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Compro oro, finanza e legalità

The kiss, Gustav Klimt, 1908, sterreichische Galerie Belvedere
The kiss, Gustav Klimt, 1908, sterreichische Galerie Belvedere

[estratto dal libro Compro oro, finanza e legalità, in collaborazione con Mirko Barbetti, Filodiritto Editore, Bologna, Febbraio 2013]

Presentazione del volume Roma, 22 maggio 2013

È difficile stabilire con univoca certezza le ragioni dello sviluppo territoriale dell’attività di acquisto oro da privati: si ritiene, forse a ragione, che le stesse vadano ricercate in una molteplicità di fattori che, combinati insieme, hanno fornito la motivata spinta affinché tale attività trovasse il giusto humus su cui attecchire. Non esiste, al giorno d’oggi, una via di una qualsiasi città in cui manchi un negozio compro oro. E questo in parte è derivato da cause di natura sociologica (oltre a quelle logiche e opportunistiche) che hanno permesso a molti di far nascere attività nelle proprie città e di proporsi sul mercato in maniera convincente, pur senza un adeguato know how o la giusta esperienza nel settore aurifero genericamente inteso, in modo da suscitare in poco tempo l’interesse della criminalità organizzata per la quantità di denaro contante ed oro movimentato nei singoli esercizi. Con il beneplacito dello Stato, si intende, che colpevolmente ha consentito agli stessi di proliferare in maniera incontrollata, senza porre rimedi normativi che ne contrastassero la degenerazione.

Attualmente, la procedura burocratica (e pratica) di apertura di un punto compro oro non appare affatto proibitiva, né dispendiosa, grazie alla previsione di un investimento iniziale contenuto e ai requisiti personali richiesti, niente affatto stringenti. Per aprire un compro oro al solo fine di rivendere il materiale prezioso a grossisti/intermediari o per vendere direttamente ai privati, è richiesto il rilascio dell’autorizzazione di pubblica sicurezza dalla parte della Questura e l’apertura della partita Iva. Qualora invece si intendesse vendere i preziosi alle società di fusione, di norma operatori professionali, è necessario il possesso di una serie di presidi, puntualmente stabiliti dal legislatore con la legge del 2000, n. 7 e dei requisiti di onorabilità e l’assenza di condanne penali, qualora s’intendesse accedere a taluni privilegi fiscali, di cui si dirà nel proseguo. Possono acquistare oro solo clienti che abbiano conseguito la maggiore età, muniti, al momento dell’acquisto, di regolare documento di riconoscimento in corso di validità. Una volta liquidato, il prezioso non potrà essere riceduto dal compro oro prima che sia scaduto il termine di giacenza fissato in dieci giorni previsto dalla legge (articolo 128 TULPS), al fine di consentire eventuali controlli da parte delle Autorità. Secondo una prassi ormai consolidata, il cliente firma un contratto che solleva il compro oro da eventuali responsabilità nell’illecita acquisizione dei preziosi; la prassi in questione, tuttavia, non risulta efficace ai fini della prevenzione del rischio di ricettazione, né solleva l’acquirente da eventuali responsabilità penali per incauto acquisto.

Ulteriore obbligo posto a carico del compro oro è quello di detenere regolarmente il registro delle antichità, dei preziosi e dei beni usati, vidimato dalla Questura.

I locali presso i quali si svolge la compravendita sono normalmente locali commerciali di modeste dimensioni arredati in maniera piuttosto sobria. Spesso accade che la vetrina sia coperta da manifesti pubblicitari, al fine di tutelare la privacy dei clienti; recenti prescrizioni delle Questure hanno evidenziato, tuttavia, l’esigenza di non coprire totalmente i vetri, affinché dall’esterno si possa vedere cosa accade all’interno del locale. Infine obbligatoria è l’adozione di mezzi di sicurezza quali, parete antisfondamento di divisione dal pubblico, allarme, servizio di video sorveglianza e cassaforte. I “ferri del mestiere” consistono in pochi ed essenziali strumenti: bilancia di precisione, minuteria del caso, prodotti per la valutazione dei preziosi e, naturalmente, l’insegna.

L’attività può essere svolta da una sola persona anche senza necessità di un particolare livello di formazione professionale. Nella maggior parte dei casi, le attività compro oro sono legate a marchi in franchising, in quanto lo stesso rappresenta la forma contrattuale ideale per introdursi nel mondo del commercio con un investimento iniziale notevolmente ridotto così come lo sono i rischi di impresa. Risulta, tuttavia, molto sviluppato anche il commercio al di fuori di marchi in franchising, ossia con marchi in proprio.

L’attuale normativa prevede per chi vende oro l’identificazione per mezzo di un documento del soggetto cedente: gli estremi devono essere riportati su un apposito registro su cui produrre una descrizione degli oggetti acquistati.

Si stima che a livello di distribuzione territoriale i compro oro siano passati da duemila ad oltre cinquemila unità nell’arco di un solo biennio su tutto il suolo nazionale anche se, ad oggi, un dato più preciso non può essere delineato poiché i compro oro non rientrano in una specifica categoria (nella stragrande maggioranza dei casi usufruiscono della medesima licenza dei gioiellieri per “vendita di preziosi”).

Secondo dati della Guardia di Finanza, i sequestri di pietre preziose nei settori di falso, truffa, contraffazione, usura, ricettazione e violazione delle leggi di pubblica sicurezza ammontano a oltre due milioni di euro, e vicini alla stessa cifra sono quelli relativi alla minuteria e ad oggetti di gioielleria.

L’Osservatorio regionale sulla legalità in Puglia ha rilevato che dove proliferano i compro oro si registra un’impennata del 70% di furti, scippi e rapine; solamente a Bari, tra piccoli laboratori e negozi in franchising, gli esercizi commerciali che comprano metalli preziosi sono 40; nella città di Napoli invece si stima che siano aumentati del 30% in due anni.

Nel Lazio e in Sicilia tali esercizi negli ultimi tre anni sono aumentati del 60%, mentre in Piemonte e Veneto del 30%. La media nazionale è del 22,5%.

Si stima che i compro oro siano presenti sul territorio nazionale con oltre 20.000 unità con un giro d’affari mediamente stimato (per difetto) di 300.000 euro annui.

Un negozio compro oro, nell’attuale periodo di crisi economica, può investire sino a 40.000 euro all’anno in pubblicità: nel solo comune di Bologna sono segnalate 162 attività di gioiellieri e orafi registrate alla Camera di commercio ma, di questi circa 120-125 svolge la sola attività di vendita di preziosi, mentre gli altri si sono adeguati all’attività di ritiro oro da privati anche in permuta.

I dettaglianti orafi che hanno registrato un incremento del numero di oggetti venduti sono passati dal 14 al 18%, ma quelli con un bilancio invariato rispetto all’anno precedente sono crollati dal 47 al 19% e quelli “in territorio negativo” sono saliti dal 39 al 63%. Addirittura il 50% dei gioiellieri intervistati ha denunciato un calo di pezzi venduti che oscilla tra l’11 e il 30%; dati, questi ultimi, che dimostrano come il settore oro sia in crisi.

Non anche per i compro oro, unici operatori attivi nella compravendita di oro in grado di mantenere un livello di business inalterato grazie proprio alla crisi stessa.