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GIP Chieti: applicazione degli obblighi antiriciclaggio dei professionisti (identificazione del cliente)

Per approfondimenti: https://www.filodiritto.com/index.php?azione=archivionews&idnotizia=1556

TRIBUNALE DI CHIETI

Ufficio del Giudice per le indagini preliminari

Giudice: dott. Marco Flamini

udienza del 16 luglio 2008

sentenza depositata il 13 settembre 2008

SENTENZA

Nel procedimento a carico di XXX, difeso di fiducia dall’Avv. Massimo Cirulli del foro di Chieti e dall’Avv. Maurizio Arena del foro di Roma.

IMPUTATO

del delitto p. e p. dagli artt 81 cpv.; 2 e 3 d.l.vo n. 56/2004; 13 commi 1 e 7 d.l.vo n. 15/1980, perchè, nella sua qualità di esercente la professione di ragioniere commercialista, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, ometteva di registrare i dati identificativi dei clienti sottoelencati (...). In Chieti dal 5 aprile 2007 al 3 settembre 2007.

CONCLUSIONI DELLE PARTI

P.M.: condanna dell’imputato alla pena di euro 3000,00 di multa

Difesa: assoluzione dell’imputato perché il fatto non è previsto dalla legge come reato e, in subordine, perché il fatto non sussiste o per non avere commesso il fatto

MOTIVAZIONE IN FATTO E IN DIRITTO

Con decreto penale emesso da questo Ufficio in data 12 maggio 2008, XXX veniva condannato, per il reato di cui alla suestesa imputazione, alla pena di euro 3.000,00 di multa. Il decreto veniva tempestivamente opposto, con richiesta di ammissione al giudizio abbreviato non condizionato. Veniva fissata la odierna udienza camerale, in apertura della quale è stata disposta la revoca del decreto penale di condanna. Si è proceduto alla discussione e le parti hanno concluso nel senso sopra indicato.

Ritiene il Giudice che debba pronunciarsi sentenza di assoluzione dell’imputato, perché il fatto contestato non è più previsto dalla legge come reato.

Il D.L.vo n. 56/2004 estese anche ai ragionieri commercialisti gli obblighi di identificazione del cliente e di registrazione dei dati relativi alle operazioni effettuate (normativa antiriciclaggio), stabilendo che con successivo Decreto Ministeriale si sarebbero fissate le modalità e la tempistica per la esecuzione di detti obblighi.

Il decreto intervenne il 3 febbraio 2006 (n. 141) e in esso si previde che il professionista avrebbe dovuto annotare i dati identificativi del cliente nell’apposito registro non oltre 30 giorni dalla data di identificazione del cliente medesimo.

In base alla normativa ora ricordata, dunque, costituiva reato, a far data dal momento di entrata in vigore del decreto attuativo, l’omessa registrazione dei dati identificativi del cliente nei 30 giorni dall’identificazione.

Dagli atti emerge che la Guardia di Finanza accertò, nel mese di ottobre 2007, che il XXX non aveva annotato i nominativi dei clienti indicati nel capo di imputazione, nonostante fosse trascorso il mese dalla data della loro identificazione.

Nessun dubbio, dunque, può sussistere sul fatto che al momento dell’accertamento il reato sussistesse.

Senonché, il D.L.vo n. 231/2007, entrato in vigore il 29 dicembre 2007, ha abrogato espressamente, a far data dal 30 aprile 2008, gli artt. l, 2 e 3 della legge 197/91 e, sin dal momento della propria entrata in vigore, l’intero D.L.vo n. 56/2004 e i consequenziali decreti ministeriali di attuazione.

All’art. 36, comma 3, del citato D.L. vo 231/07 si prevede che i dati identificativi dei clienti debbano essere registrati non più entro 30 giorni dalla loro identificazione, bensì entro 30 giorni dalla fine della prestazione professionale.

E’, dunque, mutato il termine entro il quale il professionista deve compiere l’attività prescritta dalla legge e la cui omissione costituisce reato. La condotta rilevata dalla Guardia di Finanza non costituisce oggi reato, perché, si ripete, non esiste più l’obbligo di registrazione nel termine di 30 giorni dalla identificazione.

Nel caso di specie, si rileva che al momento della verifica i rapporti professionali tra l’imputato e i clienti indicati erano ancora in essere.

Alla luce di quanto sopra, deve concludersi per la pronuncia di sentenza assolutoria nei confronti del prevenuto, atteso che nessuno può essere punito per un fatto che, secondo una legge posteriore, non costituisce reato.

P.Q.M.

Visti gli artt. 442 e 530 c.p.p., assolve XXX dal reato ascrittogli, perché il fatto non è più previsto dalla legge come reato.

Per approfondimenti: https://www.filodiritto.com/index.php?azione=archivionews&idnotizia=1556

TRIBUNALE DI CHIETI

Ufficio del Giudice per le indagini preliminari

Giudice: dott. Marco Flamini

udienza del 16 luglio 2008

sentenza depositata il 13 settembre 2008

SENTENZA

Nel procedimento a carico di XXX, difeso di fiducia dall’Avv. Massimo Cirulli del foro di Chieti e dall’Avv. Maurizio Arena del foro di Roma.

IMPUTATO

del delitto p. e p. dagli artt 81 cpv.; 2 e 3 d.l.vo n. 56/2004; 13 commi 1 e 7 d.l.vo n. 15/1980, perchè, nella sua qualità di esercente la professione di ragioniere commercialista, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, ometteva di registrare i dati identificativi dei clienti sottoelencati (...). In Chieti dal 5 aprile 2007 al 3 settembre 2007.

CONCLUSIONI DELLE PARTI

P.M.: condanna dell’imputato alla pena di euro 3000,00 di multa

Difesa: assoluzione dell’imputato perché il fatto non è previsto dalla legge come reato e, in subordine, perché il fatto non sussiste o per non avere commesso il fatto

MOTIVAZIONE IN FATTO E IN DIRITTO

Con decreto penale emesso da questo Ufficio in data 12 maggio 2008, XXX veniva condannato, per il reato di cui alla suestesa imputazione, alla pena di euro 3.000,00 di multa. Il decreto veniva tempestivamente opposto, con richiesta di ammissione al giudizio abbreviato non condizionato. Veniva fissata la odierna udienza camerale, in apertura della quale è stata disposta la revoca del decreto penale di condanna. Si è proceduto alla discussione e le parti hanno concluso nel senso sopra indicato.

Ritiene il Giudice che debba pronunciarsi sentenza di assoluzione dell’imputato, perché il fatto contestato non è più previsto dalla legge come reato.

Il D.L.vo n. 56/2004 estese anche ai ragionieri commercialisti gli obblighi di identificazione del cliente e di registrazione dei dati relativi alle operazioni effettuate (normativa antiriciclaggio), stabilendo che con successivo Decreto Ministeriale si sarebbero fissate le modalità e la tempistica per la esecuzione di detti obblighi.

Il decreto intervenne il 3 febbraio 2006 (n. 141) e in esso si previde che il professionista avrebbe dovuto annotare i dati identificativi del cliente nell’apposito registro non oltre 30 giorni dalla data di identificazione del cliente medesimo.

In base alla normativa ora ricordata, dunque, costituiva reato, a far data dal momento di entrata in vigore del decreto attuativo, l’omessa registrazione dei dati identificativi del cliente nei 30 giorni dall’identificazione.

Dagli atti emerge che la Guardia di Finanza accertò, nel mese di ottobre 2007, che il XXX non aveva annotato i nominativi dei clienti indicati nel capo di imputazione, nonostante fosse trascorso il mese dalla data della loro identificazione.

Nessun dubbio, dunque, può sussistere sul fatto che al momento dell’accertamento il reato sussistesse.

Senonché, il D.L.vo n. 231/2007, entrato in vigore il 29 dicembre 2007, ha abrogato espressamente, a far data dal 30 aprile 2008, gli artt. l, 2 e 3 della legge 197/91 e, sin dal momento della propria entrata in vigore, l’intero D.L.vo n. 56/2004 e i consequenziali decreti ministeriali di attuazione.

All’art. 36, comma 3, del citato D.L. vo 231/07 si prevede che i dati identificativi dei clienti debbano essere registrati non più entro 30 giorni dalla loro identificazione, bensì entro 30 giorni dalla fine della prestazione professionale.

E’, dunque, mutato il termine entro il quale il professionista deve compiere l’attività prescritta dalla legge e la cui omissione costituisce reato. La condotta rilevata dalla Guardia di Finanza non costituisce oggi reato, perché, si ripete, non esiste più l’obbligo di registrazione nel termine di 30 giorni dalla identificazione.

Nel caso di specie, si rileva che al momento della verifica i rapporti professionali tra l’imputato e i clienti indicati erano ancora in essere.

Alla luce di quanto sopra, deve concludersi per la pronuncia di sentenza assolutoria nei confronti del prevenuto, atteso che nessuno può essere punito per un fatto che, secondo una legge posteriore, non costituisce reato.

P.Q.M.

Visti gli artt. 442 e 530 c.p.p., assolve XXX dal reato ascrittogli, perché il fatto non è più previsto dalla legge come reato.