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L’indisponibilita’ dei diritti connessi alla famiglia ed i limiti dell’autonomia privata: l’irrinunciabilita’ dell’assegno di mantenimento.

Si potrebbe affermare che, nella separazione, i coniugi siano assolutamente “liberi”, nella loro autonomia, di negoziare e di stabilire le rispettive condizioni di vita materiale e personale di marito e di moglie, con la conseguenza che tali accordi possano avere un qualsivoglia contenuto ai fini della loro omologazione. Ciò, però, lascerebbe senza risposta la domanda: perché l’omologazione è prevista come necessaria secondo il vigente ordinamento giuridico e magari non sia sufficiente un atto notarile, magari anche registrato?!

In realtà il ruolo dell’autonomia privata è limitato all’individuazione dei diritti disponibili cioè a quei diritti liberamente negoziabili nell’ambito dei rapporti familiari. Sarebbe nullo un accordo tra coniugi che abbia ad oggetto un diritto indisponibile.

Al fine di stabilire l’ammissibilità di tali patti tra coniugi pare opportuno riferirsi alla clausola di ordine pubblico, l’art. 160 c.c.: “gli sposi non possono derogare né ai diritti né ai doveri previsti dalla legge per effetto del matrimonio”. E’ evidente l’assoluta genericità della norma in questione in quanto priva di indicazioni su quali siano i diritti e i doveri inderogabili.

E’ ovvio e banale riconoscere che i ruoli di marito e di moglie e, se vi sono figli, di padre e di madre non possano e non debbano essere oggetto di negoziazione e di disposizione, difatti, ad esempio la condizione di coniuge separato si acquisisce soltanto attraverso il ricorso all’autorità giudiziaria.

La libera negoziabilità è esclusa anche con riferimento ai doveri coniugali di carattere non patrimoniale, quali fedeltà, coabitazione, assistenza morale e collaborazione.

Parimenti inderogabili sono i diritti di libertà e i diritti personalissimi dei componenti la famiglia.

Per ciò che concerne i rapporti patrimoniali tra coniugi, invece, è da considerare indisponibile il diritto agli alimenti di cui agli artt. 433 e ss cc, il quale presuppone uno stato di bisogno. La ragione di detta indisponibilità va ricercata nella tutela della personalità di ciascun componente la famiglia, in quanto il diritto al sostentamento minimo e basilare è diritto funzionale a garantire detta tutela e pertanto deve essere sottratto al potere di disposizione delle parti.

L’indisponibilità del diritto di mantenimento è ricavabile dall’esame del combinato disposto dell’art. 160 e dell’art. 143 che vietano di patteggiare gli oneri del matrimonio, e dell’art. 5 comma 6 della legge sul divorzio.

Da tali disposizioni emerge che l’assegno di mantenimento non può essere oggetto di rinuncia preventiva da parte dei coniugi, né di un accordo che ne stabilisca la spettanza, la misura e la decorrenza.

I coniugi, spesso, quando maturano la decisione di separarsi o di divorziare, concludono accordi con i quali regolano l’assegno di mantenimento, i diritti economici della prole minorenne e i diritti sulla casa familiare, al fine di evitare contrasti durante il giudizio civile.

E’ discussa la validità di tali intese che alle volte hanno ad oggetto diritti previsti dalla legge per effetto del matrimonio e come tali qualificabili inderogabili ex art.160 c.c.: “gli sposi non possono derogare né ai diritti né ai doveri previsti dalla legge per effetto del matrimonio”.

Dal matrimonio deriva l’obbligo reciproco alla fedeltà, all’assistenza morale e materiale, alla collaborazione nell’interesse della famiglia e alla coabitazione, entrambi i coniugi sono tenuti, ciascuno in relazione alle proprie sostanze e alla propria capacità di lavoro professionale o casalingo, a contribuire ai bisogni della famiglia.

Col venir meno del vincolo matrimoniale, la legge non smette di tutelare il coniuge più debole, persino in assenza di figli, difatti, ai sensi dell’art. 156 c.c. il giudice pronunciando la separazione, stabilisce a vantaggio del coniuge cui non è addebitabile la separazione il diritto di ricevere dall’altro coniuge quanto è necessario al suo mantenimento qualora egli non abbia adeguati redditi propri”.

Il dovere di entrambi i coniugi di contribuire al reale bisogno della famiglia in relazione alle proprie sostanze e redditi non è derogabile, difatti l’art. 143 cod. civ. stabilisce: “con il matrimonio il marito e la moglie acquistano gli stessi diritti e assumono i medesimi doveri”.

E’ pacifico, quindi,come da tali articoli del nostro codice civile si evince l’indisponibilità del diritto all’assegno di mantenimento.

Il diritto al mantenimento è una "traduzione, trasformazione, modificazione, specificazione, estrinsecazione, manifestazione di un aspetto o di una componente" di quello all'assistenza materiale ex art. 143, comma 2, c.c., con la precisazione che quest'ultimo non subisce alcuna sospensione con la separazione personale. Pertanto, il diritto di assistenza materiale o il diritto all’assegno di mantenimento, corrisponde a ciò che è necessario alla conservazione del tenore di vita e della propria posizione economico- sociale, quando a ciò non siano sufficienti i propri redditi e siano invece adeguati i mezzi economici dell’altro coniuge”.

Per quanto concerne la possibilità di rinuncia al diritto al mantenimento, espressa o implicita che sia, è da ritenersi o inesistente, cioè indegna di essere configurata quale negozio giuridico, perché non corrisponde ad alcun interesse meritevole di tutela da parte dell’ordinamento, oppure esistente ma nulla, in quanto contrasta con le esigenze di natura pubblicistica su cui riposano i rapporti di famiglia.

La ragione giustificatrice dell’inammissibilità della rinuncia a tale diritto va ravvisata nella tutela del coniuge in difficoltà contro gli inadempimenti dell’obbligato, sia nell’ipotesi in cui si addivenga ad essa per rendere più celere la separazione, sia nel caso di una stima non esatta delle condizioni patrimoniali del soggetto beneficiario o di quello tenuto.

Nonostante l’indisponibilità del diritto, è però sempre possibile che le parti pattuiscano la misura dell’assegno secondo le reali possibilità del coniuge obbligato ed i bisogni del beneficiario, come pure che la parte a cui favore l’assegno dovrebbe essere attribuito riconosca la propria autosufficienza: questo accordo tuttavia non costituisce rinuncia all’assegno e vincola i coniugi soltanto fino a quando sussistano le condizioni di autosufficienza, potendo sempre essere revocato e potendo esserne eccepita l’inefficacia, qualora scaturisca da una valutazione non libera ed erronea. Si potrebbe affermare che, nella separazione, i coniugi siano assolutamente “liberi”, nella loro autonomia, di negoziare e di stabilire le rispettive condizioni di vita materiale e personale di marito e di moglie, con la conseguenza che tali accordi possano avere un qualsivoglia contenuto ai fini della loro omologazione. Ciò, però, lascerebbe senza risposta la domanda: perché l’omologazione è prevista come necessaria secondo il vigente ordinamento giuridico e magari non sia sufficiente un atto notarile, magari anche registrato?!

In realtà il ruolo dell’autonomia privata è limitato all’individuazione dei diritti disponibili cioè a quei diritti liberamente negoziabili nell’ambito dei rapporti familiari. Sarebbe nullo un accordo tra coniugi che abbia ad oggetto un diritto indisponibile.

Al fine di stabilire l’ammissibilità di tali patti tra coniugi pare opportuno riferirsi alla clausola di ordine pubblico, l’art. 160 c.c.: “gli sposi non possono derogare né ai diritti né ai doveri previsti dalla legge per effetto del matrimonio”. E’ evidente l’assoluta genericità della norma in questione in quanto priva di indicazioni su quali siano i diritti e i doveri inderogabili.

E’ ovvio e banale riconoscere che i ruoli di marito e di moglie e, se vi sono figli, di padre e di madre non possano e non debbano essere oggetto di negoziazione e di disposizione, difatti, ad esempio la condizione di coniuge separato si acquisisce soltanto attraverso il ricorso all’autorità giudiziaria.

La libera negoziabilità è esclusa anche con riferimento ai doveri coniugali di carattere non patrimoniale, quali fedeltà, coabitazione, assistenza morale e collaborazione.

Parimenti inderogabili sono i diritti di libertà e i diritti personalissimi dei componenti la famiglia.

Per ciò che concerne i rapporti patrimoniali tra coniugi, invece, è da considerare indisponibile il diritto agli alimenti di cui agli artt. 433 e ss cc, il quale presuppone uno stato di bisogno. La ragione di detta indisponibilità va ricercata nella tutela della personalità di ciascun componente la famiglia, in quanto il diritto al sostentamento minimo e basilare è diritto funzionale a garantire detta tutela e pertanto deve essere sottratto al potere di disposizione delle parti.

L’indisponibilità del diritto di mantenimento è ricavabile dall’esame del combinato disposto dell’art. 160 e dell’art. 143 che vietano di patteggiare gli oneri del matrimonio, e dell’art. 5 comma 6 della legge sul divorzio.

Da tali disposizioni emerge che l’assegno di mantenimento non può essere oggetto di rinuncia preventiva da parte dei coniugi, né di un accordo che ne stabilisca la spettanza, la misura e la decorrenza.

I coniugi, spesso, quando maturano la decisione di separarsi o di divorziare, concludono accordi con i quali regolano l’assegno di mantenimento, i diritti economici della prole minorenne e i diritti sulla casa familiare, al fine di evitare contrasti durante il giudizio civile.

E’ discussa la validità di tali intese che alle volte hanno ad oggetto diritti previsti dalla legge per effetto del matrimonio e come tali qualificabili inderogabili ex art.160 c.c.: “gli sposi non possono derogare né ai diritti né ai doveri previsti dalla legge per effetto del matrimonio”.

Dal matrimonio deriva l’obbligo reciproco alla fedeltà, all’assistenza morale e materiale, alla collaborazione nell’interesse della famiglia e alla coabitazione, entrambi i coniugi sono tenuti, ciascuno in relazione alle proprie sostanze e alla propria capacità di lavoro professionale o casalingo, a contribuire ai bisogni della famiglia.

Col venir meno del vincolo matrimoniale, la legge non smette di tutelare il coniuge più debole, persino in assenza di figli, difatti, ai sensi dell’art. 156 c.c. il giudice pronunciando la separazione, stabilisce a vantaggio del coniuge cui non è addebitabile la separazione il diritto di ricevere dall’altro coniuge quanto è necessario al suo mantenimento qualora egli non abbia adeguati redditi propri”.

Il dovere di entrambi i coniugi di contribuire al reale bisogno della famiglia in relazione alle proprie sostanze e redditi non è derogabile, difatti l’art. 143 cod. civ. stabilisce: “con il matrimonio il marito e la moglie acquistano gli stessi diritti e assumono i medesimi doveri”.

E’ pacifico, quindi,come da tali articoli del nostro codice civile si evince l’indisponibilità del diritto all’assegno di mantenimento.

Il diritto al mantenimento è una "traduzione, trasformazione, modificazione, specificazione, estrinsecazione, manifestazione di un aspetto o di una componente" di quello all'assistenza materiale ex art. 143, comma 2, c.c., con la precisazione che quest'ultimo non subisce alcuna sospensione con la separazione personale. Pertanto, il diritto di assistenza materiale o il diritto all’assegno di mantenimento, corrisponde a ciò che è necessario alla conservazione del tenore di vita e della propria posizione economico- sociale, quando a ciò non siano sufficienti i propri redditi e siano invece adeguati i mezzi economici dell’altro coniuge”.

Per quanto concerne la possibilità di rinuncia al diritto al mantenimento, espressa o implicita che sia, è da ritenersi o inesistente, cioè indegna di essere configurata quale negozio giuridico, perché non corrisponde ad alcun interesse meritevole di tutela da parte dell’ordinamento, oppure esistente ma nulla, in quanto contrasta con le esigenze di natura pubblicistica su cui riposano i rapporti di famiglia.

La ragione giustificatrice dell’inammissibilità della rinuncia a tale diritto va ravvisata nella tutela del coniuge in difficoltà contro gli inadempimenti dell’obbligato, sia nell’ipotesi in cui si addivenga ad essa per rendere più celere la separazione, sia nel caso di una stima non esatta delle condizioni patrimoniali del soggetto beneficiario o di quello tenuto.

Nonostante l’indisponibilità del diritto, è però sempre possibile che le parti pattuiscano la misura dell’assegno secondo le reali possibilità del coniuge obbligato ed i bisogni del beneficiario, come pure che la parte a cui favore l’assegno dovrebbe essere attribuito riconosca la propria autosufficienza: questo accordo tuttavia non costituisce rinuncia all’assegno e vincola i coniugi soltanto fino a quando sussistano le condizioni di autosufficienza, potendo sempre essere revocato e potendo esserne eccepita l’inefficacia, qualora scaturisca da una valutazione non libera ed erronea.