x

x

Art. 607 - Ricorso dell’imputato

1. L’imputato può ricorrere per cassazione contro la sentenza di condanna o di proscioglimento ovvero contro la sentenza inappellabile di non luogo a procedere.

2. Può, inoltre, ricorrere contro le sole disposizioni della sentenza che riguardano le spese processuali.

Rassegna giurisprudenziale

Ricorso dell’imputato (art. 607)

I ricorsi successivi al 4 agosto 2017, data dell’entrata in vigore della L. 103/2017, con cui si è esclusa la facoltà dell’imputato (e quindi anche del condannato) di proporre personalmente ricorso per cassazione, devono essere in ogni caso sottoscritti, a pena d’inammissibilità, da difensori iscritti nell’albo speciale della Corte di cassazione (SU, 8914/2018).

È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale sollevata rispetto al combinato disposto degli artt. 571, comma 1, e 613, comma 1, che non consente più il ricorso personale alla Corte Suprema. La titolarità del diritto ad impugnare esprime, infatti, una situazione di astratta e potenziale connessione tra la qualifica soggettiva ricoperta dall’interessato e l’attività processuale da porre in essere, traducendosi nell’attribuzione della legittimazione ad esercitare un atto di impulso da cui scaturisce una determinata sequenza procedimentale.

Del tutto diverso, invece, il profilo della rappresentanza tecnica, intesa come capacità di chiedere in giudizio (jus postulandi) ovvero come potere di sollecitare una risposta del giudice presentandogli direttamente atti, istanze e deduzioni nell’interesse delle parti: attività processuale, questa, che nel giudizio di legittimità l’art. 613 comma 1 riserva esclusivamente al difensore iscritto nell’albo speciale della Corte di cassazione.

È il difensore a rappresentare la parte e a comparire in udienza davanti al giudice di legittimità (art. 614, comma 2). La parte, infatti, non può esercitare questi poteri personalmente, ma soltanto per mezzo del suo difensore, ossia avvalendosi di uno strumento tecnico che può operare davanti alla Corte in quanto è la stessa legge che gli conferisce l’esercizio di quei medesimi poteri che in astratto già sono e restano della parte.

Al principio di tassatività dei mezzi di impugnazione (art. 568, comma 3), che governa anche tali profili della materia stabilendo che la legge individua non solo quali siano i provvedimenti impugnabili, ma anche i soggetti ai quali spetta l’esercizio di tale potere, si ricollega la successiva disposizione di cui all’art. 571, che si occupa della legittimazione ad impugnare dell’imputato e del suo difensore, attribuendo a quest’ultimo una titolarità autonoma e parallela rispetto a quella dell’imputato.

Le modifiche apportate dalla L. 103/2017 non hanno investito in senso restrittivo la legittimazione ad impugnare dell’imputato, lasciando invariato il testo dell’art. 607, che continua a prevedere la possibilità per quest’ultimo di ricorrere per cassazione nei confronti della sentenza di condanna o di proscioglimento, nonché contro le sole disposizioni della sentenza che riguardano le spese processuali.

Ciò sta a significare che l’imputato mantiene la titolarità del diritto di ricorrere in cassazione in via del tutto autonoma rispetto al proprio difensore, pur essendo solo quest’ultimo, ai sensi dell’art. 613, comma 1, il soggetto legittimato alla proposizione dell’atto di impugnazione. Nell’assetto normativo delineatosi a seguito della novella legislativa del 2017 l’art. 607 continua a svolgere la specifica funzione di delimitare non tanto l’ambito soggettivo del mezzo di impugnazione, quanto quello oggettivo, con la conseguente individuazione dei provvedimenti suscettibili di ricorso per cassazione da parte dell’imputato.

Completamente diversa, invece, deve ritenersi la funzione attribuita dal legislatore all’art. 613 che non disciplina affatto la legittimazione all’impugnazione, ma unicamente le forme e le modalità soggettive di proposizione del ricorso, imponendo la sottoscrizione dell’atto introduttivo, delle memorie e dei motivi nuovi da parte di un difensore iscritto nell’apposito albo speciale della Corte.

Da tale esito ricostruttivo del sistema discendono due fondamentali conseguenze: a) per un verso, l’art. 571 esclude espressamente, attraverso il formale richiamo all’art. 613, che l’imputato possa proporre personalmente il ricorso per cassazione; b) per altro verso, è quest’ultima norma a disciplinare le modalità ed i requisiti soggettivi per la redazione e la sottoscrizione del ricorso, ferma restando l’autonoma legittimazione alla proposizione dell’impugnazione da parte del difensore, che continua a trovare la propria fonte nell’art. 571, comma 3.

Ciò posto, deve escludersi che l’abolizione del ricorso personale dell’imputato ponga problemi di compatibilità con i principi stabiliti dagli artt. 13 e 24 Cost. ovvero (in un’ottica ampliata) con le previsioni dell’art. 6, § 3, lett. b) e c) CEDU, nella parte in cui stabilisce, fra l’altro, che ogni accusato ha il diritto di disporre del tempo e delle facilitazioni necessarie a preparare la sua difesa, nonché di difendersi personalmente o avere l’assistenza di un difensore di sua scelta.

La necessità del ricorso alla rappresentanza tecnica per l’esercizio del diritto di impugnazione in cassazione costituisce, proprio in ragione delle peculiari connotazioni del giudizio di legittimità, un’esigenza da tempo riconosciuta nella giurisprudenza della Corte costituzionale (Sez. 1, 42018/2018).

A prescindere dalle modifiche apportate al codice di rito dalla recente L. 103/2017, la presentazione personale del ricorso per cassazione risultava già preclusa alla persona offesa ai sensi dell’art. 607 rimasto inalterato a seguito della novella normativa (Sez. 6, 3109/2018).

In tema di patteggiamento, la possibilità di ricorrere per cassazione deducendo l'erronea qualificazione del fatto contenuto in sentenza è limitata ai casi in cui tale qualificazione risulti, con indiscussa immediatezza, palesemente eccentrica rispetto al contenuto del capo di imputazione, dovendo in particolare escludersi l'ammissibilità dell'impugnazione che richiami, quale necessario passaggio logico del motivo di ricorso, aspetti in fatto e probatori che non risultino con immediatezza dalla contestazione. (In motivazione, la Suprema corte ha osservato come, nel caso in esame, risultando indicati nella imputazione sia il peso lordo della sostanza che modalità di detenzione, per l'occultamento della droga e la sua suddivisione in dosi, non fosse riscontrabile la palese eccentricità della sussunzione del fatto nella norma incriminatrice di cui all'art. 73, comma 5, DPR 309/1990 piuttosto che alla destinazione al consumo esclusivamente personale) (Sez. 6, 35286/2020).

L’imputato assolto con la formula ampiamente liberatoria “per non aver commesso il fatto”, anche se per mancanza, insufficienza o contraddittorietà della prova ai sensi dell’art. 530, comma 2, non è legittimato a proporre appello, neanche incidentale, avverso la relativa sentenza, per carenza di un apprezzabile interesse all’impugnazione, salvo che nell’eccezionale ipotesi in cui l’accertamento di un fatto materiale oggetto del giudizio penale conclusosi con sentenza dibattimentale sia suscettibile, una volta divenuta irrevocabile quest’ultima, di pregiudicare, a norma e nei limiti segnati dall’art. 654 stesso codice, le situazioni giuridiche a lui facenti capo, in giudizi civili o amministrativi diversi da quelli di danno e disciplinari regolati dagli artt. 652 e 653 (SU, 45276/2003).

Tanto vale anche per il ricorso per cassazione; l’art. 607 ammette l’imputato a proporre ricorso per cassazione avverso la sentenza di proscioglimento, ma tale regola va coordinata con quella di cui all’art. 568, comma 4, per il quale per proporre impugnazione occorre avervi interesse (Sez. 4, 3289/2017).