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Art. 460 - Requisiti del decreto di condanna

1. Il decreto di condanna contiene:

a) le generalità dell’imputato o le altre indicazioni personali che valgano a identificarlo nonché, quando occorre, quelle della persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria;

b) l’enunciazione del fatto, delle circostanze e delle disposizioni di legge violate;

c) la concisa esposizione dei motivi di fatto e di diritto su cui la decisione è fondata, comprese le ragioni dell’eventuale diminuzione della pena al di sotto del minimo edittale;

d) il dispositivo;

e) l’avviso che l’imputato e la persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria possono proporre opposizione entro quindici giorni dalla notificazione del decreto e che l’imputato può chiedere mediante l’opposizione il giudizio immediato ovvero il giudizio abbreviato o l’applicazione della pena a norma dell’articolo 444;

f) l’avvertimento all’imputato e alla persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria che, in caso di mancata opposizione, il decreto diviene esecutivo;

g) l’avviso che l’imputato e la persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria hanno la facoltà di nominare un difensore;

h) la data e la sottoscrizione del giudice e dell’ausiliario che lo assiste.

2. Con il decreto di condanna il giudice applica la pena nella misura richiesta dal pubblico ministero indicando l’entità dell’eventuale diminuzione della pena stessa al di sotto del minimo edittale; ordina la confisca, nei casi previsti dall’articolo 240, secondo comma, del codice penale, o la restituzione delle cose sequestrate; concede la sospensione condizionale della pena. Nei casi previsti dagli articoli 196 e 197 del codice penale, dichiara altresì la responsabilità della persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria.

3. Copia del decreto è comunicata al pubblico ministero ed è notificata con il precetto al condannato, al difensore d’ufficio o al difensore di fiducia eventualmente nominato ed alla persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria.

4. Se non è possibile eseguire la notificazione per irreperibilità dell’imputato, il giudice revoca il decreto penale di condanna e restituisce gli atti al pubblico ministero.

5. Il decreto penale di condanna non comporta la condanna al pagamento delle spese del procedimento, né l’applicazione di pene accessorie. Anche se divenuto esecutivo non ha efficacia di giudicato nel giudizio civile o amministrativo. Il reato è estinto se nel termine di cinque anni, quando il decreto concerne un delitto, ovvero di due anni, quando il decreto concerne una contravvenzione, l’imputato non commette un delitto ovvero una contravvenzione della stessa indole. In questo caso si estingue ogni effetto penale e la condanna non è comunque di ostacolo alla concessione di una successiva sospensione condizionale della pena.

Rassegna giurisprudenziale

Requisiti del decreto di condanna (art. 460)

È costituzionalmente illegittimo l’art. 460 comma 1 lett. e), nella parte in cui non prevede che il decreto penale di condanna contenga l’avviso della facoltà dell’imputato di chiedere mediante l’opposizione la sospensione del procedimento con messa alla prova (Corte costituzionale, sentenza 201/2016).

È costituzionalmente illegittimo l’art. 460 comma 4 nella parte in cui non prevede la revoca del decreto penale di condanna e la restituzione degli atti al PM anche nel caso in cui non sia possibile la notificazione nel domicilio dichiarato a norma dell’art. 161 (Corte costituzionale, sentenza 504/2000).

Il meccanismo disegnato dagli artt. 460 e ss. presuppone che l’imputazione formulata nella richiesta del PM resti ferma e non venga modificata se non in dibattimento; e ciò in quanto, sulla base di quell’imputazione (oltre che della misura della pena inflitta), l’imputato e il suo difensore, in un termine ristretto, devono compiere, a pena di decadenza, tutte le scelte processuali fondamentali: possono, cioè, decidere di non presentare opposizione (tenuto conto anche dei benefici previsti dall’art. 460, comma 5), ovvero, al contrario, di proporre opposizione e accedere a riti alternativi o di chiedere l’oblazione, ovvero di affrontare il dibattimento. Si deve anche ricordare che la procedura suddetta comporta che la notifica del decreto penale sia il primo atto con il quale l’imputato e il suo difensore ricevono la contestazione del reato e, spesso, anche notizia del procedimento: non è, infatti, previsto l’invio dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari ai sensi dell’art. 415-bis, né, ovviamente, l’imputato riceve notifica della fissazione di un’udienza (preliminare o dibattimentale). Le Sezioni unite (21243/2010) hanno affermato che il GIP, dopo l’opposizione al decreto penale, è vincolato in tale fase all’adozione degli atti di impulso previsti dall’art. 464 e non può pronunciarsi nuovamente sullo stesso fatto-reato dopo l’emissione del decreto né revocare quest’ultimo fuori dei casi tassativamente previsti; una volta che il giudice abbia emesso il decreto di condanna, in accoglimento della richiesta del PM, le successive fasi sono rigidamente scandite dalla procedura dettata dal codice in relazione alle scelte fatte dal condannato: in caso di opposizione, a seconda delle opzioni formulate dall’opponente, il giudice emette decreto di giudizio immediato ovvero provvede agli adempimenti connessi alla richiesta di giudizio abbreviato o di applicazione di pena ex art. 444 o di oblazione; in caso di inerzia, o di opposizione inammissibile, il giudice ordina l’esecuzione del decreto di condanna (art. 461 comma). Di conseguenza, dopo che il decreto di con danna sia stato emesso, il GIP è spogliato di poteri decisori sul merito dell’azione penale, incombendo sullo stesso, ove sia proposta opposizione, esclusivamente poteri-doveri di propulsione processuale, obbligati nell’an e nel quomodo, con la sola eccezione rappresentata dalla decisione sulla eventuale domanda di oblazione (Sez. 3, 19689/2018).

In tema di procedimento per decreto, l’omesso avviso della facoltà per l’imputato di chiedere la messa alla prova, previsto dall’art. 460, comma 1, lett. e) (come integrato a seguito della sentenza della Corte costituzionale 201/2016), comporta una nullità di ordine generale non assoluta che, ove non eccepita dalla parte che vi assiste, immediatamente dopo il suo compimento, rimane sanata ai sensi degli artt. 180 e 182 comma secondo (Sez. 4, 21897/2017).

Con riferimento agli avvisi all’imputato raggiunto da decreto penale di condanna, la sospensione del procedimento con messa alla prova è stata posta sul medesimo piano dei riti alternativi (Sez. 2, 3864/2016).

Il requisito dell’enunciazione del fatto, delle circostanze aggravanti e di quelle che possono comportare l’applicazione delle misure di sicurezza, con l’indicazione dei relativi articoli di legge, imposto a pena di nullità dall’art. 552, comma 1, lett. c), e comma 2 per il decreto di citazione a giudizio e, parallelamente, dall’art. 460, comma 1 lett. b) per il decreto penale di condanna, costituisce principio generale in tema di contestazione che, avendo la funzione di informare l’imputato circa il tenore delle accuse che gli vengono mosse al fine di consentirgli l’esercizio del diritto di difesa, può dirsi soddisfatto quando il fatto addebitato, così come le relative circostanze, sia enunciato in modo tale che l’interessato ne abbia immediata e compiuta conoscenza, mentre la mancata individuazione degli articoli di legge violati è irrilevante e non determina nullità, salvo che non si traduca in una compressione dell’esercizio del diritto di difesa (Sez. 3, 2760/2018).

Il decreto penale di condanna, una volta fatto oggetto di opposizione, perde la sua natura di condanna anticipata e produce unicamente l’effetto di costituire il presupposto per l’introduzione di un giudizio (immediato, abbreviato o di patteggiamento) del tutto autonomo e non più dipendente da esso che, in ogni caso, ai sensi dell’art. 464, comma 3, è revocato “ex nunc” dal giudice che procede dopo la verifica di rituale instaurazione del giudizio (Sez. 3, 20261/2014).

L’art. 460 comma 3, in attuazione dei principi del “giusto processo” ha introdotto l’obbligo di notifica del decreto penale di condanna al difensore di fiducia, se nominato, o a quello d’ufficio, con lo scopo di assicurare all’imputato una difesa tecnicamente qualificata che possa indicargli le possibili opzioni processuali, fra cui rientra ovviamente quella dell’opposizione al decreto. L’opposizione può essere proposta, ai sensi dell’art. 461 entro il termine di quindici giorni dalla notificazione del decreto o all’imputato o al difensore, eventualmente nominato. In assenza di opposizione, il giudice ne ordina l’esecuzione se non è proposta opposizione o se questa è inammissibile (Sez. 4, 25890/2018).

In tema di decreto penale di condanna (procedimento monitorio) particolare rilievo assumono le modalità di instaurazione del contraddittorio, posto che il decreto penale può essere – in concreto – il primo atto del procedimento penale portato a conoscenza del soggetto indagato (non dovendo essere preceduto dall’avviso di conclusione delle indagini preliminari ex art. 415-bis, come ribadito dalla Corte Costituzionale, pure a seguito delle questioni proposte sul tema, nelle decisioni 32/2003 e successive) ed al contempo – ove non opposto – è atto idoneo a determinare il giudicato. Da ciò deriva la necessità di particolare cautela interpretativa circa i contenuti delle norme tese a regolamentare le facoltà difensive (conoscenza del decreto, diritto di provvedere alla nomina del difensore di fiducia, condizioni per l’esercizio orientato della facoltà di opposizione) posto che la stessa legittimazione costituzionale del rito speciale si poggia sulla effettività e pienezza della facoltà di proporre opposizione, come evidenziato dalla Corte Costituzionale nella nota decisione 8/2003. Da ciò deriva che se da un lato la previsione di cui all’art. 460 comma 3 in tema di identificazione dei destinatari della notifica del decreto risulta - in prima approssimazione - rispettata mediante l’ordine di notifica al difensore di ufficio (lì dove all’atto della emissione del decreto non risulti la nomina di un difensore di fiducia) al contempo l’avvenuto esercizio della facoltà di nominare un difensore di fiducia (soggetto peraltro legittimato a proporre opposizione) determina – lì dove la notifica non sia stata concretamente inoltrata dall’ufficio procedente – l’ insorgenza dell’obbligo di notificare il decreto a tale soggetto (il difensore di fiducia) in luogo del difensore d’ufficio. Il momento che rileva al fine di individuare il soggetto legittimato a ricevere la notifica dell’atto è quello in cui si dispone l’inoltro del medesimo. Lì dove si verifichi, pertanto, un consistente ritardo tra l’emissione del decreto penale e il materiale inoltro dell’atto per la notifica è da ritenersi dovuta la notifica al difensore di fiducia nominato in tale intervallo temporale (Sez. 1, 16023/2016).

L’art. 460 comma 4, successivamente alla revoca del decreto penale che non si è potuto notificare, come l’art. 459 comma 3, relativo ai casi di rigetto della richiesta, prevedendo la restituzione degli atti al PM, ha coerentemente sancito la legittimità della regressione alla fase delle indagini preliminari con conseguente piena espansione dei poteri del PM quanto all’azione penale e alle sue modalità di esercizio (Sez. 4, 55129/2017).

La notificazione a mezzo posta rimasta ineseguita per la mancata consegna dell'atto ovvero per la consegna del medesimo a persona diversa da quella cui è destinato non può considerarsi perfezionata mediante la sola spedizione della lettera raccomandata che informa il destinatario dell'avvenuto deposito dell'atto presso l'ufficio postale ovvero del suo recapito al terzo estraneo, essendo necessaria la prova certa anche della ricezione della predetta raccomandata da parte del destinatario medesimo (Sez. 5, 21492/2022).

Se la ratio che sorregge la specifica disciplina di cui all’art. 460, comma 4, è quella di ancorare il regime della notificazione alla conoscenza effettiva del decreto penale, in modo che il destinatario dell’atto sia posto in condizione di esercitare concretamente la scelta tra opposizione e acquiescenza; se, in attuazione di questa ratio, il legislatore ha ritenuto che l’opzione tra acquiescenza e opposizione, a causa delle rilevanti conseguenze che ne derivano, non può essere demandata esclusivamente al difensore, e ha quindi stabilito l’incompatibilità tra il decreto penale di condanna e la irreperibilità dell’imputato, non vi è ragione per cui la revoca del decreto penale non debba essere prevista anche nel caso in cui, essendo inidonea o insufficiente la dichiarazione di domicilio, la notificazione dovrebbe essere eseguita mediante consegna al difensore a norma dell’art. 161, comma 4. Anche in tale ipotesi, infatti, l’impossibilità di eseguire la notificazione al domicilio dichiarato dall’imputato comporta l’alta probabilità che questi non abbia conoscenza effettiva del decreto e che l’eventuale proposizione dell’opposizione sia rimessa esclusivamente alla valutazione e alla iniziativa del difensore (Sez. 1, 26908/2018).

In riferimento agli effetti premiali del decreto penale di condanna, la mancata previsione di disposizione analoga all’art. 136 Att. è stata positivamente vagliata dalla Consulta (Corte costituzionale, ordinanza 407/2007), che ha riconosciuto il carattere di norma sostanziale dell’art. 460, comma 5, con conseguente preclusione, ai sensi dell’art. 14 Preleggi, ad una interpretazione estensiva per effetto della applicazione anche al rito per decreto penale della norma di cui all’art. 136 Att. Si deve di conseguenza escludere che la disciplina degli effetti premiali del decreto penale di condanna preveda anche, come condizione ostativa all’estinzione del reato, la mancata esecuzione della pena (Sez. 1, 25220/2018).

L’art. 460 comma 5 prevede che il reato è estinto se l’imputato non commette nel biennio una contravvenzione della medesima indole. Tale requisito non è invece richiesto ove il reato successivamente commesso sia un delitto, in quanto il requisito della identità di indole per il reato successivamente commesso è riferito esclusivamente alle contravvenzioni (Sez. 3, 16875/2010).

In tema di decreto penale di condanna, tra i benefici previsti dall’art. 460 comma 5 non rientra, quale effetto dell’estinzione del reato, anche la cancellazione dell’iscrizione nel casellario giudiziale, non essendo quest’ultima tassativamente elencata dall’art. 5 lett. g) ed h) del DPR 313/2002, che si pone quale unica norma applicabile a seguito dell’abrogazione dell’art. 687 per effetto dell’art. 52 del citato DPR (Sez. 1, 25041/2012).