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Danno da detenzione inumana: la Cassazione torna ad esprimersi sul rimedio ex art. 35-ter Ordinamento Penitenziario

Danno da detenzione inumana: la Cassazione torna ad esprimersi sul rimedio ex art. 35-ter Ordinamento Penitenziario
Danno da detenzione inumana: la Cassazione torna ad esprimersi sul rimedio ex art. 35-ter Ordinamento Penitenziario

 

La Suprema Corte di Cassazione si è nuovamente espressa sul peculiare istituto di cui all’articolo 35-ter della legge 354/1975 (“Ordinamento Penitenziario”), escludendone l’assimilabilità al risarcimento per fatto illecito ex articolo 2043 del codice civile e negando, di conseguenza, l’applicabilità del termine di prescrizione quinquennale.

Il provvedimento impugnato

Il 2 novembre 2015 il Magistrato di Sorveglianza di Avellino dichiarava inammissibile la richiesta di tutela risarcitoria, presentata ai sensi dell’art. 35-ter dell’Ordinamento Penitenziario, in cui l’interessato lamentava la sottoposizione a trattamenti inumani in periodi anteriori alla data d’introduzione dell’apposito istituto.

L’ordinanza si fondava sull’orientamento (ora ampiamente superato) secondo cui la suddetta domanda, proposta dinanzi al Magistrato di Sorveglianza in base ai primi due commi della disposizione, fosse sempre da considerarsi inammissibile se successiva alla cessazione del trattamento pregiudizievole.

Il provvedimento è stato così impugnato dinanzi alla Corte di cassazione, la quale ha accolto il ricorso con la sentenza n. 3117 del 10 gennaio 2017.

Sull’attualità della lesione

Innanzitutto, il Giudice di legittimità ha richiamato l’oramai consolidata giurisprudenza secondo cui, in relazione alla tutela ex art. 35-ter dell’Ordinamento Penitenziario dinanzi al Magistrato di Sorveglianza, la contestualità temporale tra lesione e richiesta risarcitoria non costituisce una condizione necessaria (cfr. Cass., sez. I, 11 giugno 2015, n. 43722; Cass., sez. I, 16 luglio 2015, n. 46966). Non è indispensabile, pertanto, che il trattamento inumano lamentato dal soggetto in vinculis sia attuale al momento della proposizione della domanda, risultando sufficiente, ai fini dell’ammissibilità della stessa, che l’interessato sia in espiazione pena. Al contrario, qualora il danneggiato dovesse aver già riacquisito lo status di libero, la richiesta andrà indirizzata al giudice civile ai sensi del comma 3 dell’art. 35-ter dell’Ordinamento Penitenziario.

Sulla risarcibilità delle lesioni anteriori al 26 giugno 2014

Secondo la Corte, inoltre, ben può accadere che la domanda riguardi lesioni avvenute in periodi detentivi antecedenti al 26 giugno 2014 (data in cui il legislatore, sulla scorta di quanto stabilito dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo con la c.d. “sentenza Torreggiani”, ha introdotto la fattispecie risarcitoria in esame).

Andando a rafforzare il già solido orientamento giurisprudenziale sul tema, la Cassazione ha menzionato una pronuncia delle Sezioni Unite civili (la n. 28507 del 2015) ove si è sostenuto, in tema di equa riparazione per irragionevole durata del processo, che la fonte del risarcimento non deve essere ricercata nella sola normativa nazionale ma anche in quella sovranazionale. Per tale ragione il diritto al ristoro sussiste, sia nel caso di detenzione inumana che in quello di irragionevole durata del processo, sin dalla data di ratifica della CEDU (4 agosto 1955), essendo entrambi i fenomeni espressamente vietati dalla stessa Convenzione (rispettivamente agli articoli 3 e 6).

In tema di prescrizione

La proponibilità della richiesta risarcitoria per lesioni pregresse implica la necessità di verificare se, in materia, sia applicabile il termine di prescrizione quinquennale previsto dal Codice Civile. Il Giudice di legittimità prosegue la propria disamina esprimendosi, di conseguenza, sia sulla natura del rimedio ex art. 35-ter dell’Ordinamento Penitenziario sia sulla prescrittibilità (o meno) del diritto al ristoro per detenzione inumana.

Attraverso un’attenta analisi dell’istituto, la Corte evidenzia i tratti distintivi della nuova fattispecie risarcitoria.

Si fa riferimento innanzitutto alla peculiare previsione, a fini compensativi, di una inedita forma di restitutio in integrum (la detrazione della pena pari a un giorno per ogni dieci di pregiudizio) e, in via residuale, dell’attribuzione di una somma di denaro predeterminata (euro 8,00 per ogni giorno di trattamento inumano).

Pertanto, oltre a prescindere dall’accertamento circa la colpa dell’amministrazione penitenziaria, la valutazione del Magistrato di Sorveglianza deve esclusivamente vertere, dati i rigidi criteri stabiliti dal legislatore, sulla mera sussistenza del trattamento inumano, in assenza di qualsiasi possibilità di calibrare il ristoro in base alla gravità concreta della lesione.

A ciò occorre aggiungere l’espressa previsione, da parte del legislatore, di un altrettanto peculiare termine di decadenza, fissato in sei mesi a partire dalla perdita dello status di detenuto o internato.

Visti i diversi tratti innovativi del rimedio, è corretto affermare il configurarsi di un istituto unico nel suo genere, un mezzo di riparazione “francamente atipico, con carattere prevalentemente indennitario e di matrice solidaristica”. Le osservazioni appena fatte, prosegue la Corte, implicano la necessità di “sganciarsi dalle tradizionali categorie dogmatiche di inquadramento civilistico”, valorizzando in tal modo l’atipicità dell’azione e riconoscendo, ai fini dell’esercizio della stessa, l’inapplicabilità del termine di prescrizione previsto dall’art. 2947 c.c.  

Conclusioni

Rilevata la necessità di una globale rivalutazione della domanda dell’interessato, la Cassazione ha annullato senza rinvio il provvedimento, disponendo la trasmissione degli atti al Magistrato di Sorveglianza. La Corte, oltre a confermare alcuni orientamenti pregressi, ha introdotto un interessante quid novi sul tema: ritenendo irrilevante l’etichetta descrittiva utilizzata dal legislatore (si noti, nel testo di legge, l’espressione “a titolo di risarcimento del danno”), il Giudice di legittimità ha considerato lo strumento compensativo di cui all’art. 35-ter dell’Ordinamento Penitenziario un vero e proprio istituto sui generis, non ancorato alla disciplina civilistica della responsabilità extracontrattuale e non vincolato, pertanto, al termine di prescrizione quinquennale.