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Contratto di rete tra imprese: profili e interpretazioni

I. Introduzione: fonti

Il contratto di rete fra imprese è un tipo contrattuale di recente introduzione, che permette a diverse imprese di collaborare al perseguimento di obiettivi comuni, senza perdere la propria individualità e usufruendo di incentivi e agevolazioni fiscali.

La disciplina del contratto di rete, è stata introdotta con il Decreto Legge 10 febbraio 2009 n. 5 (cosiddetto “Decreto incentivi”) - all'articolo 3, comma 4-ter - ma sin da subito è stata oggetto di numerose modifiche, dovute a problemi applicativi e al dibattito che si è sviluppato in dottrina e fra gli operatori del diritto in genere. Per tali motivi, oggi la disciplina del contratto di rete si presenta in continua evoluzione. Dapprima è stata modificata dalla Legge 23 luglio 2009, n. 99 (articolo 1); poi dal Decreto Legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito con modificazioni dalla Legge 30 luglio 2010, n. 122 (articolo 42, comma 2 bis); ancora dal Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83 cosiddetto “Decreto sviluppo” (articolo 45), ed in particolare dalla relativa legge di conversione Legge 7 agosto 2012, n. 134; infine dal Decreto Legge 18 ottobre 2012, n. 179 cosiddetto “Decreto sviluppo bis”, come convertito con modifiche dalla Legge 17 dicembre 2012, n. 221.

Questo modello contrattuale è pensato per le piccole e medie imprese, le quali già in passato hanno sviluppato forme di interazione per migliorare la propria competitività sul mercato, anche alla luce delle sfide delle imprese multinazionali. A tal proposito si rammenta la creazione di “distretti industriali”, espressione di una importante realtà del tessuto economico italiano, riconosciuti con la Legge n. 317 del 1991 “Interventi per l’innovazione e lo sviluppo delle piccole imprese” (successivamente modificata dalla Legge n. 140 del 1999 che ha introdotto criteri meno rigidi per la loro individuazione).

In essi, troviamo una grande concentrazione di piccole e medie imprese specializzate nello stesso settore che si trovano su di uno stesso territorio, integrate fra di loro da relazioni economiche e sociali, e che sono profondamente legate con le comunità locali. Oggi esse si estendono a macchia di leopardo su tutto il territorio nazionale (alcuni esempi valgano per tutti: distretto della calzatura della riviera del Brenta, distretto della ceramica di Sassuolo, distretto del ferro delle valli bresciane e distretto friulano della sedia).

L’importanza della collaborazione fra piccole e medie imprese è stata percepita anche a livello di Istituzioni europee. L’Unione ha riconosciuto l’importanza delle piccole imprese già a partire dal 2000 con la Carta europea per le piccole imprese, in occasione del Consiglio Europeo di Feira nel giugno di quell’anno. Una tappa importante di questo processo è rappresentato dallo Small Business Act, pubblicato nel 2008 dalla Commissione europea. Essa ha posto una serie di obiettivi, tra cui quello di realizzare un diritto dei contratti europeo che risponda alle esigenze delle piccole imprese. Tale impostazione è stata riconfermata nel Review dello Small Business Act del 2011.

Sia consentita un’ultima riflessione introduttiva riguardo le fonti della disciplina: nella misura in cui la normativa sul contratto di rete si prefigge di far perseguire agli imprenditori “lo scopo di accrescere, individualmente e collettivamente, la propria capacità innovativa e la propria competitività sul mercato” (articolo 3, comma 4-ter, Decreto Legge 10 febbraio 2009 n. 5), essa rappresenta una applicazione del primo comma dell’articolo 41 della Costituzione (“l’iniziativa economica privata è libera”) e dell’ultimo comma dell’articolo 118, questa volta limitatamente alle sole reti che svolgono attività di interesse generale (“Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà”).

II. I contraenti del contratto di rete

Il comma 4-ter, dell'articolo 3 (Decreto Legge 10 febbraio 2009 n. 5), disciplinante il contratto di rete, rivolge lo stesso a più imprenditori. Dunque per capire chi potrà stipulare tale contratto dovremo riferirci alla definizione di imprenditore di cui all’articolo 2082 del Codice Civile. Saranno quindi ammesse alla stipula di un contratto di rete le imprese individuali o collettive, le imprese grandi, medie o piccole, le imprese commerciali, agricole ovvero artigiane. Non solo, ma potranno concludere contratti di rete anche enti pubblici che hanno per oggetto esclusivo o principale una attività di impresa; ed anche imprese senza finalità lucrative, nella misura in cui sono ammissibili reti di imprese a composizione mista fra soggetti con e senza scopo di lucro. Infine, non vi sono ostacoli alla conclusione di contratti di rete fra imprese legate da rapporti partecipativi o in qualunque modo collegate fra loro. Riassumendo, ciò che è richiesto è una corrispondenza alla definizione normativa e una iscrizione al registro delle imprese poiché, come vedremo, sarà necessaria l'iscrizione del contratto. Da queste osservazioni si desume come il contratto di rete sia ascrivibile a pieno titolo nella categoria dei contratti d’impresa, ovvero quei contratti caratterizzati dalla presenza della qualifica di imprenditore in capo ad una delle parti contraenti. L’impresa risulta essere pertanto elemento di tipicità.

Il contratto di rete ha una struttura aperta, le modalità di adesione di nuovi imprenditori sono contenuto essenziale del contratto ai sensi del comma 4-quater, dell'articolo 3 così come di recente modificato. Inoltre lo stesso articolo lascia alle parti la possibilità di indicare condizioni per il recesso e cause facoltative dello stesso, ferma restando l’applicazione delle norme sullo scioglimento totale o parziale dei contratti plurilaterali con comunione di scopo. Dunque anche per il contratto di rete varrà il principio di conservazione: nel caso in cui venga meno una delle parti, il contratto resterà valido ed efficace nei confronti degli altri contraenti.

E’ infine opportuno sottolineare, come alcuni osservatori hanno visto, nella sola applicabilità agli imprenditori, un limite della norma. E’ stato sostenuto infatti che anche altri soggetti quali professionisti, enti di ricerca, università e associazioni di categoria, svolgono un ruolo primario nella vita delle imprese e dunque, secondo questa tesi, sarebbe auspicabile da parte del legislatore una modifica per ampliare la portata della norma, oltre la definizione di imprenditore.

III. L’oggetto del contratto di rete

Con il contratto di rete più imprenditori si obbligano “sulla base di un programma comune di rete, a collaborare in forme ed in ambiti predeterminati attinenti all’esercizio delle proprie imprese ovvero a scambiarsi informazioni o prestazioni di natura industriale, commerciale, tecnica o tecnologica ovvero ancora ad esercitare in comune una o più attività rientranti nell’esercizio della propria impresa” (comma 4-ter, articolo 3, Decreto Legge 10 febbraio 2009 n. 5).

Si tratta di una indicazione piuttosto generica e che di fatto non permette di distinguere l’oggetto del contratto di rete da quello di altri tipi contrattuali. Dunque, come vedremo, sarà necessario far riferimento alla causa (per la verità definita non meno genericamente) per distinguere il contratto di rete da altri tipi contrattuali.

E’ possibile fare alcune distinzioni in riferimento all’oggetto del contratto di rete. Innanzi tutto è possibile individuare un oggetto “statico” identificabile con la stesura del programma di rete e un momento “dinamico” dell’oggetto stesso comprensivo delle attività previste nel programma di rete. Tali attività possono essere schematizzate come segue:

- collaborazione tra le parti in ambiti attinenti all’esercizio delle proprie imprese;

- scambio di informazioni e prestazione di varia natura;

- esercizio in comune di attività attinenti l’esercizio della propria impresa;

Collaborazione: il termine “collaborare” non trova una definizione legale, dovremo quindi riferirci al significato comune della parola, che potremo intendere come una attività di lavoro comune e non occasionale, al fine di raggiungere un determinato obiettivo. In effetti questa attività anche quelle di scambio di informazioni e prestazioni e scambio di attività attinenti l’esercizio dell’impresa. Ciò ha indotto alcuni interpreti a ritenere che, con tale formulazione, il legislatore abbia voluto enfatizzare il carattere collaborativo, qualificandolo come caratteristico e proprio dei contratti di rete. Secondo questa concezione, i modi in cui tale collaborazione si può articolare (per intenderci, scambio o esercizio in comune di attività) non è altro che un corollario del più importante principio quale è appunto il rapporto collaborativo.

Tornando ora alla collaborazione, essa può svilupparsi in diverse modalità (distinzione elaborata già da RetImpresa, nel documento Guida pratica al contratto di rete, novembre 2011), che vanno da attività di coordinamento per ottenere migliori rapporti con l’esterno (come i controlli di qualità), ma anche in attività strumentali per il perseguimento di migliori rapporti di gestione (ad esempio le attività di magazzino) ed infine attività complementari per aumentare le proprie potenzialità (si pensi all'unione di risorse in vista di un appalto).

Scambio di informazioni e prestazioni: lo scambio di informazioni può andare da quelle meramente commerciali a quelle di interesse tecnologico e di innovazione o alla attività di ricerca. Tali attività dimostrano il forte carattere innovativo di questa disciplina che consente una maggiore coordinazione fra i vari segmenti della filiera, rispetto alla collaborazione meramente bilaterale. Dunque maggiore armonia della rete.

Esercizio in comune di attività: questa attività è stata la prima introdotta dal legislatore, il quale solo successivamente ha aggiunto le altre sopra descritte. Nella formulazione originaria si diceva che l’esercizio comune di attività doveva avere lo scopo specifico dell’accrescimento della capacità innovativa e della competitività sul mercato. Ciò aveva indotto taluno a interrogarsi sui rapporti fra la rete e il modello societario, rapporto che è risultato da subito incerto. Vedremo, dopo l’analisi della disciplina, come questa questione è affrontata nella dottrina di Renato Santagata.

IV. La causa del contratto di rete

Il legislatore sembra voler dare un particolare rilievo alla causa del contratto di rete. Infatti il comma 4-ter perentoriamente stabilisce che con il contratto di rete le parti perseguono lo scopo di accrescere, individualmente e collettivamente, la propria capacità innovativa e la propria competitività sul mercato. Anche per l’interpretazione di questi termini, sembra doveroso il riferimento ad una definizione non giuridica (non trovando gli stessi definizione normativa), più precisamente nell’ambito economico. Inoltre, data la genericità dei concetti, sembra facile scivolare verso una concezione soggettiva della causa ricadendo nei motivi a contrarre, giuridicamente irrilevanti.

Eppure l’individuazione della causa è ciò che distingue il contratto di rete da altri tipi contrattuali poiché, come già visto, la qualificazione del contratto di rete non può dedursi dall’oggetto contrattuale.

V. Forma, contenuti e pubblicità del contratto di rete

Il contratto di rete è un contratto a forma vincolata, così infatti recita il comma 4-ter: “ai fini degli adempimenti pubblicitari di cui al comma 4-quater, il contratto deve essere redatto per atto pubblico o per scrittura privata autenticata, ovvero per atto firmato digitalmente” .

Il richiamo al comma 4-ter ci introduce alla disciplina della pubblicità. Il contratto di rete è soggetto a iscrizione nella sezione del registro delle imprese presso cui è iscritto ciascun partecipante e la sua efficacia decorre dal momento in cui è stata eseguita l’ultima delle iscrizioni prescritte (iscrizione di tutti i sottoscrittori originari). Dunque l'iscrizione svolge una funzione di efficacia costitutiva.

Le recenti modifiche del 2012, hanno inoltre stabilito che le modifiche al contratto dovranno essere ugualmente iscritte al registro delle imprese, onere che grava in capo all’impresa indicata nell’atto stesso, la quale procedere alla iscrizione nel registro presso cui l'impresa è iscritta. Sarà poi questo ufficio del registro a comunicare l’avvenuta modifica agli altri uffici presso cui sono iscritte le altre imprese partecipanti alla rete. Queste annoteranno d’ufficio la modifica.

Sia consentito qui anticipare un concetto, che sarà riesaminato durante l’analisi della disciplina del fondo comune; ovvero che, laddove sia previsto un fondo comune e si proceda alla iscrizione della rete nella sezione ordinaria del registro delle imprese presso cui la rete ha sede, la medesima acquista soggettività giuridica. Condizione diversa dalla personalità giuridica ma con le conseguenze che esamineremo in relazione all’organo comune e al fondo patrimoniale.

Non resta che fare delle considerazioni riguardo ai contenuti del contratto di rete. E’ possibile distinguere i contenuti previsti dal comma 4-ter, in contenuti essenziali e contenuti facoltativi. Fra questi ultimi annoveriamo: la previsione di un fondo patrimoniale o di un organo comune, il diritto di recesso anticipato (cause facoltative di recesso e condizioni di esercizio del diritto stesso) ed infine la modificabilità a maggioranza del contratto di rete. Va da sé che, se previste, queste disposizioni contrattuali sono soggette ai vincoli di forma e di iscrizione sopra descritti, come espressamente previsto dall’articolo3, comma 4-ter.

I requisiti essenziali sono elencati dalla legge. Nello specifico: le generalità dei partecipanti (e di coloro che eventualmente aderiranno), l’indicazione degli obiettivi strategici e le modalità di misurazione dei miglioramenti fatti, l’indicazione del programma di rete, la durata del contratto e la modalità di adesione alla rete, le regole di assunzione delle decisioni.

VI. Il fondo patrimoniale, il problema della soggettività

Le disposizioni relative al fondo patrimoniale, si trovano sparse fra i vari (e piuttosto articolati) commi disciplinanti il contratto di rete. Ho preferito quindi analizzare la disciplinata seguendo un ordine diverso e più lineare rispetto a quello adottato dal legislatore.

Innanzi tutto il fondo patrimoniale è una dotazione patrimoniale destinata all’esecuzione del programma di rete. Può essere costituto con dei conferimenti iniziali da parte partecipanti, nonché con contributi successivi. Le parti possono anche costituirlo attraverso l’apporto di un patrimonio destinato, ai sensi dell’articolo 2447-bis, comma 1, lettera a) del Codice Civile.

Una volta chiarito cos’è un fondo patrimoniale e come si costituisce, la domanda potrebbe essere quale sia la sua disciplina. La risposta è fornita dal comma 4-ter, il quale recita che al fondo patrimoniale si applica in quanto compatibile l'articolo 2614 e l'articolo 2615, comma 2, del Codice Civile. In ogni caso per le obbligazioni contratte dall’organo comune in relazione al programma di rete, i terzi possono far valere i loro diritti solo sul fondo comune. Dunque una limitazione della responsabilità per i contraenti laddove siano previsti il fondo patrimoniale e l’organo comune, per le obbligazioni contratte da quest’ultimo inerentemente al programma di rete.

Riassumendo:

- Le parti contraenti non possono diversi il fondo comune finché dura la rete;

- I creditori dei singoli non posso agire sul fondo comune per soddisfare i loro diritti;

- Per le obbligazioni contratte per conto dei singoli rispondo solidalmente il fondo e l’interessato;

- Per le obbligazioni contratte dall’organo comune in relazione al programma di rete, i terzi potranno agire solo sul fondo patrimoniale comune;

Inoltre il medesimo comma dispone che, in caso di fondo patrimoniale, occorre redigere entro due mesi dalla chiusura dell’esercizio annuale dell’attività, una situazione patrimoniale. Si applicano in quanto compatibili le norme in materia di bilancio di esercizio delle società per azioni. Tale situazione dovrà poi essere depositata presso il registro delle imprese del luogo ove la rete ha sede. Si applica in quanto compatibile l’articolo 2615-bis, comma 3, del Codice Civile.

Dati questi profili di disciplina, è sorto subito fra gli interpreti l’interrogativo se la rete d’imprese abbia o meno soggettività giuridica. La risposta è arrivata con il Decreto Legge n. 179/2012 (modificante il Decreto Legge n.5/2009) il quale afferma: “Il contratto di rete che prevede l’organo comune e il fondo patrimoniale non è dotato di soggettività giuridica, salva la facoltà di acquisto della stessa ai sensi del comma 4-quater ultima parte” .

Quindi sarà acquistata la soggettività giuridica solo con l’iscrizione della rete presso la sezione ordinaria del registro delle imprese presso cui ha sede. Tale iscrizione, anche in questo caso, è una forma di pubblicità costitutiva.

A questo punto ci si può chiedere, ed in effetti ci si è chiesto, cosa sia questa soggettività. Di certo essa non coincide con il concetto di personalità giuridica, ma allo stesso tempo ad essa si avvicina data la limitazione di responsabilità alle condizione che abbiamo visto.

Per comprendere questo concetto è utile citare una osservazione fatta da alcuni interpreti, in un articolo realizzato prima degli interventi del 2012 e pertanto prima della formulazione che stiamo analizzando. In riferimento alle agevolazioni tributarie è stato scritto da Fabrizio Cafaggi: “[…] L’agevolazione viene concessa sulla base di una valutazione di asseverazione del programma come previsto dalla disciplina 16. La circolare 4/E precisa che non solo le imprese partecipanti non perdono la propria soggettività tributaria ma la rete non acquista una propria soggettività. Questa conclusione pone problemi importanti che non appaiono risolti dalla circolare 15/E. Per le reti avere un’identità tributaria separata da quella delle imprese ad essa partecipanti è fondamentale. […] Sembra tuttavia che il problema sia figlio di un’impostazione che lega le agevolazioni alla soggettività del beneficiario piuttosto che al progetto”( Cafaggi, Il contratto di rete nella prassi. Prime riflessioni, Contratti n. 5 del 2011).

Dunque, in definitiva, un vantaggio sicuramente importante che le imprese possono ricavare dalla soggettività della rete è quella di avere un’identità tributaria diversa da quella della rete stessa.

In questo senso si esprime la circolare n. 20/E del 18 giugno 2013 dell’Agenzia delle Entrate, la quale ha stabilito che la soggettività giuridica rende la rete soggetta ad imposte proprie. In particolare: imposta sul reddito delle società, Irap e IVA. La rete è inoltre tenuta alla tenuta delle scritture contabili dell’attività commerciale esercitata.

Non solo, ma la Legge n. 221/2012 ha ammesso la rete alla stipula di contratti di appalto con le Pubbliche Amministrazioni, in particolare novellando il Decreto Legislativo n. 163/2006 (il cosiddetto “Codice degli Appalti Pubblici”) ha stabilito che possono partecipare alle gare di appalto indette dalle Pubbliche Amministrazioni “le aggregazioni di imprese aderenti al contratto di rete”.

A questo punto non si può prescindere dal fare un’ultima, importante, osservazione riguardo al profilo della soggettività. La mancanza di soggettività è un requisito alla base del godimento degli incentivi fiscali previsti per il contratto di rete. Infatti, la Commissione europea con la Decisione C-(2010)8939 aveva ammesso la liceità delle agevolazioni previste per il contratto di rete, proprio sulla base del fatto che esse non costituivano aiuto di Stato, proprio sulla base della mancanza di personalità giuridica della rete stessa. Ed in questi termini si esprime anche la già citata circolare n. 20/E del 18 giugno 2013, dove afferma che le agevolazioni sono previste solo per le reti senza soggettività giuridica.

Inoltre, come si dirà nel prossimo paragrafo, la soggettività incide anche sul ruolo dell’organo comune.

VII. L’organo comune nel contratto di rete

L’organo comune è l’ufficio incaricato di svolgere l’attività di esecuzione del contratto ed anche i compiti di rappresentanza dell’ente, i quali possono variare fra la rappresentanza ed il mandato. Nello specifico in caso di soggettività giuridica della rete, l’organo agirà come rappresentante della rete stessa; in caso di mancanza di soggettività, l’organo agirà in rappresentanza comune, o anche individuale, degli imprenditori. Dunque un rapporto che può oscillare fra la rappresentanza ed il mandato.

Salvo che non sia diversamente disposto, l’organo agisce: nelle procedure di programmazione negoziata con le pubbliche amministrazioni, nelle procedure inerenti ad interventi di garanzia per l'accesso al credito e in quelle inerenti allo sviluppo del sistema imprenditoriale nei processi di internazionalizzazione e di innovazione previsti dall'ordinamento, nonché all'utilizzazione di strumenti di promozione e tutela dei prodotti e marchi di qualità o di cui sia adeguatamente garantita la genuinità della provenienza (comma 4-ter, lettera e), Decreto Legge 2009 n. 5, così come modificato dal Decreto Legge n.179/2012, convertito con Legge 221/2012).

VIII. Cenni in materia di incentivi

Come anticipato, la realizzazione di una rete d’imprese consente di beneficiare di alcuni incentivi, tra i quali l’estensione delle misure di promozione dei distretti così come previste dalla Legge Finanziaria del 2006. Il Decreto Legge n. 78/2010 (poi convertito) ha previsto una sospensione d’imposta per le imprese che versano parte dei loro utili nel fondo comune, per investimenti relativi al programma di rete. E’ prevista anche una attività di controllo da parte della Agenzia delle Entrate sulla corrispondenza fra attività svolta e programma di rete.

Inoltre la Legge n. 134/2012 (legge di conversione del Decreto Legge n. 83/2012), ha previsto che i consorzi per l’internazionalizzazione possano svolgere la loro attività, beneficiando di contributi statali anche stipulando contratti di rete con piccole e medie imprese non consorziate. E’ anche previsto che il Ministero per gli Affari Regionali, il Turismo e lo Sport stanzi contributi a fondo perduto, fino a 8 milioni di Euro, per la realizzazione di progetti di reti tra imprese promossi da aziende del comparto turistico del territorio nazionale.

IX. Interpretazioni

Analizzati i principali profili della disciplina del contratto di rete, possiamo introdurre alcune considerazioni dottrinali in merito alla disciplina stessa. In particolare Renato Santagata, nel suo articolo Il “contratto di rete” fra (comunione di) impresa e società (consortile), (in Rivista di diritto civile, 2011), analizza i rapporti fra la rete d’imprese e il modello consortile e societario, concludendo che esso è sussumibile al modello della società consortile di diritto speciale.

La rilevanza giuridica del concetto di “network”, è stata per la prima volta affrontata dalla dottrina tedesca. Alla luce di relazioni economiche e sociali, in cui si intrecciano profili di tipo associativo e di scambio, taluni autori hanno sostenuto la opportunità di dare rilevanza giuridica alle “reti di contratti” (oggettivamente diversi dalle reti fra imprese) poiché in queste ipotesi si crea una operazione economica sottostante, che non può essere trascurata. Nello specifico si fa l’esempio delle catene di fornitura o distribuzione organizzata, dove i committenti (ancorché legati da una comunione di scopo) prediligono stipulare contratti bilaterali con i fornitori, al fine di evitare loro possibili alleanze e dunque conservare una libertà di scelta. Si ritiene che fra questi contratti vi siano dei legami che non possono essere trascurati dal diritto, andando quindi oltre la relatività degli effetti del contratto.

L’analisi dell’autore prosegue sul contratto di rete fra imprese, in particolare, analizza la Legge n. 33 del 2009, introduttiva di incentivi e agevolazioni per le reti d’imprese. Stando alla norma, elemento essenziale del contratto di rete è l’esercizio in comune di una o più attività economiche, da ciò desumendo la necessaria natura associativa della rete. Ciò ha indotto la dottrina a interrogarsi sul rilievo meramente pubblicistico o anche civilistico delle reti d’imprese e sul loro rapporto con gli istituti di cooperazione fra imprenditori.

Il nucleo della disciplina del contratto di rete (definizione di un programma di rete, diritti e obblighi dei partecipanti e modalità di realizzazione dello scopo comune), indica inequivocabilmente un “contratto di coordinamento”, dove spicca il profilo organizzativo. Ciò sarebbe testimoniato dalla non mera bilateralità dei rapporti che vengono in essere fra i partecipanti e dalla necessarietà dell’iscrizione a fini pubblicitari, che sarebbe indice della rilevanza per i terzi del profilo organizzativo.

Una volta introdotto il problema, ed evidenziato il profilo organizzativo, è possibile confrontare la rete con il consorzio, definito dall’articolo 2602 (introdotto dalla Legge n. 377 del 1976). Considerando la molteplicità e la varietà di forme di collaborazione che possono costituire oggetto del contratto di rete, esse possono essere inquadrate nell’altrettanto ampio concetto di “fase”, così secondo Santagata: “L’ampiezza del concetto di “fase”, consente di annoverarvi qualsiasi attività svolta nell’interesse dei consorziati è […]”. Ma la rete è riconducibile al modello consortile, anche grazie alla elasticità di quest’ultimo, scrive infatti l’autore che nel modello consortile: “è infatti implicita la possibile configurazione di una pluralità di modelli […], caratterizzati da un grado più o meno intenso di coesione […] in relazione alle funzioni di coordinamento assegnate dalle parti all’organizzazione comune”. Infine, altro tratto in comune fra la disciplina del contratto di rete e il modello consortile, viene individua da Santagata dalla circostanza che in entrambi i casi si tratta di contratti stipulabili solo fra imprenditori.

Queste riflessioni sono da spunto per distinguere il contratto di rete dal contratto di gruppo paritetico, in quest’ultima fattispecie è presente una contitolarità della fase di direzione che nel contratto di rete manca.

A questo punto l’articolo si sofferma sul rapporto fra il modello del contratto di rete e quello della società. Vengono presi in considerazione i punti di contatto e le possibili obiezioni.

Certamente punti in comune sono rinvenibili nella forma vincolata prevista per il contratto di rete, “dovendosi esso redigere per atto pubblico o per scrittura privata autenticata a seconda del tipo di società utilizzato per il conseguimento delle finalità esplicitate dalla legge”. Altra analogia fra rete e società è individuata nell’obbligo di versare conferimenti, con le disposizioni relative alla misura e ai criteri di valutazione. Ed ancora l’obbligo di iscrizione previsto per la rete. Indicazioni del genere sono previste anche in tema di società in nome collettivo e società semplice, limitatamente all’ipotesi che essa svolga attività agricola (in questo caso iscrizione con efficacia dichiarativa).

Ultimo punto di contatto che prendiamo in considerazione, prima di analizzare le possibili obiezioni alla tesi dell’autore e come egli vi da risposta, è il ruolo gestorio ricoperto dall’organo comune, che si estrinseca in attività di esecuzione del programma comune e di rappresentanza all’esterno della rete (o, in mancanza di fondo comune, dei singoli partecipanti). Ciò vale per l’autore collocare il contratto di rete fra le relazioni interimprenditoriali strutturate, “nelle quali i preposti all’ufficio direttivo sono chiamati all’esercizio della funzione amministrativa in virtù della posizione rivestita in senso all’organizzazione […]”.

Anche se comunque, tanto per la rete, quanto per le società, non è requisito essenziale l’erezione di una ben definita struttura organizzativa, essendo piuttosto sufficiente la volontà di svolgere in comune una attività economica.

Fra le possibili obiezioni vi è innanzitutto la circostanza che l’esercizio in comune di una o più attività della propria impresa, esorbita dalle prerogative della società consortile di diritto speciale. A tale possibile obiezione, l’autore risponde che bisogna distinguere l’esercizio in comune come scopo-fine o come scopo-mezzo, dato che esso si configura come mezzo al perseguimento del miglioramento della competitività e capacità innovativa del contratto di rete, allora si può escludere la sussumibilità della rete al modello della società consortile.

Altra possibile obiezione è quella della mancanza di denominazione e sede delle rete, cui viene risposto agevolmente che essi “non sono affatto essenziali per la qualificazione in termini societari dell’esercizio in comune dell’attività d’impresa”.

In ultimo viene posto in rilevo che la mancanza di soggettività non è di ostacolo alla riconducibilità della rete al modello societario, infatti ciò che rileva sono “conclusioni di diritto (che) devono piuttosto trarsi dalla sola disciplina positiva dell’istituto, sia esso una società o un contratto di rete, sicché determinante ai fini qualificatori è il solo regime di autonomia patrimoniale della figura associativa”. Dunque la soggettività intesa come circostanza di fatto, non rilevante ai fini qualificatori che devono basarsi solo su conclusioni di diritto.

Ciò detto il contratto di rete può, secondo questa interpretazione, iscriversi a seconda dei casi nell’ambito: della comunione d’impresa, del consorzio ovvero della società consortile.

In chiusura del suo lavoro, l’autore riflette sul richiamo che la legge opera all’articolo 2447 bis, l’equivoca formulazione normativa induce a credere che anche per i patrimoni destinanti si possano applicare le norme in materia di fondo comune (i richiamati articoli 2614 e 2615, secondo comma). Ma in realtà così non è, poiché il patrimonio destinato rimane formalmente in capo alle imprese consociate, “costituendo garanzia esclusiva per il soddisfacimento delle obbligazioni contrattuali sorte nello svolgimento dell’attività esplicitata nel programma comune di rete”.

Appurata la non applicabilità della disciplina relativa al fondo comune in materia di patrimoni destinati, non è specificata quale sia la disciplina relativa. Sarà dunque necessario integrare le lacune normative con l’interpretazione e a tal fine svolge un ruolo essenziale il programma comune di rete. Si genererà così una “cointeressenza reciproca”, ovvero una impresa comune non societaria, dei cui utili le imprese partecipanti si gioveranno in relazione alla relativa quota di pertinenza.

In questa prospettiva, l’organo comune va ad assumere un ruolo fondamentale e dunque sarebbe ipotizzabile l’applicazione dell’articolo 2497 (principi di corretta gestione societaria e imprenditoriale), intesa come regola di comportamento volta a prevenire possibili squilibri.

In definitiva la chiarezza e la completezza della documentazione, diventa un requisito essenziale per la corretta gestione della cooperazione e per la prevenzione di conflitti interni.

Il contratto di rete assume l’indiscutibile pregio di poter agire in joint venture attraverso una limitazione della responsabilità, il tutto senza gli oneri della costituzione si una persona giuridica.

In conclusione, in base a questa interpretazione, il contratto di rete si configura come un modello ibrido fra gli istituti già presenti nel Codice Civile. Sarebbe stato auspicabile un intervento di introduzione di una “maggiore flessibilità dei modelli e di un accentuato rigore dei correlativi regimi patrimoniali” nell’ambito dei consorzi e delle società consortili. Anche se, allo stesso tempo, le soluzioni normative nell’ambito del contratto di rete, vengono viste come la possibile sperimentazione per una futura generalizzazione nell’ambito dei consorzi e società consortili.

Testi citati:

Cafaggi, Il contratto di rete nella prassi. Prime riflessioni, Contratti n.5 del 2011

RetImpresa, Guida pratica al contratto di rete, novembre 2011

Santagata, Il “contratto di rete” fra (comunione di) impresa e società (consortile), Rivista di diritto civile, 2011

I. Introduzione: fonti

Il contratto di rete fra imprese è un tipo contrattuale di recente introduzione, che permette a diverse imprese di collaborare al perseguimento di obiettivi comuni, senza perdere la propria individualità e usufruendo di incentivi e agevolazioni fiscali.

La disciplina del contratto di rete, è stata introdotta con il Decreto Legge 10 febbraio 2009 n. 5 (cosiddetto “Decreto incentivi”) - all'articolo 3, comma 4-ter - ma sin da subito è stata oggetto di numerose modifiche, dovute a problemi applicativi e al dibattito che si è sviluppato in dottrina e fra gli operatori del diritto in genere. Per tali motivi, oggi la disciplina del contratto di rete si presenta in continua evoluzione. Dapprima è stata modificata dalla Legge 23 luglio 2009, n. 99 (articolo 1); poi dal Decreto Legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito con modificazioni dalla Legge 30 luglio 2010, n. 122 (articolo 42, comma 2 bis); ancora dal Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83 cosiddetto “Decreto sviluppo” (articolo 45), ed in particolare dalla relativa legge di conversione Legge 7 agosto 2012, n. 134; infine dal Decreto Legge 18 ottobre 2012, n. 179 cosiddetto “Decreto sviluppo bis”, come convertito con modifiche dalla Legge 17 dicembre 2012, n. 221.

Questo modello contrattuale è pensato per le piccole e medie imprese, le quali già in passato hanno sviluppato forme di interazione per migliorare la propria competitività sul mercato, anche alla luce delle sfide delle imprese multinazionali. A tal proposito si rammenta la creazione di “distretti industriali”, espressione di una importante realtà del tessuto economico italiano, riconosciuti con la Legge n. 317 del 1991 “Interventi per l’innovazione e lo sviluppo delle piccole imprese” (successivamente modificata dalla Legge n. 140 del 1999 che ha introdotto criteri meno rigidi per la loro individuazione).

In essi, troviamo una grande concentrazione di piccole e medie imprese specializzate nello stesso settore che si trovano su di uno stesso territorio, integrate fra di loro da relazioni economiche e sociali, e che sono profondamente legate con le comunità locali. Oggi esse si estendono a macchia di leopardo su tutto il territorio nazionale (alcuni esempi valgano per tutti: distretto della calzatura della riviera del Brenta, distretto della ceramica di Sassuolo, distretto del ferro delle valli bresciane e distretto friulano della sedia).

L’importanza della collaborazione fra piccole e medie imprese è stata percepita anche a livello di Istituzioni europee. L’Unione ha riconosciuto l’importanza delle piccole imprese già a partire dal 2000 con la Carta europea per le piccole imprese, in occasione del Consiglio Europeo di Feira nel giugno di quell’anno. Una tappa importante di questo processo è rappresentato dallo Small Business Act, pubblicato nel 2008 dalla Commissione europea. Essa ha posto una serie di obiettivi, tra cui quello di realizzare un diritto dei contratti europeo che risponda alle esigenze delle piccole imprese. Tale impostazione è stata riconfermata nel Review dello Small Business Act del 2011.

Sia consentita un’ultima riflessione introduttiva riguardo le fonti della disciplina: nella misura in cui la normativa sul contratto di rete si prefigge di far perseguire agli imprenditori “lo scopo di accrescere, individualmente e collettivamente, la propria capacità innovativa e la propria competitività sul mercato” (articolo 3, comma 4-ter, Decreto Legge 10 febbraio 2009 n. 5), essa rappresenta una applicazione del primo comma dell’articolo 41 della Costituzione (“l’iniziativa economica privata è libera”) e dell’ultimo comma dell’articolo 118, questa volta limitatamente alle sole reti che svolgono attività di interesse generale (“Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà”).

II. I contraenti del contratto di rete

Il comma 4-ter, dell'articolo 3 (Decreto Legge 10 febbraio 2009 n. 5), disciplinante il contratto di rete, rivolge lo stesso a più imprenditori. Dunque per capire chi potrà stipulare tale contratto dovremo riferirci alla definizione di imprenditore di cui all’articolo 2082 del Codice Civile. Saranno quindi ammesse alla stipula di un contratto di rete le imprese individuali o collettive, le imprese grandi, medie o piccole, le imprese commerciali, agricole ovvero artigiane. Non solo, ma potranno concludere contratti di rete anche enti pubblici che hanno per oggetto esclusivo o principale una attività di impresa; ed anche imprese senza finalità lucrative, nella misura in cui sono ammissibili reti di imprese a composizione mista fra soggetti con e senza scopo di lucro. Infine, non vi sono ostacoli alla conclusione di contratti di rete fra imprese legate da rapporti partecipativi o in qualunque modo collegate fra loro. Riassumendo, ciò che è richiesto è una corrispondenza alla definizione normativa e una iscrizione al registro delle imprese poiché, come vedremo, sarà necessaria l'iscrizione del contratto. Da queste osservazioni si desume come il contratto di rete sia ascrivibile a pieno titolo nella categoria dei contratti d’impresa, ovvero quei contratti caratterizzati dalla presenza della qualifica di imprenditore in capo ad una delle parti contraenti. L’impresa risulta essere pertanto elemento di tipicità.

Il contratto di rete ha una struttura aperta, le modalità di adesione di nuovi imprenditori sono contenuto essenziale del contratto ai sensi del comma 4-quater, dell'articolo 3 così come di recente modificato. Inoltre lo stesso articolo lascia alle parti la possibilità di indicare condizioni per il recesso e cause facoltative dello stesso, ferma restando l’applicazione delle norme sullo scioglimento totale o parziale dei contratti plurilaterali con comunione di scopo. Dunque anche per il contratto di rete varrà il principio di conservazione: nel caso in cui venga meno una delle parti, il contratto resterà valido ed efficace nei confronti degli altri contraenti.

E’ infine opportuno sottolineare, come alcuni osservatori hanno visto, nella sola applicabilità agli imprenditori, un limite della norma. E’ stato sostenuto infatti che anche altri soggetti quali professionisti, enti di ricerca, università e associazioni di categoria, svolgono un ruolo primario nella vita delle imprese e dunque, secondo questa tesi, sarebbe auspicabile da parte del legislatore una modifica per ampliare la portata della norma, oltre la definizione di imprenditore.

III. L’oggetto del contratto di rete

Con il contratto di rete più imprenditori si obbligano “sulla base di un programma comune di rete, a collaborare in forme ed in ambiti predeterminati attinenti all’esercizio delle proprie imprese ovvero a scambiarsi informazioni o prestazioni di natura industriale, commerciale, tecnica o tecnologica ovvero ancora ad esercitare in comune una o più attività rientranti nell’esercizio della propria impresa” (comma 4-ter, articolo 3, Decreto Legge 10 febbraio 2009 n. 5).

Si tratta di una indicazione piuttosto generica e che di fatto non permette di distinguere l’oggetto del contratto di rete da quello di altri tipi contrattuali. Dunque, come vedremo, sarà necessario far riferimento alla causa (per la verità definita non meno genericamente) per distinguere il contratto di rete da altri tipi contrattuali.

E’ possibile fare alcune distinzioni in riferimento all’oggetto del contratto di rete. Innanzi tutto è possibile individuare un oggetto “statico” identificabile con la stesura del programma di rete e un momento “dinamico” dell’oggetto stesso comprensivo delle attività previste nel programma di rete. Tali attività possono essere schematizzate come segue:

- collaborazione tra le parti in ambiti attinenti all’esercizio delle proprie imprese;

- scambio di informazioni e prestazione di varia natura;

- esercizio in comune di attività attinenti l’esercizio della propria impresa;

Collaborazione: il termine “collaborare” non trova una definizione legale, dovremo quindi riferirci al significato comune della parola, che potremo intendere come una attività di lavoro comune e non occasionale, al fine di raggiungere un determinato obiettivo. In effetti questa attività anche quelle di scambio di informazioni e prestazioni e scambio di attività attinenti l’esercizio dell’impresa. Ciò ha indotto alcuni interpreti a ritenere che, con tale formulazione, il legislatore abbia voluto enfatizzare il carattere collaborativo, qualificandolo come caratteristico e proprio dei contratti di rete. Secondo questa concezione, i modi in cui tale collaborazione si può articolare (per intenderci, scambio o esercizio in comune di attività) non è altro che un corollario del più importante principio quale è appunto il rapporto collaborativo.

Tornando ora alla collaborazione, essa può svilupparsi in diverse modalità (distinzione elaborata già da RetImpresa, nel documento Guida pratica al contratto di rete, novembre 2011), che vanno da attività di coordinamento per ottenere migliori rapporti con l’esterno (come i controlli di qualità), ma anche in attività strumentali per il perseguimento di migliori rapporti di gestione (ad esempio le attività di magazzino) ed infine attività complementari per aumentare le proprie potenzialità (si pensi all'unione di risorse in vista di un appalto).

Scambio di informazioni e prestazioni: lo scambio di informazioni può andare da quelle meramente commerciali a quelle di interesse tecnologico e di innovazione o alla attività di ricerca. Tali attività dimostrano il forte carattere innovativo di questa disciplina che consente una maggiore coordinazione fra i vari segmenti della filiera, rispetto alla collaborazione meramente bilaterale. Dunque maggiore armonia della rete.

Esercizio in comune di attività: questa attività è stata la prima introdotta dal legislatore, il quale solo successivamente ha aggiunto le altre sopra descritte. Nella formulazione originaria si diceva che l’esercizio comune di attività doveva avere lo scopo specifico dell’accrescimento della capacità innovativa e della competitività sul mercato. Ciò aveva indotto taluno a interrogarsi sui rapporti fra la rete e il modello societario, rapporto che è risultato da subito incerto. Vedremo, dopo l’analisi della disciplina, come questa questione è affrontata nella dottrina di Renato Santagata.

IV. La causa del contratto di rete

Il legislatore sembra voler dare un particolare rilievo alla causa del contratto di rete. Infatti il comma 4-ter perentoriamente stabilisce che con il contratto di rete le parti perseguono lo scopo di accrescere, individualmente e collettivamente, la propria capacità innovativa e la propria competitività sul mercato. Anche per l’interpretazione di questi termini, sembra doveroso il riferimento ad una definizione non giuridica (non trovando gli stessi definizione normativa), più precisamente nell’ambito economico. Inoltre, data la genericità dei concetti, sembra facile scivolare verso una concezione soggettiva della causa ricadendo nei motivi a contrarre, giuridicamente irrilevanti.

Eppure l’individuazione della causa è ciò che distingue il contratto di rete da altri tipi contrattuali poiché, come già visto, la qualificazione del contratto di rete non può dedursi dall’oggetto contrattuale.

V. Forma, contenuti e pubblicità del contratto di rete

Il contratto di rete è un contratto a forma vincolata, così infatti recita il comma 4-ter: “ai fini degli adempimenti pubblicitari di cui al comma 4-quater, il contratto deve essere redatto per atto pubblico o per scrittura privata autenticata, ovvero per atto firmato digitalmente” .

Il richiamo al comma 4-ter ci introduce alla disciplina della pubblicità. Il contratto di rete è soggetto a iscrizione nella sezione del registro delle imprese presso cui è iscritto ciascun partecipante e la sua efficacia decorre dal momento in cui è stata eseguita l’ultima delle iscrizioni prescritte (iscrizione di tutti i sottoscrittori originari). Dunque l'iscrizione svolge una funzione di efficacia costitutiva.

Le recenti modifiche del 2012, hanno inoltre stabilito che le modifiche al contratto dovranno essere ugualmente iscritte al registro delle imprese, onere che grava in capo all’impresa indicata nell’atto stesso, la quale procedere alla iscrizione nel registro presso cui l'impresa è iscritta. Sarà poi questo ufficio del registro a comunicare l’avvenuta modifica agli altri uffici presso cui sono iscritte le altre imprese partecipanti alla rete. Queste annoteranno d’ufficio la modifica.

Sia consentito qui anticipare un concetto, che sarà riesaminato durante l’analisi della disciplina del fondo comune; ovvero che, laddove sia previsto un fondo comune e si proceda alla iscrizione della rete nella sezione ordinaria del registro delle imprese presso cui la rete ha sede, la medesima acquista soggettività giuridica. Condizione diversa dalla personalità giuridica ma con le conseguenze che esamineremo in relazione all’organo comune e al fondo patrimoniale.

Non resta che fare delle considerazioni riguardo ai contenuti del contratto di rete. E’ possibile distinguere i contenuti previsti dal comma 4-ter, in contenuti essenziali e contenuti facoltativi. Fra questi ultimi annoveriamo: la previsione di un fondo patrimoniale o di un organo comune, il diritto di recesso anticipato (cause facoltative di recesso e condizioni di esercizio del diritto stesso) ed infine la modificabilità a maggioranza del contratto di rete. Va da sé che, se previste, queste disposizioni contrattuali sono soggette ai vincoli di forma e di iscrizione sopra descritti, come espressamente previsto dall’articolo3, comma 4-ter.

I requisiti essenziali sono elencati dalla legge. Nello specifico: le generalità dei partecipanti (e di coloro che eventualmente aderiranno), l’indicazione degli obiettivi strategici e le modalità di misurazione dei miglioramenti fatti, l’indicazione del programma di rete, la durata del contratto e la modalità di adesione alla rete, le regole di assunzione delle decisioni.

VI. Il fondo patrimoniale, il problema della soggettività

Le disposizioni relative al fondo patrimoniale, si trovano sparse fra i vari (e piuttosto articolati) commi disciplinanti il contratto di rete. Ho preferito quindi analizzare la disciplinata seguendo un ordine diverso e più lineare rispetto a quello adottato dal legislatore.

Innanzi tutto il fondo patrimoniale è una dotazione patrimoniale destinata all’esecuzione del programma di rete. Può essere costituto con dei conferimenti iniziali da parte partecipanti, nonché con contributi successivi. Le parti possono anche costituirlo attraverso l’apporto di un patrimonio destinato, ai sensi dell’articolo 2447-bis, comma 1, lettera a) del Codice Civile.

Una volta chiarito cos’è un fondo patrimoniale e come si costituisce, la domanda potrebbe essere quale sia la sua disciplina. La risposta è fornita dal comma 4-ter, il quale recita che al fondo patrimoniale si applica in quanto compatibile l'articolo 2614 e l'articolo 2615, comma 2, del Codice Civile. In ogni caso per le obbligazioni contratte dall’organo comune in relazione al programma di rete, i terzi possono far valere i loro diritti solo sul fondo comune. Dunque una limitazione della responsabilità per i contraenti laddove siano previsti il fondo patrimoniale e l’organo comune, per le obbligazioni contratte da quest’ultimo inerentemente al programma di rete.

Riassumendo:

- Le parti contraenti non possono diversi il fondo comune finché dura la rete;

- I creditori dei singoli non posso agire sul fondo comune per soddisfare i loro diritti;

- Per le obbligazioni contratte per conto dei singoli rispondo solidalmente il fondo e l’interessato;

- Per le obbligazioni contratte dall’organo comune in relazione al programma di rete, i terzi potranno agire solo sul fondo patrimoniale comune;

Inoltre il medesimo comma dispone che, in caso di fondo patrimoniale, occorre redigere entro due mesi dalla chiusura dell’esercizio annuale dell’attività, una situazione patrimoniale. Si applicano in quanto compatibili le norme in materia di bilancio di esercizio delle società per azioni. Tale situazione dovrà poi essere depositata presso il registro delle imprese del luogo ove la rete ha sede. Si applica in quanto compatibile l’articolo 2615-bis, comma 3, del Codice Civile.

Dati questi profili di disciplina, è sorto subito fra gli interpreti l’interrogativo se la rete d’imprese abbia o meno soggettività giuridica. La risposta è arrivata con il Decreto Legge n. 179/2012 (modificante il Decreto Legge n.5/2009) il quale afferma: “Il contratto di rete che prevede l’organo comune e il fondo patrimoniale non è dotato di soggettività giuridica, salva la facoltà di acquisto della stessa ai sensi del comma 4-quater ultima parte” .

Quindi sarà acquistata la soggettività giuridica solo con l’iscrizione della rete presso la sezione ordinaria del registro delle imprese presso cui ha sede. Tale iscrizione, anche in questo caso, è una forma di pubblicità costitutiva.

A questo punto ci si può chiedere, ed in effetti ci si è chiesto, cosa sia questa soggettività. Di certo essa non coincide con il concetto di personalità giuridica, ma allo stesso tempo ad essa si avvicina data la limitazione di responsabilità alle condizione che abbiamo visto.

Per comprendere questo concetto è utile citare una osservazione fatta da alcuni interpreti, in un articolo realizzato prima degli interventi del 2012 e pertanto prima della formulazione che stiamo analizzando. In riferimento alle agevolazioni tributarie è stato scritto da Fabrizio Cafaggi: “[…] L’agevolazione viene concessa sulla base di una valutazione di asseverazione del programma come previsto dalla disciplina 16. La circolare 4/E precisa che non solo le imprese partecipanti non perdono la propria soggettività tributaria ma la rete non acquista una propria soggettività. Questa conclusione pone problemi importanti che non appaiono risolti dalla circolare 15/E. Per le reti avere un’identità tributaria separata da quella delle imprese ad essa partecipanti è fondamentale. […] Sembra tuttavia che il problema sia figlio di un’impostazione che lega le agevolazioni alla soggettività del beneficiario piuttosto che al progetto”( Cafaggi, Il contratto di rete nella prassi. Prime riflessioni, Contratti n. 5 del 2011).

Dunque, in definitiva, un vantaggio sicuramente importante che le imprese possono ricavare dalla soggettività della rete è quella di avere un’identità tributaria diversa da quella della rete stessa.

In questo senso si esprime la circolare n. 20/E del 18 giugno 2013 dell’Agenzia delle Entrate, la quale ha stabilito che la soggettività giuridica rende la rete soggetta ad imposte proprie. In particolare: imposta sul reddito delle società, Irap e IVA. La rete è inoltre tenuta alla tenuta delle scritture contabili dell’attività commerciale esercitata.

Non solo, ma la Legge n. 221/2012 ha ammesso la rete alla stipula di contratti di appalto con le Pubbliche Amministrazioni, in particolare novellando il Decreto Legislativo n. 163/2006 (il cosiddetto “Codice degli Appalti Pubblici”) ha stabilito che possono partecipare alle gare di appalto indette dalle Pubbliche Amministrazioni “le aggregazioni di imprese aderenti al contratto di rete”.

A questo punto non si può prescindere dal fare un’ultima, importante, osservazione riguardo al profilo della soggettività. La mancanza di soggettività è un requisito alla base del godimento degli incentivi fiscali previsti per il contratto di rete. Infatti, la Commissione europea con la Decisione C-(2010)8939 aveva ammesso la liceità delle agevolazioni previste per il contratto di rete, proprio sulla base del fatto che esse non costituivano aiuto di Stato, proprio sulla base della mancanza di personalità giuridica della rete stessa. Ed in questi termini si esprime anche la già citata circolare n. 20/E del 18 giugno 2013, dove afferma che le agevolazioni sono previste solo per le reti senza soggettività giuridica.

Inoltre, come si dirà nel prossimo paragrafo, la soggettività incide anche sul ruolo dell’organo comune.

VII. L’organo comune nel contratto di rete

L’organo comune è l’ufficio incaricato di svolgere l’attività di esecuzione del contratto ed anche i compiti di rappresentanza dell’ente, i quali possono variare fra la rappresentanza ed il mandato. Nello specifico in caso di soggettività giuridica della rete, l’organo agirà come rappresentante della rete stessa; in caso di mancanza di soggettività, l’organo agirà in rappresentanza comune, o anche individuale, degli imprenditori. Dunque un rapporto che può oscillare fra la rappresentanza ed il mandato.

Salvo che non sia diversamente disposto, l’organo agisce: nelle procedure di programmazione negoziata con le pubbliche amministrazioni, nelle procedure inerenti ad interventi di garanzia per l'accesso al credito e in quelle inerenti allo sviluppo del sistema imprenditoriale nei processi di internazionalizzazione e di innovazione previsti dall'ordinamento, nonché all'utilizzazione di strumenti di promozione e tutela dei prodotti e marchi di qualità o di cui sia adeguatamente garantita la genuinità della provenienza (comma 4-ter, lettera e), Decreto Legge 2009 n. 5, così come modificato dal Decreto Legge n.179/2012, convertito con Legge 221/2012).

VIII. Cenni in materia di incentivi

Come anticipato, la realizzazione di una rete d’imprese consente di beneficiare di alcuni incentivi, tra i quali l’estensione delle misure di promozione dei distretti così come previste dalla Legge Finanziaria del 2006. Il Decreto Legge n. 78/2010 (poi convertito) ha previsto una sospensione d’imposta per le imprese che versano parte dei loro utili nel fondo comune, per investimenti relativi al programma di rete. E’ prevista anche una attività di controllo da parte della Agenzia delle Entrate sulla corrispondenza fra attività svolta e programma di rete.

Inoltre la Legge n. 134/2012 (legge di conversione del Decreto Legge n. 83/2012), ha previsto che i consorzi per l’internazionalizzazione possano svolgere la loro attività, beneficiando di contributi statali anche stipulando contratti di rete con piccole e medie imprese non consorziate. E’ anche previsto che il Ministero per gli Affari Regionali, il Turismo e lo Sport stanzi contributi a fondo perduto, fino a 8 milioni di Euro, per la realizzazione di progetti di reti tra imprese promossi da aziende del comparto turistico del territorio nazionale.

IX. Interpretazioni

Analizzati i principali profili della disciplina del contratto di rete, possiamo introdurre alcune considerazioni dottrinali in merito alla disciplina stessa. In particolare Renato Santagata, nel suo articolo Il “contratto di rete” fra (comunione di) impresa e società (consortile), (in Rivista di diritto civile, 2011), analizza i rapporti fra la rete d’imprese e il modello consortile e societario, concludendo che esso è sussumibile al modello della società consortile di diritto speciale.

La rilevanza giuridica del concetto di “network”, è stata per la prima volta affrontata dalla dottrina tedesca. Alla luce di relazioni economiche e sociali, in cui si intrecciano profili di tipo associativo e di scambio, taluni autori hanno sostenuto la opportunità di dare rilevanza giuridica alle “reti di contratti” (oggettivamente diversi dalle reti fra imprese) poiché in queste ipotesi si crea una operazione economica sottostante, che non può essere trascurata. Nello specifico si fa l’esempio delle catene di fornitura o distribuzione organizzata, dove i committenti (ancorché legati da una comunione di scopo) prediligono stipulare contratti bilaterali con i fornitori, al fine di evitare loro possibili alleanze e dunque conservare una libertà di scelta. Si ritiene che fra questi contratti vi siano dei legami che non possono essere trascurati dal diritto, andando quindi oltre la relatività degli effetti del contratto.

L’analisi dell’autore prosegue sul contratto di rete fra imprese, in particolare, analizza la Legge n. 33 del 2009, introduttiva di incentivi e agevolazioni per le reti d’imprese. Stando alla norma, elemento essenziale del contratto di rete è l’esercizio in comune di una o più attività economiche, da ciò desumendo la necessaria natura associativa della rete. Ciò ha indotto la dottrina a interrogarsi sul rilievo meramente pubblicistico o anche civilistico delle reti d’imprese e sul loro rapporto con gli istituti di cooperazione fra imprenditori.

Il nucleo della disciplina del contratto di rete (definizione di un programma di rete, diritti e obblighi dei partecipanti e modalità di realizzazione dello scopo comune), indica inequivocabilmente un “contratto di coordinamento”, dove spicca il profilo organizzativo. Ciò sarebbe testimoniato dalla non mera bilateralità dei rapporti che vengono in essere fra i partecipanti e dalla necessarietà dell’iscrizione a fini pubblicitari, che sarebbe indice della rilevanza per i terzi del profilo organizzativo.

Una volta introdotto il problema, ed evidenziato il profilo organizzativo, è possibile confrontare la rete con il consorzio, definito dall’articolo 2602 (introdotto dalla Legge n. 377 del 1976). Considerando la molteplicità e la varietà di forme di collaborazione che possono costituire oggetto del contratto di rete, esse possono essere inquadrate nell’altrettanto ampio concetto di “fase”, così secondo Santagata: “L’ampiezza del concetto di “fase”, consente di annoverarvi qualsiasi attività svolta nell’interesse dei consorziati è […]”. Ma la rete è riconducibile al modello consortile, anche grazie alla elasticità di quest’ultimo, scrive infatti l’autore che nel modello consortile: “è infatti implicita la possibile configurazione di una pluralità di modelli […], caratterizzati da un grado più o meno intenso di coesione […] in relazione alle funzioni di coordinamento assegnate dalle parti all’organizzazione comune”. Infine, altro tratto in comune fra la disciplina del contratto di rete e il modello consortile, viene individua da Santagata dalla circostanza che in entrambi i casi si tratta di contratti stipulabili solo fra imprenditori.

Queste riflessioni sono da spunto per distinguere il contratto di rete dal contratto di gruppo paritetico, in quest’ultima fattispecie è presente una contitolarità della fase di direzione che nel contratto di rete manca.

A questo punto l’articolo si sofferma sul rapporto fra il modello del contratto di rete e quello della società. Vengono presi in considerazione i punti di contatto e le possibili obiezioni.

Certamente punti in comune sono rinvenibili nella forma vincolata prevista per il contratto di rete, “dovendosi esso redigere per atto pubblico o per scrittura privata autenticata a seconda del tipo di società utilizzato per il conseguimento delle finalità esplicitate dalla legge”. Altra analogia fra rete e società è individuata nell’obbligo di versare conferimenti, con le disposizioni relative alla misura e ai criteri di valutazione. Ed ancora l’obbligo di iscrizione previsto per la rete. Indicazioni del genere sono previste anche in tema di società in nome collettivo e società semplice, limitatamente all’ipotesi che essa svolga attività agricola (in questo caso iscrizione con efficacia dichiarativa).

Ultimo punto di contatto che prendiamo in considerazione, prima di analizzare le possibili obiezioni alla tesi dell’autore e come egli vi da risposta, è il ruolo gestorio ricoperto dall’organo comune, che si estrinseca in attività di esecuzione del programma comune e di rappresentanza all’esterno della rete (o, in mancanza di fondo comune, dei singoli partecipanti). Ciò vale per l’autore collocare il contratto di rete fra le relazioni interimprenditoriali strutturate, “nelle quali i preposti all’ufficio direttivo sono chiamati all’esercizio della funzione amministrativa in virtù della posizione rivestita in senso all’organizzazione […]”.

Anche se comunque, tanto per la rete, quanto per le società, non è requisito essenziale l’erezione di una ben definita struttura organizzativa, essendo piuttosto sufficiente la volontà di svolgere in comune una attività economica.

Fra le possibili obiezioni vi è innanzitutto la circostanza che l’esercizio in comune di una o più attività della propria impresa, esorbita dalle prerogative della società consortile di diritto speciale. A tale possibile obiezione, l’autore risponde che bisogna distinguere l’esercizio in comune come scopo-fine o come scopo-mezzo, dato che esso si configura come mezzo al perseguimento del miglioramento della competitività e capacità innovativa del contratto di rete, allora si può escludere la sussumibilità della rete al modello della società consortile.

Altra possibile obiezione è quella della mancanza di denominazione e sede delle rete, cui viene risposto agevolmente che essi “non sono affatto essenziali per la qualificazione in termini societari dell’esercizio in comune dell’attività d’impresa”.

In ultimo viene posto in rilevo che la mancanza di soggettività non è di ostacolo alla riconducibilità della rete al modello societario, infatti ciò che rileva sono “conclusioni di diritto (che) devono piuttosto trarsi dalla sola disciplina positiva dell’istituto, sia esso una società o un contratto di rete, sicché determinante ai fini qualificatori è il solo regime di autonomia patrimoniale della figura associativa”. Dunque la soggettività intesa come circostanza di fatto, non rilevante ai fini qualificatori che devono basarsi solo su conclusioni di diritto.

Ciò detto il contratto di rete può, secondo questa interpretazione, iscriversi a seconda dei casi nell’ambito: della comunione d’impresa, del consorzio ovvero della società consortile.

In chiusura del suo lavoro, l’autore riflette sul richiamo che la legge opera all’articolo 2447 bis, l’equivoca formulazione normativa induce a credere che anche per i patrimoni destinanti si possano applicare le norme in materia di fondo comune (i richiamati articoli 2614 e 2615, secondo comma). Ma in realtà così non è, poiché il patrimonio destinato rimane formalmente in capo alle imprese consociate, “costituendo garanzia esclusiva per il soddisfacimento delle obbligazioni contrattuali sorte nello svolgimento dell’attività esplicitata nel programma comune di rete”.

Appurata la non applicabilità della disciplina relativa al fondo comune in materia di patrimoni destinati, non è specificata quale sia la disciplina relativa. Sarà dunque necessario integrare le lacune normative con l’interpretazione e a tal fine svolge un ruolo essenziale il programma comune di rete. Si genererà così una “cointeressenza reciproca”, ovvero una impresa comune non societaria, dei cui utili le imprese partecipanti si gioveranno in relazione alla relativa quota di pertinenza.

In questa prospettiva, l’organo comune va ad assumere un ruolo fondamentale e dunque sarebbe ipotizzabile l’applicazione dell’articolo 2497 (principi di corretta gestione societaria e imprenditoriale), intesa come regola di comportamento volta a prevenire possibili squilibri.

In definitiva la chiarezza e la completezza della documentazione, diventa un requisito essenziale per la corretta gestione della cooperazione e per la prevenzione di conflitti interni.

Il contratto di rete assume l’indiscutibile pregio di poter agire in joint venture attraverso una limitazione della responsabilità, il tutto senza gli oneri della costituzione si una persona giuridica.

In conclusione, in base a questa interpretazione, il contratto di rete si configura come un modello ibrido fra gli istituti già presenti nel Codice Civile. Sarebbe stato auspicabile un intervento di introduzione di una “maggiore flessibilità dei modelli e di un accentuato rigore dei correlativi regimi patrimoniali” nell’ambito dei consorzi e delle società consortili. Anche se, allo stesso tempo, le soluzioni normative nell’ambito del contratto di rete, vengono viste come la possibile sperimentazione per una futura generalizzazione nell’ambito dei consorzi e società consortili.

Testi citati:

Cafaggi, Il contratto di rete nella prassi. Prime riflessioni, Contratti n.5 del 2011

RetImpresa, Guida pratica al contratto di rete, novembre 2011

Santagata, Il “contratto di rete” fra (comunione di) impresa e società (consortile), Rivista di diritto civile, 2011