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Formazione, requisiti ed iter di omologazione del verbale della procedura di mediazione. Parte II

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La norma in commento non lascia dubbi su ruoli e poteri conferiti a quanti determinino l’omologazione del processo verbale redatto. I litiganti, dopo aver sottoscritto l’accordo, presentano istanza di omologazione. È importante precisare che tale potere è conferito esclusivamente ad essi, perché il verbale, essendo un atto negoziale che per sua natura ha forza di legge tra le parti, consente, solo a chi è interessato, la possibilità di renderlo esecutivo. Al riguardo, il D. lgs 28/2010, nell’art. 2, asserisce che chiunque può accedere alla mediazione per una controversia civile e commerciale che verta sui diritti disponibili, non escludendo negoziazioni volontarie. La presentazione della domanda di mediazione, resa pertanto accessibile a tutti, permette un’apertura indiscriminata a quanti vogliano ricorrere all’istituto, mentre richiedere l’esecutività di quanto concordato resta diritto esclusivo di chi sia parte nella procedura mediatizia.

È facile intuire che la presentazione dell’istanza di omologazione verrà proposta dalla parte che abbia maggior interesse alla sua esecutività, ma dalla norma si evince che non è escluso che possa essere presentata anche da chi non ne sia avvantaggiato perché non è articolata nessuna precisazione o indicazione relativa alla parte. Il titolo esecutivo permette alla stessa l’immediato soddisfacimento del suo interesse e pertanto si presume che provvederà celermente a presentare istanza presso la cancelleria dell’organo giudiziale competente. Al riguardo è interessante notare che nel decreto non sono contemplati limiti temporali, probabilmente perché il legislatore ha supposto che non vi fosse motivo alcuno per la parte interessata di non chiedere tempestivamente l’esecutività dell’accordo. Tuttavia, resta, formalmente, un termine indefinito con il solo limite dell’eventuale prescrizione del diritto sostanziale. La parte che presenta richiesta di omologazione è determinante ai fini della stessa, perché in mancanza di regolare istanza il verbale non può diventare esecutivo. Da sottolineare il ruolo che il legislatore ha inteso dare ai cittadini. Traspare palesemente dal testo normativo che l’istituto nasce per la collettività e per motivi di interesse sociale. Sono i cittadini che decidono a quale organismo rivolgersi, sia esso pubblico o privato, sono sempre i cittadini a presentare una proposta al mediatore e a richiederla allo stesso, spetta sempre ai cittadini accettare o rifiutare la proposta. Quando è raggiunto l’accordo e la mediazione è conclusa, i cittadini sono ancora una volta protagonisti e artefici di quanto l’istituto possa o meno conferire loro. Il legislatore dà alle parti la possibilità di scegliere se rendere esecutivo l’accordo. Questo orientamento, che personalmente condivido, avvicina la collettività al diritto e alla legalità, rendendo accessibile un sistema che ha sempre tenuto fuori chi non ne faceva parte professionalmente. La giustizia non è, a mio avviso, un palazzo per pochi ma dal momento che ne siamo circondati in ogni ambito della quotidianità dovrebbe appartenere a tutti gli individui con un linguaggio e un coinvolgimento accessibile che non esista solo sul testo.costituzionale. La scelta del legislatore pare pertanto dirigersi nella direzione di una svolta epocale.

A conferma di quanto detto, la presentazione dell’istanza di omologazione avviene per volontà della parte e senza contraddittorio, anche se un orientamento dottrinale sostiene che venga data la possibilità di contestarne la regolarità formale e la contrarietà alle norme imperative mediante convocazione della controparte[16]. Essendo esplicitato chiaramente dal legislatore che la domanda di omologazione deve essere presentata dalla parte, la richiesta è subordinata al suo interesse a ottenere il titolo esecutivo. Evidentemente c’è la possibilità che ciò non avvenga. L’ipotesi prospettata abbraccia sicuramente la logica dell’istituto mediatizio che si prefigge, oltre ad un effetto deflattivo delle liti, anche il recupero del rapporto controverso tra i litiganti. Il procedimento di mediazione può davvero portare alla risoluzione dei conflitti che spesso sottendono ragioni ben diverse da quelle che sono apparentemente oggetto del contendere. Un confronto davanti ad un mediatore, abile negoziatore ed esperto di tecniche A.D.R., può avere un effetto chiarificatore sulle reali motivazioni che hanno portato le parti al conflitto, forse non così gravi e pertanto risolvibili senza un titolo esecutivo.

Il legislatore si sofferma anche nel definire l’autorità giudiziaria cui compete l’omologazione del verbale, sia quando la mediazione avviene in Italia sia quando si tratti di controversie transfrontaliere. L’art. 12 citato stabilisce che, per l’omologazione del verbale di accordo, è competente il Presidente del Tribunale del circondario in cui ha sede l’Organismo dove si è svolta la mediazione, mentre nelle controversie transfrontaliere, e sul caso fa un esplicito richiamo alla Direttiva Comunitaria 2008/52/CE, tale potere spetta al Presidente del Tribunale del circondario in cui l’accordo deve avere esecuzione. L’art. 6, comma 2 della sopraccitata Direttiva prevede che il contenuto dell’accordo possa essere reso esecutivo da un organo giurisdizionale o da un’altra autorità competente, in conformità del diritto dello Stato Membro, mediante una sentenza, una decisione o un atto autentico[17].

La procedura mediatizia, lontana nel suo svolgimento da eccessivi formalismi e da intromissioni da parte del legislatore se non strettamente necessarie, lo vede invece intervenire per la sua esecuzione, con l’indicazione dei criteri per la determinazione dell’autorità giudiziaria competente. Nel caso in cui si sia in presenza di una mediazione delegata dal Giudice, l’omologazione sarà di competenza dello stesso giudice, perché possiede già una chiara cognizione della controversia[18].

La norma di cui si discetta celebra l’istituto della mediazione avvalorando la sua concreta efficacia e provvede a conferire al verbale la possibilità di costituire titolo esecutivo. Pertanto, la certificazione conclusiva del procedimento assicura alle parti l’utilità dello stesso e la proficuità di rivolgersi a un Organismo di mediazione. In tal modo il legislatore ha asserito la forza e l’attendibilità dell’istituto a garanzia di quanti vi ricorrano. Infatti, se il conferimento di tale valore fosse lasciato ad arbitraria discrezione dei litiganti, verrebbe meno l’efficacia risolutiva del procedimento mediatizio perché in tal caso sarebbe un semplice confronto fine a se stesso. L’attribuzione del valore di titolo esecutivo richiede da parte del giudice un accertamento della presenza di varie componenti, quali l’esistenza stessa del verbale, l’iscrizione dell’Organismo nel Registro, la sottoscrizione del mediatore e delle parti, l’appartenenza tra i diritti disponibili della materia oggetto dell’accordo, il rispetto dell’ordine pubblico e delle norme imperative. Il legislatore si cura di omettere correttamente, tra i limiti per l’omologazione, il “buon costume” perché, come precisato dal Consiglio Superiore della Magistratura nel Parere del 4 febbraio 2010, il mediatore non riveste il ruolo di pubblico ufficiale[19]. È interessante inoltre notare come non rientrino tra i vizi riscontrabili dal Presidente del Tribunale quelli relativi alla procedura di mediazione.

Non è infatti contemplata l’eventualità in cui le parti, dopo aver sottoscritto l’accordo raggiunto, ne contestino la validità[20]. Infatti, qualora si verifichino altri vizi durante lo svolgersi del procedimento che attengono alla professionalità del mediatore, la tutela delle parti verrà esercitata in forma di annullamento dell’accordo amichevole[21]. Il mediatore, fin dal conferimento dell’incarico e durante tutta la procedura, deve garantire terzietà e riservatezza, che però non incidono sull’omologazione del verbale.

Il Presidente del Tribunale svolge gli opportuni accertamenti in conseguenza di quelli che sono gli effetti dell’omologazione sui poteri processuali dei litiganti. La parte può impugnare il verbale amichevole o contestarne la regolarità formale, sia come avviene per un qualsiasi negozio giuridico, sia quando l’accordo costituisce titolo esecutivo in sede di esecuzione[22]. In considerazione di quest’ultimo caso, il debitore esecutato può impugnare i vizi dell’accordo amichevole. Infatti, la delibazione del decreto del giudice è idonea a un nuovo e ulteriore accertamento, in considerazione del fatto che il giudizio di omologazione rientra tra i procedimenti di volontaria giurisdizione e non di cognizione; quanto detto è estensione per analogia della disposizione relativa al decreto che rende esecutivo il lodo arbitrale, la cui concessione o meno dell’esecuzione non concerne la validità o meno del lodo[23].

L’autorità giudiziaria competente, ricevuta istanza di omologazione del verbale di mediazione, provvede agli opportuni accertamenti prima di renderlo esecutivo mediante decreto.

La regolarità formale, di cui si è già ampiamente discusso riguardo alla redazione del verbale, presuppone che il giudice non intervenga sul contenuto dell’accordo, salvo che non contrasti con l’ordine pubblico e le norme imperative, ma piuttosto si preoccupi di accertare che la procedura di mediazione sia stata svolta secondo gli obblighi che il legislatore ha stabilito per l’istituto. Pertanto, il Presidente del Tribunale verificherà che nel verbale a lui pervenuto siano indicate le generalità dell’Organismo e dei mediatori operanti, si assicurerà che questi siano regolarmente iscritti negli appositi registri ministeriali, controllerà che l’oggetto della controversia rientri tra le materie per le quali è richiesta la mediazione, si accerterà delle sottoscrizioni di quanti fossero presenti al procedimento. La completezza nel verbale di accordo di tali requisiti ne garantisce la regolarità formale. Gli interventi della giurisprudenza, volti a definire l’indicazione degli stessi, sono stati un utile contributo per il mediatore relatore che li ha intesi come un chiaro punto di riferimento[24]. Una disciplina conforme era stata già similmente disposta per altre forme di risoluzione stragiudiziale – per l’esattezza, l’art. 40, co. 8 del D.lgs 5/2003 e l’art. 825 c.p.c., che disciplina l’exequatur del lodo arbitrale – sulla quale ratio ha spesso operato il legislatore delegato del 2010. A conferma di quanto detto, anche per la conciliazione era richiesto, ai fini della regolarità formale, che il verbale fosse redatto da un Organismo di conciliazione iscritto nel registro, che la materia oggetto della controversia rientrasse tra quelle previste dal decreto e che l’accordo fosse sottoscritto dalle parti e dal conciliatore[25].

Per esaustività sembra interessante ricordare che la congiunzione “anche”, la quale precede nella dicitura del citato articolo 12 l’espressione “della regolarità formale”, è stata introdotta solo successivamente nel testo normativo, grazie all’intervento del Consiglio Nazionale Forense, Commissione per lo studio e le riforme del codice di procedura civile[26].

La possibilità che la mediazione sia svolta in un organismo non accreditato è un’eventualità alquanto improbabile ma è fondamentale imporne l’obbligo, al fine di garantire la regolarità delle procedure. Potrebbe invece verificarsi l’ipotesi in cui, all’interno di un Organismo accreditato presso un ordine professionale operante, secondo iscrizione ministeriale, nelle sole materie di sua competenza, sia svolta una procedura in una materia non attinente alla specifica professionalità. In tal caso il verbale non può essere omologato, salvo che la procedura nasca per una delle materie di competenza dell’organismo, ma che poi si concluda con un accordo che si distanzia dall’originaria materia[27].

Il legislatore privilegia, nella fattispecie, l’accordo raggiunto rispetto alla competenza, ponendo in tal caso il requisito formale in secondo piano rispetto alla conciliazione ottenuta. Questa flessibilità rientra nella natura stessa della mediazione che mira a dirimere il conflitto senza formalità e che non esclude soluzioni impreviste per ottenere la conclusione positiva del procedimento. Inoltre, un’eventuale chiusura in tale senso, potrebbe portare a frequenti contestazioni ogni volta che l’accordo raggiunto si distanzi anche minimamente dalla materia della controversia, estendendo il campo applicativo a ulteriori contenuti rispetto a quello iniziale.

Il Presidente del Tribunale provvede al controllo delle sottoscrizioni delle parti e del mediatore anche se al riguardo vi sono stati diversi dubbi interpretativi. Il D.lgs. 28/2010 è attuativo della L. 69/09, la quale nell’art. 60, lettera c), sostiene che il legislatore delegato doveva "disciplinare la mediazione, nel rispetto della normativa comunitaria, anche attraverso l'estensione delle disposizioni del D. Lgs. 5/2003".

In tale decreto, recepito dal legislatore italiano, la parte presentava istanza di omologazione e il verbale acquisiva titolo esecutivo a seguito di verifica di regolarità formale da parte del Presidente del Tribunale nel cui circondario aveva sede l'organismo operante.

Inoltre, l’art. 411, comma 1 c.p.c., antecedente al 2010, che concerne le conciliazioni in materia di lavoro, disponeva che spettasse ad un pubblico funzionario la sottoscrizione o la relativa impossibilità, compito che, nella mediazione, è attribuito al mediatore cioè un soggetto privato.

Pertanto la norma si distanzia da quelle precedenti, sia perché il verbale di mediazione è sottoposto ad altri controlli di regolarità, oltre a quello formale, sia perché spetta al mediatore certificare l’autografia delle sottoscrizioni o l’impossibilità di attenervisi[28]. Il D. lgs. 28/2010 si distanzia pertanto dalla disciplina comunitaria di cui è attuativo, anche se, a parere di chi scrive, è chiarissima l’impronta data dal legislatore, il quale, nonostante richiami altre norme qualora la disciplina non sia esaustiva, conferisce comunque all’istituto mediatizio una propria identità. Il mediatore non è una pallida imitazione di figure già esistenti, è una nuova professione con proprie peculiarità.

A conferma di quanto detto, si noti che il Presidente del Tribunale ha inoltre il potere di verificare, nel verbale conclusivo di una mediazione, se l’accordo è contrario all’ordine pubblico o alle norme imperative, distanziandosi anche in tal caso da norme che attengono ad altre procedure stragiudiziali per le quali è previsto, ai fini dell’omologazione, solo un controllo formale[29].

Il legislatore non dà nessuna indicazione su quali siano i limiti cui il mediatore dovrà attenersi e pertanto ci si rifà alle disposizioni di carattere generale secondo cui la contrarietà all’ordine pubblico implica la violazione dei principi fondamentali dell’ordinamento, mentre la violazione di una norma imperativa si ha quando sia vietato il contenuto dell’accordo. Un orientamento dottrinale sostiene che alcuni aspetti della conciliazione raggiunta possano essere poi sollevati in sede giudiziale[30]. È importante precisare che al rigetto di un verbale per non conformità ai requisiti di regolarità formale consegue la sua mancata esecutività; invece, qualora il rigetto derivi dalla contrarietà alle norme imperative e all’ordine pubblico, il mediatore potrebbe dover rispondere per danni, perché il professionista deve formulare la proposta nel rispetto di tali obblighi [31].

L’art. 12 del D. lgs.28/2010, nella sua formulazione, ha generato dei dubbi interpretativi perché, invece di definire prima il titolo esecutivo del verbale per la sua iscrizione ipotecaria e in seguito le necessarie condizioni perché lo diventi, inverte l’ordine consequenziale, al punto da far dubitare che la stessa omologazione sia uno dei requisiti per l’efficacia del verbale. Tuttavia ogni dubbio è dissolto dalla rubrica dell’articolo “Efficacia esecutiva ed esecuzione” con la netta precisazione di quali siano gli effetti dell’omologazione.

Il legislatore delegato del 2010 non ha dato precise indicazioni relative all’ipotesi in cui il verbale venga rigettato per uno dei motivi prospettati dall’art. 12. La lacuna normativa, probabilmente derivante dalla difficile eventualità che si verifichi una simile ipotesi, rende necessaria l’estensione per analogia con situazioni simili già contemplate dall’ordinamento. L’art. 825 c.p.c. dispone, nel suo 3° comma, la possibilità di reclamare la mancata concessione dell’esecutorietà del lodo arbitrale[32]. Il ricorso viene presentato in Corte d’Appello entro trenta giorni. Non è raro né per il legislatore né per l’interprete ricorrere alla disciplina dell’arbitrato per dare o per avere un quadro più ampio di un istituto recente come quello della mediazione[33]. Questo atteggiamento se da una parte appare corretto per l’appartenenza di entrambi gli istituti ad un sistema che si distanzia da quello della giustizia tradizionale, dall’altra contrasta con la natura sostanziale della mediazione che è un atto negoziale. Su quest’ultima argomentazione si potrebbe estendere per analogia l’art. 739 c.p.c. secondo cui, contro i decreti pronunciati dal tribunale, si può proporre reclamo con ricorso alla Corte d’Appello entro il termine perentorio di dieci giorni dalla comunicazione del decreto[34]. Oltre alle differenze dei termini – trenta giorni nel primo caso e dieci giorni nel secondo – rimane il dubbio interpretativo di privilegiare nella fattispecie la forma o la sostanza dell’istituto, dubbi che il legislatore, auspichiamo presto, provvederà a risolvere. La questione sin qui trattata va tenuta nettamente distinta dall’impugnazione del contenuto dell’accordo il cui verbale, anche omologato, ha natura negoziale ed è dunque soggetto a più forme di impugnazioni negoziali[35].

Quando gli opportuni accertamenti da parte del Presidente del Tribunale hanno un esito affermativo, al relativo verbale è attribuito il valore di titolo esecutivo per l’esecuzione forzata, per l’esecuzione in forma specifica e per l’iscrizione di ipoteca giudiziale. Il legislatore è intervenuto di recente per ampliare i titoli esecutivi formati in accordi stragiudiziali. L’art. 474 c.p.c., nel numero 2 e nel numero 3, annovera rispettivamente le scritture private autenticate per le somme di denaro e gli atti ricevuti da un notaio; essi possono consentire non più solo l’espropriazione forzata ma anche la consegna e il rilascio[36]. I casi della norma in esame non sono assimilabili al verbale di conciliazione che non è scrittura privata autenticata né atto pubblico. Il D.lgs. 28/2010, nel suo articolo 11, comma 3, richiede l’intervento del pubblico ufficiale quando si concluda uno dei contratti o si compia uno degli atti previsti dall’art. 2643 c.c., e pertanto solo il verbale omologato ha portata esecutiva e, divenuto tale, dovrà sottostare alle norme relative al rilascio da parte della cancelleria delle copie del verbale e la sua omologazione, per la quale dovrebbe valere l’esecuzione ex. art. 17 del D. lgs. 28/2010. Secondo la norma citata, il verbale di conciliazione è esente dall’imposta di registro fino a 50.000,00 euro, tassato per l’eccedenza. La procedura è ad istanza di parte che provvede ad allegare copia del verbale che l’organismo rilascia ai sensi dell’art. 11, comma 5 ed è esente da ogni tassa, imposta o spesa. La procedura si chiude con decreto motivato sia qualora l’istanza venga accolta, sia che venga rigettata[37].

Il verbale di accordo costituisce inoltre titolo per l’iscrizione ipotecaria. Senza la precisa indicazione fornita dall’art. 12 del D. lgs. 28/2010, non sarebbe stato possibile attribuire al verbale il superamento del limite contemplato nell’art. 2818 c.c. secondo cui solo la sentenza di condanna e gli altri provvedimenti ai quali la legge conferisce il medesimo effetto costituiscono titolo per iscrivere ipoteca sui beni del debitore[38]. È importante ricordare che ai fini dell’iscrizione dell’ipoteca giudiziale non è fondamentale che il provvedimento giudiziale sia esecutivo; infatti la sentenza di condanna di primo grado consente l’iscrizione dell’ipoteca quando l’esecutività è sospesa dal giudice d’appello[39].

Il Presidente del Tribunale, dopo aver concluso gli opportuni accertamenti relativi al verbale di accordo, provvede all’omologazione mediante decreto, che ha, nella fattispecie, solo efficacia esecutiva e nessuna natura decisoria, nonostante derivi dalla conclusione di un procedimento[40]. Infatti, essendo il decreto di omologazione un atto esclusivamente esecutivo del verbale di accordo e poiché, come è noto, i provvedimenti esecutivi non accertano mai i diritti su cui incidono, il Presidente del Tribunale non fa altro che prendere atto del perfezionamento dell’accordo senza alcun accertamento in senso tecnico[41]. Al riguardo si pone il dubbio interpretativo concernente l’eventualità in cui il verbale di accordo non venga omologato o per volontà delle parti o per rigetto dell’istanza. Un orientamento dottrinale sembra attribuirgli l’efficacia esecutiva delle scritture private autenticate così come avviene nelle controversie in materia di diritto del lavoro, in cui l’azione esecutiva è consentita depositando il verbale presso la cancelleria ex. art. 474, n. 2 c.p.c.[42]. Definire la natura del verbale omologato è importante perché potrebbe verificarsi l’eventualità in cui la controparte sia inadempiente. All’interessato dev’essere conferita la possibilità di agire e la diversa natura del verbale chiarisce se possa esperire l’azione solo in via esecutiva o anche con un’azione di risoluzione per inadempimento[43].

Il legislatore interviene per definire quali siano gli effetti per le parti qualora violino, non osservino o adempiano in ritardo gli obblighi stabiliti dall’accordo. Nell’eventualità in cui si verifichi una delle ipotesi prospettate, per l’inadempiente può essere previsto il pagamento di una somma di denaro, ai sensi dell’art. 11, comma 3 del D. lgs. 28/2010[44]. Anche in questo caso chi scrive valuta positivamente l’operato del legislatore che ha voluto, un’altra volta, dar forza alla natura dell’istituto perché prevede una pena pecuniaria “per ogni violazione o inosservanza degli obblighi stabiliti ovvero per il ritardo nel loro adempimento”[45]. Se non vi fossero delle conseguenze al mancato rispetto dell’accordo, verrebbe meno la credibilità della mediazione.

Un aspetto importante in materia di omologazione riguarda la funzione che sulla stessa svolge l’autenticazione notarile. Quest’ultima permette che il verbale conclusivo di una mediazione sia inserito nei registri immobiliari. La figura notarile è complementare all’omologazione perché consente, con l’autentica delle sottoscrizioni, la trascrizione del verbale che resterebbe altrimenti soltanto un titolo esecutivo. L’argomento è stato oggetto di numerosi interrogativi da parte della dottrina e oggetto di attenzione per tutti i professionisti del settore a causa dei continui contrasti giurisprudenziali. La mediazione, condizione di procedibilità per le controversie che hanno ad oggetto tra le altre materie i diritti reali, si è trovata ad affrontare il difficile dubbio interpretativo. Ad esempio, mentre i Tribunali di Roma e di Varese contestano la trascrizione del verbale, il Tribunale di Bagheria, con un’ordinanza, ha ritenuto che il verbale fosse trascrivibile[46].

Il primo orientamento giurisprudenziale trova il suo fondamento nel D. lgs. 28/2010, il quale, nell’art. 11, co. 3, sostiene che qualora con l’accordo si concluda uno dei contratti o si compia uno degli atti previsti dall’articolo 2643 del codice civile, la sottoscrizione del verbale deve essere autenticata da un pubblico ufficiale affinché si possa procedere alla trascrizione. Questa norma opera di concerto con l’art. 2657 c.c., per il quale la trascrizione non si può eseguire se non con sentenza, atto pubblico o scrittura privata la cui sottoscrizione deve essere autenticata o accertata giudizialmente. Invece, l’orientamento giurisprudenziale opposto sostiene che l’accordo realizzato a seguito di una mediazione sia un negozio di accertamento che non comporta un effetto modificativo, estintivo o costitutivo e pertanto non è assimilabile alla disciplina precedentemente descritta.

La lacunosità normativa del decreto delegato in tema di mediazione, che lascia incertezza sul campo di applicazione e su cui il legislatore deve intervenire, comporta degli indubbi problemi relativi alla trascrivibilità del verbale ma ciò non esime le parti dal trovare un accordo sulla lite. Inoltre, i benefici fiscali posti a vantaggio dei litiganti possono essere un incentivo a ricorrervi. L’intervento spetta quindi non solo al legislatore ma anche ai responsabili degli organismi, affinché annoverino tra i propri professionisti dei notai che si occupino di questi aspetti della disciplina.

Un verbale di mediazione che diventa esecutivo e per il quale vi sia tutela di esecutività rappresenta per il nostro ordinamento un’assoluta novità. L’istituto, nonostante le sue criticità, ha innegabilmente un campo di applicazione vastissimo che comporta altrettante problematiche, certamente risolvibili, ma necessita di un periodo di inevitabile assestamento. La mediazione è uno strumento di indubbia utilità sociale ed economica, che può contribuire alla risoluzione delle controversie e alleggerire un sistema non più in grado di sostenere il numero esorbitante di contenziosi del nostro Paese. Il successo di questo istituto sarà determinato anche dalla corretta e scrupolosa attenzione di chi dovrà redigere il verbale.

[16] Si veda P. G. MISTÒ, Normativa e procedura della Mediazione, (a cura di) S. FICILI e P. G. MISTÒ, Torino, 2012, p.81; G. BATTAGLIA sub art.12, La mediazione delle controversie civili e commerciali (a cura di) A. CASTAGNOLA e F. DELFINI, Padova, 2010, p. 191 ss. ; E. FABIANI e M. LEO, Prime riflessioni sulla mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali, di cui al D. lgs. 28/2010, in Riv. Notariato, 2010, fasc. 4, 893 ss.[17] “Il contenuto dell’accordo può essere reso esecutivo in una sentenza, in una decisione o in un atto autentico da un organo giurisdizionale o da un’altra autorità competente in conformità del diritto dello Stato membro in cui è presentata la richiesta”, così l’art. 6, comma 2, Direttiva 2008/52/CE.[18] Si veda P. G. MISTÒ, Normativa e procedura, cit. , p. 80.[19] Il CSM, nel Parere del 4 febbraio 2010, ha sostenuto che “l’omologazione del verbale da parte del tribunale, prescritta dal primo comma dello stesso articolo 12 dello schema di d. lgs., concretandosi nel mero accertamento della sua “regolarità formale”, non attenua la valenza in linea di principio e l’importanza pratica degli effetti che conseguono alla “certificazione” effettuata dal mediatore, privo di qualsiasi qualificazione professionale e, a maggior ragione, di quella di pubblico ufficiale”.

[20] Tale disciplina sembra richiamare quella di diritto del lavoro contemplata nell’art. 2113 c. c. secondo cui “Le rinunzie e le transazioni, che hanno per oggetto diritti del prestatore di lavoro derivanti da disposizioni inderogabili della legge e dei contratti o accordi collettivi concernenti i rapporti di cui all'art. 409 c. p. c. , non sono valide.

L'impugnazione deve essere proposta, a pena di decadenza, entro sei mesi dalla data di cessazione del rapporto o dalla data della rinunzia o della transazione, se queste sono intervenute dopo la cessazione medesima.

Le rinunzie e le transazioni di cui ai commi precedenti possono essere impugnate con qualsiasi atto scritto, anche stragiudiziale, del lavoratore idoneo a renderne nota la volontà. Le disposizioni del presente articolo non si applicano alla conciliazione intervenuta ai sensi degli artt. 185, 410 e 411 c. p. c. ”

[21] Si veda M. BOVE, Evitare il processo?, in Giusto Processo, 2008, p. 65, secondo cui “Non ha alcun senso pensare che nella conciliazione, anche se disciplinata dalla legge, come ad esempio accade nella conciliazione stragiudiziale societaria, si possano ravvisare le caratteristiche di un procedimento in senso tecnico, con la conseguenza di immaginare che l’atto finale possa essere affetto da errores in procedendo per ripercussione, ossia derivanti da ipotetici vizi degli atti a monte. Ciò non significa negare rilevanza ad esigenze di imparzialità del conciliatore o di riservatezza, esigenze che però, sono tutelate, su altri piani”.

[22] Si veda F. SANTAGATA, La conciliazione delle controversie civili, Bari, 2008, p. 374 ss.; Si veda inoltre, il Parere 4 febbraio 2010 del CSM, nella parte relativa all’impugnazione del verbale omologato, secondo cui “Appare utile che il legislatore precisi se ed in che limiti il verbale omologato possa essere impugnato innanzi all’autorità giudiziaria, specificandone anche termini e modalità”.

[23] Si veda C. MANDRIOLI, Corso di diritto processuale civile, Torino, 2006, III, p. 429; F. P. LUISO, Diritto processuale civile, Milano, 2009, IV, p. 415.

[24] Al riguardo, sentenza Trib. Modica 9.12.2011.

[25] Si veda F. P. LUISO, sub. Art. 40 e F. SANTAGATA, in Aa. Vv. , Il nuovo processo societario, Milano, 2006, p. 304.

[26] Si veda per uno studio più approfondito il Consiglio Nazionale Forense, Commissione per lo studio e le riforme del codice di procedura civile (30 ottobre 2010).

[27] Si vedano al riguardo l’art. 19 del D. lgs. 28/2010 e l’art. 4, co. 4, secondo periodo D. M. 180/2010.

[28] Si veda al riguardo l’art. 825 c. p. c. , l'art. 40 D. Lgs. n. 5/2003 e l'art. 411 c. p. c. , per i quali è previsto solo un controllo di regolarità formale. Successivamente all’entrata in vigore della L. 24 novembre 2010 n. 183, nell'art. 411 c. p. c. , non è più contemplata la certificazione di autografia.

[29] Si veda al riguardo l’art. 825 c. p. c. , l'art. 40 D. Lgs. n. 5/2003 e l'art. 411 c. p. c. , per i quali è previsto solo un controllo di regolarità formale.

[30] Si veda al riguardo G. SCIANCALEPORE, La Mediazione e la Conciliazione: profili generali, in Mediazione e conciliazione, profili teorico-pratici, (a cura di) SCIANCALEPORE e SICA, Torino, 2010, p. 9.

[31] Art. 14, co. 2 lett. c).

[32] Si veda l’art. 825 c. p. c. , secondo cui “La parte che intende fare eseguire il lodo nel territorio della Repubblica ne propone istanza depositando il lodo in originale, o in copia conforme, insieme con l'atto contenente la convenzione di arbitrato, in originale o in copia conforme, nella cancelleria del tribunale nel cui circondario è la sede dell'arbitrato. Il tribunale, accertata la regolarità formale del lodo, lo dichiara esecutivo con decreto. Il lodo reso esecutivo è soggetto a trascrizione o annotazione, in tutti i casi nei quali sarebbe soggetta a trascrizione o annotazione la sentenza avente il medesimo contenuto. Del deposito e del provvedimento del tribunale è data notizia dalla cancelleria alle parti nei modi stabiliti dell'articolo133, secondo comma. Contro il decreto che nega o concede l'esecutorietà del lodo, è ammesso reclamo mediante ricorso alla corte d'appello, entro trenta giorni dalla comunicazione; la corte, sentite le parti, provvede in camera di consiglio con ordinanza”

[33] Si veda D. DALFINO, Dalla Conciliazione societaria alla “mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali, in www. judicium. itwww. judicium. it, (29 aprile 2010) secondo cui il decreto che concede o nega l’esecutorietà del verbale dovrebbe poter essere sottoposto a reclamo davanti alla Corte d’appello, dalla parte “soccombente” secondo un’estensione analogica dell’art. 825 c. p. c. ; M. BOVE, La riforma in materia di conciliazione tra delega e decreto legislativo, in www. judicium. itwww. judicium. it, (22 dicembre 2009).

[34] Si veda art 739 c. p. c. “Contro i decreti del giudice tutelare si può proporre reclamo con ricorso al tribunale, che pronuncia in camera di consiglio. Contro i decreti pronunciati dal tribunale in camera di consiglio in primo grado si può proporre reclamo con ricorso alla Corte d'appello, che pronuncia anch'essa in camera di consiglio. Il reclamo deve essere proposto nel termine perentorio di dieci giorni dalla comunicazione del decreto, se è dato in confronto di una sola parte, o dalla notificazione se è dato in confronto di più parti. Salvo che la legge disponga altrimenti, non è ammesso reclamo contro i decreti della corte d'appello e contro quelli del tribunale pronunciati in sede di reclamo”.

[35] Si veda F. CUOMO ULLOA, La conciliazione: modelli di composizione dei conflitti, Padova, 2008, p. 491; F. SANTAGADA, La conciliazione delle controversie civili, Bari, 2008, p. 375.

[36] Si veda l’art. 474, numero 2 e numero 3, c. p. c. .

[37] Si veda l’art. 737 c. p. c.

[38] Si veda l’art. 2818 c. c. “Ogni sentenza, che porta condanna al pagamento di una somma o all'adempimento di altra obbligazione ovvero al risarcimento dei danni da liquidarsi successivamente è titolo per iscrivere ipoteca sui beni del debitore. Lo stesso ha luogo per gli altri provvedimenti giudiziali ai quali la legge attribuisce tale effetto”.

[39] Al riguardo, C. CONSOLO, Spiegazioni di diritto processuale civile, I, 6 ed. , Padova, 2008, p. 160 ss.; si veda inoltre Trib. Varese, Prima Sezione civile, decreto 12 luglio 2012, che “Ordina al Conservatore di provvedere alla iscrizione dell’ipoteca giudiziale come richiesta dalla parte ricorrente”.

[40] Si veda S. VINCRE, Mediazione ed esecuzione forzata, in Riv. dir. proc. , 2012, p. 392 ss. ,F. SANTAGATA, La conciliazione delle controversie civili, Bari, 2008, p. 356 ss.; F. ZUCCONI GALLI FONSECA, Attualità del titolo esecutivo, in Riv. trim. dir. proc. civ. , 2010, p. 90 ss. .

[41] Al riguardo, C. MANDRIOLI, ex. art. 111 della Costituzione e provvedimenti esecutivi, in Giur. it, 1970, I, 1, c. 69 ss. ; G. TARZIA, Profili della sentenza civile impugnabile. L’individuazione della sentenza, Milano, 1967, p. 86 ss., 117 ss., 176 ss. .

[42] Si veda A. NICOSI, Il tentativo obbligatorio di conciliazione stragiudiziale nelle controversie di lavoro, Milano, 2007, p. 280 ss.; S. VINCRE, Mediazione, cit. p. 400.

[43] Si veda l’art. 1453 c. c.

[44] L’art. 11, co. 3 sembra richiamare l’art. 614 bis c. p. c.

[45] Si veda G. F. RICCI, Diritto processuale civile, Appendice di aggiornamento, Torino, 2011, p. 78 e 79; M. BOVE, in M. BOVE (a cura di), La mediazione per la composizione delle controversie civili e commerciali, Padova, 2011, p. 19; F. CUOMO ULLOA, La mediazione nel processo civile riformato, Bologna, 2011, p. 260; F. P. LUISO, Diritto processuale civile, V, La risoluzione non giurisdizionale delle controversie, Milano, 2011, p. 52; S. VINCRE, Mediazione ed esecuzione, cit. p. 407 ss; R. TISCINI, La mediazione civile e commerciale, Torino, 2011, p. 265.

[46] Trib. Roma, (Sez. V, decreto 6 – 22. 7. 2011), Tribunale di Varese (ordinanza 20.12.2011), Tribunale di Palermo (Sez. Bagheria, ordinanza 30.12.2011).

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La norma in commento non lascia dubbi su ruoli e poteri conferiti a quanti determinino l’omologazione del processo verbale redatto. I litiganti, dopo aver sottoscritto l’accordo, presentano istanza di omologazione. È importante precisare che tale potere è conferito esclusivamente ad essi, perché il verbale, essendo un atto negoziale che per sua natura ha forza di legge tra le parti, consente, solo a chi è interessato, la possibilità di renderlo esecutivo. Al riguardo, il D. lgs 28/2010, nell’art. 2, asserisce che chiunque può accedere alla mediazione per una controversia civile e commerciale che verta sui diritti disponibili, non escludendo negoziazioni volontarie. La presentazione della domanda di mediazione, resa pertanto accessibile a tutti, permette un’apertura indiscriminata a quanti vogliano ricorrere all’istituto, mentre richiedere l’esecutività di quanto concordato resta diritto esclusivo di chi sia parte nella procedura mediatizia.

È facile intuire che la presentazione dell’istanza di omologazione verrà proposta dalla parte che abbia maggior interesse alla sua esecutività, ma dalla norma si evince che non è escluso che possa essere presentata anche da chi non ne sia avvantaggiato perché non è articolata nessuna precisazione o indicazione relativa alla parte. Il titolo esecutivo permette alla stessa l’immediato soddisfacimento del suo interesse e pertanto si presume che provvederà celermente a presentare istanza presso la cancelleria dell’organo giudiziale competente. Al riguardo è interessante notare che nel decreto non sono contemplati limiti temporali, probabilmente perché il legislatore ha supposto che non vi fosse motivo alcuno per la parte interessata di non chiedere tempestivamente l’esecutività dell’accordo. Tuttavia, resta, formalmente, un termine indefinito con il solo limite dell’eventuale prescrizione del diritto sostanziale. La parte che presenta richiesta di omologazione è determinante ai fini della stessa, perché in mancanza di regolare istanza il verbale non può diventare esecutivo. Da sottolineare il ruolo che il legislatore ha inteso dare ai cittadini. Traspare palesemente dal testo normativo che l’istituto nasce per la collettività e per motivi di interesse sociale. Sono i cittadini che decidono a quale organismo rivolgersi, sia esso pubblico o privato, sono sempre i cittadini a presentare una proposta al mediatore e a richiederla allo stesso, spetta sempre ai cittadini accettare o rifiutare la proposta. Quando è raggiunto l’accordo e la mediazione è conclusa, i cittadini sono ancora una volta protagonisti e artefici di quanto l’istituto possa o meno conferire loro. Il legislatore dà alle parti la possibilità di scegliere se rendere esecutivo l’accordo. Questo orientamento, che personalmente condivido, avvicina la collettività al diritto e alla legalità, rendendo accessibile un sistema che ha sempre tenuto fuori chi non ne faceva parte professionalmente. La giustizia non è, a mio avviso, un palazzo per pochi ma dal momento che ne siamo circondati in ogni ambito della quotidianità dovrebbe appartenere a tutti gli individui con un linguaggio e un coinvolgimento accessibile che non esista solo sul testo.costituzionale. La scelta del legislatore pare pertanto dirigersi nella direzione di una svolta epocale.

A conferma di quanto detto, la presentazione dell’istanza di omologazione avviene per volontà della parte e senza contraddittorio, anche se un orientamento dottrinale sostiene che venga data la possibilità di contestarne la regolarità formale e la contrarietà alle norme imperative mediante convocazione della controparte[16]. Essendo esplicitato chiaramente dal legislatore che la domanda di omologazione deve essere presentata dalla parte, la richiesta è subordinata al suo interesse a ottenere il titolo esecutivo. Evidentemente c’è la possibilità che ciò non avvenga. L’ipotesi prospettata abbraccia sicuramente la logica dell’istituto mediatizio che si prefigge, oltre ad un effetto deflattivo delle liti, anche il recupero del rapporto controverso tra i litiganti. Il procedimento di mediazione può davvero portare alla risoluzione dei conflitti che spesso sottendono ragioni ben diverse da quelle che sono apparentemente oggetto del contendere. Un confronto davanti ad un mediatore, abile negoziatore ed esperto di tecniche A.D.R., può avere un effetto chiarificatore sulle reali motivazioni che hanno portato le parti al conflitto, forse non così gravi e pertanto risolvibili senza un titolo esecutivo.

Il legislatore si sofferma anche nel definire l’autorità giudiziaria cui compete l’omologazione del verbale, sia quando la mediazione avviene in Italia sia quando si tratti di controversie transfrontaliere. L’art. 12 citato stabilisce che, per l’omologazione del verbale di accordo, è competente il Presidente del Tribunale del circondario in cui ha sede l’Organismo dove si è svolta la mediazione, mentre nelle controversie transfrontaliere, e sul caso fa un esplicito richiamo alla Direttiva Comunitaria 2008/52/CE, tale potere spetta al Presidente del Tribunale del circondario in cui l’accordo deve avere esecuzione. L’art. 6, comma 2 della sopraccitata Direttiva prevede che il contenuto dell’accordo possa essere reso esecutivo da un organo giurisdizionale o da un’altra autorità competente, in conformità del diritto dello Stato Membro, mediante una sentenza, una decisione o un atto autentico[17].

La procedura mediatizia, lontana nel suo svolgimento da eccessivi formalismi e da intromissioni da parte del legislatore se non strettamente necessarie, lo vede invece intervenire per la sua esecuzione, con l’indicazione dei criteri per la determinazione dell’autorità giudiziaria competente. Nel caso in cui si sia in presenza di una mediazione delegata dal Giudice, l’omologazione sarà di competenza dello stesso giudice, perché possiede già una chiara cognizione della controversia[18].

La norma di cui si discetta celebra l’istituto della mediazione avvalorando la sua concreta efficacia e provvede a conferire al verbale la possibilità di costituire titolo esecutivo. Pertanto, la certificazione conclusiva del procedimento assicura alle parti l’utilità dello stesso e la proficuità di rivolgersi a un Organismo di mediazione. In tal modo il legislatore ha asserito la forza e l’attendibilità dell’istituto a garanzia di quanti vi ricorrano. Infatti, se il conferimento di tale valore fosse lasciato ad arbitraria discrezione dei litiganti, verrebbe meno l’efficacia risolutiva del procedimento mediatizio perché in tal caso sarebbe un semplice confronto fine a se stesso. L’attribuzione del valore di titolo esecutivo richiede da parte del giudice un accertamento della presenza di varie componenti, quali l’esistenza stessa del verbale, l’iscrizione dell’Organismo nel Registro, la sottoscrizione del mediatore e delle parti, l’appartenenza tra i diritti disponibili della materia oggetto dell’accordo, il rispetto dell’ordine pubblico e delle norme imperative. Il legislatore si cura di omettere correttamente, tra i limiti per l’omologazione, il “buon costume” perché, come precisato dal Consiglio Superiore della Magistratura nel Parere del 4 febbraio 2010, il mediatore non riveste il ruolo di pubblico ufficiale[19]. È interessante inoltre notare come non rientrino tra i vizi riscontrabili dal Presidente del Tribunale quelli relativi alla procedura di mediazione.

Non è infatti contemplata l’eventualità in cui le parti, dopo aver sottoscritto l’accordo raggiunto, ne contestino la validità[20]. Infatti, qualora si verifichino altri vizi durante lo svolgersi del procedimento che attengono alla professionalità del mediatore, la tutela delle parti verrà esercitata in forma di annullamento dell’accordo amichevole[21]. Il mediatore, fin dal conferimento dell’incarico e durante tutta la procedura, deve garantire terzietà e riservatezza, che però non incidono sull’omologazione del verbale.

Il Presidente del Tribunale svolge gli opportuni accertamenti in conseguenza di quelli che sono gli effetti dell’omologazione sui poteri processuali dei litiganti. La parte può impugnare il verbale amichevole o contestarne la regolarità formale, sia come avviene per un qualsiasi negozio giuridico, sia quando l’accordo costituisce titolo esecutivo in sede di esecuzione[22]. In considerazione di quest’ultimo caso, il debitore esecutato può impugnare i vizi dell’accordo amichevole. Infatti, la delibazione del decreto del giudice è idonea a un nuovo e ulteriore accertamento, in considerazione del fatto che il giudizio di omologazione rientra tra i procedimenti di volontaria giurisdizione e non di cognizione; quanto detto è estensione per analogia della disposizione relativa al decreto che rende esecutivo il lodo arbitrale, la cui concessione o meno dell’esecuzione non concerne la validità o meno del lodo[23].

L’autorità giudiziaria competente, ricevuta istanza di omologazione del verbale di mediazione, provvede agli opportuni accertamenti prima di renderlo esecutivo mediante decreto.

La regolarità formale, di cui si è già ampiamente discusso riguardo alla redazione del verbale, presuppone che il giudice non intervenga sul contenuto dell’accordo, salvo che non contrasti con l’ordine pubblico e le norme imperative, ma piuttosto si preoccupi di accertare che la procedura di mediazione sia stata svolta secondo gli obblighi che il legislatore ha stabilito per l’istituto. Pertanto, il Presidente del Tribunale verificherà che nel verbale a lui pervenuto siano indicate le generalità dell’Organismo e dei mediatori operanti, si assicurerà che questi siano regolarmente iscritti negli appositi registri ministeriali, controllerà che l’oggetto della controversia rientri tra le materie per le quali è richiesta la mediazione, si accerterà delle sottoscrizioni di quanti fossero presenti al procedimento. La completezza nel verbale di accordo di tali requisiti ne garantisce la regolarità formale. Gli interventi della giurisprudenza, volti a definire l’indicazione degli stessi, sono stati un utile contributo per il mediatore relatore che li ha intesi come un chiaro punto di riferimento[24]. Una disciplina conforme era stata già similmente disposta per altre forme di risoluzione stragiudiziale – per l’esattezza, l’art. 40, co. 8 del D.lgs 5/2003 e l’art. 825 c.p.c., che disciplina l’exequatur del lodo arbitrale – sulla quale ratio ha spesso operato il legislatore delegato del 2010. A conferma di quanto detto, anche per la conciliazione era richiesto, ai fini della regolarità formale, che il verbale fosse redatto da un Organismo di conciliazione iscritto nel registro, che la materia oggetto della controversia rientrasse tra quelle previste dal decreto e che l’accordo fosse sottoscritto dalle parti e dal conciliatore[25].

Per esaustività sembra interessante ricordare che la congiunzione “anche”, la quale precede nella dicitura del citato articolo 12 l’espressione “della regolarità formale”, è stata introdotta solo successivamente nel testo normativo, grazie all’intervento del Consiglio Nazionale Forense, Commissione per lo studio e le riforme del codice di procedura civile[26].

La possibilità che la mediazione sia svolta in un organismo non accreditato è un’eventualità alquanto improbabile ma è fondamentale imporne l’obbligo, al fine di garantire la regolarità delle procedure. Potrebbe invece verificarsi l’ipotesi in cui, all’interno di un Organismo accreditato presso un ordine professionale operante, secondo iscrizione ministeriale, nelle sole materie di sua competenza, sia svolta una procedura in una materia non attinente alla specifica professionalità. In tal caso il verbale non può essere omologato, salvo che la procedura nasca per una delle materie di competenza dell’organismo, ma che poi si concluda con un accordo che si distanzia dall’originaria materia[27].

Il legislatore privilegia, nella fattispecie, l’accordo raggiunto rispetto alla competenza, ponendo in tal caso il requisito formale in secondo piano rispetto alla conciliazione ottenuta. Questa flessibilità rientra nella natura stessa della mediazione che mira a dirimere il conflitto senza formalità e che non esclude soluzioni impreviste per ottenere la conclusione positiva del procedimento. Inoltre, un’eventuale chiusura in tale senso, potrebbe portare a frequenti contestazioni ogni volta che l’accordo raggiunto si distanzi anche minimamente dalla materia della controversia, estendendo il campo applicativo a ulteriori contenuti rispetto a quello iniziale.

Il Presidente del Tribunale provvede al controllo delle sottoscrizioni delle parti e del mediatore anche se al riguardo vi sono stati diversi dubbi interpretativi. Il D.lgs. 28/2010 è attuativo della L. 69/09, la quale nell’art. 60, lettera c), sostiene che il legislatore delegato doveva "disciplinare la mediazione, nel rispetto della normativa comunitaria, anche attraverso l'estensione delle disposizioni del D. Lgs. 5/2003".

In tale decreto, recepito dal legislatore italiano, la parte presentava istanza di omologazione e il verbale acquisiva titolo esecutivo a seguito di verifica di regolarità formale da parte del Presidente del Tribunale nel cui circondario aveva sede l'organismo operante.

Inoltre, l’art. 411, comma 1 c.p.c., antecedente al 2010, che concerne le conciliazioni in materia di lavoro, disponeva che spettasse ad un pubblico funzionario la sottoscrizione o la relativa impossibilità, compito che, nella mediazione, è attribuito al mediatore cioè un soggetto privato.

Pertanto la norma si distanzia da quelle precedenti, sia perché il verbale di mediazione è sottoposto ad altri controlli di regolarità, oltre a quello formale, sia perché spetta al mediatore certificare l’autografia delle sottoscrizioni o l’impossibilità di attenervisi[28]. Il D. lgs. 28/2010 si distanzia pertanto dalla disciplina comunitaria di cui è attuativo, anche se, a parere di chi scrive, è chiarissima l’impronta data dal legislatore, il quale, nonostante richiami altre norme qualora la disciplina non sia esaustiva, conferisce comunque all’istituto mediatizio una propria identità. Il mediatore non è una pallida imitazione di figure già esistenti, è una nuova professione con proprie peculiarità.

A conferma di quanto detto, si noti che il Presidente del Tribunale ha inoltre il potere di verificare, nel verbale conclusivo di una mediazione, se l’accordo è contrario all’ordine pubblico o alle norme imperative, distanziandosi anche in tal caso da norme che attengono ad altre procedure stragiudiziali per le quali è previsto, ai fini dell’omologazione, solo un controllo formale[29].

Il legislatore non dà nessuna indicazione su quali siano i limiti cui il mediatore dovrà attenersi e pertanto ci si rifà alle disposizioni di carattere generale secondo cui la contrarietà all’ordine pubblico implica la violazione dei principi fondamentali dell’ordinamento, mentre la violazione di una norma imperativa si ha quando sia vietato il contenuto dell’accordo. Un orientamento dottrinale sostiene che alcuni aspetti della conciliazione raggiunta possano essere poi sollevati in sede giudiziale[30]. È importante precisare che al rigetto di un verbale per non conformità ai requisiti di regolarità formale consegue la sua mancata esecutività; invece, qualora il rigetto derivi dalla contrarietà alle norme imperative e all’ordine pubblico, il mediatore potrebbe dover rispondere per danni, perché il professionista deve formulare la proposta nel rispetto di tali obblighi [31].

L’art. 12 del D. lgs.28/2010, nella sua formulazione, ha generato dei dubbi interpretativi perché, invece di definire prima il titolo esecutivo del verbale per la sua iscrizione ipotecaria e in seguito le necessarie condizioni perché lo diventi, inverte l’ordine consequenziale, al punto da far dubitare che la stessa omologazione sia uno dei requisiti per l’efficacia del verbale. Tuttavia ogni dubbio è dissolto dalla rubrica dell’articolo “Efficacia esecutiva ed esecuzione” con la netta precisazione di quali siano gli effetti dell’omologazione.

Il legislatore delegato del 2010 non ha dato precise indicazioni relative all’ipotesi in cui il verbale venga rigettato per uno dei motivi prospettati dall’art. 12. La lacuna normativa, probabilmente derivante dalla difficile eventualità che si verifichi una simile ipotesi, rende necessaria l’estensione per analogia con situazioni simili già contemplate dall’ordinamento. L’art. 825 c.p.c. dispone, nel suo 3° comma, la possibilità di reclamare la mancata concessione dell’esecutorietà del lodo arbitrale[32]. Il ricorso viene presentato in Corte d’Appello entro trenta giorni. Non è raro né per il legislatore né per l’interprete ricorrere alla disciplina dell’arbitrato per dare o per avere un quadro più ampio di un istituto recente come quello della mediazione[33]. Questo atteggiamento se da una parte appare corretto per l’appartenenza di entrambi gli istituti ad un sistema che si distanzia da quello della giustizia tradizionale, dall’altra contrasta con la natura sostanziale della mediazione che è un atto negoziale. Su quest’ultima argomentazione si potrebbe estendere per analogia l’art. 739 c.p.c. secondo cui, contro i decreti pronunciati dal tribunale, si può proporre reclamo con ricorso alla Corte d’Appello entro il termine perentorio di dieci giorni dalla comunicazione del decreto[34]. Oltre alle differenze dei termini – trenta giorni nel primo caso e dieci giorni nel secondo – rimane il dubbio interpretativo di privilegiare nella fattispecie la forma o la sostanza dell’istituto, dubbi che il legislatore, auspichiamo presto, provvederà a risolvere. La questione sin qui trattata va tenuta nettamente distinta dall’impugnazione del contenuto dell’accordo il cui verbale, anche omologato, ha natura negoziale ed è dunque soggetto a più forme di impugnazioni negoziali[35].

Quando gli opportuni accertamenti da parte del Presidente del Tribunale hanno un esito affermativo, al relativo verbale è attribuito il valore di titolo esecutivo per l’esecuzione forzata, per l’esecuzione in forma specifica e per l’iscrizione di ipoteca giudiziale. Il legislatore è intervenuto di recente per ampliare i titoli esecutivi formati in accordi stragiudiziali. L’art. 474 c.p.c., nel numero 2 e nel numero 3, annovera rispettivamente le scritture private autenticate per le somme di denaro e gli atti ricevuti da un notaio; essi possono consentire non più solo l’espropriazione forzata ma anche la consegna e il rilascio[36]. I casi della norma in esame non sono assimilabili al verbale di conciliazione che non è scrittura privata autenticata né atto pubblico. Il D.lgs. 28/2010, nel suo articolo 11, comma 3, richiede l’intervento del pubblico ufficiale quando si concluda uno dei contratti o si compia uno degli atti previsti dall’art. 2643 c.c., e pertanto solo il verbale omologato ha portata esecutiva e, divenuto tale, dovrà sottostare alle norme relative al rilascio da parte della cancelleria delle copie del verbale e la sua omologazione, per la quale dovrebbe valere l’esecuzione ex. art. 17 del D. lgs. 28/2010. Secondo la norma citata, il verbale di conciliazione è esente dall’imposta di registro fino a 50.000,00 euro, tassato per l’eccedenza. La procedura è ad istanza di parte che provvede ad allegare copia del verbale che l’organismo rilascia ai sensi dell’art. 11, comma 5 ed è esente da ogni tassa, imposta o spesa. La procedura si chiude con decreto motivato sia qualora l’istanza venga accolta, sia che venga rigettata[37].

Il verbale di accordo costituisce inoltre titolo per l’iscrizione ipotecaria. Senza la precisa indicazione fornita dall’art. 12 del D. lgs. 28/2010, non sarebbe stato possibile attribuire al verbale il superamento del limite contemplato nell’art. 2818 c.c. secondo cui solo la sentenza di condanna e gli altri provvedimenti ai quali la legge conferisce il medesimo effetto costituiscono titolo per iscrivere ipoteca sui beni del debitore[38]. È importante ricordare che ai fini dell’iscrizione dell’ipoteca giudiziale non è fondamentale che il provvedimento giudiziale sia esecutivo; infatti la sentenza di condanna di primo grado consente l’iscrizione dell’ipoteca quando l’esecutività è sospesa dal giudice d’appello[39].

Il Presidente del Tribunale, dopo aver concluso gli opportuni accertamenti relativi al verbale di accordo, provvede all’omologazione mediante decreto, che ha, nella fattispecie, solo efficacia esecutiva e nessuna natura decisoria, nonostante derivi dalla conclusione di un procedimento[40]. Infatti, essendo il decreto di omologazione un atto esclusivamente esecutivo del verbale di accordo e poiché, come è noto, i provvedimenti esecutivi non accertano mai i diritti su cui incidono, il Presidente del Tribunale non fa altro che prendere atto del perfezionamento dell’accordo senza alcun accertamento in senso tecnico[41]. Al riguardo si pone il dubbio interpretativo concernente l’eventualità in cui il verbale di accordo non venga omologato o per volontà delle parti o per rigetto dell’istanza. Un orientamento dottrinale sembra attribuirgli l’efficacia esecutiva delle scritture private autenticate così come avviene nelle controversie in materia di diritto del lavoro, in cui l’azione esecutiva è consentita depositando il verbale presso la cancelleria ex. art. 474, n. 2 c.p.c.[42]. Definire la natura del verbale omologato è importante perché potrebbe verificarsi l’eventualità in cui la controparte sia inadempiente. All’interessato dev’essere conferita la possibilità di agire e la diversa natura del verbale chiarisce se possa esperire l’azione solo in via esecutiva o anche con un’azione di risoluzione per inadempimento[43].

Il legislatore interviene per definire quali siano gli effetti per le parti qualora violino, non osservino o adempiano in ritardo gli obblighi stabiliti dall’accordo. Nell’eventualità in cui si verifichi una delle ipotesi prospettate, per l’inadempiente può essere previsto il pagamento di una somma di denaro, ai sensi dell’art. 11, comma 3 del D. lgs. 28/2010[44]. Anche in questo caso chi scrive valuta positivamente l’operato del legislatore che ha voluto, un’altra volta, dar forza alla natura dell’istituto perché prevede una pena pecuniaria “per ogni violazione o inosservanza degli obblighi stabiliti ovvero per il ritardo nel loro adempimento”[45]. Se non vi fossero delle conseguenze al mancato rispetto dell’accordo, verrebbe meno la credibilità della mediazione.

Un aspetto importante in materia di omologazione riguarda la funzione che sulla stessa svolge l’autenticazione notarile. Quest’ultima permette che il verbale conclusivo di una mediazione sia inserito nei registri immobiliari. La figura notarile è complementare all’omologazione perché consente, con l’autentica delle sottoscrizioni, la trascrizione del verbale che resterebbe altrimenti soltanto un titolo esecutivo. L’argomento è stato oggetto di numerosi interrogativi da parte della dottrina e oggetto di attenzione per tutti i professionisti del settore a causa dei continui contrasti giurisprudenziali. La mediazione, condizione di procedibilità per le controversie che hanno ad oggetto tra le altre materie i diritti reali, si è trovata ad affrontare il difficile dubbio interpretativo. Ad esempio, mentre i Tribunali di Roma e di Varese contestano la trascrizione del verbale, il Tribunale di Bagheria, con un’ordinanza, ha ritenuto che il verbale fosse trascrivibile[46].

Il primo orientamento giurisprudenziale trova il suo fondamento nel D. lgs. 28/2010, il quale, nell’art. 11, co. 3, sostiene che qualora con l’accordo si concluda uno dei contratti o si compia uno degli atti previsti dall’articolo 2643 del codice civile, la sottoscrizione del verbale deve essere autenticata da un pubblico ufficiale affinché si possa procedere alla trascrizione. Questa norma opera di concerto con l’art. 2657 c.c., per il quale la trascrizione non si può eseguire se non con sentenza, atto pubblico o scrittura privata la cui sottoscrizione deve essere autenticata o accertata giudizialmente. Invece, l’orientamento giurisprudenziale opposto sostiene che l’accordo realizzato a seguito di una mediazione sia un negozio di accertamento che non comporta un effetto modificativo, estintivo o costitutivo e pertanto non è assimilabile alla disciplina precedentemente descritta.

La lacunosità normativa del decreto delegato in tema di mediazione, che lascia incertezza sul campo di applicazione e su cui il legislatore deve intervenire, comporta degli indubbi problemi relativi alla trascrivibilità del verbale ma ciò non esime le parti dal trovare un accordo sulla lite. Inoltre, i benefici fiscali posti a vantaggio dei litiganti possono essere un incentivo a ricorrervi. L’intervento spetta quindi non solo al legislatore ma anche ai responsabili degli organismi, affinché annoverino tra i propri professionisti dei notai che si occupino di questi aspetti della disciplina.

Un verbale di mediazione che diventa esecutivo e per il quale vi sia tutela di esecutività rappresenta per il nostro ordinamento un’assoluta novità. L’istituto, nonostante le sue criticità, ha innegabilmente un campo di applicazione vastissimo che comporta altrettante problematiche, certamente risolvibili, ma necessita di un periodo di inevitabile assestamento. La mediazione è uno strumento di indubbia utilità sociale ed economica, che può contribuire alla risoluzione delle controversie e alleggerire un sistema non più in grado di sostenere il numero esorbitante di contenziosi del nostro Paese. Il successo di questo istituto sarà determinato anche dalla corretta e scrupolosa attenzione di chi dovrà redigere il verbale.

[16] Si veda P. G. MISTÒ, Normativa e procedura della Mediazione, (a cura di) S. FICILI e P. G. MISTÒ, Torino, 2012, p.81; G. BATTAGLIA sub art.12, La mediazione delle controversie civili e commerciali (a cura di) A. CASTAGNOLA e F. DELFINI, Padova, 2010, p. 191 ss. ; E. FABIANI e M. LEO, Prime riflessioni sulla mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali, di cui al D. lgs. 28/2010, in Riv. Notariato, 2010, fasc. 4, 893 ss.[17] “Il contenuto dell’accordo può essere reso esecutivo in una sentenza, in una decisione o in un atto autentico da un organo giurisdizionale o da un’altra autorità competente in conformità del diritto dello Stato membro in cui è presentata la richiesta”, così l’art. 6, comma 2, Direttiva 2008/52/CE.[18] Si veda P. G. MISTÒ, Normativa e procedura, cit. , p. 80.[19] Il CSM, nel Parere del 4 febbraio 2010, ha sostenuto che “l’omologazione del verbale da parte del tribunale, prescritta dal primo comma dello stesso articolo 12 dello schema di d. lgs., concretandosi nel mero accertamento della sua “regolarità formale”, non attenua la valenza in linea di principio e l’importanza pratica degli effetti che conseguono alla “certificazione” effettuata dal mediatore, privo di qualsiasi qualificazione professionale e, a maggior ragione, di quella di pubblico ufficiale”.

[20] Tale disciplina sembra richiamare quella di diritto del lavoro contemplata nell’art. 2113 c. c. secondo cui “Le rinunzie e le transazioni, che hanno per oggetto diritti del prestatore di lavoro derivanti da disposizioni inderogabili della legge e dei contratti o accordi collettivi concernenti i rapporti di cui all'art. 409 c. p. c. , non sono valide.

L'impugnazione deve essere proposta, a pena di decadenza, entro sei mesi dalla data di cessazione del rapporto o dalla data della rinunzia o della transazione, se queste sono intervenute dopo la cessazione medesima.

Le rinunzie e le transazioni di cui ai commi precedenti possono essere impugnate con qualsiasi atto scritto, anche stragiudiziale, del lavoratore idoneo a renderne nota la volontà. Le disposizioni del presente articolo non si applicano alla conciliazione intervenuta ai sensi degli artt. 185, 410 e 411 c. p. c. ”

[21] Si veda M. BOVE, Evitare il processo?, in Giusto Processo, 2008, p. 65, secondo cui “Non ha alcun senso pensare che nella conciliazione, anche se disciplinata dalla legge, come ad esempio accade nella conciliazione stragiudiziale societaria, si possano ravvisare le caratteristiche di un procedimento in senso tecnico, con la conseguenza di immaginare che l’atto finale possa essere affetto da errores in procedendo per ripercussione, ossia derivanti da ipotetici vizi degli atti a monte. Ciò non significa negare rilevanza ad esigenze di imparzialità del conciliatore o di riservatezza, esigenze che però, sono tutelate, su altri piani”.

[22] Si veda F. SANTAGATA, La conciliazione delle controversie civili, Bari, 2008, p. 374 ss.; Si veda inoltre, il Parere 4 febbraio 2010 del CSM, nella parte relativa all’impugnazione del verbale omologato, secondo cui “Appare utile che il legislatore precisi se ed in che limiti il verbale omologato possa essere impugnato innanzi all’autorità giudiziaria, specificandone anche termini e modalità”.

[23] Si veda C. MANDRIOLI, Corso di diritto processuale civile, Torino, 2006, III, p. 429; F. P. LUISO, Diritto processuale civile, Milano, 2009, IV, p. 415.

[24] Al riguardo, sentenza Trib. Modica 9.12.2011.

[25] Si veda F. P. LUISO, sub. Art. 40 e F. SANTAGATA, in Aa. Vv. , Il nuovo processo societario, Milano, 2006, p. 304.

[26] Si veda per uno studio più approfondito il Consiglio Nazionale Forense, Commissione per lo studio e le riforme del codice di procedura civile (30 ottobre 2010).

[27] Si vedano al riguardo l’art. 19 del D. lgs. 28/2010 e l’art. 4, co. 4, secondo periodo D. M. 180/2010.

[28] Si veda al riguardo l’art. 825 c. p. c. , l'art. 40 D. Lgs. n. 5/2003 e l'art. 411 c. p. c. , per i quali è previsto solo un controllo di regolarità formale. Successivamente all’entrata in vigore della L. 24 novembre 2010 n. 183, nell'art. 411 c. p. c. , non è più contemplata la certificazione di autografia.

[29] Si veda al riguardo l’art. 825 c. p. c. , l'art. 40 D. Lgs. n. 5/2003 e l'art. 411 c. p. c. , per i quali è previsto solo un controllo di regolarità formale.

[30] Si veda al riguardo G. SCIANCALEPORE, La Mediazione e la Conciliazione: profili generali, in Mediazione e conciliazione, profili teorico-pratici, (a cura di) SCIANCALEPORE e SICA, Torino, 2010, p. 9.

[31] Art. 14, co. 2 lett. c).

[32] Si veda l’art. 825 c. p. c. , secondo cui “La parte che intende fare eseguire il lodo nel territorio della Repubblica ne propone istanza depositando il lodo in originale, o in copia conforme, insieme con l'atto contenente la convenzione di arbitrato, in originale o in copia conforme, nella cancelleria del tribunale nel cui circondario è la sede dell'arbitrato. Il tribunale, accertata la regolarità formale del lodo, lo dichiara esecutivo con decreto. Il lodo reso esecutivo è soggetto a trascrizione o annotazione, in tutti i casi nei quali sarebbe soggetta a trascrizione o annotazione la sentenza avente il medesimo contenuto. Del deposito e del provvedimento del tribunale è data notizia dalla cancelleria alle parti nei modi stabiliti dell'articolo133, secondo comma. Contro il decreto che nega o concede l'esecutorietà del lodo, è ammesso reclamo mediante ricorso alla corte d'appello, entro trenta giorni dalla comunicazione; la corte, sentite le parti, provvede in camera di consiglio con ordinanza”

[33] Si veda D. DALFINO, Dalla Conciliazione societaria alla “mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali, in www. judicium. itwww. judicium. it, (29 aprile 2010) secondo cui il decreto che concede o nega l’esecutorietà del verbale dovrebbe poter essere sottoposto a reclamo davanti alla Corte d’appello, dalla parte “soccombente” secondo un’estensione analogica dell’art. 825 c. p. c. ; M. BOVE, La riforma in materia di conciliazione tra delega e decreto legislativo, in www. judicium. itwww. judicium. it, (22 dicembre 2009).

[34] Si veda art 739 c. p. c. “Contro i decreti del giudice tutelare si può proporre reclamo con ricorso al tribunale, che pronuncia in camera di consiglio. Contro i decreti pronunciati dal tribunale in camera di consiglio in primo grado si può proporre reclamo con ricorso alla Corte d'appello, che pronuncia anch'essa in camera di consiglio. Il reclamo deve essere proposto nel termine perentorio di dieci giorni dalla comunicazione del decreto, se è dato in confronto di una sola parte, o dalla notificazione se è dato in confronto di più parti. Salvo che la legge disponga altrimenti, non è ammesso reclamo contro i decreti della corte d'appello e contro quelli del tribunale pronunciati in sede di reclamo”.

[35] Si veda F. CUOMO ULLOA, La conciliazione: modelli di composizione dei conflitti, Padova, 2008, p. 491; F. SANTAGADA, La conciliazione delle controversie civili, Bari, 2008, p. 375.

[36] Si veda l’art. 474, numero 2 e numero 3, c. p. c. .

[37] Si veda l’art. 737 c. p. c.

[38] Si veda l’art. 2818 c. c. “Ogni sentenza, che porta condanna al pagamento di una somma o all'adempimento di altra obbligazione ovvero al risarcimento dei danni da liquidarsi successivamente è titolo per iscrivere ipoteca sui beni del debitore. Lo stesso ha luogo per gli altri provvedimenti giudiziali ai quali la legge attribuisce tale effetto”.

[39] Al riguardo, C. CONSOLO, Spiegazioni di diritto processuale civile, I, 6 ed. , Padova, 2008, p. 160 ss.; si veda inoltre Trib. Varese, Prima Sezione civile, decreto 12 luglio 2012, che “Ordina al Conservatore di provvedere alla iscrizione dell’ipoteca giudiziale come richiesta dalla parte ricorrente”.

[40] Si veda S. VINCRE, Mediazione ed esecuzione forzata, in Riv. dir. proc. , 2012, p. 392 ss. ,F. SANTAGATA, La conciliazione delle controversie civili, Bari, 2008, p. 356 ss.; F. ZUCCONI GALLI FONSECA, Attualità del titolo esecutivo, in Riv. trim. dir. proc. civ. , 2010, p. 90 ss. .

[41] Al riguardo, C. MANDRIOLI, ex. art. 111 della Costituzione e provvedimenti esecutivi, in Giur. it, 1970, I, 1, c. 69 ss. ; G. TARZIA, Profili della sentenza civile impugnabile. L’individuazione della sentenza, Milano, 1967, p. 86 ss., 117 ss., 176 ss. .

[42] Si veda A. NICOSI, Il tentativo obbligatorio di conciliazione stragiudiziale nelle controversie di lavoro, Milano, 2007, p. 280 ss.; S. VINCRE, Mediazione, cit. p. 400.

[43] Si veda l’art. 1453 c. c.

[44] L’art. 11, co. 3 sembra richiamare l’art. 614 bis c. p. c.

[45] Si veda G. F. RICCI, Diritto processuale civile, Appendice di aggiornamento, Torino, 2011, p. 78 e 79; M. BOVE, in M. BOVE (a cura di), La mediazione per la composizione delle controversie civili e commerciali, Padova, 2011, p. 19; F. CUOMO ULLOA, La mediazione nel processo civile riformato, Bologna, 2011, p. 260; F. P. LUISO, Diritto processuale civile, V, La risoluzione non giurisdizionale delle controversie, Milano, 2011, p. 52; S. VINCRE, Mediazione ed esecuzione, cit. p. 407 ss; R. TISCINI, La mediazione civile e commerciale, Torino, 2011, p. 265.

[46] Trib. Roma, (Sez. V, decreto 6 – 22. 7. 2011), Tribunale di Varese (ordinanza 20.12.2011), Tribunale di Palermo (Sez. Bagheria, ordinanza 30.12.2011).