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Heinrich von Kleist (1777 - 1811) IL TROVATELLO

Nello Stato della Chiesa vige una legge per la quale nessun colpevole di un delitto può essere messo a morte senza aver ricevuto l’assoluzione. Piachi, quando venne il giorno dell’esecuzione, rifiutò ostinatamente l’assoluzione. Dopo aver esperito invano tutti i mezzi previsti dalla religione per fargli sentire la colpevolezza del suo gesto, sperarono di atterrirlo e indurlo al pentimento con la vista della morte che l’attendeva, e lo condussero al patibolo. Qui c’era un sacerdote che gli descrisse, con una voce da Ultimo Giorno, tutti gli orrori dell’Inferno, dove la sua anima stava per discendere, mentre un altro, tenendo in mano l’Ostia consacrata, il santo mezzo di riconciliazione, gli faceva le lodi delle dimore della pace eterna.

"Vuoi tu avere parte del beneficio della redenzione?", chiesero entrambi. "Vuoi ricevere la comunione?".

"No", rispose Piachi. "Perché no?".

"Non voglio essere beato. Voglio scendere nel fondo più basso dell’Inferno. Voglio ritrovare Nicolò, che non può essere in cielo, e riprendere la mia vendetta, che qui ho potuto soddisfare solo in parte!"

E così dicendo salì la scala e invitò il boia a compiere il suo ufficio. In breve, ci si vide costretti a sospendere l’esecuzione e a riportare in carcere l’infelice, che la legge proteggeva. Per tre giorni consecutivi lo stesso tentativo fu ripetuto, sempre con lo stesso esito. Quando anche il terzo giorno dovette ridiscendere la scala senza essere appeso alla forca, Piachi levò le braccia con espressione truce e maledisse la legge disumana che non voleva farlo andare all’Inferno. Invocò tutta la schiera dei diavoli perché lo prendesse, giurò che il suo unico desiderio era di essere giustiziato e dannato, e assicurò che avrebbe strangolato il primo prete che gli si fosse parato dinnanzi, pur di rimettere le mani su Nicolò all’Inferno!

Quando le sue parole furono riferite al papa, egli ordinò di giustiziarlo senza l’assoluzione; nessun prete l’accompagnò, e fu impiccato in silenzio sulla Piazza del Popolo.

[Da I racconti, traduzione di Andrea Casalegno, Garzanti Editore S.p.a, 1988, pp.204-205]