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L’articolo 2909 codice civile e l’efficacia soggettiva del giudicato nel sistema di giustizia amministrativa

L’articolo 2909 codice civile e l’efficacia soggettiva del giudicato nel sistema di giustizia amministrativa
L’articolo 2909 codice civile e l’efficacia soggettiva del giudicato nel sistema di giustizia amministrativa

1. Giudicato Amministrativo: limiti ed estenzione

Il principio dell’efficacia inter partes del giudicato amministrativo si ricava dall’applicazione analogica dell’articolo 2909 del codice civile, in forza del quale chi non ha proposto ricorso non rimane pregiudicato dalle statuizioni della sentenza, così come non può giovarsi dei suoi effetti favorevoli.

Tuttavia, che tale soluzione non fosse pacifica è stato sempre chiaro alla prassi amministrativa, specie con riferimento alle questioni attinenti alla materia del pubblico impiego, ove traspare l’ingiustizia sostanziale dell’applicazione del giudicato amministrativo solo ai soggetti che hanno proposto vittoriosamente un ricorso, così venendosi a creare una manifesta disparità di trattamento tra chi ha agito con successo in giudizio e tutto il resto del personale che si trova nella medesima situazione della parte che ha esperito il giudizio. Peraltro, anche in casi diversi, quando si hanno pronunce di annullamento di atti amministrativi a contenuto generale, si è da sempre osservato che per le stesse non possa esserci una mera efficacia inter partes della cosa giudicata: l’eliminazione dal mondo del diritto dell’atto a contenuto generale dispiega pertanto effetti erga omnes, includendo anche i soggetti che non abbiano partecipato al processo, ma che siano interessati dagli effetti dell’atto caducato.

Proprio muovendo da tali casi pratici, la dottrina è giunta ad individuare una categoria di atti, il cui annullamento produce un effetto che non può considerarsi unicamente limitato alle sole parti processuali, ma che si estende erga omnes. Tale categoria include gli atti regolamentari, gli atti collettivi e quelli generali, che si distinguono per il loro carattere di inscindibilità. Conseguentemente, può ritenersi che il giudicato amministrativo esorbiti dalle limitazioni di cui all’articolo 2909 del codice civile, che circoscrive l’ambito di estensione soggettiva della decisione alle sole parti processuali ed ai loro aventi causa: difatti, proprio la circostanza per cui il giudice amministrativo può decidere su posizioni soggettive che sono spesso il risvolto individuale di un provvedimento di portata generale, fa sì che tali statuizioni, laddove producano effetti caducatori, causano effetti sull’intera platea dei consociati in modo diretto o indiretto.

All’amministrazione, pertanto, ove ricorrano le predette fattispecie, è stata sempre riconosciuta la facoltà di estendere il giudicato ad altri soggetti sul presupposto, a pena di illegittimità della procedura, che si tratti di situazioni analoghe in riferimento ai vizi denunciati o dell’identità degli interessi coinvolti. Il potere discrezionale, applicabile anche nel caso di statuizioni sui diritti soggettivi, trova un limite nella necessità di evitare ingiustificate disparità di trattamento e l’esercizio di tale facoltà è sindacabile per eccesso di potere, ma qualora la pubblica amministrazione non estenda gli effetti della sua decisione, non è tuttavia configurabile in proposito un’ipotesi di inadempimento.

2. Legittimazione attiva alla proposizione del Giudizio di ottemperanza

Oltre a questi limiti, il principio generale contenuto nell’articolo 2909 del codice civile presenta delle deroghe dovute al fatto che il processo amministrativo presenta particolari angolazioni che rilevano per gli aspetti “soggettivi” del giudicato. In proposito, per verificare l’effetto espansivo del giudicato ultra partes, si può riflettere sul giudizio di ottemperanza, cioè su quel giudizio che stabilizza gli effetti del giudicato, nel senso che dà attuazione alla decisione del giudice amministrativo nei casi in cui, successivamente alla sentenza, non vi sia un comportamento conformativo della pubblica amministrazione. In particolare, occorre analizzare la legittimazione attiva alla proposizione del giudizio di ottemperanza e capire a quale gruppo di soggetti sia riservata la possibilità di adire il giudice amministrativo per domandargli di dare esecuzione alla decisione contenuta nella sentenza passata in giudicato.

Distinguendo le questioni processuali (sulla legittimazione attiva nel giudizio di ottemperanza) da quelle sostanziali, si può osservare che, sotto il profilo processuale, di norma si ritiene che la legittimazione attiva spetti solo ai soggetti vincitori nel precedente giudizio di cognizione (ovvero ai loro eredi o aventi causa) - proprio in ossequio al principio contenuto all’articolo 2909 del codice civile, considerato estensibile analogicamente anche al giudizio amministrativo - mentre non si ammette che il giudizio di ottemperanza possa essere proposto da chi, benché leso da un provvedimento, sia rimasto inerte contro di esso (Consiglio di Stato, Sez. IV, 7 dicembre 2000).

Sotto il profilo sostanziale, tuttavia, va registrato qualche sprazzo giurisprudenziale estensivo, con il riconoscimento, in limitati casi, della legittimazione all’ottemperanza anche a soggetti terzi che non abbiano partecipato al giudizio principale (Consiglio di Stato, Sez. V, 19 novembre 2009, n. 7249).

Al fine di sostenere il carattere eccezionale di tale ampliamento della legittimazione attiva del giudicato, sono stati però individuati requisiti assai stringenti:

a) il giudizio di ottemperanza deve avere ad oggetto un giudicato che abbia annullato un provvedimento amministrativo in senso favorevole all’originario ricorrente;

b) la legittimazione dei terzi estranei deve concernere il solo profilo cassatorio del giudicato; c) il giudicato deve incidere su un atto indivisibile che, oltre ad essere caratterizzato da una pluralità di destinatari, abbia un contenuto inscindibile, così come accade per gli atti collettivi (provvedimenti determinativi di un prezzo, di una tariffa o di una imposta), gli atti a contenuto normativo (regolamenti) o per gli atti amministrativi generali (bandi di gara). Con una decisione ancor più dirompente (Tribunale Amministrativo Regionale Campania – Napoli, Sez. IV, 7 settembre 2012, n. 3811) - a seguito di una sentenza che aveva riconosciuto l’illegittimità di una graduatoria in cui una categoria di partecipanti era stata indebitamente avvantaggiata da un accordo sindacale, modificativo della disciplina concorsuale e intervenuto dopo la pubblicazione del bando - il giudice amministrativo, successivamente al provvedimento della Pubblica Amministrazione (che aveva adeguato la graduatoria alle prescrizioni giudiziali solo in favore dei ricorrenti), ha ritenuto che non sussistessero ostacoli all’estensione degli effetti del giudicato anche ai soggetti terzi (dichiarati idonei non vincitori della selezione e pregiudicati dallo stesso accordo sindacale del quale si dolevano i ricorrenti originari): non solo, dunque, quanto agli effetti caducatori, bensì anche a quelli conformativi della pronuncia della quale si domandava ottemperanza.

Tali decisioni, quantunque minoritarie, mostrano tuttavia quantomeno la problematicità della tesi dell’efficacia inter partes del giudicato quale principio generale dell’ordinamento giuridico e le difficoltà insite in una immediata e indiscutibile estensione analogica della regola prevista dall’articolo 2909 c.c. anche all’ambito della giustizia amministrativa.

3. Conclusioni

Conclusivamente - fatta eccezione per alcune decisioni giurisprudenziali e benché si registri una posizione minoritaria della dottrina (Anelli) che, senza distinguere tra posizioni soggettive scindibili e inscindibili, ritiene che l’effetto della sentenza di annullamento operi sempre “erga omnes”, in quanto l’eliminazione dal mondo giuridico dell’atto illegittimo avverrebbe sempre nei confronti di tutti – da un consolidato orientamento giurisprudenziale (cfr. Consiglio di Stato, Sezione III,  sentenza n. 3307 del 22 luglio 2016; Consiglio di Stato, Sezione IV, sentenza n. 1222 del 13.03.2014; Consiglio di Stato, Sezione IV, sentenza n. 5459 del 18.11.2013; Consiglio di Stato, Sezione III, sentenza n. 2350 del 20.04.2012; Consiglio di Stato, Sezione IV, sentenza n. 3939 del 20.4.2004) può dedursi che solo nei casi di annullamento di atti inscindibili con più destinatari non determinati, la sfera di efficacia soggettiva di una pronuncia giurisdizionale amministrativa di annullamento va differenziatamente valutata a seconda che si abbia riguardo alla sua parte dispositiva-cassatoria dell’atto, ovvero a quella ordinatoria-prescrittiva.

Infatti, mentre sotto il primo profilo, che comporta l’eliminazione dal mondo giuridico di un’entità obiettiva quale il provvedimento impugnato, la pronuncia opera necessariamente "erga omnes" (essendo l’istituto dell’annullamento ontologicamente insuscettibile di produrre la caducazione di un atto per taluni e non per altri), relativamente alla parte ordinatoria - prescrittiva, che stabilisce limiti e vincoli per la successiva azione dell’amministrazione, la pronuncia si relativizza alle parti in causa e inerisce al rapporto giuridico dedotto in giudizio.