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Art. 28

Intervento

1. Se il giudizio non è stato promosso contro alcuna delle parti nei cui confronti la sentenza deve essere pronunciata, queste possono intervenirvi, senza pregiudizio del diritto di difesa.

2. Chiunque non sia parte del giudizio e non sia decaduto dall’esercizio delle relative azioni, ma vi abbia interesse, può intervenire accettando lo stato e il grado in cui il giudizio si trova.

3. Il giudice, anche su istanza di parte, quando ritiene opportuno che il processo si svolga nei confronti di un terzo, ne ordina l’intervento.

Bibliografia. De Paolis M, Il processo amministrativo, Padova, Ceda, 2012; Garofoli R., Manuale di diritto amministrativo, Molfetta Roma, Nel Diritto Editore, 2019; Saitta F, Giustizia amministrativa, Padova, 1993; Abbamonte G. Laschena R., Giustizia amministrativa, Bologna, 1997; Gisondi R., Nuovi strumenti di tutela nel codice del processo amministrativo, in www.giustizia-amministrativa.it, 2011.

 

Sommario. 1. Le parti accessorie. 2. Interesse di fatto. 3. Giurisprudenza

 

1. Le parti accessorie 

Nel processo amministrativo gli intervenienti sono parti accessorie, la cui comparizione in giudizio non è evidentemente necessaria, potendo però incidere sulla decisione del giudizio.

L’interveniente può infatti depositare domande, memorie e documenti, così da integrare il thema decidendum e favorire una migliore comprensione dei fatti oggetto di causa. L’atto di intervento ha natura adesiva rispetto alla posizione o del ricorrente (ad adiuvandum) o della parte resistente (ad opponendum). L’interesse dell’interveniente è generalmente diverso da quello di cui sono titolari le parti principali, ma in talune ipotesi potrebbe riguardare anche una posizione di cointeressato o controinteressato. 

L’interesse dell’interveniente ad adiuvandum, pur essendo collegato a quello del ricorrente, non potrebbe essere analogo a meno che l’intervento del cointeressato sia proposto nei termini previsti per la proposizione del ricorso. Invece l’interveniente ad opponendum potrebbe anche avere la posizione di controinteressato nel giudizio, qualora non sia stato chiamato nel giudizio per iniziativa del ricorrente o a seguito di ordinanza del giudice con cui si è disposta l’integrazione del contraddittorio.

 

2. Interesse di fatto

L’interveniente è titolare di un interesse di fatto relativo ad una posizione non rilevante giuridicamente, ma che, tuttavia, risente in qualche misura degli effetti giuridici dell’atto impugnato o del suo eventuale annullamento con sentenza (TAR Sicilia, Palermo, sez. III, 4 novembre 2009 n. 1730).

Di conseguenza non è ammissibile l’intervento ad adiuvandum spiegato da un soggetto ex se legittimato a proporre il ricorso in via principale, in quanto in tale ipotesi l’interveniente non fa valere un interesse di fatto bensì un interesse personale all’impugnazione dell’atto gravato in via principale, immediatamente lesivo della sua posizione 

giuridica e, come tale, impugnabile direttamente nei prescritti termini di decadenza.

 

3. Giurisprudenza

Secondo il Consiglio di Stato, sez. V, nella pronuncia del 1 aprile 2019 n. 2123, “Nel processo amministrativo dinanzi al Tribunale Amministrativo Regionale l’intervento ad adiuvandum, essendo un atto accessorio al ricorso introduttivo, richiede che la titolarità della posizione giuridica sia dipendente da quella dedotta in giudizio dalla parte ricorrente”, a conferma del consolidato orientamento relativo al collegato “mediato” tra interesse dell’interveniente e interesse del ricorrente; ancora, l’Adunanza Plenaria nella pronuncia n. 4 del 27 febbraio 2019 ha precisato che “In ambito amministrativo l’intervento, ad adiuvandum o ad opponendum, può essere proposto solo da un soggetto titolare di una posizione giuridica collegata o dipendente da quella del ricorrente in via principale non essendo sufficiente a consentire l’istanza di intervento la sola circostanza per cui il proponente sia parte in un giudizio in cui venga in rilievo una quaestio iuris analoga a quella divisata nell’ambito del giudizio principale”.

Quanto alla legittimazione a proporre appello, il CdS sez. V, nella sentenza n. 1737 del 21 marzo 2011, ha stabilito “Il soggetto interveniente ad adiuvandum che ha partecipato al giudizio di primo grado per sostenere le ragioni del ricorrente principale non è legittimato a proporre appello in via principale ed autonoma, salvo l’esistenza di un proprio interesse connesso all’intervento o alle spese giudiziali”, mentre sulla decadenza dall’azione il CdS sez. IV n. 747 del 17 febbraio 2014 ha precisato che “L’intervento nel processo amministrativo, previsto dall’articolo 28 comma 2 Cod. proc. amm. - che è di tipo adesivo dipendente, proposto a sostegno delle ragioni dell’una o dell’altra parte - è consentito a condizione che il soggetto, se legittimato, non sia decaduto dal diritto di impugnare il provvedimento amministrativo”.

 

Il punto di vista dell’Autore

Nel proprio atto l’interveniente non può introdurre nuove argomentazioni o motivi di censura ulteriori rispetto a quello introdotti dal ricorrente, limitandosi la sua attività a non pregiudicare la posizione della parte principale (nell’intervento adesivo). Ferma restando l’originaria delimitazione dell’oggetto del giudizio, gli intervenienti possono comunque addurre argomenti a favore delle contrapposte tesi.