudinale relativi a terzi.>>