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Consiglio di Stato: senza la PEC la società non si iscrive nel registro delle imprese

Il Consiglio di Stato, a seguito del quesito proposto dal Ministero dello sviluppo economico, prendendo posizione rispetto a diversi orientamenti, ha chiarito quali sono le conseguenze della mancata comunicazione dell’indirizzo di posta elettronica certificata (PEC) da parte di una società/ditta nel momento dell’iscrizione nel registro delle imprese.

Si legge nel parere del Consiglio di Stato che l’articolo 16, comma 6, del Decreto legge del 28 novembre 2008, n.185 (convertito con modificazioni con la Legge del 28 gennaio 2009, n. 2) ha introdotto l’obbligo per le società di comunicare il proprio indirizzo di posta elettronica certificata all’Ufficio del registro delle imprese, al momento della domanda di iscrizione.

Successivamente, l’articolo 37 del Decreto legge del 9 febbraio 2012, n. 5 (convertito con la Legge del 4 aprile 2012, n. 35) ha aggiunto il comma 6-bis al citato articolo 16 ed ha previsto che, in caso di mancata comunicazione dell’indirizzo di PEC, la sanzione pecuniaria prevista per tale ritardo, ex articolo 2630 del Codice Civile, sia sostituita con la sospensione della domanda per tre mesi, in attesa che la stessa sia integrata.

In tal senso il Consiglio di Stato ha affermato che le sanzioni previste (pecuniaria e di sospensione per tre mesi) non sono cumulabili, ma alternative.

Infatti, secondo il Consiglio di Stato, la PEC costituisce un mezzo di semplificazione dei rapporti tra pubblica amministrazione ed imprese e la mancanza di tale requisito non può rimanere senza conseguenze, mentre in passato si applicava una sanzione pecuniaria, consentendo comunque l’iscrizione, seppur tardiva, della società nel registro delle imprese.

Con specifico riferimento alle imprese individuali, l’articolo 5 del Decreto legge del 18 ottobre 2012, n. 179 (convertito con modificazioni con la Legge del 17 dicembre 2012, n. 221) dispone che “l’Ufficio del registro delle imprese che riceve una domanda di iscrizione da parte di un’impresa individuale che non ha iscritto il proprio indirizzo di posta elettronica certificata, in luogo della sanzione prevista dall’articolo 2630 del Codice Civile, sospende la domanda fino ad integrazione della domanda con l’indirizzo di posta elettronica certificata e comunque per quarantacinque giorni; trascorso tale periodo, la domanda si intende non presentata”.

In conclusione, applicando alle società la disciplina prevista per le imprese individuali (fatto salvo il periodo di “moratoria” di tre mesi anziché di quarantacinque giorni), il Consiglio di Stato ha stabilito che, trascorsi tre mesi senza che la società comunichi il proprio indirizzo di posta elettronica ad integrazione della domanda di iscrizione, il competente Ufficio del registro dovrà considerare tale domanda come non presentata.

(Consiglio di Stato, Parere 10 aprile 2013, n. 1714)

Per consultare il testo del parere del Consiglio di Stato: Parere CDS

Il Consiglio di Stato, a seguito del quesito proposto dal Ministero dello sviluppo economico, prendendo posizione rispetto a diversi orientamenti, ha chiarito quali sono le conseguenze della mancata comunicazione dell’indirizzo di posta elettronica certificata (PEC) da parte di una società/ditta nel momento dell’iscrizione nel registro delle imprese.

Si legge nel parere del Consiglio di Stato che l’articolo 16, comma 6, del Decreto legge del 28 novembre 2008, n.185 (convertito con modificazioni con la Legge del 28 gennaio 2009, n. 2) ha introdotto l’obbligo per le società di comunicare il proprio indirizzo di posta elettronica certificata all’Ufficio del registro delle imprese, al momento della domanda di iscrizione.

Successivamente, l’articolo 37 del Decreto legge del 9 febbraio 2012, n. 5 (convertito con la Legge del 4 aprile 2012, n. 35) ha aggiunto il comma 6-bis al citato articolo 16 ed ha previsto che, in caso di mancata comunicazione dell’indirizzo di PEC, la sanzione pecuniaria prevista per tale ritardo, ex articolo 2630 del Codice Civile, sia sostituita con la sospensione della domanda per tre mesi, in attesa che la stessa sia integrata.

In tal senso il Consiglio di Stato ha affermato che le sanzioni previste (pecuniaria e di sospensione per tre mesi) non sono cumulabili, ma alternative.

Infatti, secondo il Consiglio di Stato, la PEC costituisce un mezzo di semplificazione dei rapporti tra pubblica amministrazione ed imprese e la mancanza di tale requisito non può rimanere senza conseguenze, mentre in passato si applicava una sanzione pecuniaria, consentendo comunque l’iscrizione, seppur tardiva, della società nel registro delle imprese.

Con specifico riferimento alle imprese individuali, l’articolo 5 del Decreto legge del 18 ottobre 2012, n. 179 (convertito con modificazioni con la Legge del 17 dicembre 2012, n. 221) dispone che “l’Ufficio del registro delle imprese che riceve una domanda di iscrizione da parte di un’impresa individuale che non ha iscritto il proprio indirizzo di posta elettronica certificata, in luogo della sanzione prevista dall’articolo 2630 del Codice Civile, sospende la domanda fino ad integrazione della domanda con l’indirizzo di posta elettronica certificata e comunque per quarantacinque giorni; trascorso tale periodo, la domanda si intende non presentata”.

In conclusione, applicando alle società la disciplina prevista per le imprese individuali (fatto salvo il periodo di “moratoria” di tre mesi anziché di quarantacinque giorni), il Consiglio di Stato ha stabilito che, trascorsi tre mesi senza che la società comunichi il proprio indirizzo di posta elettronica ad integrazione della domanda di iscrizione, il competente Ufficio del registro dovrà considerare tale domanda come non presentata.

(Consiglio di Stato, Parere 10 aprile 2013, n. 1714)

Per consultare il testo del parere del Consiglio di Stato: Parere CDS