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Mercato Unico Europeo e nuovo sistema di ADR di consumo transnazionale

di Francesco Luongo e Ovidio Marzaioli

La necessità di creare un mercato unico nell'Unione che, superando le barriere nazionali si ponga con i suoi oltre cinquecento milioni di consumatori quale motore di sviluppo economico per i paesi membri, è alla base della nuova Direttiva 2013/11/UE  sulla risoluzione alternativa delle controversie dei consumatori che modifica il Regolamento (CE) n. 2006/2004 e la Direttiva 2009/22/CE (direttiva sull'ADR per i consumatori).

Gli Stati membri dovranno metter e  in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla Direttiva entro 9 luglio 2015.

È interessante notare come la Commissione Europea ed il Parlamento Europeo abbiano indicato nella sussidiarietà e nella proporzionalità i principi stabilizzatori del sistema ADR sulle controversie, nazionali e transfrontaliere, concernenti obbligazioni contrattuali derivanti da contratti di vendita o di servizi tra professionisti stabiliti nell'Unione e consumatori residenti nell'Unione, lasciando in tal modo al legislatore interno la tutela e la salvaguardia delle esperienze consolidate di risoluzione.

Come ben sintetizzato nel considerando n. 6: Le disparità nella copertura, nella qualità e nella conoscenza dell'ADR tra gli Stati membri rappresentano una barriera al mercato interno e sono da annoverare tra le ragioni per cui molti consumatori evitano di effettuare acquisti transfrontalieri e temono che eventuali controversie con i professionisti non possano essere risolte in modo facile, rapido ed economico. Per le medesime ragioni, i professionisti potrebbero astenersi dal vendere a consumatori che risiedono in altri Stati membri che non offrono un accesso sufficiente a procedure ADR di qualità elevata.

Innanzitutto viene consolidato in maniera definitiva il ruolo degli “organismi” quale elemento centrale delle ADR nella sua espressione di indipendenza e terzietà rispetto alla controversia instaurata e alla conseguente neutralità dello stesso rispetto alle parti.

In tal senso va vista la positiva valutazione dell'esperienza italiana della conciliazione paritetica che però è da armonizzare (adattare) ai principi richiamati dalla normativa europea di riferimento.

Partendo dal dato generale di principio, quindi, risulta molto più comprensibile la richiesta di adattamento delle procedure interne esistenti (in particolare delle conciliazioni paritetiche italiane) fatta dalla Direttiva alla normativa sussidiaria e proporzionale, lasciando alla libera applicazione dei singoli stati la forma e le specificità locali.

In tal modo si può meglio comprendere la disciplina "minima" stabilita dalla norma comunitaria che emerge dal combinato disposto dell'articolo 2 comma  secondo e dell'articolo6 paragrafo 3  punti a,b,c,d, e paragrafo 4 intesa come richiesta basilare di competenza, indipendenza, imparzialità oltre che di trasparenza, equità ed efficacia degli organismi in composizione paritaria.

Il legislatore europeo prevede che: "Gli Stati membri che decidono di consentire le procedure di cui all'articolo 2, paragrafo 2, lettera a), come procedure ADR ai sensi della presente direttiva, garantiscono che, oltre ai requisiti generali di cui ai paragrafi 1 e 5, tali procedure soddisfino i seguenti requisiti specifici:

a) le persone fisiche incaricate della risoluzione delle controversie siano nominate da, o facciano parte di, un organismo collegiale composto da un numero uguale di rappresentanti delle organizzazioni di consumatori e di rappresentanti del professionista e siano nominate a seguito di una procedura trasparente;

b) le persone fisiche incaricate della risoluzione delle controversie dispongano di un mandato di almeno tre anni per garantire l'indipendenza della loro azione;

c) le persone fisiche incaricate della risoluzione delle controversie si impegnino a non lavorare per il professionista o per un'organizzazione professionale o un'associazione di imprese di cui il professionista sia membro per un periodo di tre anni dopo la cessazione del loro incarico nell'organismo di risoluzione delle controversie;

d) l'organismo di risoluzione delle controversie non abbia collegamenti gerarchici o funzionali con il professionista, sia chiaramente separato dagli organismi operativi del professionista e abbia a sua disposizione risorse finanziarie sufficienti, distinte dal bilancio generale del professionista, per lo svolgimento dei suoi compiti.

Ed ancora al paragrafo n. 4:  Qualora le persone fisiche incaricate della ADR siano assunte o retribuite esclusivamente da un'organizzazione professionale o da un'associazione di imprese di cui il professionista è membro, gli Stati membri assicurano che, oltre ai requisiti generali di cui ai paragrafi 1 e 5, esse abbiano a loro disposizione risorse di bilancio distinte e apposite che siano sufficienti ad assolvere i loro compiti.

Il presente paragrafo non si applica qualora le persone fisiche interessate facciano parte di un organismo collegiale composto da un numero uguale di rappresentanti dell'organizzazione professionale e dell'associazione di imprese da cui sono assunte o retribuite e delle organizzazioni dei consumatori.

Tale interpretazione è avvalorata da quanto previsto nei “considerando” 23 e 25 della norma in cui si precisa che: “la direttiva non dovrebbe impedire agli Stati membri di mantenere o introdurre una normativa sulle procedure di soluzione extragiudiziale di controversie dei consumatori di natura contrattuale che siano conformi ai requisiti stabiliti nella presente direttiva”.

La Direttiva quindi riconosce le negoziazioni paritetiche (o aziendali) solo laddove le stesse si evolvano, recependo i principi di trasparenza, terzietà, indipendenza e di autonomia finanziaria dell'organismo dettati agli articolo 2, 5 e 6, riconoscendo  anche  un diverso ruolo del conciliatore (tale funzione potrà essere oggetto di un approfondimento specifico).

È proprio il considerando n 35 che ben chiarisce il senso dei requisiti  specifici del “conciliatore di consumo” elencati dall'articolo 6 (paragrafo 4, comma 2) e cioè: "La necessità di garantire l'assenza di tali pressioni si manifesta in particolare quando le persone fisiche incaricate dell'ADR sono alle dipendenze del professionista o percepiscono da esso una qualsiasi forma di remunerazione. È opportuno pertanto prevedere requisiti specifici nel caso in cui gli Stati membri decidano di consentire che le procedure di risoluzione delle controversie in tali casi si possono considerare procedure ADR ai sensi della presente direttiva. Le persone fisiche incaricate dell'ADR che sono alle dipendenze di un'organizzazione professionale o di un'associazione di imprese di cui il professionista è membro o che ricevono da queste ultime, sotto qualsiasi forma, la loro unica remunerazione, dovrebbero avere a loro disposizione risorse di bilancio distinte e apposite, sufficienti ad assolvere i loro compiti.

A sommesso avviso degli scriventi la norma deve essere interpretato in coerenza con quanto dedotto in precedenza e in ossequio ai principi della sussidiarietà e della proporzionalità, alla sola parte afferente la presenza di un’ autonomia finanziaria dell'organismo paritetico.

Questa ricostruzione, che fa giustizia di recenti interpretazioni poco aderenti al dato normativo, pone le associazioni dei consumatori e le aziende aderenti ai protocolli di conciliazione paritetica davanti ad una scelta epocale che salvaguardi o meno le “negoziazioni aziendali” da un destino di secondarietà rispetto alle nascenti ADR di consumo (ed ai relativi “organismi”) perfettamente aderenti al modello europeo delineato dalla Direttiva, e che ne pregiudicheranno in breve tempo l’effettività e la capacità di essere parte integrante del nascente sistema unico europeo di tutela extragiudiziale dei consumatori.

A nulla valgono i tentativi pur teorizzati di esportare ad altri settori del consumo il modello procedurale vigente nelle telecomunicazioni e pay tv (Legge n. 249/97 e Regolamento AGCOM n. 173/07/CONS) per poter giustificare un ruolo, per così dire, ridotto delle negoziazioni paritetiche, basato su un sistema di procedure concorrenti (Corecom regionali, Conciliazioni paritetiche, Mediazione innanzi le Camere di Commercio e Organismi di cui al Dlgs n. 28/10)  con possibile definizione “in seconda istanza” davanti all'Autorità di Regolazione di riferimento.

Tale estensione del modello TLC non sembra coerente, sia per ragioni giuridiche(l’obbligatorietà della conciliazione stabilita espressamente solo nella  legge istitutiva dell’AGCOM  pena l’ improcedibilità della domanda giudiziaria), ma anche pratiche come  la tendenza ad una riduzione sempre maggiore delle domande di conciliazione paritetica rispetto all’aumento esponenziale delle domande ai Corecom Regionali confermata nella recente relazione dell’AGCOM al Parlamento.

Partendo dalle numerose esperienze italiane in materia di conciliazione paritetica l’adesione coerente al quid novis  richiesto dalla nuova  Direttiva sulle ADR di consumo, riteniamo debba orientarne i principali attori ovvero aziende ed associazioni dei consumatori, alla ricerca di una riforma condivisa del sistema fondata sulla creazione di uno o più “organismi” per i diversi mercati che possano rientrare a pieno titolo nel sistema transnazionale di composizione delle controversie delineato dal legislatore comunitario.

A riprova della necessità di ripensare il ruolo delle conciliazioni paritetiche è utile approfondire la recente iniziativa dell’  Autorità per l’Energia Elettrica ed il Gas che ha strutturato il Servizio conciliazione clienti energia (Delibera 21 giugno 2012 260/2012/E/com),  un modello di risoluzione alternativa delle controversie via internet, attivato nell’aprile 2013,  ritenuto conforme alle nuove  regole dettate dall’Unione.

Come previsto dal “Terzo pacchetto energia U.E.” del 2009, recepito in Italia con il Dlgs. n. 93/2011, l'AEEG ha costruito un modello sia per i reclami (Sportello del Consumatore) che per le conciliazioni (Servizio di Conciliazione) creando una alternativa istituzionale alle diverse procedure paritetiche ma, si noti, adattando il modello a quello della Direttiva.

Infatti l’articolo 44 del richiamato Decreto Legislativo recita al comma 4 che “L'Autorità per l'energia elettrica e il gas assicura il trattamento efficace dei reclami e delle procedure di conciliazione dei clienti finali nei confronti dei venditori e dei distributori di gas naturale ed energia elettrica avvalendosi dell'Acquirente unico Spa e vigila affinché siano applicati i principi in materia di tutela dei consumatori di cui all'Allegato I delle direttive 2009/73/CE e 2009/72/CE”.

In tal modo e con un certo anticipo sulla citata Direttiva, l'Autorità, in base a quanto previsto nel Terzo pacchetto energia ha delineato nel mercato dell’energia elettrica e del gas (in prospettiva anche quello dei servizi idrici da essa regolati) un sistema di ADR conforme  sia ai meccanismi della media-conciliazione istituita con il Dlgs n. 28/10, a partire dal ruolo del mediatore/conciliatore terzo), sia a quelli della Direttiva con la creazione di un organismo autonomo presso l'Acquirente Unico spa e la previsione della retribuzione dei partecipanti alla mediazione on line, così come previsto dalla direttiva, "secondo modalità non legate all'esito della procedura (articolo 6 1 par. lettera d)" .

Tale partecipazione diretta dell'Autorità al sistema di ADR di consumo a tutela dei consumatori con un proprio “organismo autonomo” pone seri interrogativi circa l’opportunità di una scelta calata su una realtà fino ad oggi riservata alle conciliazioni paritetiche.

Cosa prevede la Direttiva e sopratutto cosa significa tale intervento per la conciliazione paritetica nei settori energetici?

Ebbene il legislatore comunitario  chiarisce al considerando n. 24 che la Direttiva non  dovrebbe precludere il funzionamento di organismi di risoluzione delle controversie esistenti nell'ambito di autorità nazionali di protezione dei consumatori negli Stati membri dove i funzionari pubblici sono incaricati della risoluzione delle controversie.

Nel caso delle controversie in materia di TLC  la conciliazione è affidata ai dipendenti Regionali inquadrati nei CORECOM mentre nel mercato dell’energia elettrica e del gas il servizio conciliazione istituito dall’AEEG è affidato alla gestione dell’Acquirente Unico spa quale  Ente strumentale che si avvale,previa convenzione, dei conciliatori (più propriamente mediatori ai sensi del Dlgs 28/10) delle Camere Arbitrali di Roma e Milano.

Nel secondo caso si pone l’interrogativo se l’inquadramento del servizio derivante da un atto deliberativo dell’Autorità e conseguente convenzione tra Acquirente Unico spa e Camere Arbitrali basti a far acquisire ai conciliatori incaricati la qualifica di funzionario pubblico prevista dalla norma per il riconoscimento.

Altro dubbio che il legislatore nazionale sarà chiamato ad affrontare in sede di recepimento è quello relativo alla scelta tra l’unica o le molteplici Autorità di controllo degli organismi di ADR di consumo.

Recita infatti l’articolo 18 della Direttiva: “Ciascuno Stato membro designa un'autorità competente incaricata di svolgere le funzioni di cui agli articoli 19 e 20 . Ogni Stato membro può designare più di un'autorità competente. Se uno Stato membro procede in tal senso, esso determina quale delle autorità competenti designate è il punto di contatto unico con la Commissione . Ogni Stato membro comunica alla Commissione l'autorità competente o, se del caso, le autorità competenti, compreso il punto di contatto unico , che ha designato”.

Il ruolo delle “autorità competenti” è quello di valutare se gli organismi di risoluzione delle controversie ad esse notificati si possano considerare organismi ADR di consumo conformi ai requisiti di qualità e alle disposizioni nazionali di attuazione, incluse le disposizioni nazionali che fissino requisiti più rigorosi di quelli della Direttiva stessa.

Oltre la valutazione della conformità, la o le Autorità competenti devono anche vigilare sulla permanenza dei requisiti in capo all'organismo inserito in elenco eventualmente contattandolo per segnalargli la violazione.

Addirittura se allo scadere del termine di tre mesi dalla diffida l'organismo di risoluzione delle controversie continua a non soddisfare i requisiti previsti l'autorità competente po’ sopprimerlo dall'elenco aggiornato senza indugio e le informazioni pertinenti sono trasmesse alla Commissione.

Anche in questa circostanza apre seri interrogativi su come nei mercati energetici possa sussistere, nel caso di delega settoriale del legislatore italiano all’AEEG, un potere di controllo, valutazione ed eventuale esclusione degli organismi di ADR di consumo e su come tali funzioni possano essere esercitate  in presenza di un proprio Servizio di conciliazione.

I dubbi che scaturiscono dalle citate prospettive di recepimento della normativa comunitaria e la sua armonizzazione con le esperienze conciliative esistenti in Italia sono tali da far balenare anche ipotesi di veri e propri conflitti d’interesse, spingendo associazioni dei consumatori e imprese ad interrogarsi sulla effettiva utilità degli attuali protocolli di conciliazione paritetica a breve ricadenti nella categoria delle “negoziazioni aziendali” di fronte alle sempre più diffuse  “conciliazioni istituzionali” (AGCOM, Arbitro Bancario, Camera di conciliazione Consob e Finanziari, AEEG,) che ne marginalizzano l’importanza.

Il dibattito sulla interazione pubblico-privato nel settore delle ADR di consumo coinvolgerà naturalmente anche tutti i soggetti che intenderanno inserirsi in un “mercato” della risoluzione dei conflitti che l’Italia ha già visto prima esplodere e poi implodere  con la difficile esperienza degli Organismi di mediazione il cui futuro resta tutt’ora avvolto nelle nebbie della conversione in legge del “Decreto del fare”.

È possibile la convivenza di un sistema di ADR suddiviso tra Autorità di regolazione, Organismi a norma UE e negoziazioni aziendali in cui confluiranno le conciliazioni paritetiche non riformate ai sensi dell’art 6 della Direttiva?

Un ipotesi di inquadramento delle ADR pubbliche le fornisce il considerando n. 24 della Direttiva sarebbe quello di individuare nelle conciliazioni  istituzionali esistenti in Italia con  gli “organismi ADR residui”  necessari, per assicurare una copertura settoriale e geografica totale e l'accesso all'ADR.

L’esperienza del Servizio di Conciliazione dell’AEEG gestito dall'Acquirente Unico è ancora fonte di spunti significativi a riguardo, essendosi posta di fatto quale  “ADR residuo” che permette ai consumatori la conciliazione anche in mancanza di specifici protocolli aziendali con un grande valore aggiunto  dato dalla possibilità di richiedere l'intervento della società di distribuzione nella procedura istituzionale (come previsto dall’articolo 44 del Dlgs n. 93/11) a differenza di quanto accade nelle paritetiche.

È molto importante tener presente questa evoluzione del servizio di mediazione dell'AEEG nella prospettiva dei  futuri  organismi di ADR di consumo conformi ai requisiti dell’articolo 6 della Direttiva composti da rappresentanti delle imprese e delle associazioni dei consumatori, in grado di dare risposte più veloci ed efficaci alle domande di tutela dei consumatori a differenza delle conciliazioni paritetiche caratterizzate, soprattutto nell'energia, da lungaggini e difficoltà procedurali.

A questo punto premesso che l’intervento delle Autorità di regolazione nazionali resta essenziale per l’assistenza e la corretta informazione dei consumatori, è pur vero che vanno evitate asimmetrie regolamentari tra ADR di consumo “istituzionali”, procedure paritetiche e dei futuri organismi di ADR come nel caso riportato della società di distribuzione obbligata alla conciliazione dell’AEEG e non alle negoziazioni aziendali animate da imprese ed associazioni.

Il quadro in piena evoluzione e seppur provvisorio, sembra ben chiaro e pronto ad essere incentivato dall'Unione Europea e dagli Stati membri interessati ad abbattere il contenzioso giudiziario come nel caso dell’Italia.

di Francesco Luongo e Ovidio Marzaioli

La necessità di creare un mercato unico nell'Unione che, superando le barriere nazionali si ponga con i suoi oltre cinquecento milioni di consumatori quale motore di sviluppo economico per i paesi membri, è alla base della nuova Direttiva 2013/11/UE  sulla risoluzione alternativa delle controversie dei consumatori che modifica il Regolamento (CE) n. 2006/2004 e la Direttiva 2009/22/CE (direttiva sull'ADR per i consumatori).

Gli Stati membri dovranno metter e  in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla Direttiva entro 9 luglio 2015.

È interessante notare come la Commissione Europea ed il Parlamento Europeo abbiano indicato nella sussidiarietà e nella proporzionalità i principi stabilizzatori del sistema ADR sulle controversie, nazionali e transfrontaliere, concernenti obbligazioni contrattuali derivanti da contratti di vendita o di servizi tra professionisti stabiliti nell'Unione e consumatori residenti nell'Unione, lasciando in tal modo al legislatore interno la tutela e la salvaguardia delle esperienze consolidate di risoluzione.

Come ben sintetizzato nel considerando n. 6: Le disparità nella copertura, nella qualità e nella conoscenza dell'ADR tra gli Stati membri rappresentano una barriera al mercato interno e sono da annoverare tra le ragioni per cui molti consumatori evitano di effettuare acquisti transfrontalieri e temono che eventuali controversie con i professionisti non possano essere risolte in modo facile, rapido ed economico. Per le medesime ragioni, i professionisti potrebbero astenersi dal vendere a consumatori che risiedono in altri Stati membri che non offrono un accesso sufficiente a procedure ADR di qualità elevata.

Innanzitutto viene consolidato in maniera definitiva il ruolo degli “organismi” quale elemento centrale delle ADR nella sua espressione di indipendenza e terzietà rispetto alla controversia instaurata e alla conseguente neutralità dello stesso rispetto alle parti.

In tal senso va vista la positiva valutazione dell'esperienza italiana della conciliazione paritetica che però è da armonizzare (adattare) ai principi richiamati dalla normativa europea di riferimento.

Partendo dal dato generale di principio, quindi, risulta molto più comprensibile la richiesta di adattamento delle procedure interne esistenti (in particolare delle conciliazioni paritetiche italiane) fatta dalla Direttiva alla normativa sussidiaria e proporzionale, lasciando alla libera applicazione dei singoli stati la forma e le specificità locali.

In tal modo si può meglio comprendere la disciplina "minima" stabilita dalla norma comunitaria che emerge dal combinato disposto dell'articolo 2 comma  secondo e dell'articolo6 paragrafo 3  punti a,b,c,d, e paragrafo 4 intesa come richiesta basilare di competenza, indipendenza, imparzialità oltre che di trasparenza, equità ed efficacia degli organismi in composizione paritaria.

Il legislatore europeo prevede che: "Gli Stati membri che decidono di consentire le procedure di cui all'articolo 2, paragrafo 2, lettera a), come procedure ADR ai sensi della presente direttiva, garantiscono che, oltre ai requisiti generali di cui ai paragrafi 1 e 5, tali procedure soddisfino i seguenti requisiti specifici:

a) le persone fisiche incaricate della risoluzione delle controversie siano nominate da, o facciano parte di, un organismo collegiale composto da un numero uguale di rappresentanti delle organizzazioni di consumatori e di rappresentanti del professionista e siano nominate a seguito di una procedura trasparente;

b) le persone fisiche incaricate della risoluzione delle controversie dispongano di un mandato di almeno tre anni per garantire l'indipendenza della loro azione;

c) le persone fisiche incaricate della risoluzione delle controversie si impegnino a non lavorare per il professionista o per un'organizzazione professionale o un'associazione di imprese di cui il professionista sia membro per un periodo di tre anni dopo la cessazione del loro incarico nell'organismo di risoluzione delle controversie;

d) l'organismo di risoluzione delle controversie non abbia collegamenti gerarchici o funzionali con il professionista, sia chiaramente separato dagli organismi operativi del professionista e abbia a sua disposizione risorse finanziarie sufficienti, distinte dal bilancio generale del professionista, per lo svolgimento dei suoi compiti.

Ed ancora al paragrafo n. 4:  Qualora le persone fisiche incaricate della ADR siano assunte o retribuite esclusivamente da un'organizzazione professionale o da un'associazione di imprese di cui il professionista è membro, gli Stati membri assicurano che, oltre ai requisiti generali di cui ai paragrafi 1 e 5, esse abbiano a loro disposizione risorse di bilancio distinte e apposite che siano sufficienti ad assolvere i loro compiti.

Il presente paragrafo non si applica qualora le persone fisiche interessate facciano parte di un organismo collegiale composto da un numero uguale di rappresentanti dell'organizzazione professionale e dell'associazione di imprese da cui sono assunte o retribuite e delle organizzazioni dei consumatori.

Tale interpretazione è avvalorata da quanto previsto nei “considerando” 23 e 25 della norma in cui si precisa che: “la direttiva non dovrebbe impedire agli Stati membri di mantenere o introdurre una normativa sulle procedure di soluzione extragiudiziale di controversie dei consumatori di natura contrattuale che siano conformi ai requisiti stabiliti nella presente direttiva”.

La Direttiva quindi riconosce le negoziazioni paritetiche (o aziendali) solo laddove le stesse si evolvano, recependo i principi di trasparenza, terzietà, indipendenza e di autonomia finanziaria dell'organismo dettati agli articolo 2, 5 e 6, riconoscendo  anche  un diverso ruolo del conciliatore (tale funzione potrà essere oggetto di un approfondimento specifico).

È proprio il considerando n 35 che ben chiarisce il senso dei requisiti  specifici del “conciliatore di consumo” elencati dall'articolo 6 (paragrafo 4, comma 2) e cioè: "La necessità di garantire l'assenza di tali pressioni si manifesta in particolare quando le persone fisiche incaricate dell'ADR sono alle dipendenze del professionista o percepiscono da esso una qualsiasi forma di remunerazione. È opportuno pertanto prevedere requisiti specifici nel caso in cui gli Stati membri decidano di consentire che le procedure di risoluzione delle controversie in tali casi si possono considerare procedure ADR ai sensi della presente direttiva. Le persone fisiche incaricate dell'ADR che sono alle dipendenze di un'organizzazione professionale o di un'associazione di imprese di cui il professionista è membro o che ricevono da queste ultime, sotto qualsiasi forma, la loro unica remunerazione, dovrebbero avere a loro disposizione risorse di bilancio distinte e apposite, sufficienti ad assolvere i loro compiti.

A sommesso avviso degli scriventi la norma deve essere interpretato in coerenza con quanto dedotto in precedenza e in ossequio ai principi della sussidiarietà e della proporzionalità, alla sola parte afferente la presenza di un’ autonomia finanziaria dell'organismo paritetico.

Questa ricostruzione, che fa giustizia di recenti interpretazioni poco aderenti al dato normativo, pone le associazioni dei consumatori e le aziende aderenti ai protocolli di conciliazione paritetica davanti ad una scelta epocale che salvaguardi o meno le “negoziazioni aziendali” da un destino di secondarietà rispetto alle nascenti ADR di consumo (ed ai relativi “organismi”) perfettamente aderenti al modello europeo delineato dalla Direttiva, e che ne pregiudicheranno in breve tempo l’effettività e la capacità di essere parte integrante del nascente sistema unico europeo di tutela extragiudiziale dei consumatori.

A nulla valgono i tentativi pur teorizzati di esportare ad altri settori del consumo il modello procedurale vigente nelle telecomunicazioni e pay tv (Legge n. 249/97 e Regolamento AGCOM n. 173/07/CONS) per poter giustificare un ruolo, per così dire, ridotto delle negoziazioni paritetiche, basato su un sistema di procedure concorrenti (Corecom regionali, Conciliazioni paritetiche, Mediazione innanzi le Camere di Commercio e Organismi di cui al Dlgs n. 28/10)  con possibile definizione “in seconda istanza” davanti all'Autorità di Regolazione di riferimento.

Tale estensione del modello TLC non sembra coerente, sia per ragioni giuridiche(l’obbligatorietà della conciliazione stabilita espressamente solo nella  legge istitutiva dell’AGCOM  pena l’ improcedibilità della domanda giudiziaria), ma anche pratiche come  la tendenza ad una riduzione sempre maggiore delle domande di conciliazione paritetica rispetto all’aumento esponenziale delle domande ai Corecom Regionali confermata nella recente relazione dell’AGCOM al Parlamento.

Partendo dalle numerose esperienze italiane in materia di conciliazione paritetica l’adesione coerente al quid novis  richiesto dalla nuova  Direttiva sulle ADR di consumo, riteniamo debba orientarne i principali attori ovvero aziende ed associazioni dei consumatori, alla ricerca di una riforma condivisa del sistema fondata sulla creazione di uno o più “organismi” per i diversi mercati che possano rientrare a pieno titolo nel sistema transnazionale di composizione delle controversie delineato dal legislatore comunitario.

A riprova della necessità di ripensare il ruolo delle conciliazioni paritetiche è utile approfondire la recente iniziativa dell’  Autorità per l’Energia Elettrica ed il Gas che ha strutturato il Servizio conciliazione clienti energia (Delibera 21 giugno 2012 260/2012/E/com),  un modello di risoluzione alternativa delle controversie via internet, attivato nell’aprile 2013,  ritenuto conforme alle nuove  regole dettate dall’Unione.

Come previsto dal “Terzo pacchetto energia U.E.” del 2009, recepito in Italia con il Dlgs. n. 93/2011, l'AEEG ha costruito un modello sia per i reclami (Sportello del Consumatore) che per le conciliazioni (Servizio di Conciliazione) creando una alternativa istituzionale alle diverse procedure paritetiche ma, si noti, adattando il modello a quello della Direttiva.

Infatti l’articolo 44 del richiamato Decreto Legislativo recita al comma 4 che “L'Autorità per l'energia elettrica e il gas assicura il trattamento efficace dei reclami e delle procedure di conciliazione dei clienti finali nei confronti dei venditori e dei distributori di gas naturale ed energia elettrica avvalendosi dell'Acquirente unico Spa e vigila affinché siano applicati i principi in materia di tutela dei consumatori di cui all'Allegato I delle direttive 2009/73/CE e 2009/72/CE”.

In tal modo e con un certo anticipo sulla citata Direttiva, l'Autorità, in base a quanto previsto nel Terzo pacchetto energia ha delineato nel mercato dell’energia elettrica e del gas (in prospettiva anche quello dei servizi idrici da essa regolati) un sistema di ADR conforme  sia ai meccanismi della media-conciliazione istituita con il Dlgs n. 28/10, a partire dal ruolo del mediatore/conciliatore terzo), sia a quelli della Direttiva con la creazione di un organismo autonomo presso l'Acquirente Unico spa e la previsione della retribuzione dei partecipanti alla mediazione on line, così come previsto dalla direttiva, "secondo modalità non legate all'esito della procedura (articolo 6 1 par. lettera d)" .

Tale partecipazione diretta dell'Autorità al sistema di ADR di consumo a tutela dei consumatori con un proprio “organismo autonomo” pone seri interrogativi circa l’opportunità di una scelta calata su una realtà fino ad oggi riservata alle conciliazioni paritetiche.

Cosa prevede la Direttiva e sopratutto cosa significa tale intervento per la conciliazione paritetica nei settori energetici?

Ebbene il legislatore comunitario  chiarisce al considerando n. 24 che la Direttiva non  dovrebbe precludere il funzionamento di organismi di risoluzione delle controversie esistenti nell'ambito di autorità nazionali di protezione dei consumatori negli Stati membri dove i funzionari pubblici sono incaricati della risoluzione delle controversie.

Nel caso delle controversie in materia di TLC  la conciliazione è affidata ai dipendenti Regionali inquadrati nei CORECOM mentre nel mercato dell’energia elettrica e del gas il servizio conciliazione istituito dall’AEEG è affidato alla gestione dell’Acquirente Unico spa quale  Ente strumentale che si avvale,previa convenzione, dei conciliatori (più propriamente mediatori ai sensi del Dlgs 28/10) delle Camere Arbitrali di Roma e Milano.

Nel secondo caso si pone l’interrogativo se l’inquadramento del servizio derivante da un atto deliberativo dell’Autorità e conseguente convenzione tra Acquirente Unico spa e Camere Arbitrali basti a far acquisire ai conciliatori incaricati la qualifica di funzionario pubblico prevista dalla norma per il riconoscimento.

Altro dubbio che il legislatore nazionale sarà chiamato ad affrontare in sede di recepimento è quello relativo alla scelta tra l’unica o le molteplici Autorità di controllo degli organismi di ADR di consumo.

Recita infatti l’articolo 18 della Direttiva: “Ciascuno Stato membro designa un'autorità competente incaricata di svolgere le funzioni di cui agli articoli 19 e 20 . Ogni Stato membro può designare più di un'autorità competente. Se uno Stato membro procede in tal senso, esso determina quale delle autorità competenti designate è il punto di contatto unico con la Commissione . Ogni Stato membro comunica alla Commissione l'autorità competente o, se del caso, le autorità competenti, compreso il punto di contatto unico , che ha designato”.

Il ruolo delle “autorità competenti” è quello di valutare se gli organismi di risoluzione delle controversie ad esse notificati si possano considerare organismi ADR di consumo conformi ai requisiti di qualità e alle disposizioni nazionali di attuazione, incluse le disposizioni nazionali che fissino requisiti più rigorosi di quelli della Direttiva stessa.

Oltre la valutazione della conformità, la o le Autorità competenti devono anche vigilare sulla permanenza dei requisiti in capo all'organismo inserito in elenco eventualmente contattandolo per segnalargli la violazione.

Addirittura se allo scadere del termine di tre mesi dalla diffida l'organismo di risoluzione delle controversie continua a non soddisfare i requisiti previsti l'autorità competente po’ sopprimerlo dall'elenco aggiornato senza indugio e le informazioni pertinenti sono trasmesse alla Commissione.

Anche in questa circostanza apre seri interrogativi su come nei mercati energetici possa sussistere, nel caso di delega settoriale del legislatore italiano all’AEEG, un potere di controllo, valutazione ed eventuale esclusione degli organismi di ADR di consumo e su come tali funzioni possano essere esercitate  in presenza di un proprio Servizio di conciliazione.

I dubbi che scaturiscono dalle citate prospettive di recepimento della normativa comunitaria e la sua armonizzazione con le esperienze conciliative esistenti in Italia sono tali da far balenare anche ipotesi di veri e propri conflitti d’interesse, spingendo associazioni dei consumatori e imprese ad interrogarsi sulla effettiva utilità degli attuali protocolli di conciliazione paritetica a breve ricadenti nella categoria delle “negoziazioni aziendali” di fronte alle sempre più diffuse  “conciliazioni istituzionali” (AGCOM, Arbitro Bancario, Camera di conciliazione Consob e Finanziari, AEEG,) che ne marginalizzano l’importanza.

Il dibattito sulla interazione pubblico-privato nel settore delle ADR di consumo coinvolgerà naturalmente anche tutti i soggetti che intenderanno inserirsi in un “mercato” della risoluzione dei conflitti che l’Italia ha già visto prima esplodere e poi implodere  con la difficile esperienza degli Organismi di mediazione il cui futuro resta tutt’ora avvolto nelle nebbie della conversione in legge del “Decreto del fare”.

È possibile la convivenza di un sistema di ADR suddiviso tra Autorità di regolazione, Organismi a norma UE e negoziazioni aziendali in cui confluiranno le conciliazioni paritetiche non riformate ai sensi dell’art 6 della Direttiva?

Un ipotesi di inquadramento delle ADR pubbliche le fornisce il considerando n. 24 della Direttiva sarebbe quello di individuare nelle conciliazioni  istituzionali esistenti in Italia con  gli “organismi ADR residui”  necessari, per assicurare una copertura settoriale e geografica totale e l'accesso all'ADR.

L’esperienza del Servizio di Conciliazione dell’AEEG gestito dall'Acquirente Unico è ancora fonte di spunti significativi a riguardo, essendosi posta di fatto quale  “ADR residuo” che permette ai consumatori la conciliazione anche in mancanza di specifici protocolli aziendali con un grande valore aggiunto  dato dalla possibilità di richiedere l'intervento della società di distribuzione nella procedura istituzionale (come previsto dall’articolo 44 del Dlgs n. 93/11) a differenza di quanto accade nelle paritetiche.

È molto importante tener presente questa evoluzione del servizio di mediazione dell'AEEG nella prospettiva dei  futuri  organismi di ADR di consumo conformi ai requisiti dell’articolo 6 della Direttiva composti da rappresentanti delle imprese e delle associazioni dei consumatori, in grado di dare risposte più veloci ed efficaci alle domande di tutela dei consumatori a differenza delle conciliazioni paritetiche caratterizzate, soprattutto nell'energia, da lungaggini e difficoltà procedurali.

A questo punto premesso che l’intervento delle Autorità di regolazione nazionali resta essenziale per l’assistenza e la corretta informazione dei consumatori, è pur vero che vanno evitate asimmetrie regolamentari tra ADR di consumo “istituzionali”, procedure paritetiche e dei futuri organismi di ADR come nel caso riportato della società di distribuzione obbligata alla conciliazione dell’AEEG e non alle negoziazioni aziendali animate da imprese ed associazioni.

Il quadro in piena evoluzione e seppur provvisorio, sembra ben chiaro e pronto ad essere incentivato dall'Unione Europea e dagli Stati membri interessati ad abbattere il contenzioso giudiziario come nel caso dell’Italia.