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Cassazione Civile: illegittimo lo sciopero delle mansioni

Si è al di fuori del diritto di sciopero quando il rifiuto di rendere la prestazione per una data unità di tempo non sia integrale, ma riguardi solo uno o più tra i compiti che il lavoratore è tenuto a svolgere. Lo ha stabilito la Cassazione, pronunciandosi in seguito al ricorso di un dipendente sanzionato dall’azienda in cui era impiegato.

Nel caso in esame, ad un lavoratore veniva irrogata una sanzione disciplinare comportante la sospensione dal servizio e dalla retribuzione in seguito al rifiuto espresso di sostituire un collega di lavoro assente. Il lavoratore, in sostanza, si era astenuto dallo svolgimento delle mansioni, asserendo di aver esercitato un proprio diritto partecipando ad uno sciopero.

Avverso tale provvedimento disciplinare, il soggetto ricorreva in giudizio adducendo violazione delle disposizioni contrattuali, violazione dei contratti collettivi nazionali di categoria, nonché del proprio diritto di sciopero, costituzionalmente garantito.

I giudici di merito hanno dichiarato legittimo il provvedimento disposto dall’azienda nei confronti del proprio dipendente, il quale, con la propria condotta, aveva violato gli obblighi contrattuali.

Il lavoratore ha proposto ricorso in Cassazione. I giudici di legittimità hanno esaminato i motivi di ricorso del proponente, ritenendoli tutti infondati.

Innanzitutto, la Corte ha dichiarato illegittimo il rifiuto espresso dal lavoratore di sostituire un collega assente, in quanto tale comportamento configurava una violazione degli obblighi contrattuali e delle previsioni contenute nel contratto collettivo nazionale di categoria. Il rifiuto di esecuzione di una parte delle mansioni del lavoratore assente era illegittimo in quanto non costituiva esercizio legittimo del diritto di sciopero, non indetto dall’organizzazione sindacale a cui il soggetto era iscritto.

L’astensione dallo svolgimento delle mansioni nel caso in esame è definito dai giudici della Corte con l’espressione di “sciopero delle mansioni”, fattispecie estranea al concetto di sciopero e dunque illegittima anche in base ad una copiosa casistica giurisprudenziale. Essa consiste nell’astensione dallo svolgimento di parte dei propri doveri contrattuali, con conseguente violazione delle disposizioni contrattuali, condotta che integra una responsabilità contrattuale e disciplinare del soggetto agente.

La Corte ha confermato, dunque, la sentenza dei giudici di merito, escludendo l’antisindacalità della condotta datoriale e dichiarando legittimo il provvedimento disciplinare disposto dall’azienda.

(Corte di Cassazione - Sezione lavoro, Sentenza 16 ottobre 2013, n. 23528)


Si è al di fuori del diritto di sciopero quando il rifiuto di rendere la prestazione per una data unità di tempo non sia integrale, ma riguardi solo uno o più tra i compiti che il lavoratore è tenuto a svolgere. Lo ha stabilito la Cassazione, pronunciandosi in seguito al ricorso di un dipendente sanzionato dall’azienda in cui era impiegato.


Nel caso in esame, ad un lavoratore veniva irrogata una sanzione disciplinare comportante la sospensione dal servizio e dalla retribuzione in seguito al rifiuto espresso di sostituire un collega di lavoro assente. Il lavoratore, in sostanza, si era astenuto dallo svolgimento delle mansioni, asserendo di aver esercitato un proprio diritto partecipando ad uno sciopero.

Avverso tale provvedimento disciplinare, il soggetto ricorreva in giudizio adducendo violazione delle disposizioni contrattuali, violazione dei contratti collettivi nazionali di categoria, nonché del proprio diritto di sciopero, costituzionalmente garantito.

I giudici di merito hanno dichiarato legittimo il provvedimento disposto dall’azienda nei confronti del proprio dipendente, il quale, con la propria condotta, aveva violato gli obblighi contrattuali.

Il lavoratore ha proposto ricorso in Cassazione. I giudici di legittimità hanno esaminato i motivi di ricorso del proponente, ritenendoli tutti infondati.

Innanzitutto, la Corte ha dichiarato illegittimo il rifiuto espresso dal lavoratore di sostituire un collega assente, in quanto tale comportamento configurava una violazione degli obblighi contrattuali e delle previsioni contenute nel contratto collettivo nazionale di categoria. Il rifiuto di esecuzione di una parte delle mansioni del lavoratore assente era illegittimo in quanto non costituiva esercizio legittimo del diritto di sciopero, non indetto dall’organizzazione sindacale a cui il soggetto era iscritto.

L’astensione dallo svolgimento delle mansioni nel caso in esame è definito dai giudici della Corte con l’espressione di “sciopero delle mansioni”, fattispecie estranea al concetto di sciopero e dunque illegittima anche in base ad una copiosa casistica giurisprudenziale. Essa consiste nell’astensione dallo svolgimento di parte dei propri doveri contrattuali, con conseguente violazione delle disposizioni contrattuali, condotta che integra una responsabilità contrattuale e disciplinare del soggetto agente.

La Corte ha confermato, dunque, la sentenza dei giudici di merito, escludendo l’antisindacalità della condotta datoriale e dichiarando legittimo il provvedimento disciplinare disposto dall’azienda.

(Corte di Cassazione - Sezione lavoro, Sentenza 16 ottobre 2013, n. 23528)