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Cassazione Civile: si deve tenere conto della vita del bimbo per il risarcimento ai genitori derivante dalla successione

In tema di danno alla persona, l’orientamento giurisprudenziale è notevolmente mutato nel corso degli anni ma due sono i principi che (attualmente) il giudice deve considerare nella stima e nella liquidazione del danno: il danno cagionato da un evento dannoso è unico con riflessi sia patrimoniali sia non patrimoniali; il quantum stabilito dal giudice deve risarcire integralmente il soggetto danneggiato, senza arricchirlo.

Nel caso di specie, i genitori di un minore, morto all’età di undici anni, ricorrevano in giudizio per ottenere l’accertamento della responsabilità professionale del ginecologo sia con riferimento alla conduzione del parto, sia in relazione alla successiva fase di assistenza, responsabilità accertata dai giudici di merito in entrambi i gradi del processo.

Ciononostante, in secondo grado la parte soccombente era condannata a risarcire il danno in una somma ridefinita nel quantum in considerazione della breve durata di vita del bambino. Avverso tale riduzione del risarcimento, ricorrevano in Cassazione i genitori iure proprio e iure successionis, denunciando che il risarcimento del danno ingiusto non fosse in alcun modo influenzato dalla durata della vita del danneggiato.

Nel motivare la decisione, la Corte esplicitamente si riporta ad una precedente pronuncia (la sentenza n. 26973 dell’11 novembre 2008), richiamando il relativo principio di diritto, e cioè che il risarcimento del danno alla persona deve essere integrale, e la persona è l’essere vivente che viene leso, anche mortalmente, e che il risarcimento equo del danno ingiusto non deve eccedere il danno reale.

Sulla base di ciò ha stabilito che nel liquidare il risarcimento del danno da responsabilità medica dovuta a una cattiva gestione del parto e della successiva assistenza, è possibile operare una riduzione del danno non patrimoniale in considerazione della vita reale del bambino.

Il soggetto danneggiato subisce un danno, risarcibile, solo per la durata della sua vita terrena, in quanto dopo la sua morte i soggetti danneggiati restano i familiari e chi provi di aver subito un danno ingiusto, un danno diverso da quello sofferto dal danneggiato principale e stimato e liquidato diversamente.

Di conseguenza, il risarcimento del danno non patrimoniale, subito dal bambino e spettante ai genitori iure successionis, deve essere ridefinito in considerazione della durata di vita del bambino, tempo di durata dell’effettivo pregiudizio subito dal danneggiato.

La Cassazione, per questi motivi, ha rigettato il ricorso, confermando la sentenza impugnata.

(Corte di Cassazione - Terza Sezione Civile, Sentenza 22 settembre 2014, n. 19864)

In tema di danno alla persona, l’orientamento giurisprudenziale è notevolmente mutato nel corso degli anni ma due sono i principi che (attualmente) il giudice deve considerare nella stima e nella liquidazione del danno: il danno cagionato da un evento dannoso è unico con riflessi sia patrimoniali sia non patrimoniali; il quantum stabilito dal giudice deve risarcire integralmente il soggetto danneggiato, senza arricchirlo.

Nel caso di specie, i genitori di un minore, morto all’età di undici anni, ricorrevano in giudizio per ottenere l’accertamento della responsabilità professionale del ginecologo sia con riferimento alla conduzione del parto, sia in relazione alla successiva fase di assistenza, responsabilità accertata dai giudici di merito in entrambi i gradi del processo.

Ciononostante, in secondo grado la parte soccombente era condannata a risarcire il danno in una somma ridefinita nel quantum in considerazione della breve durata di vita del bambino. Avverso tale riduzione del risarcimento, ricorrevano in Cassazione i genitori iure proprio e iure successionis, denunciando che il risarcimento del danno ingiusto non fosse in alcun modo influenzato dalla durata della vita del danneggiato.

Nel motivare la decisione, la Corte esplicitamente si riporta ad una precedente pronuncia (la sentenza n. 26973 dell’11 novembre 2008), richiamando il relativo principio di diritto, e cioè che il risarcimento del danno alla persona deve essere integrale, e la persona è l’essere vivente che viene leso, anche mortalmente, e che il risarcimento equo del danno ingiusto non deve eccedere il danno reale.

Sulla base di ciò ha stabilito che nel liquidare il risarcimento del danno da responsabilità medica dovuta a una cattiva gestione del parto e della successiva assistenza, è possibile operare una riduzione del danno non patrimoniale in considerazione della vita reale del bambino.

Il soggetto danneggiato subisce un danno, risarcibile, solo per la durata della sua vita terrena, in quanto dopo la sua morte i soggetti danneggiati restano i familiari e chi provi di aver subito un danno ingiusto, un danno diverso da quello sofferto dal danneggiato principale e stimato e liquidato diversamente.

Di conseguenza, il risarcimento del danno non patrimoniale, subito dal bambino e spettante ai genitori iure successionis, deve essere ridefinito in considerazione della durata di vita del bambino, tempo di durata dell’effettivo pregiudizio subito dal danneggiato.

La Cassazione, per questi motivi, ha rigettato il ricorso, confermando la sentenza impugnata.

(Corte di Cassazione - Terza Sezione Civile, Sentenza 22 settembre 2014, n. 19864)