Autostrade: minaccia di Stato

Autostrade
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29 settembre

Non sappiamo come andrà a finire la vertenza su Autostrade.

Proprio in queste ore, i legali della società stanno trattando coi rappresentanti del Governo per trovare un accordo. Hanno tempo fino a domani, 30 settembre: in quel momento, Palazzo Chigi sbloccherà la procedura per la revoca della concessione. Questo, a sua volta, aprirà due fronti per Atlantia (principale azionista di Aspi): da un lato ne causerà un tracollo in borsa, dall’altro porterà inevitabilmente a un lungo, complesso e potenzialmente costosissimo (per i contribuenti) contenzioso. L’anomalia di tutto questo sta nel doppio gioco dell’esecutivo: che negozia l’acquisto delle quote di Aspi da Atlantia e, contemporaneamente, lascia pendere la spada di Damocle della fine anticipata del rapporto concessorio.

C’è, in questa trattativa, una anomalia evidente, perché una delle parti usa, come elemento negoziale, una facoltà che invece dovrebbe seguire tutt’altro iter. La revoca, infatti, presuppone che il Governo abbia elementi per contestare ad Aspi una condotta negligente nella gestione dell’infrastruttura. Essa non riguarda il prezzo delle azioni, ma l’asserita inadeguatezza di Aspi. Al contrario, il negoziato tra Cassa depositi e Atlantia muove dalla premessa che Aspi sia perfettamente in grado di svolgere il suo mestiere, ma che – per ragioni politiche – il Governo abbia maturato la convinzione che tale funzione debba essere svolta da un soggetto a guida pubblica. Poiché poggiano su premesse contraddittorie, queste due strategie non possono e non dovrebbero essere considerate complementari.

Al contrario, Palazzo Chigi sta giocando una partita spregiudicata che, peraltro, in caso di revoca potrebbe rafforzare la posizione di Atlantia di fronte al giudice amministrativo a cui non potrà non fare ricorso. Ma, se guardiamo con distacco quanto sta succedendo, e a prescindere da quello che ciascuno di noi può pensare sui fatti, è evidente che il Governo sta giocando due parti in commedia. O, meglio, sta recitando un terzo ruolo, che normalmente non ci si aspetta da parte di chi è tenuto a garantire il rispetto dei diritti civili ed economici anziché calpestarli. Il Governo si sta comportando come chi ritiene che una parola gentile e una pistola sono meglio di una parola gentile soltanto.