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Cassazione Penale: distrazione dell’avviamento aziendale

La sentenza in esame cerca di far chiarezza sul delitto di bancarotta fraudolenta (articolo 216 legge fallimentare) commesso mediante distrazione dell’avviamento commerciale, essendovi due orientamenti giurisprudenziali (apparentemente) contrastanti.

Infatti, mentre una risalente decisione include nel concetto di beni agli effetti dell’articolo 216 l. fall. l’avviamento, i rapporti di lavoro, la tecnologia, nonché i beni strumentali e persino quelli futuri (Sezione V, sentenza n. 8598 del 1982), un opposto e più recente orientamento esclude l’avviamento dai beni suscettibili di distrazione (Sezione V, sentenza n. 9813 del 2006).

Secondo la Corte, “il punto di conflitto tra i due orientamenti verte dunque apparentemente sulla natura dell’avviamento commerciale”, che secondo l’orientamento più recente rappresenta la capacità di profitto di un’attività produttiva. “In tal senso l’avviamento sarebbe una mera qualità del bene ed in quanto tale non potrebbe costituire oggetto di distrazione indipendentemente dal bene cui è riferito: oggetto di distrazione sono quindi i beni dell’azienda e non il valore di questa”.

Premesso quanto sopra, i giudici, chiamati a decidere in una causa nella quale era stato condannato un imprenditore che aveva ottenuto dalla società fallita del padre “il certificato di qualifica professionale”, la possibilità di proseguire l’attività della fallita nella stessa sede, con i medesimi dipendenti e infrastrutture, usufruendo in tal modo della medesima clientela, senza corrispondere alcunché, hanno precisato che l’avviamento “deve sinteticamente intendersi come la capacità di profitto di un’azienda (rectius: la capacità di produrre sovraredditi) e il suo valore come il plusvalore dell’azienda avviata”. In tal senso l’avviamento è il valore dell’azienda stessa e non una semplice aspettativa di fatto dell’imprenditore.

Secondo i giudici della Corte di Cassazione, “in quanto autonoma componente del valore dell’azienda, dunque, l’avviamento presenta una indubbia natura patrimoniale”, che non può costituire oggetto di autonoma disposizione, risultando inscindibile dall’azienda. “Ne consegue che non è possibile configurare la distrazione dell’avviamento commerciale dell’azienda oggetto dell’impresa successivamente fallita se contestualmente non sia stata oggetto di disposizione anche l’azienda medesima o quantomeno quei fattori aziendali in grado di generare l’avviamento”.

Ciò, si badi, non esclude a priori la possibilità che l’avviamento non possa costituire l’oggetto materiale della bancarotta fraudolenta patrimoniale, poiché “tra le condotte alternativamente configurate dall’articolo 216, comma primo, n.1, legge fallimentare, oltre a quella di distrazione, vi è, tra l’altro, quella di distruzione e cioè di annullamento del valore economico di uno degli elementi del patrimonio dell’imprenditore”. In questa prospettiva è dunque possibile ipotizzare l’intenzionale dispersione dell’avviamento aziendale, anche in assenza di cessione o eterodestinazione dei beni stessi.

Può quindi parlarsi di distrazione dell’avviamento penalmente rilevante quando vi è distrazione dei rapporti giuridici suscettibili di valutazione economica, ovvero quando l’imprenditore realizza “condotte tese ad indirizzare i clienti che si rivolgono alla sua azienda verso altra concorrente o ad istigare il personale alla risoluzione volontaria del rapporto di lavoro nella prospettiva di una riassunzione presso una società concorrente”, non potendo essere oggetto di distrazione né l’aspettativa dei clienti futuri né quella dei dipendenti che decidono di rimanere in azienda.

(Corte di Cassazione - Sezioni Quinta Penale, Sentenza 24 gennaio 2013, n.3817)

[Dott.ssa Luciana Di Vito - Iusgate]

La sentenza in esame cerca di far chiarezza sul delitto di bancarotta fraudolenta (articolo 216 legge fallimentare) commesso mediante distrazione dell’avviamento commerciale, essendovi due orientamenti giurisprudenziali (apparentemente) contrastanti.

Infatti, mentre una risalente decisione include nel concetto di beni agli effetti dell’articolo 216 l. fall. l’avviamento, i rapporti di lavoro, la tecnologia, nonché i beni strumentali e persino quelli futuri (Sezione V, sentenza n. 8598 del 1982), un opposto e più recente orientamento esclude l’avviamento dai beni suscettibili di distrazione (Sezione V, sentenza n. 9813 del 2006).

Secondo la Corte, “il punto di conflitto tra i due orientamenti verte dunque apparentemente sulla natura dell’avviamento commerciale”, che secondo l’orientamento più recente rappresenta la capacità di profitto di un’attività produttiva. “In tal senso l’avviamento sarebbe una mera qualità del bene ed in quanto tale non potrebbe costituire oggetto di distrazione indipendentemente dal bene cui è riferito: oggetto di distrazione sono quindi i beni dell’azienda e non il valore di questa”.

Premesso quanto sopra, i giudici, chiamati a decidere in una causa nella quale era stato condannato un imprenditore che aveva ottenuto dalla società fallita del padre “il certificato di qualifica professionale”, la possibilità di proseguire l’attività della fallita nella stessa sede, con i medesimi dipendenti e infrastrutture, usufruendo in tal modo della medesima clientela, senza corrispondere alcunché, hanno precisato che l’avviamento “deve sinteticamente intendersi come la capacità di profitto di un’azienda (rectius: la capacità di produrre sovraredditi) e il suo valore come il plusvalore dell’azienda avviata”. In tal senso l’avviamento è il valore dell’azienda stessa e non una semplice aspettativa di fatto dell’imprenditore.

Secondo i giudici della Corte di Cassazione, “in quanto autonoma componente del valore dell’azienda, dunque, l’avviamento presenta una indubbia natura patrimoniale”, che non può costituire oggetto di autonoma disposizione, risultando inscindibile dall’azienda. “Ne consegue che non è possibile configurare la distrazione dell’avviamento commerciale dell’azienda oggetto dell’impresa successivamente fallita se contestualmente non sia stata oggetto di disposizione anche l’azienda medesima o quantomeno quei fattori aziendali in grado di generare l’avviamento”.

Ciò, si badi, non esclude a priori la possibilità che l’avviamento non possa costituire l’oggetto materiale della bancarotta fraudolenta patrimoniale, poiché “tra le condotte alternativamente configurate dall’articolo 216, comma primo, n.1, legge fallimentare, oltre a quella di distrazione, vi è, tra l’altro, quella di distruzione e cioè di annullamento del valore economico di uno degli elementi del patrimonio dell’imprenditore”. In questa prospettiva è dunque possibile ipotizzare l’intenzionale dispersione dell’avviamento aziendale, anche in assenza di cessione o eterodestinazione dei beni stessi.

Può quindi parlarsi di distrazione dell’avviamento penalmente rilevante quando vi è distrazione dei rapporti giuridici suscettibili di valutazione economica, ovvero quando l’imprenditore realizza “condotte tese ad indirizzare i clienti che si rivolgono alla sua azienda verso altra concorrente o ad istigare il personale alla risoluzione volontaria del rapporto di lavoro nella prospettiva di una riassunzione presso una società concorrente”, non potendo essere oggetto di distrazione né l’aspettativa dei clienti futuri né quella dei dipendenti che decidono di rimanere in azienda.

(Corte di Cassazione - Sezioni Quinta Penale, Sentenza 24 gennaio 2013, n.3817)

[Dott.ssa Luciana Di Vito - Iusgate]