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Art. 3 - Successione di leggi

1. L’ente non può essere ritenuto responsabile per un fatto che secondo una legge posteriore non costituisce più reato o in relazione al quale non è più prevista la responsabilità amministrativa dell’ente, e, se vi è stata condanna, ne cessano l’esecuzione e gli effetti giuridici.

2. Se la legge del tempo in cui è stato commesso l’illecito e le successive sono diverse, si applica quella le cui disposizioni sono più favorevoli, salvo che sia intervenuta pronuncia irrevocabile.

3. Le disposizioni dei commi 1 e 2 non si applicano se si tratta di leggi eccezionali o temporanee.

Stralcio della relazione ministeriale di accompagnamento al D. Lgs. 231/2001

Una novità tutta di ispirazione penalistica rispetto al paradigma della l. 689 (che la ignora) è rappresentata dalla disciplina della successione di leggi, di cui all’art. 3 dello schema.

Appare infatti evidente la matrice della disposizione, parzialmente ricalcata sull’art. 2 del codice penale; la sua opportunità nel merito deriva dall’incisività delle nuove sanzioni, tale da meritare all’ente la stessa disciplina di favore prevista nei confronti dell’imputato persona fisica.

Premesso che non si è ritenuto necessario ribadire il divieto di retroattività, già desumibile dall’articolo 2, è stata invece disciplinata l’ipotesi di abolitio, in cui la responsabilità dell’ente viene meno con il reato in relazione al quale essa era prevista, oppure perché è stata abrogata direttamente la disposizione che ricollega ad un reato (che permane) la suddetta responsabilità amministrativa.

In entrambi i casi, il venir meno del giudizio di disvalore da parte dell’ordinamento avrebbe reso irragionevole il permanere della responsabilità in capo all’ente.

Lo stretto legame tra responsabilità dell’ente e commissione di un reato implica poi che la medesima disciplina valga anche nel caso di sopravvenuta depenalizzazione di quest’ultimo, sebbene in tal caso la permanenza di un giudizio di disvalore da parte dell’ordinamento, in teoria, avrebbe potuto suggerire una diversa soluzione nel senso della continuità. La delega non sembrava comunque consentire tale opzione.

Mentre nel caso di abolitio non è previsto alcuno sbarramento alla produzione dell’effetto favorevole per l’ente, più contenuto  esattamente come nel penale  l’effetto retroattivo in bonam partem nel caso di semplice successione di leggi, dove il limite invalicabile è segnato dal passaggio in giudicato della sentenza: qui, tuttavia, il fenomeno riguarda più da vicino soltanto le modifiche della legge che prevede la responsabilità amministrativa dell’ente, le vicende del reato rimanendo indifferenti rispetto a quest’ultima.

È infine mutuata la dizione del quarto comma dell’art. 2 c.p., in relazione alle leggi eccezionali e temporanee, per le quali si esclude l’applicabilità delle norme precedenti.

La previsione si ispira alla rilevata necessità di tracciare un parallelismo tra la disciplina del nuovo illecito e quella penale, e potrebbe rivelarsi utile in futuro: allo stato attuale dell’assetto normativo in materia (e cioè in relazione alle fattispecie selezionate, tutte dotate una rilevanza empirica “non contingente”) sembra invece destinata ad avere un rilievo meramente teorico.

L’avvenuto superamento del quinto comma dell’art. 2 c.p. (sui decreti legge) da parte della disciplina e (sebbene in parte) della giurisprudenza costituzionale, ne ha infine sconsigliato la riproduzione in questa sede.

Le questioni che involgono la normazione attraverso decretazione d’urgenza nonché quelle legate alla dichiarazione di illegittimità costituzionale delle leggi sembrano infatti trovare più agevole soluzione alla luce dei rispettivi principi generali.

 

Rassegna di giurisprudenza

l principio di irretroattività è declinato dall’art. 3 secondo una duplice articolazione, che riguarda i distinti fenomeni della successione di leggi penali regolative del reato presupposto e della successione di leggi che disciplinano la responsabilità ex crimine degli enti.

Il primo comma dell’art. 3, stabilendo che l’ente non può essere ritenuto responsabile per un fatto che secondo una legge posteriore non costituisce più reato o in relazione al quale non è più prevista la responsabilità amministrativa dell’ente, equipara, in ragione del venir meno del giudizio di disvalore da parte dell’ordinamento, l’ipotesi di abolitio criminis del delitto presupposto a quella abrogazione della disposizione che ricollega ad un reato la responsabilità dell’ente.

L’ente non può essere ritenuto responsabile per un reato che non è più annoverato tra i reati presupposto. In tema di falsità nelle relazioni o nelle comunicazioni delle società di revisione, l’abrogazione, da parte dell’art. 37 L. 39/2010, dell’art. 2624 CC indicato quale reato presupposto della responsabilità amministrativa degli enti dall’art. 25-ter, comma 1, lett. g, determina ai sensi dell’art. 3 il venir meno di quella responsabilità anche in relazione agli illeciti antecedentemente commessi dall’ente (GUP Tribunale di Milano, 3 novembre 2010).

L’art. 27-septies è stato introdotto dall’art. 9, comma 1, L. 123/2007 e poi riformulato dall’art. 300 D. Lgs 81/2008. La modifica relativa alle sanzioni è più favorevole alla persona giuridica e, pertanto, è da applicare al caso di specie (Corte Assise di Torino, Sez. 2, 15 aprile-14 novembre 2011).

Si cita infine, per la sua affinità al tema in trattazione la seguente decisione della Consulta: “È costituzionalmente illegittimo l’art. 9, comma 6, della legge 18 aprile 2005, n. 62 (Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee. Legge comunitaria 2004), nella parte in cui stabilisce che la confisca per equivalente prevista dall’art. 187-sexies del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 (Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, ai sensi degli articoli 8 e 21 della legge 6 febbraio 1996, n. 52), si applica, allorché il procedimento penale non sia stato definito, anche alle violazioni commesse anteriormente alla data di entrata in vigore della stessa legge n. 62 del 2005, quando il complessivo trattamento sanzionatorio conseguente all’intervento di depenalizzazione risulti in concreto più sfavorevole di quello applicabile in base alla disciplina previgente” (Corte costituzionale, sentenza 223/2018).