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Le concezioni del potere di riesame dell'atto amministrativo nell'elaborazione giurisprudenziale

Come si è visto esaminando le diverse posizioni della dottrina sul rapporto tra le concezioni del potere di riesame e la tutela del legittimo affidamento (1), secondo l'opinione tradizionale il potere di riesame è una manifestazione di autotutela, intesa quest’ultima nel senso di ragion fattasi, e quindi come privilegio, espressione di una potestà rimediale o paragiurisdizionale autonoma rispetto al potere in base al quale è stato emanato il provvedimento di primo grado. Secondo un'altra opinione, invece, il riesame è istituto di amministrazione attiva, espressione dello stesso potere esercitato con l’adozione dell’atto riesaminando e che non si esaurisce con questo ma gli sopravvive.

A suffragio della prima tesi la giurisprudenza ha addotto il fatto che l’emanazione del provvedimento di secondo grado spetta all’organo che risulta competente all’adozione del provvedimento sui cui effetti si vuole intervenire indipendentemente dalla circostanza che l’atto sia stato adottato da tale organo (2), per cui, in caso di spostamento della rispettiva competenza ad altro organo, anche la competenza ad adottare il provvedimento di secondo grado si trasferisce (3); o la circostanza che gli atti di autotutela possono essere adottati anche dall’organo gerarchicamente superiore a quello che ha adottato il provvedimento di primo grado, la cui competenza include quella del primo (4).

Per l’opposta tesi si fanno valere esigenze di ordinato svolgimento della funzione amministrativa, perché “il potere di provvedere in via esclusiva su determinati affari comprende necessariamente e coerentemente anche quello dell’adozione del “contrarius actus” (e cioè l’annullamento, la revoca, la riforma o la modifica) [...] come misura di salvaguarda della riserva di competenza. Infatti, qualora codesto potere fosse esercitato da organo diverso sarebbe quest’ultimo e non l’organo di competenza primaria ad avere l’effettiva disponibilità della materia, venendosi a creare nel tempo stesso una concorrenza di poteri che sarebbe foriera soltanto di disordine amministrativo” (5).

Un’analisi complessiva della giurisprudenza evidenzia una decisa propensione per la tesi dell’autotutela e, anzi, se in dottrina si registrano ancora posizioni piuttosto variegate, la giurisprudenza tradizionale è appiattita su tale orientamento (6). Tuttavia, anche sul punto non è possibile giungere ad una soluzione certa, perché, guardando alla casistica giurisprudenziale, il richiamo prevalente all’annullamento d’ufficio quale espressione della potestà di autotutela è spesso “puramente nominalistico, ovvero privo di specifiche implicazioni ai fini della decisione”, per cui “allo stato attuale non sembra che una teoria prevalga fermamente sull’altra” (7).

L’unico dato che forse si può trarre deriva dalla prevalente ripartizione temporale delle prese di posizione a favore dell’una o dell’altra posizione, che tuttavia non è tale da determinare una cesura esclusiva.

Così, bisogna guardare alla giurisprudenza meno recente per trovare più frequentemente l’affermazione che il potere di annullamento d’ufficio discende da un principio generale dell’ordinamento (8), “rivolto a soddisfare esigenze di economia, nonché di continua e perfetta aderenza degli atti amministrativi alle prescrizioni dell’ordinamento giuridico vigente” (9). Ancora negli anni Trenta la giurisprudenza ricordava che “per principio generale e fondamentale nel campo del diritto pubblico, spetta sempre agli organi amministrativi di porre nel nulla i propri provvedimenti invalidi “ab initio” per vizi di illegittimità” (10).

Invero, l’atto di annullamento d’ufficio è “un tipo di provvedimento la cui possibilità di emanazione, trovando fondamento in generali principi dell’ordinamento amministrativo, non è subordinata alla espressa previsione da parte delle specifiche disposizioni che disciplinano i singoli atti amministrativi di primo grado» (11). Esso costituisce l’esercizio di un potere diverso da quello che ha dato origine all’atto impugnato (12), variamente qualificato come «potere generale di autotutela” (13), di “auto-impugnativa” (14), di “auto-correzione” (15), ovvero “potere-dovere che compete agli organi dell’amministrazione di annullare o revocare, nell’interesse generale, i propri atti che riconosca illegittimi o semplicemente inopportuni o non convenienti” (16).

Proprio perché “si fonda su una generica posizione di supremazia e vigilanza dell’Autorità” (17), esso è insito nei poteri della pubblica amministrazione senza che a ciò debba essere legittimata da apposita previsione normativa (18).

Similmente, anche la facoltà di revoca “è un corollario del potere di autotutela spettante alla p.a., potere che, per costituire uno dei principi fondamentali dell’ordinamento vigente, non è neppure necessario che sia espressamente previsto dalle disposizioni che disciplinano l’atto da revocare” (19), fondandosi sul potere dell’amministrazione di revocare i propri atti e non sulla norma di legge attributiva del potere di emanazione dell’atto revocato (20).

Peraltro, da ultimo non mancano affermazioni secondo cui “sia l’(auto)annullamento che la revoca costituiscono entrambi esercizio di autotutela, ossia di quel potere generale ed immanente riconosciuto all’Amministrazione “di tornare sui propri passi”, e, quindi, di modificare la propria azione, avvalendosi di quello che è stato qualificato come una sorta di “ius poenitendi” di natura pubblica” (21).

In tal senso, “il potere di autotutela della pubblica amministrazione, finalizzato a rimuovere determinazioni amministrative che si rivelino non idonee a perseguire il pubblico interesse, costituisce principio generale operante anche in assenza di specifica previsione normativa o contrattuale» (22). Parimenti, la giurisprudenza riconosce che «la disciplina della revoca ha riguardo al potere di autotutela della P.A., e che a tale potere viene genericamente riconosciuta una funzione giustiziale” (23).

Tale orientamento parte dunque dal riconoscimento dell’esistenza nell’ordinamento di una clausola generale attributiva del potere di emanazione dell’atto, individuata da ultimo nell’esigenza di tutelare il principio di buon andamento dell’attività amministrativa elevata ad autonomo interesse pubblico (24). “E, come è facile convincersi, dall’affermazione di questo postulato al riconoscimento che sia proprio quella necessità a costituire la ragion d’essere di poteri di carattere strumentale, quali quello di annullamento o di revoca, anche se privi di una puntuale base legislativa, il passo è assai breve” (25).

Per contro, la giurisprudenza più recente riconduce in larga parte tanto l’annullamento d’ufficio quanto la revoca ad una funzione di amministrazione attiva e non rimediale o giustiziale (26), espressione dello stesso potere esercitato in primo grado (27) ed espressione degli stessi interessi perseguiti dal provvedimento di primo grado (28), perché fondato sulla stessa norma attributiva del potere di emanazione dell’atto annullato (29), che “non si consuma con il primo illegittimo esercizio” (30).

Non può parlarsi propriamente di “autotutela” perché “l’amministrazione non si “tutela” in senso tecnico, ma si limita a gestire l’interesse di cui è portatrice né più e né meno di come aveva fatto con l’atto originario” (31). Parimenti, si afferma che l’identità dell’interesse pubblico perseguito dai due provvedimenti “va ricondotto al medesimo ordine di esigenze che presiedono all’interesse generale tutelato dalle norme che si pretendono violate” (32), ovvero che “il provvedimento di riesame è volto alla cura del medesimo interesse a cui era rivolto l’atto riesaminato” (33) o, ancora, che “l’annullamento va giustificato con una adeguata ponderazione di quello stesso interesse sostanziale che il primo provvedimento, sia pure in modi non del tutto conformi allo schema legale, ha di fatto realizzato” (34).

Anche a livello normativo, “l’annullamento è stato connotato dalla norma del citato art. 21–nonies, 1° co., in termini di rinnovata manifestazione, entro un termine ragionevole, della funzione amministrativa” (35).

La giurisprudenza è però tutt’altro che univoca e, in alcuni casi, l’identità degli interessi pubblici alla base dei poteri di primo e secondo grado sembra vincolata al fattore temporale, nel senso che “l’interesse pubblico all’annullamento d’ufficio della concessione edilizia può essere ricondotto al medesimo ordine di esigenze che presiedono all’interesse generale tutelato dalle norme che si assumono violate, e in tal caso la motivazione è in re ipsa, ma ciò può avvenire solo nell’immediatezza del provvedimento di annullamento, in quanto il sacrificio imposto al privato è solo formale, dato il breve tempo trascorso tra il rilascio della concessione ed il suo annullamento e il fatto che la posizione soggettiva del privato non ha avuto tempo di consolidarsi; nel caso, invece, in cui intercorra un considerevole lasso di tempo tra il rilascio e l’annullamento della concessione, quest’ultimo deve essere assistito da una congrua motivazione, specie se in tale arco di tempo il concessionario abbia intrapreso – o addirittura completato – la prevista attività edilizia” (36).

 

(1) Si veda il nostro “Concezioni del potere di riesame e tutela del legittimo affidamento”, in https://www.filodiritto.com/concezioni-del-potere-di-riesame-e-tutela-del-legittimo-affidamento, 15/05/13.

(2) Cfr. Cons. Stato, sez. V, 7 novembre 1969, n. 1184, in “Cons. Stato”, 1969, pt. I, pp. 2172 ss.; Cons. Stato, sez. VI, 27 aprile 1971, n. 334, in “Cons. Stato”, 1971, pt. I, pp. 874 ss.; Cons. Stato, sez. V, 27 aprile 1971, n. 390, in “Cons. Stato”, 1971, pt. I, p. 809; Cons. Stato, sez. VI, 13 maggio 1977, n. 410, in “Cons. Stato”, 1977, pt. I, p. 847.

(3) Cfr. Cons. Stato, sez. VI, 5 giugno 1981, n. 248, in “Cons. Stato”, 1981, pt. I, pp. 749 ss. e Cons. Stato, sez. V, 30 giugno 1995, n. 955, in “Foro amm.”, 1995, pp. 1247 ss.

(4) Cfr. Cons. Stato, sez. IV, 16 giugno 1981, n. 471, in “Cons. Stato”, 1981, pt. I, pp. 646

s. e in “Rep. Giur. it.”, 1981, voce “Atti amministrativi”, n. 111; Cons. Stato, sez. VI, 12 marzo 1982, n. 125, in “Foro amm.”, 1982, pp. 428 ss.; Cons. Stato, sez. VI, 8 marzo 2004, n. 1080, in www.giustizia-amministrativa.it. Sul punto cfr. P. ROSSI, “Il riesame degli atti di accertamento”, Milano, 2008, p. 50, nt. 85.

(5) Cons. Stato, sez. V, 30 aprile 1997, n. 424, in “Cons. Stato”, 1997, pt. I, pp. 519 s.

(6) Cfr. N. BASSI , “Principio di legalità e poteri amministrativi impliciti”, Milano, 2001, p. 369.

(7) A. CASSATELLA, “La nuova disciplina dell’annullamento d’ufficio al vaglio della

giurisprudenza amministrativa”, in “Foro amm. T.A.R.”, 2006, pp. 2186 ss., p. 2190

(8) Cfr., ex plurimis, Cons. Stato, sez. IV, 20 gennaio 1956, n. 14, in “Riv. amm.”, 1956, pt. II, pp. 476 s.; Cons. Stato, sez. V, 28 giugno 1971, n. 653, in “Cons. Stato”, 1971, pt. I, p. 1143 e in “Rep. Giur. it.”, 1971, voce “Atti amministrativi”, n. 177; T.A.R. Umbria, 28 marzo 1980, n. 79, in “Rep. Giur. it.”, 1980, voce “Atti amministrativi”, n. 165; Cons. Stato, sez. IV, 25 novembre 1983, n. 847, in C.E.D. Cass., n. 831915.

(9) Cons. Stato, sez. V, 30 novembre 1973, n. 958, in C.E.D. Cass., n. 732450.

(10) Cons. Stato, sez. IV, 17 febbraio 1937, n. 91, in “Foro amm.”, 1937, pt. I, sez. 1a, coll. 143 ss.

(11) Cons. Stato, sez. VI, 8 giugno 1965, n. 430, in “Cons. Stato”, 1965, pt. I, pp. 1247 ss.

(12) Cfr. Cons. Stato, sez. V, 29 dicembre 1950, n. 1338, in “Foro it.”, 1951, pt. III, coll. 228 ss.; Cons. Stato, sez. V, 29 dicembre 1950, n. 1476, in “Riv. amm.”, 1951, pt. II, pp. 342 s.; Cons. Stato, sez. V, 25 marzo 1961, n. 112, in “Cons. Stato”, 1961, pt. I, pp. 347 ss.; Cons. Stato, sez. V, 10 maggio 1963, n. 270, in “Rep. Foro it.”, 1963, voce “Atto amministrativo”, n. 136; Cons. Stato, sez. IV, 26 luglio 1968, n. 474, in “Rep. Foro it.”, 1968, voce “Atto amministrativo”, n. 131; Cons. giust. amm. reg. sic., 2 ottobre 1968, n. 377, in “Rep. Foro it.”, 1968, voce “Atto amministrativo”, n. 130. Più di recente, cfr. T.A.R. Campania, Napoli, sez. II, 20 gennaio 1998, n. 83, in “Foro amm.”, 1998, p. 2549.

(13) Cons. Stato, Ad. gen., 10 giugno 1999, n. 9/99 (par.), in “Cons. Stato”, 1999, pt. I, pp.

1980 ss.

(14) Cons. Stato, sez. V, 29 dicembre 1950, n. 1476, cit.; Cons. Stato, sez. V, 25 marzo 1961, n. 112, cit.; Cons. Stato, sez. IV, 21 aprile 1964, n. 321, in “Cons. Stato”, 1964, pt. I, p. 665.

(15) Cons. Stato, sez. V, 15 marzo 1963, n. 270, in “Cons. Stato”, 1963, pt. I, p. 743; Cons. Stato, sez. IV, 26 luglio 1968, n. 474, cit.; Cons. giust. amm. reg. sic., 2 ottobre 1968, n. 377, cit.

(16) Cons. Stato, sez. VI, 15 maggio 1957, n. 300, in “Riv. amm.”, 1958, pt. II, pp. 53 ss.

(17) Ibid.

(18) Cfr. Cons. Stato, Ad. plen., 30 maggio 1940, De Benedictis c. Prefetto di Rieti e c. Comune di Amatrice, in “Riv. amm.”, 1940, pp. 718 s. e Cons. Stato, sez. IV, 27 aprile 1982, n. 253, in “Foro amm.”, 1982, pt. I, pp. 451 ss.

(19) Cons. Stato, sez. VI, 27 aprile 1971, n. 334, cit.

(20) Cfr. Cons. Stato, sez. IV, 6 marzo 1940, Corcione c. Ministero dell’educazione, in “Rep. Giur. it.”, 1940, voce “Giustizia amministrativa”, n. 99 e Cons. Stato, Ad. gen., 30 maggio 1940, n. 188, in CONSIGLIO DI STATO (a cura di), Il Consiglio di Stato nel quinquennio 1936–40. Relazione del Presidente al Duce del fascismo Capo del Governo, Roma, 1942, vol. II, pp. 25 s. e in “Rep. Foro it.”, 1940, voce “Atto amministrativo”, n. 27.

(21) T.A.R. Campania, Napoli, sez. I, 20 giugno 2006, n. 7085, in www.giustizia-amministrativa.it.

(22) Cons. Stato, sez. VI, 25 marzo 2004, n. 1613, in www.giustizia-amministrativa.it.

(23) T.A.R. Sicilia, Palermo, sez. II, 9 luglio 2007 n. 1775, in www.giustizia-amministrativa.it.

(24) Cfr. Cons. Stato, sez. V, 24 ottobre 1996, n. 1263, in “Cons. Stato”, 1996, pt. I, pp. 1516 s.; Cons. Stato, sez. VI, 14 gennaio 2000, n. 244, in “Cons. Stato”, 2000, pt. I, pp. 108 ss.; T.A.R. Campania, Napoli, sez. V, 28 marzo 2003, n. 3076, in www.giustizia-amministrativa.it; T.A.R. Sardegna, sez. II, 30 gennaio 2006, n. 95, in www.giustizia-amministrativa.it; T.A.R. Campania, Napoli, sez. V, 1 ottobre 2010, n. 17546, in www.giustizia-amministrativa.it.

(25) N. BASSI , op. cit., p. 376.

(26) Cfr. Cons. Stato, sez. VI, 9 febbraio 1979, n. 72, in “Cons. Stato”,1979, pt. I, p. 217; T.A.R. Lazio, Roma, sez. I, 29 agosto 1988, n. 1202, in “Trib. amm. reg.”, 1988, pt. I, p. 2952; Cons. giust. amm. reg. sic., 24 marzo 1988, n. 51, in “Rep. Foro it.”, 1988, voce “Atto amministrativo”, n. 142 e in C.E.D. Cass., n. 881287; T.A.R. Calabria, Catanzaro, 18 febbraio 1991, n. 67, in “Trib. amm. reg.”, 1991, pt. I, p. 1525; T.A.R. Sicilia, Palermo, sez. II, 18 ottobre 1993, n. 775, in “Rep. Foro it.”, 1994, voce “Atto amministrativo”, n. 370; T.A.R. Marche, 29 settembre 2003, n. 1015, in www.giustizia-amministrativa.it; T.A.R. Puglia, Bari, sez. I, 15 maggio 2008, n. 1157, in www.giustizia-amministrativa.it; T.A.R. Molise, sez. I, 23 settembre 2009, n. 644, in www.giustizia-amministrativa.it; T.A.R. Lazio, Roma, sez. II–bis, 29 aprile 2011, n. 3698, in www.giustizia-amministrativa.it.

(27) Cfr. T.A.R. Abruzzo, L’Aquila, 9 aprile 1983, n. 113, in “Trib. amm. reg.”, 1983, pt. I, p. 1611 ss.; T.A.R. Piemonte, sez. I, 23 maggio 1987, n. 195, in “Trib. amm. reg.”, 1987, pt. I, p. 2314; T.A.R. Veneto, 24 febbraio 1988, n. 157, in “Trib. amm. reg.”, 1988, pt. I, p. 1195; T.A.R. Puglia, Bari, sez. II, 13 marzo 1989, n. 118, in “Trib. amm. reg.”, 1989, pt. I, pp. 2626 s.; Cons. Stato, sez. V, 30 novembre 2000, n. 6354, in www.giustizia-amministrativa.it; Cons. Stato, sez. IV, 13 settembre 2001, n. 4805, in www.giustizia-amministrativa.it; Cons. Stato, sez. V, 27 settembre 2004, n. 6291, in www.giustizia-amministrativa.it; Cons. Stato, sez. IV, 14 febbraio 2006, n. 564, in www.giustizia-amministrativa.it; Cons. Stato, sez. V, 20 febbraio 2006, n. 701, in www.giustizia-amministrativa.it; Cons. Stato, sez. VI, 2 ottobre 2007, n. 5086, in www.giustizia-amministrativa.it.

(28) Cfr. Cons. Stato, sez. VI, 30 ottobre 1981, n. 547, in “Cons. Stato”, 1981, pt. I, pp. 1112 s.; in D. SORACE–C. MARZUOLI–A. CORPACI, “Materiali del diritto amministrativo”, Padova, 1991, pp. 174 ss.; in C.E.D. Cass., n. 811511.

(29) Cfr. T.A.R. Lazio, sez. II, 31 marzo 1976, n. 209, in “Rep. Foro it.”, 1976, voce “Atto amministrativo”, n. 401.

(30) T.A.R. Lazio, sez. I, 11 aprile 1979, n. 375, in “Rep. Foro it.”, 1979, voce “Atto amministrativo”, n. 124.

(31) Cons. Stato, sez. V, 11 novembre 1977, n. 997, in “Cons. Stato”, 1977, pt. I, p. 1681.

(32) Cons. giust. amm. reg. sic., 29 aprile 1988, n. 77, in “Cons. Stato”, 1988, pt. I, pp. 505 ss. e in SORACE–MARZUOLI–CORPACI, op. cit., pp. 171 ss. In termini analoghi cfr. Cons. Stato, sez. V, 13 febbraio 1998, n. 158, in “Foro amm.”, 1998, pp. 417 s. e in “Urb. e app.”, 1998, pp. 1011 ss.

(33) T.A.R. Lazio, Roma, sez. III, 11 aprile 1985, n. 377, in “Foro it.”, 1986, pt. III, coll. 148 ss.; in “Trib. amm. reg.”, 1985, pt. I, pp. 1632 ss.; in C.E.D. Cass., n. 8601665.

(34) Cons. Stato, sez. VI, 16 luglio 1983, n. 591, in “Cons. Stato”, 1983, pt. I, pp. 800 ss.

(35) T.A.R. Campania, Napoli, sez. V, 1 ottobre 2010, n. 17546, cit.

(36) Cons. Stato, sez. IV, 14 luglio 1997, n. 709, in “Cons. Stato”, 1997, pt. I, p. 1000.

  Come si è visto esaminando le diverse posizioni della dottrina sul rapporto tra le concezioni del potere di riesame e la tutela del legittimo affidamento (1), secondo l'opinione tradizionale il potere di riesame è una manifestazione di autotutela, intesa quest’ultima nel senso di ragion fattasi, e quindi come privilegio, espressione di una potestà rimediale o paragiurisdizionale autonoma rispetto al potere in base al quale è stato emanato il provvedimento di primo grado. Secondo un'altra opinione, invece, il riesame è istituto di amministrazione attiva, espressione dello stesso potere esercitato con l’adozione dell’atto riesaminando e che non si esaurisce con questo ma gli sopravvive.

A suffragio della prima tesi la giurisprudenza ha addotto il fatto che l’emanazione del provvedimento di secondo grado spetta all’organo che risulta competente all’adozione del provvedimento sui cui effetti si vuole intervenire indipendentemente dalla circostanza che l’atto sia stato adottato da tale organo (2), per cui, in caso di spostamento della rispettiva competenza ad altro organo, anche la competenza ad adottare il provvedimento di secondo grado si trasferisce (3); o la circostanza che gli atti di autotutela possono essere adottati anche dall’organo gerarchicamente superiore a quello che ha adottato il provvedimento di primo grado, la cui competenza include quella del primo (4).

Per l’opposta tesi si fanno valere esigenze di ordinato svolgimento della funzione amministrativa, perché “il potere di provvedere in via esclusiva su determinati affari comprende necessariamente e coerentemente anche quello dell’adozione del “contrarius actus” (e cioè l’annullamento, la revoca, la riforma o la modifica) [...] come misura di salvaguarda della riserva di competenza. Infatti, qualora codesto potere fosse esercitato da organo diverso sarebbe quest’ultimo e non l’organo di competenza primaria ad avere l’effettiva disponibilità della materia, venendosi a creare nel tempo stesso una concorrenza di poteri che sarebbe foriera soltanto di disordine amministrativo” (5).

Un’analisi complessiva della giurisprudenza evidenzia una decisa propensione per la tesi dell’autotutela e, anzi, se in dottrina si registrano ancora posizioni piuttosto variegate, la giurisprudenza tradizionale è appiattita su tale orientamento (6). Tuttavia, anche sul punto non è possibile giungere ad una soluzione certa, perché, guardando alla casistica giurisprudenziale, il richiamo prevalente all’annullamento d’ufficio quale espressione della potestà di autotutela è spesso “puramente nominalistico, ovvero privo di specifiche implicazioni ai fini della decisione”, per cui “allo stato attuale non sembra che una teoria prevalga fermamente sull’altra” (7).

L’unico dato che forse si può trarre deriva dalla prevalente ripartizione temporale delle prese di posizione a favore dell’una o dell’altra posizione, che tuttavia non è tale da determinare una cesura esclusiva.

Così, bisogna guardare alla giurisprudenza meno recente per trovare più frequentemente l’affermazione che il potere di annullamento d’ufficio discende da un principio generale dell’ordinamento (8), “rivolto a soddisfare esigenze di economia, nonché di continua e perfetta aderenza degli atti amministrativi alle prescrizioni dell’ordinamento giuridico vigente” (9). Ancora negli anni Trenta la giurisprudenza ricordava che “per principio generale e fondamentale nel campo del diritto pubblico, spetta sempre agli organi amministrativi di porre nel nulla i propri provvedimenti invalidi “ab initio” per vizi di illegittimità” (10).

Invero, l’atto di annullamento d’ufficio è “un tipo di provvedimento la cui possibilità di emanazione, trovando fondamento in generali principi dell’ordinamento amministrativo, non è subordinata alla espressa previsione da parte delle specifiche disposizioni che disciplinano i singoli atti amministrativi di primo grado» (11). Esso costituisce l’esercizio di un potere diverso da quello che ha dato origine all’atto impugnato (12), variamente qualificato come «potere generale di autotutela” (13), di “auto-impugnativa” (14), di “auto-correzione” (15), ovvero “potere-dovere che compete agli organi dell’amministrazione di annullare o revocare, nell’interesse generale, i propri atti che riconosca illegittimi o semplicemente inopportuni o non convenienti” (16).

Proprio perché “si fonda su una generica posizione di supremazia e vigilanza dell’Autorità” (17), esso è insito nei poteri della pubblica amministrazione senza che a ciò debba essere legittimata da apposita previsione normativa (18).

Similmente, anche la facoltà di revoca “è un corollario del potere di autotutela spettante alla p.a., potere che, per costituire uno dei principi fondamentali dell’ordinamento vigente, non è neppure necessario che sia espressamente previsto dalle disposizioni che disciplinano l’atto da revocare” (19), fondandosi sul potere dell’amministrazione di revocare i propri atti e non sulla norma di legge attributiva del potere di emanazione dell’atto revocato (20).

Peraltro, da ultimo non mancano affermazioni secondo cui “sia l’(auto)annullamento che la revoca costituiscono entrambi esercizio di autotutela, ossia di quel potere generale ed immanente riconosciuto all’Amministrazione “di tornare sui propri passi”, e, quindi, di modificare la propria azione, avvalendosi di quello che è stato qualificato come una sorta di “ius poenitendi” di natura pubblica” (21).

In tal senso, “il potere di autotutela della pubblica amministrazione, finalizzato a rimuovere determinazioni amministrative che si rivelino non idonee a perseguire il pubblico interesse, costituisce principio generale operante anche in assenza di specifica previsione normativa o contrattuale» (22). Parimenti, la giurisprudenza riconosce che «la disciplina della revoca ha riguardo al potere di autotutela della P.A., e che a tale potere viene genericamente riconosciuta una funzione giustiziale” (23).

Tale orientamento parte dunque dal riconoscimento dell’esistenza nell’ordinamento di una clausola generale attributiva del potere di emanazione dell’atto, individuata da ultimo nell’esigenza di tutelare il principio di buon andamento dell’attività amministrativa elevata ad autonomo interesse pubblico (24). “E, come è facile convincersi, dall’affermazione di questo postulato al riconoscimento che sia proprio quella necessità a costituire la ragion d’essere di poteri di carattere strumentale, quali quello di annullamento o di revoca, anche se privi di una puntuale base legislativa, il passo è assai breve” (25).

Per contro, la giurisprudenza più recente riconduce in larga parte tanto l’annullamento d’ufficio quanto la revoca ad una funzione di amministrazione attiva e non rimediale o giustiziale (26), espressione dello stesso potere esercitato in primo grado (27) ed espressione degli stessi interessi perseguiti dal provvedimento di primo grado (28), perché fondato sulla stessa norma attributiva del potere di emanazione dell’atto annullato (29), che “non si consuma con il primo illegittimo esercizio” (30).

Non può parlarsi propriamente di “autotutela” perché “l’amministrazione non si “tutela” in senso tecnico, ma si limita a gestire l’interesse di cui è portatrice né più e né meno di come aveva fatto con l’atto originario” (31). Parimenti, si afferma che l’identità dell’interesse pubblico perseguito dai due provvedimenti “va ricondotto al medesimo ordine di esigenze che presiedono all’interesse generale tutelato dalle norme che si pretendono violate” (32), ovvero che “il provvedimento di riesame è volto alla cura del medesimo interesse a cui era rivolto l’atto riesaminato” (33) o, ancora, che “l’annullamento va giustificato con una adeguata ponderazione di quello stesso interesse sostanziale che il primo provvedimento, sia pure in modi non del tutto conformi allo schema legale, ha di fatto realizzato” (34).

Anche a livello normativo, “l’annullamento è stato connotato dalla norma del citato art. 21–nonies, 1° co., in termini di rinnovata manifestazione, entro un termine ragionevole, della funzione amministrativa” (35).

La giurisprudenza è però tutt’altro che univoca e, in alcuni casi, l’identità degli interessi pubblici alla base dei poteri di primo e secondo grado sembra vincolata al fattore temporale, nel senso che “l’interesse pubblico all’annullamento d’ufficio della concessione edilizia può essere ricondotto al medesimo ordine di esigenze che presiedono all’interesse generale tutelato dalle norme che si assumono violate, e in tal caso la motivazione è in re ipsa, ma ciò può avvenire solo nell’immediatezza del provvedimento di annullamento, in quanto il sacrificio imposto al privato è solo formale, dato il breve tempo trascorso tra il rilascio della concessione ed il suo annullamento e il fatto che la posizione soggettiva del privato non ha avuto tempo di consolidarsi; nel caso, invece, in cui intercorra un considerevole lasso di tempo tra il rilascio e l’annullamento della concessione, quest’ultimo deve essere assistito da una congrua motivazione, specie se in tale arco di tempo il concessionario abbia intrapreso – o addirittura completato – la prevista attività edilizia” (36).

 

(1) Si veda il nostro “Concezioni del potere di riesame e tutela del legittimo affidamento”, in https://www.filodiritto.com/concezioni-del-potere-di-riesame-e-tutela-del-legittimo-affidamento, 15/05/13.

(2) Cfr. Cons. Stato, sez. V, 7 novembre 1969, n. 1184, in “Cons. Stato”, 1969, pt. I, pp. 2172 ss.; Cons. Stato, sez. VI, 27 aprile 1971, n. 334, in “Cons. Stato”, 1971, pt. I, pp. 874 ss.; Cons. Stato, sez. V, 27 aprile 1971, n. 390, in “Cons. Stato”, 1971, pt. I, p. 809; Cons. Stato, sez. VI, 13 maggio 1977, n. 410, in “Cons. Stato”, 1977, pt. I, p. 847.

(3) Cfr. Cons. Stato, sez. VI, 5 giugno 1981, n. 248, in “Cons. Stato”, 1981, pt. I, pp. 749 ss. e Cons. Stato, sez. V, 30 giugno 1995, n. 955, in “Foro amm.”, 1995, pp. 1247 ss.

(4) Cfr. Cons. Stato, sez. IV, 16 giugno 1981, n. 471, in “Cons. Stato”, 1981, pt. I, pp. 646

s. e in “Rep. Giur. it.”, 1981, voce “Atti amministrativi”, n. 111; Cons. Stato, sez. VI, 12 marzo 1982, n. 125, in “Foro amm.”, 1982, pp. 428 ss.; Cons. Stato, sez. VI, 8 marzo 2004, n. 1080, in www.giustizia-amministrativa.it. Sul punto cfr. P. ROSSI, “Il riesame degli atti di accertamento”, Milano, 2008, p. 50, nt. 85.

(5) Cons. Stato, sez. V, 30 aprile 1997, n. 424, in “Cons. Stato”, 1997, pt. I, pp. 519 s.

(6) Cfr. N. BASSI , “Principio di legalità e poteri amministrativi impliciti”, Milano, 2001, p. 369.

(7) A. CASSATELLA, “La nuova disciplina dell’annullamento d’ufficio al vaglio della

giurisprudenza amministrativa”, in “Foro amm. T.A.R.”, 2006, pp. 2186 ss., p. 2190

(8) Cfr., ex plurimis, Cons. Stato, sez. IV, 20 gennaio 1956, n. 14, in “Riv. amm.”, 1956, pt. II, pp. 476 s.; Cons. Stato, sez. V, 28 giugno 1971, n. 653, in “Cons. Stato”, 1971, pt. I, p. 1143 e in “Rep. Giur. it.”, 1971, voce “Atti amministrativi”, n. 177; T.A.R. Umbria, 28 marzo 1980, n. 79, in “Rep. Giur. it.”, 1980, voce “Atti amministrativi”, n. 165; Cons. Stato, sez. IV, 25 novembre 1983, n. 847, in C.E.D. Cass., n. 831915.

(9) Cons. Stato, sez. V, 30 novembre 1973, n. 958, in C.E.D. Cass., n. 732450.

(10) Cons. Stato, sez. IV, 17 febbraio 1937, n. 91, in “Foro amm.”, 1937, pt. I, sez. 1a, coll. 143 ss.

(11) Cons. Stato, sez. VI, 8 giugno 1965, n. 430, in “Cons. Stato”, 1965, pt. I, pp. 1247 ss.

(12) Cfr. Cons. Stato, sez. V, 29 dicembre 1950, n. 1338, in “Foro it.”, 1951, pt. III, coll. 228 ss.; Cons. Stato, sez. V, 29 dicembre 1950, n. 1476, in “Riv. amm.”, 1951, pt. II, pp. 342 s.; Cons. Stato, sez. V, 25 marzo 1961, n. 112, in “Cons. Stato”, 1961, pt. I, pp. 347 ss.; Cons. Stato, sez. V, 10 maggio 1963, n. 270, in “Rep. Foro it.”, 1963, voce “Atto amministrativo”, n. 136; Cons. Stato, sez. IV, 26 luglio 1968, n. 474, in “Rep. Foro it.”, 1968, voce “Atto amministrativo”, n. 131; Cons. giust. amm. reg. sic., 2 ottobre 1968, n. 377, in “Rep. Foro it.”, 1968, voce “Atto amministrativo”, n. 130. Più di recente, cfr. T.A.R. Campania, Napoli, sez. II, 20 gennaio 1998, n. 83, in “Foro amm.”, 1998, p. 2549.

(13) Cons. Stato, Ad. gen., 10 giugno 1999, n. 9/99 (par.), in “Cons. Stato”, 1999, pt. I, pp.

1980 ss.

(14) Cons. Stato, sez. V, 29 dicembre 1950, n. 1476, cit.; Cons. Stato, sez. V, 25 marzo 1961, n. 112, cit.; Cons. Stato, sez. IV, 21 aprile 1964, n. 321, in “Cons. Stato”, 1964, pt. I, p. 665.

(15) Cons. Stato, sez. V, 15 marzo 1963, n. 270, in “Cons. Stato”, 1963, pt. I, p. 743; Cons. Stato, sez. IV, 26 luglio 1968, n. 474, cit.; Cons. giust. amm. reg. sic., 2 ottobre 1968, n. 377, cit.

(16) Cons. Stato, sez. VI, 15 maggio 1957, n. 300, in “Riv. amm.”, 1958, pt. II, pp. 53 ss.

(17) Ibid.

(18) Cfr. Cons. Stato, Ad. plen., 30 maggio 1940, De Benedictis c. Prefetto di Rieti e c. Comune di Amatrice, in “Riv. amm.”, 1940, pp. 718 s. e Cons. Stato, sez. IV, 27 aprile 1982, n. 253, in “Foro amm.”, 1982, pt. I, pp. 451 ss.

(19) Cons. Stato, sez. VI, 27 aprile 1971, n. 334, cit.

(20) Cfr. Cons. Stato, sez. IV, 6 marzo 1940, Corcione c. Ministero dell’educazione, in “Rep. Giur. it.”, 1940, voce “Giustizia amministrativa”, n. 99 e Cons. Stato, Ad. gen., 30 maggio 1940, n. 188, in CONSIGLIO DI STATO (a cura di), Il Consiglio di Stato nel quinquennio 1936–40. Relazione del Presidente al Duce del fascismo Capo del Governo, Roma, 1942, vol. II, pp. 25 s. e in “Rep. Foro it.”, 1940, voce “Atto amministrativo”, n. 27.

(21) T.A.R. Campania, Napoli, sez. I, 20 giugno 2006, n. 7085, in www.giustizia-amministrativa.it.

(22) Cons. Stato, sez. VI, 25 marzo 2004, n. 1613, in www.giustizia-amministrativa.it.

(23) T.A.R. Sicilia, Palermo, sez. II, 9 luglio 2007 n. 1775, in www.giustizia-amministrativa.it.

(24) Cfr. Cons. Stato, sez. V, 24 ottobre 1996, n. 1263, in “Cons. Stato”, 1996, pt. I, pp. 1516 s.; Cons. Stato, sez. VI, 14 gennaio 2000, n. 244, in “Cons. Stato”, 2000, pt. I, pp. 108 ss.; T.A.R. Campania, Napoli, sez. V, 28 marzo 2003, n. 3076, in www.giustizia-amministrativa.it; T.A.R. Sardegna, sez. II, 30 gennaio 2006, n. 95, in www.giustizia-amministrativa.it; T.A.R. Campania, Napoli, sez. V, 1 ottobre 2010, n. 17546, in www.giustizia-amministrativa.it.

(25) N. BASSI , op. cit., p. 376.

(26) Cfr. Cons. Stato, sez. VI, 9 febbraio 1979, n. 72, in “Cons. Stato”,1979, pt. I, p. 217; T.A.R. Lazio, Roma, sez. I, 29 agosto 1988, n. 1202, in “Trib. amm. reg.”, 1988, pt. I, p. 2952; Cons. giust. amm. reg. sic., 24 marzo 1988, n. 51, in “Rep. Foro it.”, 1988, voce “Atto amministrativo”, n. 142 e in C.E.D. Cass., n. 881287; T.A.R. Calabria, Catanzaro, 18 febbraio 1991, n. 67, in “Trib. amm. reg.”, 1991, pt. I, p. 1525; T.A.R. Sicilia, Palermo, sez. II, 18 ottobre 1993, n. 775, in “Rep. Foro it.”, 1994, voce “Atto amministrativo”, n. 370; T.A.R. Marche, 29 settembre 2003, n. 1015, in www.giustizia-amministrativa.it; T.A.R. Puglia, Bari, sez. I, 15 maggio 2008, n. 1157, in www.giustizia-amministrativa.it; T.A.R. Molise, sez. I, 23 settembre 2009, n. 644, in www.giustizia-amministrativa.it; T.A.R. Lazio, Roma, sez. II–bis, 29 aprile 2011, n. 3698, in www.giustizia-amministrativa.it.

(27) Cfr. T.A.R. Abruzzo, L’Aquila, 9 aprile 1983, n. 113, in “Trib. amm. reg.”, 1983, pt. I, p. 1611 ss.; T.A.R. Piemonte, sez. I, 23 maggio 1987, n. 195, in “Trib. amm. reg.”, 1987, pt. I, p. 2314; T.A.R. Veneto, 24 febbraio 1988, n. 157, in “Trib. amm. reg.”, 1988, pt. I, p. 1195; T.A.R. Puglia, Bari, sez. II, 13 marzo 1989, n. 118, in “Trib. amm. reg.”, 1989, pt. I, pp. 2626 s.; Cons. Stato, sez. V, 30 novembre 2000, n. 6354, in www.giustizia-amministrativa.it; Cons. Stato, sez. IV, 13 settembre 2001, n. 4805, in www.giustizia-amministrativa.it; Cons. Stato, sez. V, 27 settembre 2004, n. 6291, in www.giustizia-amministrativa.it; Cons. Stato, sez. IV, 14 febbraio 2006, n. 564, in www.giustizia-amministrativa.it; Cons. Stato, sez. V, 20 febbraio 2006, n. 701, in www.giustizia-amministrativa.it; Cons. Stato, sez. VI, 2 ottobre 2007, n. 5086, in www.giustizia-amministrativa.it.

(28) Cfr. Cons. Stato, sez. VI, 30 ottobre 1981, n. 547, in “Cons. Stato”, 1981, pt. I, pp. 1112 s.; in D. SORACE–C. MARZUOLI–A. CORPACI, “Materiali del diritto amministrativo”, Padova, 1991, pp. 174 ss.; in C.E.D. Cass., n. 811511.

(29) Cfr. T.A.R. Lazio, sez. II, 31 marzo 1976, n. 209, in “Rep. Foro it.”, 1976, voce “Atto amministrativo”, n. 401.

(30) T.A.R. Lazio, sez. I, 11 aprile 1979, n. 375, in “Rep. Foro it.”, 1979, voce “Atto amministrativo”, n. 124.

(31) Cons. Stato, sez. V, 11 novembre 1977, n. 997, in “Cons. Stato”, 1977, pt. I, p. 1681.

(32) Cons. giust. amm. reg. sic., 29 aprile 1988, n. 77, in “Cons. Stato”, 1988, pt. I, pp. 505 ss. e in SORACE–MARZUOLI–CORPACI, op. cit., pp. 171 ss. In termini analoghi cfr. Cons. Stato, sez. V, 13 febbraio 1998, n. 158, in “Foro amm.”, 1998, pp. 417 s. e in “Urb. e app.”, 1998, pp. 1011 ss.

(33) T.A.R. Lazio, Roma, sez. III, 11 aprile 1985, n. 377, in “Foro it.”, 1986, pt. III, coll. 148 ss.; in “Trib. amm. reg.”, 1985, pt. I, pp. 1632 ss.; in C.E.D. Cass., n. 8601665.

(34) Cons. Stato, sez. VI, 16 luglio 1983, n. 591, in “Cons. Stato”, 1983, pt. I, pp. 800 ss.

(35) T.A.R. Campania, Napoli, sez. V, 1 ottobre 2010, n. 17546, cit.

(36) Cons. Stato, sez. IV, 14 luglio 1997, n. 709, in “Cons. Stato”, 1997, pt. I, p. 1000.