x

x

Legal marketing: i legali non sanno creare relazioni, si limitano a informare

Legal marketing
Legal marketing

Legal marketing: i legali non sanno creare relazioni, si limitano a informare

Informare o coinvolgere? Tenere le distanze o creare una relazione? Sapersi mettere nei panni dell’interlocutore o rimanere fermi sul proprio punto percettivo? Sono queste le domande che chi si occupa professionalmente di marketing per gli studi legale come me si pone continuamente e pone al cliente. L’avvocato, lo sappiamo bene, non è abituato a coinvolgere gli interlocutori, ma è più incline ad informare, a dare soluzioni e a perorare la propria causa. Se tutto questo nell’epoca precedente all’ultimo decennio poteva funzionare molto bene e l’arte della retorica e dialettica di ciceroniana memoria aveva il suo perché, oggi che siamo nell’epoca della comunicazione cambia tutto.

Innanzitutto, oggi tutti comunicano (o pensano di farlo), tutti dicono la loro e i canali per farlo sono moltissimi, passando dall’analogico al digitale al virtuale. La comunicazione è pertanto molto più “sporca” che in passato, variegata, polverizzata e veloce. Dunque, i canoni della comunicazione, anche professionale e istituzionale sono cambiati. Per averne un’idea lampante, basta vedere i cambiamenti della comunicazione politica, irriconoscibile rispetto a quella di tre decenni addietro. Anche la comunicazione commerciale, a cominciare dalle pubblicità è completamente diversa dal passato e la comunicazione per la vendita o marketing. Diversi i target, diversi i canali, i messaggi, i tempi.

 

INTERAZIONE

La più grande novità della comunicazione rispetto al passato è proprio la interattività tra gli interlocutori. Chi comunicava in passato lo faceva in modo unidirezionale: c’era un emittente, un ricevente, un messaggio. Questa è stata la comunicazione politica del dopoguerra, la comunicazione della radio, della televisione, dei quotidiani e dei magazine. Questa è stata anche la comunicazione dei professionisti: dare soluzioni, risposte, informare sullo stato dell’arte di una pratica, declamare opinioni e soluzioni. Dal momento che questo atteggiamento è stato allenato per generazioni di professionisti, ecco che giunto il momento di comunicare erga omnes, ciascuno ha fatto ciò che sapeva fare: quindi informare utilizzando strumenti di comunicazione come il sito Internet di studio, i social network, il public speaking. Nella stessa epoca storica, tuttavia, il pubblico è stato abituato ad una comunicazione molto più coinvolgente, al marketing emozionale, alla comunicazione politica partecipata, ai social network che permettevano interazione e coinvolgimento. Ecco che la comunicazione dell’avvocato è apparsa decontestualizzata, fuori dal tempo che stavamo vivendo, poco efficace e zero coinvolgente.

Che fare? La soluzione è passare ad una comunicazione diversa, fatta di interazione, di storytelling, di storydoing, di coinvolgimento, di tempi veloci e di messaggi chiari e precisi. È così che molti studi legali hanno cominciato a parlare dei propri valori e stile. È così che si è cominciato a coinvolgere i propri collaboratori nella comunicazione (employee branding), che le tematiche della sostenibilità, dell’inclusività, del work life balance hanno preso piede accanto al classico chi siamo, cosa facciamo, aree di attività e servizi offerti. Molti studi sono così passati dalla comunicazione tipica del banco della frutta al mercato, alla comunicazione storytelling, al racconto di come possiamo aiutarti e in cosa possiamo fare per te la differenza. E tutto è cambiato.