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Elisabetta Sala: la soppressione dei chantries

I lasciti avevano esattamente questo significato: erano opere buone che il morente compiva in extremis, appena prima di lasciare la vita terrena. Attraverso il suo lascito i vivi avrebbero potuto pregare per lui e offrire Messe per la sua anima. Ma il fatto stesso di poter partecipare a quelle preghiere e a quelle Messe avrebbe portato abbondanti frutti spirituali anche a loro. In questo sistema organico, dunque, il morente era al tempo stesso fruitore e operatore di bene. I congiunti del defunto, d’altro canto, non si trovavano completamente impotenti e disarmati di fronte alla morte del loro caro: per lui potevano fare ancora molto e potevano anche chiedergli di pregare a sua volta per la salvezza delle loro anime. Sul baratro della morte si stendeva così il ponte della preghiera vicendevole.

Ma i chantries, di fatto, avevano anche altre funzioni, fondamentali nella vita comunitaria del tempo. Essi permettevano a ogni parrocchia di gestire meglio anche tutte le altre opere caritative, nonché di portare avanti meglio la vita quotidiana della parrocchia stessa: spesso i lasciti erano sottoforma di piccoli appezzamenti di terreno la cui rendita permetteva di mantenere cappellani che, oltre a dir Messa per i defunti, aiutavano il parroco nelle numerose funzioni sacramentali e assistenziali e facevano anche da maestri ai figli dei poveri. I parrocchiani benestanti facevano costruire cappelle di famiglia ai lati della chiesa parrocchiale e alle Messe in loro suffragio poteva partecipare chiunque. Quasi sempre, inoltre, i chantries permettevano di assistere i poveri e anche di aprire piccole scuole di alfabetizzazione; in alcuni casi, addirittura, di fondare grammar schools parrocchiali, l’equivalente (ma notevolmente più pesante) dei nostri licei classici. Erano opere buone, queste, che il testatario aveva forse trascurato di compiere in vita ma che compiva mentre la sua anima si trovava in purgatorio, il che gli avrebbe certo abbreviato la pena.

Per tutto il Medioevo, e in tutta Europa, anche l’elemosina ai poveri data da vivi era in realtà legata alla medesima funzione. Un patto sottointeso prevedeva che il povero, non potendo esprimere la propria gratitudine in altro modo, pregasse per chi era generoso con lui; ed era ben noto come Dio ascoltasse volentieri le preghiere dei poveri. Per questo, ai funerali, una parte dei soldi investiti per la cerimonia andava sempre ai più derelitti; perché pregassero per l’anima del defunto. In quest’ottica i poveri erano una «forza di preghiera perpetua» e tutti sentivano l’elemosina come dovere personale. Niente male per una società in cui lo Stato mancava totalmente di strutture scolastiche o assistenziali.

La soppressione dei chantries, in realtà, era nell’aria da tempo: anche Enrico VIII, nel suo ultimo anno di regno, ne aveva soppressi un buon numero perché aveva disperato bisogno di contanti. Re Harry, però, non aveva fornito giustificazioni dottrinali contro la preghiera per i defunti e anzi, come si è detto, alla sua morte aveva lasciato somme più che sostanziose destinate allo scopo. Ora la questione si fece diversa. Ora il Parlamento soppresse tutti i lasciti, e tutte le fraternità corporative a essi legate, non per dichiarato bisogno di soldi (che c’era sempre, anche più di prima), ma per eliminare la dottrina «cattiva» in quanto tale. Dio aveva già deciso la sorte di ognuno e non ascoltava più le preghiere del suo popolo. Il defunto veniva subito scaraventato in paradiso o all’inferno e il giusto si salvava perché certo della salvezza, meritata per suo conto dalla Passione di Cristo.

[Elisabetta Sala, Elisabetta «la sanguinaria». La creazione di un mito. La persecuzione di un popolo, Edizioni Ares, 2010, pp. 22-23]

I lasciti avevano esattamente questo significato: erano opere buone che il morente compiva in extremis, appena prima di lasciare la vita terrena. Attraverso il suo lascito i vivi avrebbero potuto pregare per lui e offrire Messe per la sua anima. Ma il fatto stesso di poter partecipare a quelle preghiere e a quelle Messe avrebbe portato abbondanti frutti spirituali anche a loro. In questo sistema organico, dunque, il morente era al tempo stesso fruitore e operatore di bene. I congiunti del defunto, d’altro canto, non si trovavano completamente impotenti e disarmati di fronte alla morte del loro caro: per lui potevano fare ancora molto e potevano anche chiedergli di pregare a sua volta per la salvezza delle loro anime. Sul baratro della morte si stendeva così il ponte della preghiera vicendevole.

Ma i chantries, di fatto, avevano anche altre funzioni, fondamentali nella vita comunitaria del tempo. Essi permettevano a ogni parrocchia di gestire meglio anche tutte le altre opere caritative, nonché di portare avanti meglio la vita quotidiana della parrocchia stessa: spesso i lasciti erano sottoforma di piccoli appezzamenti di terreno la cui rendita permetteva di mantenere cappellani che, oltre a dir Messa per i defunti, aiutavano il parroco nelle numerose funzioni sacramentali e assistenziali e facevano anche da maestri ai figli dei poveri. I parrocchiani benestanti facevano costruire cappelle di famiglia ai lati della chiesa parrocchiale e alle Messe in loro suffragio poteva partecipare chiunque. Quasi sempre, inoltre, i chantries permettevano di assistere i poveri e anche di aprire piccole scuole di alfabetizzazione; in alcuni casi, addirittura, di fondare grammar schools parrocchiali, l’equivalente (ma notevolmente più pesante) dei nostri licei classici. Erano opere buone, queste, che il testatario aveva forse trascurato di compiere in vita ma che compiva mentre la sua anima si trovava in purgatorio, il che gli avrebbe certo abbreviato la pena.

Per tutto il Medioevo, e in tutta Europa, anche l’elemosina ai poveri data da vivi era in realtà legata alla medesima funzione. Un patto sottointeso prevedeva che il povero, non potendo esprimere la propria gratitudine in altro modo, pregasse per chi era generoso con lui; ed era ben noto come Dio ascoltasse volentieri le preghiere dei poveri. Per questo, ai funerali, una parte dei soldi investiti per la cerimonia andava sempre ai più derelitti; perché pregassero per l’anima del defunto. In quest’ottica i poveri erano una «forza di preghiera perpetua» e tutti sentivano l’elemosina come dovere personale. Niente male per una società in cui lo Stato mancava totalmente di strutture scolastiche o assistenziali.

La soppressione dei chantries, in realtà, era nell’aria da tempo: anche Enrico VIII, nel suo ultimo anno di regno, ne aveva soppressi un buon numero perché aveva disperato bisogno di contanti. Re Harry, però, non aveva fornito giustificazioni dottrinali contro la preghiera per i defunti e anzi, come si è detto, alla sua morte aveva lasciato somme più che sostanziose destinate allo scopo. Ora la questione si fece diversa. Ora il Parlamento soppresse tutti i lasciti, e tutte le fraternità corporative a essi legate, non per dichiarato bisogno di soldi (che c’era sempre, anche più di prima), ma per eliminare la dottrina «cattiva» in quanto tale. Dio aveva già deciso la sorte di ognuno e non ascoltava più le preghiere del suo popolo. Il defunto veniva subito scaraventato in paradiso o all’inferno e il giusto si salvava perché certo della salvezza, meritata per suo conto dalla Passione di Cristo.

[Elisabetta Sala, Elisabetta «la sanguinaria». La creazione di un mito. La persecuzione di un popolo, Edizioni Ares, 2010, pp. 22-23]