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Cassazione Civile: se manca l’interesse attuale alla conoscenza della notizia, prevale il diritto all’oblio rispetto al diritto di cronaca

In tema di diffamazione a mezzo stampa, il diritto del soggetto a pretendere che le proprie vicende passate e personali siano pubblicamente dimenticate trova il limite del diritto di cronaca solo quando sussiste un interesse attuale ed effettivo alla loro diffusione. È quanto stabilito dalla Corte di Cassazione, con Sentenza del 26 giugno 2013.

È il caso di un uomo arrestato nel 1979 in quanto appartenente a un gruppo terroristico italiano e che, condannato, sconta la relativa pena riuscendo con non poca fatica a ricostruirsi una vita. Il desiderio è quello di non essere più accostato a fatti di terrorismo davanti all’opinione pubblica.

Il 4 e il 5 gennaio del 1998, tuttavia, un Quotidiano locale pubblica un articolo nel quale sono contenuti notizie e dati personali posti in collegamento con il ritrovamento di un arsenale di armi appartenenti alle Brigate rosse, una  immagine dell’uomo, all’epoca dell’arresto, corredata da nome e cognome e una sua presunta intervista.

L’uomo, sentendo leso il proprio diritto all’oblio, cita in giudizio il direttore del Quotidiano in questione e l’editrice dello stesso e chiede il risarcimento dei danni conseguenti a tali pubblicazioni. Il Tribunale rigetta la domanda e, avverso la sentenza di primo grado, l’uomo propone appello.

La Corte d’Appello riforma la pronuncia di primo grado e afferma che il punto centrale della vicenda è costituito dall’assenza del consenso alla pubblicazione da parte dell’interessato e dalla mancanza dell’interesse pubblico alla diffusione della notizia dal momento che “per la sussistenza del diritto di cronaca deve esserci un interesse attuale alla conoscenza della notizia”. La Corte riconosce, dunque, all’appellante, il diritto all’oblio in riferimento a “una parte tanto drammatica della sua vita personale” e condanna gli appellati al risarcimento del danno.

La Corte di Cassazione, confermando la sentenza di secondo grado, chiamata a pronunciarsi in merito alla questione, enuncia il seguente principio di diritto: “In tema di diffamazione a mezzo stampa, il diritto del soggetto a pretendere che proprie, passate vicende personali siano pubblicamente dimenticate (nella specie, c.d. diritto all’oblio in relazione ad un’antica militanza in bande terroristiche) trova il limite nel diritto di cronaca solo quando sussista un interesse effettivo ed attuale alla loro diffusione, nel senso che quanto recentemente accaduto (nella specie, il ritrovamento di un arsenale di armi nella zona di residenza dell’ex terrorista) trovi diretto collegamento con quelle vicende stesse e ne rinnovi l’attualità. Diversamente, il pubblico ed improprio collegamento tra le due informazioni si risolve in un’illecita lesione del diritto alla riservatezza, mancando la concreta proporzionalità tra la causa di giustificazione (il diritto di cronaca) e la lesione del diritto antagonista”.

(Corte di Cassazione - Terza Sezione Civile, Sentenza 26 giugno 2013, n. 16111)

In tema di diffamazione a mezzo stampa, il diritto del soggetto a pretendere che le proprie vicende passate e personali siano pubblicamente dimenticate trova il limite del diritto di cronaca solo quando sussiste un interesse attuale ed effettivo alla loro diffusione. È quanto stabilito dalla Corte di Cassazione, con Sentenza del 26 giugno 2013.


È il caso di un uomo arrestato nel 1979 in quanto appartenente a un gruppo terroristico italiano e che, condannato, sconta la relativa pena riuscendo con non poca fatica a ricostruirsi una vita. Il desiderio è quello di non essere più accostato a fatti di terrorismo davanti all’opinione pubblica.

Il 4 e il 5 gennaio del 1998, tuttavia, un Quotidiano locale pubblica un articolo nel quale sono contenuti notizie e dati personali posti in collegamento con il ritrovamento di un arsenale di armi appartenenti alle Brigate rosse, una  immagine dell’uomo, all’epoca dell’arresto, corredata da nome e cognome e una sua presunta intervista.

L’uomo, sentendo leso il proprio diritto all’oblio, cita in giudizio il direttore del Quotidiano in questione e l’editrice dello stesso e chiede il risarcimento dei danni conseguenti a tali pubblicazioni. Il Tribunale rigetta la domanda e, avverso la sentenza di primo grado, l’uomo propone appello.

La Corte d’Appello riforma la pronuncia di primo grado e afferma che il punto centrale della vicenda è costituito dall’assenza del consenso alla pubblicazione da parte dell’interessato e dalla mancanza dell’interesse pubblico alla diffusione della notizia dal momento che “per la sussistenza del diritto di cronaca deve esserci un interesse attuale alla conoscenza della notizia”. La Corte riconosce, dunque, all’appellante, il diritto all’oblio in riferimento a “una parte tanto drammatica della sua vita personale” e condanna gli appellati al risarcimento del danno.

La Corte di Cassazione, confermando la sentenza di secondo grado, chiamata a pronunciarsi in merito alla questione, enuncia il seguente principio di diritto: “In tema di diffamazione a mezzo stampa, il diritto del soggetto a pretendere che proprie, passate vicende personali siano pubblicamente dimenticate (nella specie, c.d. diritto all’oblio in relazione ad un’antica militanza in bande terroristiche) trova il limite nel diritto di cronaca solo quando sussista un interesse effettivo ed attuale alla loro diffusione, nel senso che quanto recentemente accaduto (nella specie, il ritrovamento di un arsenale di armi nella zona di residenza dell’ex terrorista) trovi diretto collegamento con quelle vicende stesse e ne rinnovi l’attualità. Diversamente, il pubblico ed improprio collegamento tra le due informazioni si risolve in un’illecita lesione del diritto alla riservatezza, mancando la concreta proporzionalità tra la causa di giustificazione (il diritto di cronaca) e la lesione del diritto antagonista”.

(Corte di Cassazione - Terza Sezione Civile, Sentenza 26 giugno 2013, n. 16111)