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Il libretto di circolazione non dimostra la strumentalità esclusiva all'esercizio dell'impresa

Premessa.

Con sentenza n. 28532 del 29 ottobre 2013 depositata il 20 dicembre 2013 la Suprema Corte di Cassazione, ponendosi a favore della tesi difensiva dell’Agenzia delle Entrate, ha stabilito il principio di diritto secondo il quale l’onere della prova in ipotesi di riconoscimento del credito d’imposta, incombe a carico di chi invoca la sussistenza dei relativi presupposti, ovvero del contribuente.

In particolare, nel caso preso in esame dalla Corte di Cassazione, si contestava il credito d’imposta ex articolo 8 della Legge  n. 388 del 2000 –  riguardante l’agevolazione per gli investimenti nelle aree svantaggiate  –  concesso ad un imprenditore per l’acquisto di un autocarro destinato e immatricolato per “trasporto di cose-uso proprio” e ritenuto dall'Amministrazione Finanziaria indebitamente utilizzato poiché presuntivamente utilizzato per uso promiscuo.

Già in data 24 novembre 2008, la Commissione Tributaria Regionale della Sicilia –  sezione staccata di Caltanissetta  –  con la sentenza n. 159/21/08 aveva rigettato l'appello dell’Agenzia delle Entrate e confermato la sentenza di primo grado che, in accoglimento del ricorso proposto da B.L., aveva annullato un avviso di recupero del credito di imposta suddetto.

In effetti, i Giudici di appello avevano ritenuto che l’onere probatorio concernente la diversa destinazione del bene  –  non emersa dagli elementi acquisiti in sede processuale – incombesse sulla stessa Agenzia delle Entrate. Ed è, per l’appunto, che avverso la citata sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Sicilia l’Agenzia delle Entrate ricorreva per Cassazione.

Motivi del ricorso

1) Violazione e falsa applicazione della Legge n. 388 del 2000, articolo 8, in combinato disposto con il Decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, articoli 109 e 164 e del Decreto Legislativo. n. 285 del 1992, articolo 54, in combinato disposto con le disposizioni della direttiva europea del 6 febbraio 1998 n. 98/14/Ce, cui è stata data attuazione con Decreto Ministeriale 4 agosto 1998. In particolare l’AE eccepiva l’errata applicazione della normativa citata poiché, date le sue caratteristiche tecniche e indipendentemente dal dato formale riportato sul libretto di circolazione (trasporto di cose-uso proprio), l’autocarro dovesse considerarsi ad uso promiscuo.

2) Violazione del principio, in materia di onere della prova, sancito dall'articolo 2697 del Codice Civile in relazione all’articolo 360 del Codice di Procedura  n. 3. In tale motivo, l’AE sosteneva che la CTR, basandosi esclusivamente sul contenuto del libretto di immatricolazione, avesse erroneamente invertito l’onere della prova ponendolo, così, a carico dell’Ufficio.

3) Insufficienza di motivazione. Con tale motivo l’AE denunciava l’insufficiente motivazione della sentenza impugnata poiché i giudici di appello si erano limitati ad evincere l’uso strumentale dell’automezzo, solo dal contesto formale, ovvero l’immatricolazione.

Motivi della decisione

L’articolo 8 della Legge n. 388 del 2000 – dettato per agevolare gli investimenti produttivi in aree territorialmente svantaggiate  – al comma 2 prevede espressamente che "per nuovi investimenti si intendono le acquisizioni di beni strumentali nuovi di cui agli artt. 67 e 68 del testo unico delle imposte sui redditi..., destinati a strutture produttive già esistenti o che vengano impiantate nelle aree territoriali di cui al comma 1...".

La Suprema Corte di Cassazione prendendo le mosse proprio da detto articolo 8, deduce che “l'agevolazione fiscale, consistente nel riconoscimento del credito di imposta, spetti solo a quell'impresa che acquisti beni materiali mobili ed immobili strumentali, ovvero destinati ad essere durevolmente ed esclusivamente utilizzati nell'impresa stessa.”

Per poter individuare se si tratta di un bene oggetto di investimento agevolabile, la Suprema Corte fa riferimento al requisito della sussistenza del rapporto di inerenza dettato dal Decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (Testo Unico delle Imposte sui Redditi), con l’articolo 75 (ora 109), concernente la deducibilità delle spese. Tale articolo, al comma 5, prevede che le spese e gli altri componenti negativi sono deducibili se e nella misura in cui si riferiscono ad attività e beni da cui derivano ricavi o altri proventi che concorrono alla formazione del reddito di impresa. Peraltro, si rileva come l'articolo 121 bis (ora 164) del citato TUIR, con riguardo ai veicoli, ne prevede la deducibilità integrale dei costi e delle spese solo per alcuni tipi e cioè, per quelli esclusivamente strumentali all'esercizio dell'attività propria dell'impresa, mentre per i costi relativi ad ogni altro veicolo (salva la diversa percentuale prevista per l'attività di agente di commercio) è prevista una limitazione percentuale della deducibilità per il 50%.

Tanto premesso, la Suprema Corte chiarisce che affinché l’acquisto di un veicolo possa ritenersi investimento agevolabile per l'intero costo, è necessario che il contribuente – e non l’Agenzia delle Entrate, come stabilito dalla sentenza impugnata - ne dimostri la strumentalità esclusiva all'esercizio dell'impresa. Conseguentemente, la Cassazione ha ritenuto la sentenza della CTR insufficientemente motivata laddove ha reputato che fosse sufficiente la mera indicazione sul libretto di immatricolazione della dicitura di “autocarro destinato al trasporto di cose-uso proprio”.

Ciò che risulta quanto mai evidente è che la Cassazione, in una prospettiva assolutamente pro Fisco, ha addirittura ritenuto violato, da parte della CTR, l’articolo 2697 del Codice Civile poiché la stessa CTR aveva addossato all’Amministrazione Finanziaria l’onere probatorio sulla sussistenza dei presupposti per fruire del credito d’imposta. Ciò appare ancor più lesivo del diritto di difesa del contribuente se, partendo dal dato fattuale della vicenda in esame, si pensa che sul libretto d’immatricolazione era attestata la strumentalità esclusiva del bene (trasporto di cose-uso proprio).

Dalla stessa sentenza emerge che il Fisco avrebbe fondato la sua contestazione, già in primo grado, sul fatto che “il mezzo fosse un veicolo fuoristrada con kit di trasformazione consistente unicamente in una rete collocata all'altezza del vano bagagli e dalla quale non erano stati eliminati i sedili posteriori” quindi, su una presunzione di utilizzo ad uso promiscuo che non poteva essere sufficiente a superare il fatto che comunque il bene potesse essere durevolmente ed esclusivamente utilizzato dall’impresa stessa.

Sulla base di tutti questi elementi, la Suprema Corte di Cassazione Sezione Tributaria, in accoglimento del ricorso, cassa la sentenza impugnata con rinvio, anche per il regolamento delle spese dello stesso giudizio di legittimità, ad altra Sezione della Commissione Tributaria Regionale della Sicilia.

Ciò che emerge dalla sentenza su analizzata è che la difesa dei propri diritti, da parte del contribuente, diventa sempre più onerosa e impegnativa, gravando sempre sullo stesso la dimostrazione di poter, nel caso specifico del credito d’imposta, usufruire di un determinato beneficio nonostante l’Amministrazione Finanziaria abbia agito solo e soltanto tramite una presunzione.

Premessa.

Con sentenza n. 28532 del 29 ottobre 2013 depositata il 20 dicembre 2013 la Suprema Corte di Cassazione, ponendosi a favore della tesi difensiva dell’Agenzia delle Entrate, ha stabilito il principio di diritto secondo il quale l’onere della prova in ipotesi di riconoscimento del credito d’imposta, incombe a carico di chi invoca la sussistenza dei relativi presupposti, ovvero del contribuente.

In particolare, nel caso preso in esame dalla Corte di Cassazione, si contestava il credito d’imposta ex articolo 8 della Legge  n. 388 del 2000 –  riguardante l’agevolazione per gli investimenti nelle aree svantaggiate  –  concesso ad un imprenditore per l’acquisto di un autocarro destinato e immatricolato per “trasporto di cose-uso proprio” e ritenuto dall'Amministrazione Finanziaria indebitamente utilizzato poiché presuntivamente utilizzato per uso promiscuo.

Già in data 24 novembre 2008, la Commissione Tributaria Regionale della Sicilia –  sezione staccata di Caltanissetta  –  con la sentenza n. 159/21/08 aveva rigettato l'appello dell’Agenzia delle Entrate e confermato la sentenza di primo grado che, in accoglimento del ricorso proposto da B.L., aveva annullato un avviso di recupero del credito di imposta suddetto.

In effetti, i Giudici di appello avevano ritenuto che l’onere probatorio concernente la diversa destinazione del bene  –  non emersa dagli elementi acquisiti in sede processuale – incombesse sulla stessa Agenzia delle Entrate. Ed è, per l’appunto, che avverso la citata sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Sicilia l’Agenzia delle Entrate ricorreva per Cassazione.

Motivi del ricorso

1) Violazione e falsa applicazione della Legge n. 388 del 2000, articolo 8, in combinato disposto con il Decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, articoli 109 e 164 e del Decreto Legislativo. n. 285 del 1992, articolo 54, in combinato disposto con le disposizioni della direttiva europea del 6 febbraio 1998 n. 98/14/Ce, cui è stata data attuazione con Decreto Ministeriale 4 agosto 1998. In particolare l’AE eccepiva l’errata applicazione della normativa citata poiché, date le sue caratteristiche tecniche e indipendentemente dal dato formale riportato sul libretto di circolazione (trasporto di cose-uso proprio), l’autocarro dovesse considerarsi ad uso promiscuo.

2) Violazione del principio, in materia di onere della prova, sancito dall'articolo 2697 del Codice Civile in relazione all’articolo 360 del Codice di Procedura  n. 3. In tale motivo, l’AE sosteneva che la CTR, basandosi esclusivamente sul contenuto del libretto di immatricolazione, avesse erroneamente invertito l’onere della prova ponendolo, così, a carico dell’Ufficio.

3) Insufficienza di motivazione. Con tale motivo l’AE denunciava l’insufficiente motivazione della sentenza impugnata poiché i giudici di appello si erano limitati ad evincere l’uso strumentale dell’automezzo, solo dal contesto formale, ovvero l’immatricolazione.

Motivi della decisione

L’articolo 8 della Legge n. 388 del 2000 – dettato per agevolare gli investimenti produttivi in aree territorialmente svantaggiate  – al comma 2 prevede espressamente che "per nuovi investimenti si intendono le acquisizioni di beni strumentali nuovi di cui agli artt. 67 e 68 del testo unico delle imposte sui redditi..., destinati a strutture produttive già esistenti o che vengano impiantate nelle aree territoriali di cui al comma 1...".

La Suprema Corte di Cassazione prendendo le mosse proprio da detto articolo 8, deduce che “l'agevolazione fiscale, consistente nel riconoscimento del credito di imposta, spetti solo a quell'impresa che acquisti beni materiali mobili ed immobili strumentali, ovvero destinati ad essere durevolmente ed esclusivamente utilizzati nell'impresa stessa.”

Per poter individuare se si tratta di un bene oggetto di investimento agevolabile, la Suprema Corte fa riferimento al requisito della sussistenza del rapporto di inerenza dettato dal Decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (Testo Unico delle Imposte sui Redditi), con l’articolo 75 (ora 109), concernente la deducibilità delle spese. Tale articolo, al comma 5, prevede che le spese e gli altri componenti negativi sono deducibili se e nella misura in cui si riferiscono ad attività e beni da cui derivano ricavi o altri proventi che concorrono alla formazione del reddito di impresa. Peraltro, si rileva come l'articolo 121 bis (ora 164) del citato TUIR, con riguardo ai veicoli, ne prevede la deducibilità integrale dei costi e delle spese solo per alcuni tipi e cioè, per quelli esclusivamente strumentali all'esercizio dell'attività propria dell'impresa, mentre per i costi relativi ad ogni altro veicolo (salva la diversa percentuale prevista per l'attività di agente di commercio) è prevista una limitazione percentuale della deducibilità per il 50%.

Tanto premesso, la Suprema Corte chiarisce che affinché l’acquisto di un veicolo possa ritenersi investimento agevolabile per l'intero costo, è necessario che il contribuente – e non l’Agenzia delle Entrate, come stabilito dalla sentenza impugnata - ne dimostri la strumentalità esclusiva all'esercizio dell'impresa. Conseguentemente, la Cassazione ha ritenuto la sentenza della CTR insufficientemente motivata laddove ha reputato che fosse sufficiente la mera indicazione sul libretto di immatricolazione della dicitura di “autocarro destinato al trasporto di cose-uso proprio”.

Ciò che risulta quanto mai evidente è che la Cassazione, in una prospettiva assolutamente pro Fisco, ha addirittura ritenuto violato, da parte della CTR, l’articolo 2697 del Codice Civile poiché la stessa CTR aveva addossato all’Amministrazione Finanziaria l’onere probatorio sulla sussistenza dei presupposti per fruire del credito d’imposta. Ciò appare ancor più lesivo del diritto di difesa del contribuente se, partendo dal dato fattuale della vicenda in esame, si pensa che sul libretto d’immatricolazione era attestata la strumentalità esclusiva del bene (trasporto di cose-uso proprio).

Dalla stessa sentenza emerge che il Fisco avrebbe fondato la sua contestazione, già in primo grado, sul fatto che “il mezzo fosse un veicolo fuoristrada con kit di trasformazione consistente unicamente in una rete collocata all'altezza del vano bagagli e dalla quale non erano stati eliminati i sedili posteriori” quindi, su una presunzione di utilizzo ad uso promiscuo che non poteva essere sufficiente a superare il fatto che comunque il bene potesse essere durevolmente ed esclusivamente utilizzato dall’impresa stessa.

Sulla base di tutti questi elementi, la Suprema Corte di Cassazione Sezione Tributaria, in accoglimento del ricorso, cassa la sentenza impugnata con rinvio, anche per il regolamento delle spese dello stesso giudizio di legittimità, ad altra Sezione della Commissione Tributaria Regionale della Sicilia.

Ciò che emerge dalla sentenza su analizzata è che la difesa dei propri diritti, da parte del contribuente, diventa sempre più onerosa e impegnativa, gravando sempre sullo stesso la dimostrazione di poter, nel caso specifico del credito d’imposta, usufruire di un determinato beneficio nonostante l’Amministrazione Finanziaria abbia agito solo e soltanto tramite una presunzione.