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Heinrich Von Kleist (1777 -1811) MICHELE KOHLHAAS

«Chi ti ha negato la protezione delle leggi?», gridò Lutero. «Non ti scrissi che dell’accusa che avevi presentato il sovrano, al quale l’avevi presentata, non sa nulla? Se i servitori di Stato, alle sue spalle, annullano i processi, o si fanno altrimenti beffe, a sua insaputa, del suo nome consacrato, chi, fuorché Dio, può chiedergli conto della scelta di tali servitori, e sei tu, uomo orribile e maledetto da Dio, autorizzato a giudicarlo per questo?».

«Ebbene», disse allora Kohlhaas, «se il sovrano non mi ripudierà, anch’io ritornerò nella comunità che da lui è difesa. Procuratemi, lo ripeto, un salvacondotto per Dresda: e io scioglierò la gente che ho raccolto nel castello di Lützen, e presenterò di nuovo, davanti al tribunale di Stato, l’accusa che mi è stata respinta».

Lutero, con aria contrariata, scompigliò le carte che aveva sullo scrittoio, e tacque. L’atteggiamento di sfida che quell’uomo strano assumeva nello Stato lo contrariava; e, ripensando all’ingiunzione che egli, da Pontekohlhaas, aveva emanato contro il barone, gli domandò che cosa pretendesse, insomma, dal tribunale di Dresda.

«La punizione del barone, conforme alla legge», rispose Kohlhaas; al ristabilimento dei cavalli nello stato in cui erano; e il risarcimento del danno che tanto io quanto il mio servo Ersiano, caduto a Mühlberg, abbiamo subito, a causa della Violenza commessa contro di noi».

«Il risarcimento del danno!», gridò Lutero. «Somme a migliaia, da ebrei e da cristiani, su tratte e su pegni, hai preso a prestito, per far fronte alle spese della tua selvaggia vendetta. Metterai nel conto anche il loro valore, se si farà l’inchiesta?».

«Dio ne scampi!», rispose Kohlhaas. «Casa e podere, e l’agiatezza che è stata mia, io non li richiedo; e neppure le spese del funerale di mia moglie! La vecchia madre di Ersiano farà un conto delle spese per la sua cura, e un elenco delle cose che suo figlio perse nel castello di Tronka; e il danno che io ho subito per la mancata vendita dei morelli lo faccia valutare il governo, per mezzo di un esperto».

«Uomo folle, incomprensibile e spaventoso!», disse Lutero, e lo fissò. «Dopo che la tua spada si è presa sul barone la vendetta più feroce che si possa immaginare, che cosa ti spinge a insistere su una sentenza il cui rigore, quando fosse, alla fine pronunciata, lo colpirebbe con un gravame di così scarso rilievo?».

«Reverendo signore», replicò Kohlhaas, mentre una lacrima gli rigava le gote, «mi è costata mia moglie, Kohlhaas farà vedere al mondo che non è perita in una causa ingiusta. Adattatevi, quanto a questo, alla mia volontà, e fate che la corte pronunci la sua sentenza; in tutto il resto, su cui possa ancora esservi contesa, io mi adatterò alla vostra».

«Chi ti ha negato la protezione delle leggi?», gridò Lutero. «Non ti scrissi che dell’accusa che avevi presentato il sovrano, al quale l’avevi presentata, non sa nulla? Se i servitori di Stato, alle sue spalle, annullano i processi, o si fanno altrimenti beffe, a sua insaputa, del suo nome consacrato, chi, fuorché Dio, può chiedergli conto della scelta di tali servitori, e sei tu, uomo orribile e maledetto da Dio, autorizzato a giudicarlo per questo?».

«Ebbene», disse allora Kohlhaas, «se il sovrano non mi ripudierà, anch’io ritornerò nella comunità che da lui è difesa. Procuratemi, lo ripeto, un salvacondotto per Dresda: e io scioglierò la gente che ho raccolto nel castello di Lützen, e presenterò di nuovo, davanti al tribunale di Stato, l’accusa che mi è stata respinta».

Lutero, con aria contrariata, scompigliò le carte che aveva sullo scrittoio, e tacque. L’atteggiamento di sfida che quell’uomo strano assumeva nello Stato lo contrariava; e, ripensando all’ingiunzione che egli, da Pontekohlhaas, aveva emanato contro il barone, gli domandò che cosa pretendesse, insomma, dal tribunale di Dresda.

«La punizione del barone, conforme alla legge», rispose Kohlhaas; al ristabilimento dei cavalli nello stato in cui erano; e il risarcimento del danno che tanto io quanto il mio servo Ersiano, caduto a Mühlberg, abbiamo subito, a causa della Violenza commessa contro di noi».

«Il risarcimento del danno!», gridò Lutero. «Somme a migliaia, da ebrei e da cristiani, su tratte e su pegni, hai preso a prestito, per far fronte alle spese della tua selvaggia vendetta. Metterai nel conto anche il loro valore, se si farà l’inchiesta?».

«Dio ne scampi!», rispose Kohlhaas. «Casa e podere, e l’agiatezza che è stata mia, io non li richiedo; e neppure le spese del funerale di mia moglie! La vecchia madre di Ersiano farà un conto delle spese per la sua cura, e un elenco delle cose che suo figlio perse nel castello di Tronka; e il danno che io ho subito per la mancata vendita dei morelli lo faccia valutare il governo, per mezzo di un esperto».

«Uomo folle, incomprensibile e spaventoso!», disse Lutero, e lo fissò. «Dopo che la tua spada si è presa sul barone la vendetta più feroce che si possa immaginare, che cosa ti spinge a insistere su una sentenza il cui rigore, quando fosse, alla fine pronunciata, lo colpirebbe con un gravame di così scarso rilievo?».

«Reverendo signore», replicò Kohlhaas, mentre una lacrima gli rigava le gote, «mi è costata mia moglie, Kohlhaas farà vedere al mondo che non è perita in una causa ingiusta. Adattatevi, quanto a questo, alla mia volontà, e fate che la corte pronunci la sua sentenza; in tutto il resto, su cui possa ancora esservi contesa, io mi adatterò alla vostra».