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Cassazione Lavoro: per la cessione del ramo d’azienda occorre l’organizzazione autonoma e funzionale

Affinché si possa parlare di trasferimento di ramo d’azienda, deve preesistere un’autonomia funzionale e organizzativa dell’area ceduta. Tale principio è espresso dall’articolo 2112 del Codice Civile, che definisce la disciplina applicabile in caso di trasferimento di un ramo d’azienda. La particolarità di tale disciplina è rappresentata dal fatto che è possibile il mutamento del datore di lavoro, anche senza il consenso del lavoratore, in deroga alla disciplina generale in tema di contratti.

Nel caso in esame, cinque lavoratori ricorrevano in giudizio per accertare la insussistenza della cessione del ramo d’azienda, a norma dell’articolo 2112 del Codice Civile, che ne aveva mutato la titolarità della controparte contrattuale nel rapporto lavorativo, denunciando anche un avvenuto demansionamento e chiedendo il risarcimento del relativo danno.

In seguito al rigetto della domanda in primo grado per difetto di interesse e all’accoglimento della domanda attorea in Appello, la questione passa al vaglio dei giudici di legittimità, su ricorso dell’azienda, i quali ripropongono un principio di diritto ormai ampiamente confermato da copiosa giurisprudenza e cioè che per “ramo d’azienda”, ai sensi dell’articolo 2112 Codice Civile, come tale suscettibile di autonomo trasferimento riconducibile alla disciplina dettata per la cessione di azienda, deve intendersi ogni entità economica organizzata in maniera stabile la quale, in occasione del trasferimento, conservi la sua identità, il che presuppone una preesistente realtà produttiva autonoma e funzionalmente esistente, e non anche una struttura produttiva creata ad hoc in occasione del trasferimento, o come tale identificata dalle parti del negozio traslativo, essendo preclusa l’esternalizzazione come forma incontrollata di espulsione di frazioni non coordinate fra loro, di semplici reparti o uffici, di articolazioni non autonome, unificate soltanto dalla volontà dell’imprenditore e non dall’inerenza del rapporti di lavoro ad un ramo di azienda già costituito.

Per la Cassazione, il datore di lavoro aveva camuffato, nella veste di una cessione di ramo d’azienda e dunque di una ristrutturazione aziendale, un licenziamento collettivo ingiustificato e come tale illegittimo.

La disciplina prevista dall’articolo 2112 si giustifica solo in presenza di un organizzazione autonoma e funzionale, finalizzata allo svolgimento di un’attività produttiva, esistente ex ante il trasferimento e non in un insieme eterogeneo di uffici e reparti, privi di tale caratteristiche.

La Corte ha, dunque, confermato la sentenza appellata, dichiarando l’illegittimità del trasferimento eseguito.

(Corte di Cassazione - Sezione Lavoro, Sentenza 4 settembre 2014, n. 18675)

Affinché si possa parlare di trasferimento di ramo d’azienda, deve preesistere un’autonomia funzionale e organizzativa dell’area ceduta. Tale principio è espresso dall’articolo 2112 del Codice Civile, che definisce la disciplina applicabile in caso di trasferimento di un ramo d’azienda. La particolarità di tale disciplina è rappresentata dal fatto che è possibile il mutamento del datore di lavoro, anche senza il consenso del lavoratore, in deroga alla disciplina generale in tema di contratti.

Nel caso in esame, cinque lavoratori ricorrevano in giudizio per accertare la insussistenza della cessione del ramo d’azienda, a norma dell’articolo 2112 del Codice Civile, che ne aveva mutato la titolarità della controparte contrattuale nel rapporto lavorativo, denunciando anche un avvenuto demansionamento e chiedendo il risarcimento del relativo danno.

In seguito al rigetto della domanda in primo grado per difetto di interesse e all’accoglimento della domanda attorea in Appello, la questione passa al vaglio dei giudici di legittimità, su ricorso dell’azienda, i quali ripropongono un principio di diritto ormai ampiamente confermato da copiosa giurisprudenza e cioè che per “ramo d’azienda”, ai sensi dell’articolo 2112 Codice Civile, come tale suscettibile di autonomo trasferimento riconducibile alla disciplina dettata per la cessione di azienda, deve intendersi ogni entità economica organizzata in maniera stabile la quale, in occasione del trasferimento, conservi la sua identità, il che presuppone una preesistente realtà produttiva autonoma e funzionalmente esistente, e non anche una struttura produttiva creata ad hoc in occasione del trasferimento, o come tale identificata dalle parti del negozio traslativo, essendo preclusa l’esternalizzazione come forma incontrollata di espulsione di frazioni non coordinate fra loro, di semplici reparti o uffici, di articolazioni non autonome, unificate soltanto dalla volontà dell’imprenditore e non dall’inerenza del rapporti di lavoro ad un ramo di azienda già costituito.

Per la Cassazione, il datore di lavoro aveva camuffato, nella veste di una cessione di ramo d’azienda e dunque di una ristrutturazione aziendale, un licenziamento collettivo ingiustificato e come tale illegittimo.

La disciplina prevista dall’articolo 2112 si giustifica solo in presenza di un organizzazione autonoma e funzionale, finalizzata allo svolgimento di un’attività produttiva, esistente ex ante il trasferimento e non in un insieme eterogeneo di uffici e reparti, privi di tale caratteristiche.

La Corte ha, dunque, confermato la sentenza appellata, dichiarando l’illegittimità del trasferimento eseguito.

(Corte di Cassazione - Sezione Lavoro, Sentenza 4 settembre 2014, n. 18675)