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Corte di Giustizia UE: non costituisce illecito l’embedding di un’opera protetta effettuato senza il consenso dell’autore

La Corte di Giustizia (Settima Sezione) con Ordinanza del 21 ottobre 2014, causa C-314/13, ha stabilito che la diffusione su un sito web - mediante il cosiddetto embedding - di un’opera protetta non è qualificabile come “messa a disposizione del pubblico” e, pertanto, non costituisce violazione del diritto d’autore nella misura in cui l’opera non è diretta ad un nuovo pubblico o divulgata con una modalità tecnica diversa da quella adottata per la comunicazione originale.

La tecnica del cosiddetto embedding permette di “incorporare” in una pagina web un contenuto multimediale “esterno” attraverso l’utilizzo di un codice html messo a disposizione dalla stessa piattaforma sulla quale viene effettuato l’upload dell’opera, consentendone così la condivisione. Con tale tecnica il contenuto non viene “copiato e incollato”, ma semplicemente “richiamato”, con la conseguenza che l’eventuale sua rimozione “alla fonte” ne rende impossibile la fruizione dal sito “incorporante”.

La liceità di tale modalità di diffusione on-line delle opere dell’ingegno, ove posta in essere senza il consenso dell’autore, era stata messa in dubbio dal giudice nazionale tedesco (Bundesgerichtshof) in ragione del disposto dell’articolo 3, paragrafo 1, della Direttiva 2001/29/CE sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione, a mente del quale “Gli Stati membri riconoscono agli autori il diritto esclusivo di autorizzare o vietare qualsiasi comunicazione al pubblico, su filo o senza filo, delle loro opere, compresa la messa a disposizione del pubblico delle loro opere in maniera tale che ciascuno possa avervi accesso dal luogo e nel momento scelti individualmente”.

Nel caso di specie due agenti di commercio avevano riportato sui loro siti web - mediante embedding - un breve video sull’inquinamento delle acque, fatto realizzare da un’azienda produttrice di filtri per l’acqua (BestWater International) e presente sulla piattaforma YouTube. Sui siti in questione venivano promossi i prodotti di una ditta concorrente della BestWater e il filmato era stato diffuso senza il consenso di questultima.

La Corte di Giustizia, investita della questione, ha ritenuto di poterne desumere la soluzione dalla giurisprudenza formatasi in tema di “comunicazione al pubblico”, pronunciandosi così con ordinanza.

Secondo l’orientamento costante della Corte, per ricadere nella nozione di “comunicazione al pubblico” di cui all’articolo 3, paragrafo 1, della Direttiva 2001/29/CE la diffusione di un’opera protetta deve avvenire con “modalità tecniche specifiche, diverse da quelle precedentemente utilizzate” o essere diretta ad un “pubblico nuovo”, vale a dire ad un pubblico che non è stato preso in considerazione dai titolari del diritto d’autore allorquando hanno autorizzato la comunicazione iniziale della loro opera al pubblico (punto 14).

Per quanto riguarda l’embedding, il giudice europeo - richiamando quanto già sostenuto in materia di linking (CGUE, sentenza 13 febbraio 2014, C‑466/12, Svensson e altri) - ha affermato che l’opera “inserita” non viene affatto comunicata con una modalità diversa da quella utilizzata dal sito ove è stata “caricata”, né viene trasmessa ad un pubblico nuovo, diverso dall’“insieme degli internauti” (punti 16 e 18).

In considerazione di questo, ha concluso dichiarando che l’inserimento su un sito web di un’opera protetta mediante un collegamento effettuato con la tecnica dell’embedding non può essere qualificato “comunicazione al pubblico” ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della Direttiva 2001/29/CE, poiché l’opera in questione non viene trasmessa ad un nuovo pubblico né comunicata in una modalità tecnica specifica, diversa dalla comunicazione originale.

Da tale affermazione consegue che solo colui che ha effettuato l’upload di un’opera protetta su una piattaforma di condivisione risponde dell’eventuale violazione delle norme in materia di diritto d’autore, non anche colui che l’ha semplicemente “richiamata” sul proprio sito web attraverso la tecnica dell’embedding.

Con l’ordinanza de qua la Corte di Giustizia non ha invece preso in esame, in quanto non investita della questione, il diverso profilo della possibile confusione che un contenuto “incorporato” possa ingenerare negli utenti allorquando non sia evidente il reale “ambiente di origine” del contenuto, potendo ciò costituire atto di concorrenza sleale.

Il testo integrale dell’ordinanza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (in lingua tedesca) è consultabile al sito Curia.europa.eu cliccando qui.

(Ordinanza della Corte di Giustizia, Settima Sezione, 21 ottobre 2014, Causa C-348/13, BestWater International)

Avv. Italo Cerno

La Corte di Giustizia (Settima Sezione) con Ordinanza del 21 ottobre 2014, causa C-314/13, ha stabilito che la diffusione su un sito web - mediante il cosiddetto embedding - di un’opera protetta non è qualificabile come “messa a disposizione del pubblico” e, pertanto, non costituisce violazione del diritto d’autore nella misura in cui l’opera non è diretta ad un nuovo pubblico o divulgata con una modalità tecnica diversa da quella adottata per la comunicazione originale.

La tecnica del cosiddetto embedding permette di “incorporare” in una pagina web un contenuto multimediale “esterno” attraverso l’utilizzo di un codice html messo a disposizione dalla stessa piattaforma sulla quale viene effettuato l’upload dell’opera, consentendone così la condivisione. Con tale tecnica il contenuto non viene “copiato e incollato”, ma semplicemente “richiamato”, con la conseguenza che l’eventuale sua rimozione “alla fonte” ne rende impossibile la fruizione dal sito “incorporante”.

La liceità di tale modalità di diffusione on-line delle opere dell’ingegno, ove posta in essere senza il consenso dell’autore, era stata messa in dubbio dal giudice nazionale tedesco (Bundesgerichtshof) in ragione del disposto dell’articolo 3, paragrafo 1, della Direttiva 2001/29/CE sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione, a mente del quale “Gli Stati membri riconoscono agli autori il diritto esclusivo di autorizzare o vietare qualsiasi comunicazione al pubblico, su filo o senza filo, delle loro opere, compresa la messa a disposizione del pubblico delle loro opere in maniera tale che ciascuno possa avervi accesso dal luogo e nel momento scelti individualmente”.

Nel caso di specie due agenti di commercio avevano riportato sui loro siti web - mediante embedding - un breve video sull’inquinamento delle acque, fatto realizzare da un’azienda produttrice di filtri per l’acqua (BestWater International) e presente sulla piattaforma YouTube. Sui siti in questione venivano promossi i prodotti di una ditta concorrente della BestWater e il filmato era stato diffuso senza il consenso di questultima.

La Corte di Giustizia, investita della questione, ha ritenuto di poterne desumere la soluzione dalla giurisprudenza formatasi in tema di “comunicazione al pubblico”, pronunciandosi così con ordinanza.

Secondo l’orientamento costante della Corte, per ricadere nella nozione di “comunicazione al pubblico” di cui all’articolo 3, paragrafo 1, della Direttiva 2001/29/CE la diffusione di un’opera protetta deve avvenire con “modalità tecniche specifiche, diverse da quelle precedentemente utilizzate” o essere diretta ad un “pubblico nuovo”, vale a dire ad un pubblico che non è stato preso in considerazione dai titolari del diritto d’autore allorquando hanno autorizzato la comunicazione iniziale della loro opera al pubblico (punto 14).

Per quanto riguarda l’embedding, il giudice europeo - richiamando quanto già sostenuto in materia di linking (CGUE, sentenza 13 febbraio 2014, C‑466/12, Svensson e altri) - ha affermato che l’opera “inserita” non viene affatto comunicata con una modalità diversa da quella utilizzata dal sito ove è stata “caricata”, né viene trasmessa ad un pubblico nuovo, diverso dall’“insieme degli internauti” (punti 16 e 18).

In considerazione di questo, ha concluso dichiarando che l’inserimento su un sito web di un’opera protetta mediante un collegamento effettuato con la tecnica dell’embedding non può essere qualificato “comunicazione al pubblico” ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della Direttiva 2001/29/CE, poiché l’opera in questione non viene trasmessa ad un nuovo pubblico né comunicata in una modalità tecnica specifica, diversa dalla comunicazione originale.

Da tale affermazione consegue che solo colui che ha effettuato l’upload di un’opera protetta su una piattaforma di condivisione risponde dell’eventuale violazione delle norme in materia di diritto d’autore, non anche colui che l’ha semplicemente “richiamata” sul proprio sito web attraverso la tecnica dell’embedding.

Con l’ordinanza de qua la Corte di Giustizia non ha invece preso in esame, in quanto non investita della questione, il diverso profilo della possibile confusione che un contenuto “incorporato” possa ingenerare negli utenti allorquando non sia evidente il reale “ambiente di origine” del contenuto, potendo ciò costituire atto di concorrenza sleale.

Il testo integrale dell’ordinanza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (in lingua tedesca) è consultabile al sito Curia.europa.eu cliccando qui.

(Ordinanza della Corte di Giustizia, Settima Sezione, 21 ottobre 2014, Causa C-348/13, BestWater International)

Avv. Italo Cerno