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Corte di Cassazione: uso distorto di strumenti giuridici? È abuso del diritto

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso presentato dall’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale dell’Umbria.

La vicenda riguarda una serie di operazioni concernenti la vendita di marchi che una società aveva dapprima ceduto a basso prezzo ad un’altra società svizzera per poi riacquistarli ad un prezzo di gran lunga maggiore, stante la presunta perdita di valore degli stessi a seguito della contraffazione di detti marchi.

L’Agenzia delle Entrate aveva quindi proceduto con due avvisi di accertamento, per verificare l’assenza di operazioni, di per sé, lecite ma elusive del dovere di corrispondere le tasse.

In tal senso l’Agenzia intendeva accertare la configurabilità o meno dell’abuso del diritto, rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio, “che si traduce in un principio generale antielusivo, in virtù del quale restava precluso alle contribuenti il conseguimento di vantaggi fiscali, ove ottenuti mediante l’uso distorto di strumenti giuridici – quali la cessione a terzi di marchi a prezzo ridotto e l’immediato successivo acquisto, verso un corrispettivo annuale di gran lunga maggiore, del mero diritto di sfruttamento parziale – idonei ad ottenere un’agevolazione o un risparmio d’imposta, in difetto di ragioni economicamente apprezzabili che giustifichino l’operazione, diverse dalla mera aspettativa di quei benefici fiscali”.

La Cassazione ha quindi ritenuto legittimo l’accertamento dell’Agenzia delle Entrate, con conseguente traslazione dell’onere probatorio, riguardo all’economicità delle operazioni, sulle contribuenti, e successiva cassazione della sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Commissione Tributaria Regionale dell’Umbria per la decisione.

(Corte di Cassazione – Sesta Sezione Civile, sentenza 20 maggio 2013, n. 12282)

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso presentato dall’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale dell’Umbria.


La vicenda riguarda una serie di operazioni concernenti la vendita di marchi che una società aveva dapprima ceduto a basso prezzo ad un’altra società svizzera per poi riacquistarli ad un prezzo di gran lunga maggiore, stante la presunta perdita di valore degli stessi a seguito della contraffazione di detti marchi.

L’Agenzia delle Entrate aveva quindi proceduto con due avvisi di accertamento, per verificare l’assenza di operazioni, di per sé, lecite ma elusive del dovere di corrispondere le tasse.

In tal senso l’Agenzia intendeva accertare la configurabilità o meno dell’abuso del diritto, rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio, “che si traduce in un principio generale antielusivo, in virtù del quale restava precluso alle contribuenti il conseguimento di vantaggi fiscali, ove ottenuti mediante l’uso distorto di strumenti giuridici – quali la cessione a terzi di marchi a prezzo ridotto e l’immediato successivo acquisto, verso un corrispettivo annuale di gran lunga maggiore, del mero diritto di sfruttamento parziale – idonei ad ottenere un’agevolazione o un risparmio d’imposta, in difetto di ragioni economicamente apprezzabili che giustifichino l’operazione, diverse dalla mera aspettativa di quei benefici fiscali”.

La Cassazione ha quindi ritenuto legittimo l’accertamento dell’Agenzia delle Entrate, con conseguente traslazione dell’onere probatorio, riguardo all’economicità delle operazioni, sulle contribuenti, e successiva cassazione della sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Commissione Tributaria Regionale dell’Umbria per la decisione.

(Corte di Cassazione – Sesta Sezione Civile, sentenza 20 maggio 2013, n. 12282)