x

x

Art. 23 - Incompetenza dichiarata nel dibattimento di primo grado

1. Se nel dibattimento di primo grado il giudice ritiene che il processo appartiene alla competenza di altro giudice, dichiara con sentenza la propria incompetenza per qualsiasi causa e ordina la trasmissione degli atti al giudice competente.

2. Se il reato appartiene alla cognizione di un giudice di competenza inferiore, l’incompetenza è rilevata o eccepita, a pena di decadenza, entro il termine stabilito dall’articolo 491 comma 1. Il giudice, se ritiene la propria incompetenza, provvede a norma del comma 1.

Rassegna giurisprudenziale

Incompetenza dichiarata nel dibattimento di primo grado (art. 23)

È costituzionalmente illegittimo l’art. 23 comma 1 nella parte in cui dispone che quando il giudice del dibattimento dichiara con sentenza la propria incompetenza per materia, ordina la trasmissione degli atti al giudice competente anziché al PM presso quest’ultimo (Corte costituzionale, sentenza 76/1993).

È costituzionalmente illegittimo l’art. 23 comma 1 nella parte in cui dispone che quando il giudice del dibattimento dichiara con sentenza la propria incompetenza per territorio, ordina la trasmissione degli atti al giudice competente anziché al PM presso quest’ultimo (Corte costituzionale, sentenza 70/1996).

È costituzionalmente illegittimo l’art. 24 comma 1 nella parte in cui dispone che quando il giudice dell’appello annulla la sentenza di primo grado dichiara per incompetenza per materia, ordina la trasmissione degli atti al giudice competente anziché al PM presso quest’ultimo (Corte costituzionale, sentenza 76/1993).

È costituzionalmente illegittimo l’art. 24 comma 1 nella parte in cui dispone che quando il giudice dell’appello annulla la sentenza di primo grado dichiara per incompetenza per territorio, ordina la trasmissione degli atti al giudice competente anziché al PM presso quest’ultimo (Corte costituzionale, sentenza 70/1996).

Dopo la sentenza dichiarativa di incompetenza da parte del tribunale e la conseguente trasmissione degli atti al PM presso il giudice ritenuto competente, lo stesso PM può liberamente determinarsi in ordine all’esercizio dell’azione penale, potendo formulare anche una richiesta di archiviazione del procedimento (Corte costituzionale, Sez. 2, 36186/2017).

L’incompetenza a conoscere dei reati appartenenti alla cognizione del giudice di pace deve essere dichiarata dal giudice togato in ogni stato e grado del processo, ai sensi dell’art. 48 del d.lgs. 274/2000, disposizione che deroga al regime previsto dall’art. 23, comma 2, che consente la rilevabilità dell’incompetenza per materia c.d. in eccesso entro precisi termini di decadenza; tuttavia, nel caso in cui il giudice togato riqualifichi il fatto in un reato di competenza del giudice di pace, resta ferma la sua competenza per effetto del principio della “perpetuatio iurisdictionis”, purché l’originario reato gli sia stato attribuito nel rispetto delle norme sulla competenza per materia e la riqualificazione sia un effetto determinato da acquisizioni probatorie sopravvenute nel corso del processo (SU, 28909/2019).

La dichiarazione di incompetenza per materia del Tribunale per i reati previsti dall’art. 51, comma 3-bis, di competenza della Corte di assise del medesimo ambito territoriale, impone la regressione del procedimento con trasmissione degli atti al PM, essendo, invece, illegittima la diretta trasmissione degli atti al giudice ritenuto competente (Sez. 5, 47097/2014).

L’eccezione di incompetenza territoriale, ritualmente prospettata nel termine di cui all’art. 491 e respinta dal giudice, può essere riproposta con i motivi di impugnazione senza, però, poter introdurre argomentazioni ulteriori rispetto a quelle originarie, anche se queste ultime potrebbero giustificare uno spostamento della competenza (Sez. 2, 1415/2014).

Non è abnorme e non è, pertanto, ricorribile per cassazione l’ordinanza dettata a verbale con la quale il giudice di pace trasmetta gli atti al PM dichiarando la propria incompetenza per materia, trattandosi di provvedimento che riveste, comunque, natura sostanziale di sentenza, suscettibile di dare luogo a conflitto di competenza, a norma dell’art. 28 (Sez. 5, 10947/2011).

Deve considerarsi abnorme la decisione con la quale il tribunale in composizione monocratica, a seguito di contestazione modificativa (per fatto diverso) effettuata in udienza dal PM, dichiara la propria incompetenza per materia e trasmette gli atti, in violazione dell’art. 23, all’organo giudiziario ritenuto competente anziché al PM presso detto organo; infatti, tale provvedimento si pone per il suo contenuto in contrasto con i principi generali dell’ordinamento processuale sia per quanto concerne la violazione dei diritti della difesa sia con riferimento all’esercizio dell’azione penale, la cui titolarità spetta esclusivamente al PM presso il giudice competente (Sez. 1, 12317/2004).

A norma dell’art. 38 L. 287/1951, di riordinamento dei giudizi di assise, quando nelle leggi di procedura penale si fa riferimento a giudice di competenza superiore o a giudice superiore, la corte di assise si considera giudice di competenza superiore agli altri giudici di primo grado; l’art. 23 dispone che, se nel dibattimento di primo grado il giudice ritiene che il processo appartiene alla competenza di altro giudice, dichiara con sentenza la propria incompetenza e se il reato appartiene alla cognizione di un giudice di competenza inferiore, l’incompetenza è rilevata ed eccepita, a pena di decadenza, entro il termine stabilito dal primo comma del successivo art. 491. Dal combinato disposto di tali norme consegue l’inapplicabilità della preclusione, posta dall’art. 491 nella fase di giudizio che si sia svolta dinanzi al tribunale, essendo la corte di assise giudice considerato superiore dall’art. 38 citato (Sez. 2, 25657/2003).

In tema di termini di custodia cautelare, qualora il giudice del dibattimento dichiari la propria incompetenza, per materia o per territorio, così determinando la necessaria regressione del procedimento alla fase delle indagini preliminari (posto che detta declaratoria comporta la trasmissione degli atti al PM presso il giudice ritenuto competente e non direttamente a quest’ultimo, come originariamente previsto dall’art. 23), il termine di durata massima della custodia cautelare per la fase anzidetta dev’essere calcolato tenendo conto non solo del periodo di privazione della libertà sofferto nel corso dell’omologa fase precedente, ma anche di quello sofferto durante la fase dibattimentale conclusasi con la pronuncia di incompetenza, fermo restando che detto secondo periodo non potrà essere poi ulteriormente computato anche nel calcolo del termine per la nuova, eventuale fase dibattimentale (Sez. 1, 42794/2001).

Il PM presso il giudice competente, cui sono stati trasmessi gli atti a seguito della dichiarata incompetenza, può compiere nuovi accertamenti, emettere una richiesta di rinvio a giudizio anche con una descrizione dei fatti diversa rispetto a quella prospettata dal primo inquirente e chiedere la archiviazione per alcune o per tutte le ipotesi di reato già contestate; egualmente nella suddetta fase di nuove indagini preliminari, emergendo altri fatti idonei a giustificazione della richiesta, può essere emessa un’altra ordinanza di custodia cautelare (Sez. 5, 925/1999).