x

x

Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell’amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa

Testo consolidato
Titolo I

Disposizioni generali

Articolo 1 - Imprese soggette al fallimento e al concordato preventivo.

Sono soggetti alle disposizioni sul fallimento e sul concordato preventivo gli imprenditori che esercitano un’attività commerciale, esclusi gli enti pubblici ed i piccoli imprenditori.

Ai fini del primo comma, non sono piccoli imprenditori gli esercenti un’attività commerciale in forma individuale o collettiva che, anche alternativamente:

a) hanno effettuato investimenti nell’azienda per un capitale di valore superiore a euro trecentomila;

b) hanno realizzato, in qualunque modo risulti, ricavi lordi calcolati sulla media degli ultimi tre anni o dall’inizio dell’attività se di durata inferiore, per un ammontare complessivo annuo superiore a euro duecentomila.

I limiti di cui alle lettere a) e b) del secondo comma possono essere aggiornati ogni tre anni, con decreto del Ministro della giustizia, sulla base della media delle variazioni degli indici ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati intervenute nel periodo di riferimento.

Articolo 2 - Liquidazione coatta amministrativa e fallimento.

La legge determina le imprese soggette a liquidazione coatta amministrativa, i casi per le quali la liquidazione coatta amministrativa può essere disposta e l’autorità competente a disporla.

Le imprese soggette a liquidazione coatta amministrativa non sono soggette al fallimento, salvo che la legge diversamente disponga.

Nel caso in cui la legge ammette la procedura di liquidazione coatta amministrativa e quella di fallimento si osservano le disposizioni dell’articolo 196.

Articolo 3 - Liquidazione coatta amministrativa, concordato preventivo e amministrazione controllata.

Se la legge non dispone diversamente, le imprese soggette a liquidazione coatta amministrativa possono essere ammesse alla procedura di concordato preventivo e di amministrazione controllata, osservate per le imprese escluse dal fallimento le norme del settimo comma dell’articolo 195.

Articolo 4 - Rinvio a leggi speciali.

Abrogato

Titolo II

Del Fallimento

Capo I

Della Dichiarazione di fallimento

Articolo 5 - Stato d’insolvenza.

L’imprenditore che si trova in stato d’insolvenza è dichiarato fallito.

Lo stato d’insolvenza si manifesta con inadempimenti od altri fatti esteriori, i quali dimostrino che il debitore non è più in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni.

Articolo 6 - Iniziativa per la dichiarazione di fallimento.

Il fallimento è dichiarato su ricorso del debitore, di uno o più creditori o su richiesta del pubblico ministero.

Nel ricorso di cui al primo comma l’istante può indicare il recapito telefax o l’indirizzo di posta elettronica presso cui dichiara di voler ricevere le comunicazioni e gli avvisi previsti dalla presente legge.

Articolo 7 - Iniziativa del pubblico ministero.

Il pubblico ministero presenta la richiesta di cui al primo comma dell’articolo 6:

1) quando l’insolvenza risulta nel corso di un procedimento penale, ovvero dalla fuga, dalla irreperibilità o dalla latitanza dell’imprenditore, dalla chiusura dei locali dell’impresa, dal trafugamento, dalla sostituzione o dalla diminuzione fraudolenta dell’attivo da parte dell’imprenditore;

2) quando l’insolvenza risulta dalla segnalazione proveniente dal giudice che l’abbia rilevata nel corso di un procedimento civile.

Articolo 8 - Stato d’insolvenza risultante in giudizio civile.

Abrogato

Articolo 9 - Competenza.

Il fallimento è dichiarato dal Tribunale del luogo dove l’imprenditore ha la sede principale dell’impresa.

Il trasferimento della sede intervenuto nell’anno antecedente all’esercizio dell’iniziativa per la dichiarazione di fallimento non rileva ai fini della competenza.

L’imprenditore, che ha all’estero la sede principale dell’impresa, può essere dichiarato fallito nella Repubblica italiana anche se è stata pronunciata dichiarazione di fallimento all’estero.

Sono fatte salve le convenzioni internazionali e la normativa dell’Unione europea.

Il trasferimento della sede dell’impresa all’estero non esclude la sussistenza della giurisdizione italiana, se è avvenuto dopo il deposito del ricorso di cui all’articolo 6 o la presentazione della richiesta di cui all’articolo 7.

Articolo 9-bis - Disposizioni in materia di incompetenza.

La sentenza che dichiara l’incompetenza è trasmessa in copia al Tribunale dichiarato incompetente, il quale dispone con decreto l’immediata trasmissione degli atti a quello competente. Allo stesso modo provvede il Tribunale che dichiara la propria incompetenza.

Il Tribunale dichiarato competente, entro venti giorni dal ricevimento degli atti, se non richiede d’ufficio il regolamento di competenza ai sensi dell’articolo 45 del codice di procedura civile, dispone la prosecuzione della procedura fallimentare, provvedendo alla nomina del giudice delegato e del curatore.

Restano salvi gli effetti degli atti precedentemente compiuti.

Qualora l’incompetenza sia dichiarata all’esito del giudizio di cui all’articolo 18, l’appello, per le questioni diverse dalla competenza, è riassunto, a norma dell’articolo 50 del codice di procedura civile, dinanzi alla Corte d’Appello competente.

Nei giudizi promossi ai sensi dell’articolo 24 dinanzi al Tribunale dichiarato incompetente, il giudice assegna alle parti un termine per la riassunzione della causa davanti al giudice competente ai sensi dell’articolo 50 del codice di procedura civile e ordina la cancellazione della causa dal ruolo.

Articolo 9-ter - Conflitto positivo di competenza.

Quando il fallimento è stato dichiarato da più Tribunali, il procedimento prosegue avanti al Tribunale competente che si è pronunciato per primo.

Il Tribunale che si è pronunciato successivamente, se non richiede d’ufficio il regolamento di competenza ai sensi dell’articolo 45 del codice di procedura civile, dispone la trasmissione degli atti al Tribunale che si è pronunziato per primo. Si applica l’articolo 9-bis, in quanto compatibile.

Articolo 10 - Fallimento dell’imprenditore che ha cessato l’esercizio dell’impresa.

Gli imprenditori individuali e collettivi possono essere dichiarati falliti entro un anno dalla cancellazione dal registro delle imprese, se l’insolvenza si è manifestata anteriormente alla medesima o entro l’anno successivo.

In caso d’impresa individuale o di cancellazione d’ufficio degli imprenditori collettivi, è fatta salva la facoltà di dimostrare il momento dell’effettiva cessazione dell’attività da cui decorre il termine del primo comma.

Articolo 11 - L’imprenditore defunto può essere dichiarato fallito quando ricorrono le condizioni stabilite nell’articolo precedente.

L’erede può chiedere il fallimento del defunto, purché l’eredità non sia già confusa con il suo patrimonio; l’erede che chiede il fallimento del defunto non e soggetto agli obblighi di deposito di cui agli articoli 14 e 16, secondo comma, n. 3).

Articolo 12 - Morte del fallito.

Se l’imprenditore muore dopo la dichiarazione di fallimento, la procedura prosegue nei confronti degli eredi, anche se hanno accettato con beneficio d’inventario.

Se ci sono più eredi, la procedura prosegue in confronto di quello che è designato come rappresentante. In mancanza di accordo nella designazione del rappresentante entro quindici giorni dalla morte del fallito, la designazione è fatta dal giudice delegato.

Nel caso previsto dall’articolo 528 del codice civile, la procedura prosegue in confronto del curatore dell’eredità giacente e nel caso previsto dall’articolo 641 del codice civile nei confronti dell’amministratore nominato a norma dell’articolo 642 dello stesso codice.

Articolo 13 - Obbligo di trasmissione dell’elenco dei protesti.

Abrogato

Articolo 14 - Obbligo dell’imprenditore che chiede il proprio fallimento.

L’imprenditore che chiede il proprio fallimento deve depositare presso la cancelleria del Tribunale le scritture contabili e fiscali obbligatorie concernenti i tre esercizi precedenti ovvero l’intera esistenza dell’impresa, se questa ha avuto una minore durata. Deve inoltre depositare uno stato particolareggiato ed estimativo delle sue attività, l’elenco nominativo dei creditori e l’indicazione dei rispettivi crediti, l’indicazione dei ricavi lordi per ciascuno degli ultimi tre anni, l’elenco nominativo di coloro che vantano diritti reali e personali su cose in suo possesso e l’indicazione delle cose stesse e del titolo da cui sorge il diritto.

Articolo 15 - Istruttoria prefallimentare.

Il procedimento per la dichiarazione di fallimento si svolge dinanzi al Tribunale in composizione collegiale con le modalità dei procedimenti in camera di consiglio.

Il Tribunale convoca, con decreto apposto in calce al ricorso, il debitore ed i creditori istanti per il fallimento; nel procedimento interviene il pubblico ministero che ha assunto l’iniziativa per la dichiarazione di fallimento.

Il decreto di convocazione è sottoscritto dal presidente del Tribunale o dal giudice relatore se vi è delega alla trattazione del procedimento ai sensi del quinto comma. Tra la data della notificazione, a cura di parte, del decreto di convocazione e del ricorso, e quella dell’udienza deve intercorrere un termine non inferiore a quindici giorni liberi.

Il decreto contiene l’indicazione che il procedimento è volto all’accertamento dei presupposti per la dichiarazione di fallimento e fissa un termine non inferiore a sette giorni prima dell’udienza per la presentazione di memorie ed il deposito di documenti e relazioni tecniche. In ogni caso, il Tribunale dispone, con gli accertamenti necessari, che l’imprenditore depositi una situazione patrimoniale, economica e finanziaria aggiornata.

I termini di cui al terzo e quarto comma possono essere abbreviati dal presidente del Tribunale, con decreto motivato, se ricorrono particolari ragioni di urgenza.

Il Tribunale può delegare al giudice relatore l’audizione delle parti. In tal caso, il giudice delegato provvede, senza indugio e nel rispetto del contraddittorio, all’ammissione ed all’espletamento dei mezzi istruttori richiesti dalle parti o disposti d’ufficio.

Le parti possono nominare consulenti tecnici.

Il Tribunale, ad istanza di parte, può emettere i provvedimenti cautelari o conservativi a tutela del patrimonio o dell’impresa oggetto del provvedimento, che hanno efficacia limitata alla durata del procedimento e vengono confermati o revocati dalla sentenza che dichiara il fallimento, ovvero revocati con il decreto che rigetta l’istanza.

Non si fa luogo alla dichiarazione di fallimento se l’ammontare dei debiti scaduti e non pagati risultanti dagli atti dell’istruttoria prefallimentare è complessivamente inferiore a euro venticinquemila.

Tale importo è periodicamente aggiornato con le modalità di cui al terzo comma dell’articolo 1.

Articolo 16 - Sentenza dichiarativa di fallimento.

La sentenza dichiarativa di fallimento è pronunciata in camera di consiglio.

Con la sentenza il Tribunale:

1) nomina il giudice delegato per la procedura;

2) nomina il curatore;

3) ordina al fallito il deposito dei bilanci e delle scritture contabili e fiscali obbligatorie, nonché dell’elenco dei creditori, entro tre giorni, se non é stato ancora eseguito a norma dell’articolo 14;

4) stabilisce il luogo, il giorno e l’ora dell’adunanza in cui si procederà all’esame dello stato passivo, entro il termine perentorio di non oltre centoventi giorni dal deposito della sentenza;

5) assegna ai creditori e ai terzi, che vantano diritti reali o personali su cose in possesso del fallito, il termine perentorio di trenta giorni prima dell’adunanza di cui al numero precedente per la presentazione in cancelleria delle domande di insinuazione.

La sentenza produce i suoi effetti dalla data della pubblicazione ai sensi dell’articolo 133, primo comma, del codice di procedura civile. Gli effetti nei riguardi dei terzi si producono dalla data di iscrizione della sentenza nel registro delle imprese ai sensi dell’articolo 17, secondo comma.

Articolo 17 - Comunicazione e pubblicazione della sentenza dichiarativa di fallimento.

Entro il giorno successivo al deposito in cancelleria, la sentenza che dichiara il fallimento è notificata, su richiesta del cancelliere, ai sensi dell’articolo 137 del codice di procedura civile al debitore, eventualmente presso il domicilio eletto nel corso del procedimento previsto dall’articolo 15, ed è comunicata per estratto, ai sensi dell’articolo 136 del codice di procedura civile, al curatore ed al richiedente il fallimento.

L’estratto deve contenere il nome del debitore, il nome del curatore, il dispositivo e la data del deposito della sentenza.

La sentenza è altresì annotata presso l’ufficio del registro delle imprese ove l’imprenditore ha la sede legale e, se questa differisce dalla sede effettiva, anche presso quello corrispondente al luogo ove la procedura è stata aperta.

A tale fine, il cancelliere, entro il termine di cui al primo comma, trasmette, anche per via telematica, l’estratto della sentenza all’ufficio del registro delle imprese indicato nel comma precedente.

Articolo 18 - Appello.

Contro la sentenza che dichiara il fallimento può essere proposto appello dal debitore e da qualunque interessato con ricorso da depositarsi entro trenta giorni presso la Corte d’Appello.

L’appello non sospende gli effetti della sentenza impugnata, salvo quanto previsto dall’articolo 19, primo comma.

Il termine per l’appello decorre per il debitore dalla data della notificazione della sentenza a norma dell’articolo 17 e, per tutti gli altri interessati, dalla data della iscrizione nel registro delle imprese ai sensi del medesimo articolo. In ogni caso, si applica la disposizione di cui all’articolo 327, primo comma, del codice di procedura civile.

Il presidente, nei cinque giorni successivi al deposito del ricorso, fissa con decreto, da comunicarsi al ricorrente, l’udienza di comparizione entro quarantacinque giorni dal deposito del ricorso, assegnando termine al ricorrente non superiore a dieci giorni dalla comunicazione per la notifica del ricorso e del decreto alle parti e al curatore, nonché un termine alle parti resistenti non superiore a cinque giorni prima dell’udienza per il deposito di memorie.

All’udienza il collegio, sentite le parti presenti in contraddittorio tra loro ed assunti, anche d’ufficio, i mezzi di prova necessari ai fini della decisione, provvede con sentenza, emessa ai sensi dell’articolo 281-sexies del codice di procedura civile. In caso di particolare complessità, la corte può riservarsi di depositare la motivazione entro quindici giorni.

La sentenza che revoca il fallimento è notificata al curatore, al creditore che ha chiesto il fallimento e al debitore, se non opponente, e deve essere pubblicata, comunicata ed iscritta a norma dell’articolo 17.

La sentenza che rigetta l’appello è notificata al ricorrente.

Se il fallimento è revocato, restano salvi gli effetti degli atti legalmente compiuti dagli organi della procedura.

Le spese della procedura ed il compenso al curatore sono liquidati dal Tribunale, su relazione del giudice delegato, con decreto non soggetto a reclamo.

Articolo 19 - Sospensione della liquidazione dell’attivo.

Proposto l’appello, il collegio, su richiesta di parte, ovvero del curatore, può quando ricorrono gravi motivi, sospendere, in tutto o in parte, ovvero temporaneamente, la liquidazione dell’attivo.

Se è proposto ricorso per cassazione i provvedimenti di cui al primo comma o la loro revoca sono chiesti alla Corte d’Appello.

L’istanza si propone con ricorso. Il presidente, con decreto in calce al ricorso, ordina la comparizione delle parti dinanzi al collegio in camera di consiglio. Copia del ricorso e del decreto sono notificate alle altre parti ed al curatore.

Articolo 20 - Morte del fallito durante il giudizio di opposizione.

Se il fallito muore durante il giudizio di opposizione, il giudizio prosegue in confronto delle persone indicate nell’articolo 12, osservate le disposizioni degli articoli 299 e seguenti del Codice di procedura civile.

Articolo 21 - Revoca della dichiarazione di fallimento.

Abrogato.

Articolo 22 - Gravami contro il provvedimento che respinge l’istanza di fallimento.

Il Tribunale, che respinge il ricorso per la dichiarazione di fallimento, provvede con decreto motivato, comunicato a cura del cancelliere alle parti.

Entro quindici giorni dalla comunicazione, il creditore ricorrente o il pubblico ministero richiedente possono proporre reclamo contro il decreto alla Corte d’Appello che, sentite le parti, provvede in camera di consiglio con decreto motivato. Il debitore non può chiedere in separato giudizio la condanna del creditore istante alla rifusione delle spese ovvero al risarcimento del danno per responsabilità aggravata ai sensi dell’articolo 96 del codice di procedura civile.

Il decreto della Corte d’Appello è comunicato a cura del cancelliere alle parti del procedimento di cui all’articolo 15.

Se la Corte d’Appello accoglie il reclamo del creditore ricorrente o del pubblico ministero richiedente, rimette d’ufficio gli atti al Tribunale, per la dichiarazione di fallimento, salvo che, anche su segnalazione di parte, accerti che sia venuto meno alcuno dei presupposti necessari.

I termini di cui agli articoli 10 e 11 si computano con riferimento al decreto della Corte d’Appello.

Capo III

Degli Organi preposti al fallimento

Sezione I

Del Tribunale fallimentare

Articolo 23 - Poteri del Tribunale fallimentare.

Il Tribunale che ha dichiarato il fallimento è investito dell’intera procedura fallimentare; provvede alla nomina ed alla revoca o sostituzione, per giustificati motivi, degli organi della procedura, quando non è prevista la competenza del giudice delegato; può in ogni tempo sentire in camera di consiglio il curatore, il fallito e il comitato dei creditori; decide le controversie relative alla procedura stessa che non sono di competenza del giudice delegato, nonché i reclami contro i provvedimenti del giudice delegato.

I provvedimenti del Tribunale nelle materie previste da questo articolo sono pronunciate con decreto, salvo che non sia diversamente disposto.

Articolo 24 - Competenza del Tribunale fallimentare.

Il Tribunale che ha dichiarato il fallimento è competente a conoscere di tutte le azioni che ne derivano, qualunque ne sia il valore.

Salvo che non sia diversamente previsto, alle controversie di cui al primo comma si applicano le norme previste dagli articoli da 737 a 742 del codice di procedura civile. Non si applica l’articolo 40, terzo comma, del codice di procedura civile.

Articolo 25 - Poteri del giudice delegato.

Il giudice delegato esercita funzioni di vigilanza e di controllo sulla regolarità della procedura e:

1) riferisce al Tribunale su ogni affare per il quale è richiesto un provvedimento del collegio;

2) mette o provoca dalle competenti autorità i provvedimenti urgenti per la conservazione del patrimonio, ad esclusione di quelli che incidono su diritti di terzi che rivendichino un proprio diritto incompatibile con l’acquisizione;

3) convoca il curatore e il comitato dei creditori nei casi prescritti dalla legge e ogni qualvolta lo ravvisi opportuno per il corretto e sollecito svolgimento della procedura;

4) su proposta del curatore, liquida i compensi e dispone l’eventuale revoca dell’incarico conferito alle persone la cui opera è stata richiesta dal medesimo curatore nell’interesse del fallimento;

5) provvede, nel termine di quindici giorni, sui reclami proposti contro gli atti del curatore e del comitato dei creditori;

6) autorizza per iscritto il curatore a stare in giudizio come attore o come convenuto. L’autorizzazione deve essere sempre data per atti determinati e per i giudizi deve essere rilasciata per ogni grado di essi. Su proposta del curatore, liquida i compensi e dispone l’eventuale revoca dell’incarico conferito agli avvocati nominati dal medesimo curatore;

7) su proposta del curatore, nomina gli arbitri, verificata la sussistenza dei requisiti previsti dalla legge;

8) procede all’accertamento dei crediti e dei diritti reali e personali vantati dai terzi, a norma del capo V.

Il giudice delegato non può trattare i giudizi che abbia autorizzato, né può far parte del collegio investito del reclamo proposto contro i suoi atti.

I provvedimenti del giudice delegato sono pronunciati con decreto motivato.

Articolo 26 - Reclamo contro i decreti del giudice delegato e del Tribunale.

Salvo che non sia diversamente disposto, contro i decreti del giudice delegato e del Tribunale, può essere proposto reclamo al Tribunale o alla Corte d’Appello, che provvedono in camera di consiglio.

Il è reclamo è proposto dal curatore, dal fallito, dal comitato dei creditori e da chiunque vi abbia interesse.

Il reclamo è proposto nel termine perentorio di dieci giorni, decorrente dalla comunicazione o dalla notificazione del provvedimento per il curatore, per il fallito, per il comitato dei creditori e per chi ha chiesto o nei cui confronti è stato chiesto il provvedimento; per gli altri interessati, il termine decorre dall’esecuzione delle formalità pubblicitarie disposte dal giudice delegato. La comunicazione integrale del provvedimento fatta dal curatore mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento, telefax o posta elettronica con garanzia dell’avvenuta ricezione in base al testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, equivale a notificazione.

Indipendentemente dalla previsione di cui al terzo comma, il reclamo non può proporsi decorsi novanta giorni dal deposito del provvedimento in cancelleria.

Il reclamo non sospende l’esecuzione del provvedimento.

Il reclamo si propone con ricorso che deve contenere l’indicazione del Tribunale o della Corte d’Appello competente, del giudice delegato e della procedura fallimentare; le generalità del ricorrente e l’elezione del domicilio in un comune sito nel circondano del Tribunale competente; la determinazione dell’oggetto della domanda; l’esposizione dei fatti e degli elementi di diritto su cui si basa il reclamo e le relative conclusioni; l’indicazione specifica, a pena di decadenza, dei mezzi di prova di cui il ricorrente intende avvalersi e dei documenti prodotti. Il presidente del collegio nomina il giudice relatore e fissa con decreto l’udienza di comparizione delle parti in camera di consiglio, assegnando al reclamante un termine per la notifica al curatore ed ai contro interessati del ricorso e del decreto di fissazione dell’udienza. Tra la notifica e l’udienza devono intercorrere non meno di dieci giorni liberi e non più di venti; il resistente, almeno cinque giorni prima dell’udienza fissata, deposita memoria difensiva contenente l’indicazione dei documenti prodotti.

Nel medesimo termine e con le medesime forme devono costituirsi gli interessati che intendono intervenire nel giudizio.

Nel corso dell’udienza il collegio, sentiti il reclamante, il curatore e gli eventuali contro interessati, assume, anche d’ufficio, le informazioni ritenute necessarie, eventualmente delegando uno dei suoi componenti.

Entro trenta giorni dall’udienza di convocazione delle parti, il collegio provvede con decreto motivato con il quale conferma, modifica o revoca il provvedimento reclamato.

Articolo 27 - Nomina del curatore.

Il curatore è nominato con la sentenza di fallimento, o in caso di sostituzione o di revoca, con decreto del Tribunale.

Articolo 28 - Requisiti per la nomina a curatore.

Possono essere chiamati a svolgere le funzioni di curatore:

a) avvocati, dottori commercialisti, ragionieri e ragionieri commercialisti;

b) studi professionali associati o società tra professionisti, sempre che i soci delle stesse abbiano i requisiti professionali di cui alla lettera a). In tale caso, all’atto dell’accettazione dell’incarico, deve essere designata la persona fisica responsabile della procedura;

c) coloro che abbiano svolto funzioni di amministrazione, direzione e controllo in società per azioni, dando prova di adeguate capacità imprenditoriali e purché non sia intervenuta nei loro confronti dichiarazione di fallimento.

Nel provvedimento di nomina, il Tribunale indica le specifiche caratteristiche e attitudini del curatore.

Non possono essere nominati curatore il coniuge, i parenti e gli affini entro il quarto grado del fallito, i creditori di questo e chi ha concorso al dissesto dell’impresa durante i due anni anteriori alla dichiarazione di fallimento, nonché chiunque si trovi in conflitto di inte Titolo I

Disposizioni generali

Articolo 1 - Imprese soggette al fallimento e al concordato preventivo.

Sono soggetti alle disposizioni sul fallimento e sul concordato preventivo gli imprenditori che esercitano un’attività commerciale, esclusi gli enti pubblici ed i piccoli imprenditori.

Ai fini del primo comma, non sono piccoli imprenditori gli esercenti un’attività commerciale in forma individuale o collettiva che, anche alternativamente:

a) hanno effettuato investimenti nell’azienda per un capitale di valore superiore a euro trecentomila;

b) hanno realizzato, in qualunque modo risulti, ricavi lordi calcolati sulla media degli ultimi tre anni o dall’inizio dell’attività se di durata inferiore, per un ammontare complessivo annuo superiore a euro duecentomila.

I limiti di cui alle lettere a) e b) del secondo comma possono essere aggiornati ogni tre anni, con decreto del Ministro della giustizia, sulla base della media delle variazioni degli indici ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati intervenute nel periodo di riferimento.

Articolo 2 - Liquidazione coatta amministrativa e fallimento.

La legge determina le imprese soggette a liquidazione coatta amministrativa, i casi per le quali la liquidazione coatta amministrativa può essere disposta e l’autorità competente a disporla.

Le imprese soggette a liquidazione coatta amministrativa non sono soggette al fallimento, salvo che la legge diversamente disponga.

Nel caso in cui la legge ammette la procedura di liquidazione coatta amministrativa e quella di fallimento si osservano le disposizioni dell’articolo 196.

Articolo 3 - Liquidazione coatta amministrativa, concordato preventivo e amministrazione controllata.

Se la legge non dispone diversamente, le imprese soggette a liquidazione coatta amministrativa possono essere ammesse alla procedura di concordato preventivo e di amministrazione controllata, osservate per le imprese escluse dal fallimento le norme del settimo comma dell’articolo 195.

Articolo 4 - Rinvio a leggi speciali.

Abrogato

Titolo II

Del Fallimento

Capo I

Della Dichiarazione di fallimento

Articolo 5 - Stato d’insolvenza.

L’imprenditore che si trova in stato d’insolvenza è dichiarato fallito.

Lo stato d’insolvenza si manifesta con inadempimenti od altri fatti esteriori, i quali dimostrino che il debitore non è più in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni.

Articolo 6 - Iniziativa per la dichiarazione di fallimento.

Il fallimento è dichiarato su ricorso del debitore, di uno o più creditori o su richiesta del pubblico ministero.

Nel ricorso di cui al primo comma l’istante può indicare il recapito telefax o l’indirizzo di posta elettronica presso cui dichiara di voler ricevere le comunicazioni e gli avvisi previsti dalla presente legge.

Articolo 7 - Iniziativa del pubblico ministero.

Il pubblico ministero presenta la richiesta di cui al primo comma dell’articolo 6:

1) quando l’insolvenza risulta nel corso di un procedimento penale, ovvero dalla fuga, dalla irreperibilità o dalla latitanza dell’imprenditore, dalla chiusura dei locali dell’impresa, dal trafugamento, dalla sostituzione o dalla diminuzione fraudolenta dell’attivo da parte dell’imprenditore;

2) quando l’insolvenza risulta dalla segnalazione proveniente dal giudice che l’abbia rilevata nel corso di un procedimento civile.

Articolo 8 - Stato d’insolvenza risultante in giudizio civile.

Abrogato

Articolo 9 - Competenza.

Il fallimento è dichiarato dal Tribunale del luogo dove l’imprenditore ha la sede principale dell’impresa.

Il trasferimento della sede intervenuto nell’anno antecedente all’esercizio dell’iniziativa per la dichiarazione di fallimento non rileva ai fini della competenza.

L’imprenditore, che ha all’estero la sede principale dell’impresa, può essere dichiarato fallito nella Repubblica italiana anche se è stata pronunciata dichiarazione di fallimento all’estero.

Sono fatte salve le convenzioni internazionali e la normativa dell’Unione europea.

Il trasferimento della sede dell’impresa all’estero non esclude la sussistenza della giurisdizione italiana, se è avvenuto dopo il deposito del ricorso di cui all’articolo 6 o la presentazione della richiesta di cui all’articolo 7.

Articolo 9-bis - Disposizioni in materia di incompetenza.

La sentenza che dichiara l’incompetenza è trasmessa in copia al Tribunale dichiarato incompetente, il quale dispone con decreto l’immediata trasmissione degli atti a quello competente. Allo stesso modo provvede il Tribunale che dichiara la propria incompetenza.

Il Tribunale dichiarato competente, entro venti giorni dal ricevimento degli atti, se non richiede d’ufficio il regolamento di competenza ai sensi dell’articolo 45 del codice di procedura civile, dispone la prosecuzione della procedura fallimentare, provvedendo alla nomina del giudice delegato e del curatore.

Restano salvi gli effetti degli atti precedentemente compiuti.

Qualora l’incompetenza sia dichiarata all’esito del giudizio di cui all’articolo 18, l’appello, per le questioni diverse dalla competenza, è riassunto, a norma dell’articolo 50 del codice di procedura civile, dinanzi alla Corte d’Appello competente.

Nei giudizi promossi ai sensi dell’articolo 24 dinanzi al Tribunale dichiarato incompetente, il giudice assegna alle parti un termine per la riassunzione della causa davanti al giudice competente ai sensi dell’articolo 50 del codice di procedura civile e ordina la cancellazione della causa dal ruolo.

Articolo 9-ter - Conflitto positivo di competenza.

Quando il fallimento è stato dichiarato da più Tribunali, il procedimento prosegue avanti al Tribunale competente che si è pronunciato per primo.

Il Tribunale che si è pronunciato successivamente, se non richiede d’ufficio il regolamento di competenza ai sensi dell’articolo 45 del codice di procedura civile, dispone la trasmissione degli atti al Tribunale che si è pronunziato per primo. Si applica l’articolo 9-bis, in quanto compatibile.

Articolo 10 - Fallimento dell’imprenditore che ha cessato l’esercizio dell’impresa.

Gli imprenditori individuali e collettivi possono essere dichiarati falliti entro un anno dalla cancellazione dal registro delle imprese, se l’insolvenza si è manifestata anteriormente alla medesima o entro l’anno successivo.

In caso d’impresa individuale o di cancellazione d’ufficio degli imprenditori collettivi, è fatta salva la facoltà di dimostrare il momento dell’effettiva cessazione dell’attività da cui decorre il termine del primo comma.

Articolo 11 - L’imprenditore defunto può essere dichiarato fallito quando ricorrono le condizioni stabilite nell’articolo precedente.

L’erede può chiedere il fallimento del defunto, purché l’eredità non sia già confusa con il suo patrimonio; l’erede che chiede il fallimento del defunto non e soggetto agli obblighi di deposito di cui agli articoli 14 e 16, secondo comma, n. 3).

Articolo 12 - Morte del fallito.

Se l’imprenditore muore dopo la dichiarazione di fallimento, la procedura prosegue nei confronti degli eredi, anche se hanno accettato con beneficio d’inventario.

Se ci sono più eredi, la procedura prosegue in confronto di quello che è designato come rappresentante. In mancanza di accordo nella designazione del rappresentante entro quindici giorni dalla morte del fallito, la designazione è fatta dal giudice delegato.

Nel caso previsto dall’articolo 528 del codice civile, la procedura prosegue in confronto del curatore dell’eredità giacente e nel caso previsto dall’articolo 641 del codice civile nei confronti dell’amministratore nominato a norma dell’articolo 642 dello stesso codice.

Articolo 13 - Obbligo di trasmissione dell’elenco dei protesti.

Abrogato

Articolo 14 - Obbligo dell’imprenditore che chiede il proprio fallimento.

L’imprenditore che chiede il proprio fallimento deve depositare presso la cancelleria del Tribunale le scritture contabili e fiscali obbligatorie concernenti i tre esercizi precedenti ovvero l’intera esistenza dell’impresa, se questa ha avuto una minore durata. Deve inoltre depositare uno stato particolareggiato ed estimativo delle sue attività, l’elenco nominativo dei creditori e l’indicazione dei rispettivi crediti, l’indicazione dei ricavi lordi per ciascuno degli ultimi tre anni, l’elenco nominativo di coloro che vantano diritti reali e personali su cose in suo possesso e l’indicazione delle cose stesse e del titolo da cui sorge il diritto.

Articolo 15 - Istruttoria prefallimentare.

Il procedimento per la dichiarazione di fallimento si svolge dinanzi al Tribunale in composizione collegiale con le modalità dei procedimenti in camera di consiglio.

Il Tribunale convoca, con decreto apposto in calce al ricorso, il debitore ed i creditori istanti per il fallimento; nel procedimento interviene il pubblico ministero che ha assunto l’iniziativa per la dichiarazione di fallimento.

Il decreto di convocazione è sottoscritto dal presidente del Tribunale o dal giudice relatore se vi è delega alla trattazione del procedimento ai sensi del quinto comma. Tra la data della notificazione, a cura di parte, del decreto di convocazione e del ricorso, e quella dell’udienza deve intercorrere un termine non inferiore a quindici giorni liberi.

Il decreto contiene l’indicazione che il procedimento è volto all’accertamento dei presupposti per la dichiarazione di fallimento e fissa un termine non inferiore a sette giorni prima dell’udienza per la presentazione di memorie ed il deposito di documenti e relazioni tecniche. In ogni caso, il Tribunale dispone, con gli accertamenti necessari, che l’imprenditore depositi una situazione patrimoniale, economica e finanziaria aggiornata.

I termini di cui al terzo e quarto comma possono essere abbreviati dal presidente del Tribunale, con decreto motivato, se ricorrono particolari ragioni di urgenza.

Il Tribunale può delegare al giudice relatore l’audizione delle parti. In tal caso, il giudice delegato provvede, senza indugio e nel rispetto del contraddittorio, all’ammissione ed all’espletamento dei mezzi istruttori richiesti dalle parti o disposti d’ufficio.

Le parti possono nominare consulenti tecnici.

Il Tribunale, ad istanza di parte, può emettere i provvedimenti cautelari o conservativi a tutela del patrimonio o dell’impresa oggetto del provvedimento, che hanno efficacia limitata alla durata del procedimento e vengono confermati o revocati dalla sentenza che dichiara il fallimento, ovvero revocati con il decreto che rigetta l’istanza.

Non si fa luogo alla dichiarazione di fallimento se l’ammontare dei debiti scaduti e non pagati risultanti dagli atti dell’istruttoria prefallimentare è complessivamente inferiore a euro venticinquemila.

Tale importo è periodicamente aggiornato con le modalità di cui al terzo comma dell’articolo 1.

Articolo 16 - Sentenza dichiarativa di fallimento.

La sentenza dichiarativa di fallimento è pronunciata in camera di consiglio.

Con la sentenza il Tribunale:

1) nomina il giudice delegato per la procedura;

2) nomina il curatore;

3) ordina al fallito il deposito dei bilanci e delle scritture contabili e fiscali obbligatorie, nonché dell’elenco dei creditori, entro tre giorni, se non é stato ancora eseguito a norma dell’articolo 14;

4) stabilisce il luogo, il giorno e l’ora dell’adunanza in cui si procederà all’esame dello stato passivo, entro il termine perentorio di non oltre centoventi giorni dal deposito della sentenza;

5) assegna ai creditori e ai terzi, che vantano diritti reali o personali su cose in possesso del fallito, il termine perentorio di trenta giorni prima dell’adunanza di cui al numero precedente per la presentazione in cancelleria delle domande di insinuazione.

La sentenza produce i suoi effetti dalla data della pubblicazione ai sensi dell’articolo 133, primo comma, del codice di procedura civile. Gli effetti nei riguardi dei terzi si producono dalla data di iscrizione della sentenza nel registro delle imprese ai sensi dell’articolo 17, secondo comma.

Articolo 17 - Comunicazione e pubblicazione della sentenza dichiarativa di fallimento.

Entro il giorno successivo al deposito in cancelleria, la sentenza che dichiara il fallimento è notificata, su richiesta del cancelliere, ai sensi dell’articolo 137 del codice di procedura civile al debitore, eventualmente presso il domicilio eletto nel corso del procedimento previsto dall’articolo 15, ed è comunicata per estratto, ai sensi dell’articolo 136 del codice di procedura civile, al curatore ed al richiedente il fallimento.

L’estratto deve contenere il nome del debitore, il nome del curatore, il dispositivo e la data del deposito della sentenza.

La sentenza è altresì annotata presso l’ufficio del registro delle imprese ove l’imprenditore ha la sede legale e, se questa differisce dalla sede effettiva, anche presso quello corrispondente al luogo ove la procedura è stata aperta.

A tale fine, il cancelliere, entro il termine di cui al primo comma, trasmette, anche per via telematica, l’estratto della sentenza all’ufficio del registro delle imprese indicato nel comma precedente.

Articolo 18 - Appello.

Contro la sentenza che dichiara il fallimento può essere proposto appello dal debitore e da qualunque interessato con ricorso da depositarsi entro trenta giorni presso la Corte d’Appello.

L’appello non sospende gli effetti della sentenza impugnata, salvo quanto previsto dall’articolo 19, primo comma.

Il termine per l’appello decorre per il debitore dalla data della notificazione della sentenza a norma dell’articolo 17 e, per tutti gli altri interessati, dalla data della iscrizione nel registro delle imprese ai sensi del medesimo articolo. In ogni caso, si applica la disposizione di cui all’articolo 327, primo comma, del codice di procedura civile.

Il presidente, nei cinque giorni successivi al deposito del ricorso, fissa con decreto, da comunicarsi al ricorrente, l’udienza di comparizione entro quarantacinque giorni dal deposito del ricorso, assegnando termine al ricorrente non superiore a dieci giorni dalla comunicazione per la notifica del ricorso e del decreto alle parti e al curatore, nonché un termine alle parti resistenti non superiore a cinque giorni prima dell’udienza per il deposito di memorie.

All’udienza il collegio, sentite le parti presenti in contraddittorio tra loro ed assunti, anche d’ufficio, i mezzi di prova necessari ai fini della decisione, provvede con sentenza, emessa ai sensi dell’articolo 281-sexies del codice di procedura civile. In caso di particolare complessità, la corte può riservarsi di depositare la motivazione entro quindici giorni.

La sentenza che revoca il fallimento è notificata al curatore, al creditore che ha chiesto il fallimento e al debitore, se non opponente, e deve essere pubblicata, comunicata ed iscritta a norma dell’articolo 17.

La sentenza che rigetta l’appello è notificata al ricorrente.

Se il fallimento è revocato, restano salvi gli effetti degli atti legalmente compiuti dagli organi della procedura.

Le spese della procedura ed il compenso al curatore sono liquidati dal Tribunale, su relazione del giudice delegato, con decreto non soggetto a reclamo.

Articolo 19 - Sospensione della liquidazione dell’attivo.

Proposto l’appello, il collegio, su richiesta di parte, ovvero del curatore, può quando ricorrono gravi motivi, sospendere, in tutto o in parte, ovvero temporaneamente, la liquidazione dell’attivo.

Se è proposto ricorso per cassazione i provvedimenti di cui al primo comma o la loro revoca sono chiesti alla Corte d’Appello.

L’istanza si propone con ricorso. Il presidente, con decreto in calce al ricorso, ordina la comparizione delle parti dinanzi al collegio in camera di consiglio. Copia del ricorso e del decreto sono notificate alle altre parti ed al curatore.

Articolo 20 - Morte del fallito durante il giudizio di opposizione.

Se il fallito muore durante il giudizio di opposizione, il giudizio prosegue in confronto delle persone indicate nell’articolo 12, osservate le disposizioni degli articoli 299 e seguenti del Codice di procedura civile.

Articolo 21 - Revoca della dichiarazione di fallimento.

Abrogato.

Articolo 22 - Gravami contro il provvedimento che respinge l’istanza di fallimento.

Il Tribunale, che respinge il ricorso per la dichiarazione di fallimento, provvede con decreto motivato, comunicato a cura del cancelliere alle parti.

Entro quindici giorni dalla comunicazione, il creditore ricorrente o il pubblico ministero richiedente possono proporre reclamo contro il decreto alla Corte d’Appello che, sentite le parti, provvede in camera di consiglio con decreto motivato. Il debitore non può chiedere in separato giudizio la condanna del creditore istante alla rifusione delle spese ovvero al risarcimento del danno per responsabilità aggravata ai sensi dell’articolo 96 del codice di procedura civile.

Il decreto della Corte d’Appello è comunicato a cura del cancelliere alle parti del procedimento di cui all’articolo 15.

Se la Corte d’Appello accoglie il reclamo del creditore ricorrente o del pubblico ministero richiedente, rimette d’ufficio gli atti al Tribunale, per la dichiarazione di fallimento, salvo che, anche su segnalazione di parte, accerti che sia venuto meno alcuno dei presupposti necessari.

I termini di cui agli articoli 10 e 11 si computano con riferimento al decreto della Corte d’Appello.

Capo III

Degli Organi preposti al fallimento

Sezione I

Del Tribunale fallimentare

Articolo 23 - Poteri del Tribunale fallimentare.

Il Tribunale che ha dichiarato il fallimento è investito dell’intera procedura fallimentare; provvede alla nomina ed alla revoca o sostituzione, per giustificati motivi, degli organi della procedura, quando non è prevista la competenza del giudice delegato; può in ogni tempo sentire in camera di consiglio il curatore, il fallito e il comitato dei creditori; decide le controversie relative alla procedura stessa che non sono di competenza del giudice delegato, nonché i reclami contro i provvedimenti del giudice delegato.

I provvedimenti del Tribunale nelle materie previste da questo articolo sono pronunciate con decreto, salvo che non sia diversamente disposto.

Articolo 24 - Competenza del Tribunale fallimentare.

Il Tribunale che ha dichiarato il fallimento è competente a conoscere di tutte le azioni che ne derivano, qualunque ne sia il valore.

Salvo che non sia diversamente previsto, alle controversie di cui al primo comma si applicano le norme previste dagli articoli da 737 a 742 del codice di procedura civile. Non si applica l’articolo 40, terzo comma, del codice di procedura civile.

Articolo 25 - Poteri del giudice delegato.

Il giudice delegato esercita funzioni di vigilanza e di controllo sulla regolarità della procedura e:

1) riferisce al Tribunale su ogni affare per il quale è richiesto un provvedimento del collegio;

2) mette o provoca dalle competenti autorità i provvedimenti urgenti per la conservazione del patrimonio, ad esclusione di quelli che incidono su diritti di terzi che rivendichino un proprio diritto incompatibile con l’acquisizione;

3) convoca il curatore e il comitato dei creditori nei casi prescritti dalla legge e ogni qualvolta lo ravvisi opportuno per il corretto e sollecito svolgimento della procedura;

4) su proposta del curatore, liquida i compensi e dispone l’eventuale revoca dell’incarico conferito alle persone la cui opera è stata richiesta dal medesimo curatore nell’interesse del fallimento;

5) provvede, nel termine di quindici giorni, sui reclami proposti contro gli atti del curatore e del comitato dei creditori;

6) autorizza per iscritto il curatore a stare in giudizio come attore o come convenuto. L’autorizzazione deve essere sempre data per atti determinati e per i giudizi deve essere rilasciata per ogni grado di essi. Su proposta del curatore, liquida i compensi e dispone l’eventuale revoca dell’incarico conferito agli avvocati nominati dal medesimo curatore;

7) su proposta del curatore, nomina gli arbitri, verificata la sussistenza dei requisiti previsti dalla legge;

8) procede all’accertamento dei crediti e dei diritti reali e personali vantati dai terzi, a norma del capo V.

Il giudice delegato non può trattare i giudizi che abbia autorizzato, né può far parte del collegio investito del reclamo proposto contro i suoi atti.

I provvedimenti del giudice delegato sono pronunciati con decreto motivato.

Articolo 26 - Reclamo contro i decreti del giudice delegato e del Tribunale.

Salvo che non sia diversamente disposto, contro i decreti del giudice delegato e del Tribunale, può essere proposto reclamo al Tribunale o alla Corte d’Appello, che provvedono in camera di consiglio.

Il è reclamo è proposto dal curatore, dal fallito, dal comitato dei creditori e da chiunque vi abbia interesse.

Il reclamo è proposto nel termine perentorio di dieci giorni, decorrente dalla comunicazione o dalla notificazione del provvedimento per il curatore, per il fallito, per il comitato dei creditori e per chi ha chiesto o nei cui confronti è stato chiesto il provvedimento; per gli altri interessati, il termine decorre dall’esecuzione delle formalità pubblicitarie disposte dal giudice delegato. La comunicazione integrale del provvedimento fatta dal curatore mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento, telefax o posta elettronica con garanzia dell’avvenuta ricezione in base al testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, equivale a notificazione.

Indipendentemente dalla previsione di cui al terzo comma, il reclamo non può proporsi decorsi novanta giorni dal deposito del provvedimento in cancelleria.

Il reclamo non sospende l’esecuzione del provvedimento.

Il reclamo si propone con ricorso che deve contenere l’indicazione del Tribunale o della Corte d’Appello competente, del giudice delegato e della procedura fallimentare; le generalità del ricorrente e l’elezione del domicilio in un comune sito nel circondano del Tribunale competente; la determinazione dell’oggetto della domanda; l’esposizione dei fatti e degli elementi di diritto su cui si basa il reclamo e le relative conclusioni; l’indicazione specifica, a pena di decadenza, dei mezzi di prova di cui il ricorrente intende avvalersi e dei documenti prodotti. Il presidente del collegio nomina il giudice relatore e fissa con decreto l’udienza di comparizione delle parti in camera di consiglio, assegnando al reclamante un termine per la notifica al curatore ed ai contro interessati del ricorso e del decreto di fissazione dell’udienza. Tra la notifica e l’udienza devono intercorrere non meno di dieci giorni liberi e non più di venti; il resistente, almeno cinque giorni prima dell’udienza fissata, deposita memoria difensiva contenente l’indicazione dei documenti prodotti.

Nel medesimo termine e con le medesime forme devono costituirsi gli interessati che intendono intervenire nel giudizio.

Nel corso dell’udienza il collegio, sentiti il reclamante, il curatore e gli eventuali contro interessati, assume, anche d’ufficio, le informazioni ritenute necessarie, eventualmente delegando uno dei suoi componenti.

Entro trenta giorni dall’udienza di convocazione delle parti, il collegio provvede con decreto motivato con il quale conferma, modifica o revoca il provvedimento reclamato.

Articolo 27 - Nomina del curatore.

Il curatore è nominato con la sentenza di fallimento, o in caso di sostituzione o di revoca, con decreto del Tribunale.

Articolo 28 - Requisiti per la nomina a curatore.

Possono essere chiamati a svolgere le funzioni di curatore:

a) avvocati, dottori commercialisti, ragionieri e ragionieri commercialisti;

b) studi professionali associati o società tra professionisti, sempre che i soci delle stesse abbiano i requisiti professionali di cui alla lettera a). In tale caso, all’atto dell’accettazione dell’incarico, deve essere designata la persona fisica responsabile della procedura;

c) coloro che abbiano svolto funzioni di amministrazione, direzione e controllo in società per azioni, dando prova di adeguate capacità imprenditoriali e purché non sia intervenuta nei loro confronti dichiarazione di fallimento.

Nel provvedimento di nomina, il Tribunale indica le specifiche caratteristiche e attitudini del curatore.

Non possono essere nominati curatore il coniuge, i parenti e gli affini entro il quarto grado del fallito, i creditori di questo e chi ha concorso al dissesto dell’impresa durante i due anni anteriori alla dichiarazione di fallimento, nonché chiunque si trovi in conflitto di inte